Ho ricevuto anch’io la lettera dei soci di Italia nostra, che Eddyburg ha pubblicato, e non ho avuto alcuna difficoltà a sottoscriverla. Ho inviato tuttavia a chi aveva sollecitato la mia adesione alcune considerazioni di fondo sulle quali mi piacerebbe che la discussione si allargasse.
Italia Nostra è una tipica associazione protezionistica – tipica, perché radicata soprattutto in ambienti intellettuali e piccolo-borghesi; tipica perché imperniata non su un’opera di gestione, ma su un’opera di denuncia.
Chi mi conosce sa che l’intervento giudiziario (e comunque repressivo) è stato in anni ormai remoti anche la mia bandiera; ma con il fuoco dell’età, e con l’esperienza del limite che l’età matura favorisce, ho perso molta della mia fiducia. Non dico che quel fuoco sia spento; ma certamente, oggi, sono alla ricerca di altre occasioni e di strumenti diversi.
Per farla breve, non mi rifiuto certo alle campagne di denuncia, ma ritengo più urgente e necessario lavorare alla gestione, il più possibile partecipata e condivisa, dei beni paesaggistici. Concedo che un discorso parzialmente diverso si può fare per i beni storici e artistici, perché questi sono meno esposti alle iniziative dei privati ; ma il sistema di vincoli, divieti e autorizzazioni, che dalla legge del 1939 costituisce l’asse portante della tutela territoriale e paesaggistica, è, al momento attuale, assolutamente insufficiente – o meglio controproducente, perché rappresenta spesso un indice di valore pecuniario, che incentiva le privatizzazioni e le alterazioni.
L’ultima modernità o, per dirla con maggior precisione, la contemporaneità che stiamo oggi vivendo ha bruciato ogni valore; al punto che le leggi di tutela trovano applicazione solo parziale ed eccezionale. Si ripercorrano, su una raccolta di giurisprudenza, le sentenze – provvisorie e definitive – che hanno dato applicazione alla Galasso; ci si accorgerà che si tratta di pochissime decisioni e, salvo qualche caso, di decisioni del tutto marginali; ci si accorgerà che, seppure qualche sanzione penale o amministrativa è stata sporadicamente applicata, in pochissimi casi si è dato il via alle restituzioni in pristino o alle confische che la legge prevede.
Non mi trattengo oltre; segnalo invece la ricorrente possibilità che le difese vengano a cadere anche per i beni civici, di cui tutti a parole proclamano l’incommerciabilità e l’immodificabilità, ma che tutti cooperano a commerciare e a modificare in spregio non solo ai vincoli Galasso (automatici e generalizzati, come è ben noto) ma anche ai vincoli propriamente demaniali, tuttora legislativamente operanti, almeno a livello nazionale. Si leggano alcune recenti leggi regionali, come la legge. 6/2002 della Provincia di Trento e la legge 2/2005 della Regione Lazio, che autorizzano i Comuni a vendere nel proprio interesse i beni delle popolazioni – beni altrui a tutti gli effetti - , incamerando il prezzo al bilancio comunale; leggi chiaramente incostituzionali, perché legittimano l’espropriazione dei beni civici nell’interesse dei privati ed anche perché stracciano di fatto ogni vincolo paesaggistico connesso alla qualità demaniale. Entrambe sono passate nella più assoluta indifferenza del Governo (dei Governi) e della Amministrazione dello Stato, compresa quella giudiziaria.
Combatta dunque l’associazione Italia nostra la sua battaglia e sappiano i suoi futuri dirigenti che mi avranno al loro fianco; ma ricordino anche che una vera e radicale protezione ambientale non potrà mai avvenire per vincoli e iniziative repressive, sostanzialmente affidate ad un volontariato di elite, numericamente insufficiente anche se culturalmente attrezzato, ma soltanto per una vera e radicata partecipazione delle popolazioni territorialmente radicate, cui bisogna dunque cominciare a riconoscere dei diritti e dei poteri (collettivi?) sui propri patrimoni.