Prima nel Nordest per consumo di suolo negli ultimi vent’anni. In provincia oltre 30 mila le case vuote. il Messaggero Veneto, 30 marzo 2013, allegato documento scaricabile
PORDENONE. Nonostante la provincia di Pordenone realizzi il 40 per cento del Pil regionale agricolo, è la realtà nel Nordest dove si è consumato più suolo negli ultimi decenni. Ad attestarlo una ricerca condotta dal dipartimento di Scienze agrarie e ambientali dell’università di Udine utilizzato dalla Provincia di Pordenone nell’ambito dell’osservatorio sulle politiche abitative che sta continuando il suo lavoro di analisi ed elaborazione di proposte alle amministrazioni comunali per quanto riguarda l’urbanistica e l’edilizia. In base a tale ricerca, negli anni Novanta e nel primo decennio del Duemila la Destra Tagliamento risulta al primo posto nel Triveneto per incremento delle aree urbanizzate, con un aumento del 19,7 per cento, seguita da Padova, Verona e Rovigo. La provincia di Udine, nello stesso periodo, mostra un aumento più contenuto che si attesta intorno all’11,5 per cento.
«Il primato della provincia di Pordenone per incremento relativo di aree urbanizzate - spiega nella sua relazione, acquisita agli atti della Provincia, Elisabetta Peccol dell’ateneo friulano - diventa più rilevante se viene letto in relazione al dato sulla percentuale di aree urbanizzate sul totale della superficie amministrativa. Infatti, già nel 1990 la Destra Tagliamento presentava una copertura di aree urbanizzate del 5,9 per cento, maggiore rispetto alla provincia di Udine (5,34 per cento)». Con il rilevante incremento in particolare nel periodo 1990-2006, Pordenone passa al 7,04 per cento di superfici urbane rispetto al 5,95 per cento di Udine.
Le perdite assolute di superfici agricole nello stesso periodo, evidenzia la ricerca, vedono Pordenone sempre nelle prime posizioni, con 2 mila 718 ettari, dopo Padova, Verona e Udine. «Se viene data lettura della perdita totale su base annuale - continua il documento - risulta che il Friuli occidentale ha perso 182 ettari di superfici agricole ogni anno. Tale valore riflette sia la crescita di aree urbane su terreni agricoli, sia l’avanzamento del bosco, causato in parte dall’abbandono dei pascoli nelle aree montane, che per l’intero periodo è di 113 ettari». Gli effetti della cementificazione si sono visti nel periodo post-crisi: con l’esplosione della bolla immobiliare che ha portato, dal 2001 al 2009, alla costruzione di oltre 25 mila abitazioni (8,4 milioni di metri cubi di cemento) il 19 per cento degli immobili - tra vecchi e nuovi - risulta disabitato. In sostanza, come attesta l’Osservatorio provinciale, sono quasi 30 mila le case vuote che riuscirebbero a soddisfare la domanda del mercato da qui fino al 2020.
Il consumo di suolo, peraltro, non è solo uno spreco in sè, soprattutto visto che l’ondata di cemento è stata sproporzionata rispetto alle possibilità del mercato. «Le aree rurali - spiega la Peccol - svolgono un importante ruolo nel mantenimento della qualità dell’ambiente tra cui la salvaguardia idrogeologica, la conservazione della biodiversità, la valorizzazione delle risorse naturali locali, la difesa del patrimonio genetico vegetale e animale locale». La ricetta imposta dalla sostenibilità futura non può che concretizzarsi in piani urbanistici a cubi zero, dove si mettono in campo - attraverso piani settoriali - incentivi per la ristrutturazione e riqualificazione energetica degli edifici esistenti. Una sfida che parte da Pordenone alle prese con la redazione del nuovo piano regolatore.
Nota: una parte dello studio è scaricabile direttamente da qui