Nuovi episodi di cancellazione dell'identità storica e attuale della Palestina nel quadro dell guerra devastante avviata con la "dichiarazione Balfour del 1046, che consegnò la Palestina ad Israele
Spesso si tende acredere che il turismo sia un'attività neutra, legata a svago e piacere, equindi sconnessa da precisi interessi geopolitici. Esso ci pare cioèirriducibilmente estraneo al conflitto, formidabile costruttore di ponti tra differentipopoli della Terra. L'Organizzazione Mondiale del Turismo lo definisce adesempio "driver of peace".
Oltre la retorica,però, il turismo è oggi uno dei settori trainanti dell'economia mondiale,vettore di un modello capitalistico di sviluppo territoriale che stimolaappetiti contrapposti nella competizione globale per la crescita. Esso è perciòparte integrante di strategie politiche nazionali e può divenire a sua voltafonte di conflittualità all'interno di un dato campo di forze in tensione, comeè stato drammaticamente rivelato dagli attacchi terroristici che negli ultimianni hanno preso di mira mete turistiche.
Nei contesti dove ilconflitto sociale è particolarmente acuto, poi, il turismo può agire daulteriore catalizzatore dei processi in atto. Il caso delle politicheturistiche di Israele nei territori palestinesi occupati, così come lo descriveil Guardian in questo articolo, èesplicito in tal senso. Basato su un recente report dell'UE, esso denuncia ilcrescente incremento da parte di Israele di aree turistiche e archeologiche neiquartieri palestinesi di Gerusalemme Est, al fine di espandere illegalmente gliinsediamenti e legittimare la propria presenza tramite la costruzione di unanarrazione identitaria nazionalista ed etnicamente esclusiva.
In quello che è atutti gli effetti un regime coloniale, il turismo opera infatti da leva perl'inasprimento dell'ingiustizia sociale generata dall'occupazione israeliana ecostituisce una manifestazione ulteriore dell'apartheid instaurata ai danni delpopolo palestinese. Lo fa in un triplice senso:
1) tramite appropriazione fisica. In questi anni continua e costante è stata la sottrazione diterritorio palestinese ad opera di coloni e imprese israeliane attraversopratiche violente: demolizione di case, espropri, sradicamento di uliveti,uccisioni, repressione armata. Ciò accade anche per la costruzione di siti oinfrastrutture turistiche, che agiscono come avamposto per avviare un processodi incorporazione dell'area interessata e di quella circostante.
Alcuni esempi nesono:
- il parco archeologico City of David, nell'area palestinese di Silawan,ottenuto tramite una progressiva operazione di rilevamento territoriale ede-arabizzazione della comunità residente;
2) Tramite appropriazioneeconomica. Attraverso il controllo sistematico e lasottrazione diretta dei luoghi di interesse turistico, che si sommano allarestrizione militare della libertà di movimento, Israele priva i palestinesidella possibilità di strutturare una propria rete di servizi ed infrastruttureturistici, impedendogli così di accedere ad un'importante fonte di sussistenzaeconomica ed annichilendone di fatto la legittima domanda di sovranità.
3) Tramite appropriazionesimbolica. La promozione di una narrativa sionista,che cancella ogni traccia della stratificazione storica dei territori occupati,è attivata dal governo israeliano per legittimare il proprio statuto colonialea livello internazionale. Essa si basa sul principio della continuità storica,secondo il quale l'insediamento contemporaneo si riallaccia senza soluzione dicontinuità al mito fondativo delle origini, rimuovendo ogni altra presenza storico-culturale, anteriore,coeva o intermedia che sia. Un'ideologiache costituì la matrice stessa del progetto sionista, animato dallarivendicazione di una corrispondenza naturale tra il "popolo senzaterra" e quella che veniva definita una "terra senza popolo". Alcontrario, la cultura, la storia e la civiltà palestinesi rappresentano unacomponente fondamentale e ineludibile dell'identità di quei luoghi. La sistematicanegazione, depurazione, annessione e confisca dei luoghi turistici e deimonumenti palestinesi, insieme alla modifica dei loro nomi e allariarticolazione revisionista del loro significato, mina profondamente l'identità palestinese,compromettendone l'unità geografica, storica e culturale.
Il turismo finiscecosì per assumere in Israele un ruolo chiave nella strategia nazionale diproduzione del consenso e, a sua insaputa, il turista stesso rischia di essereattratto non solo in quanto consumatore, ma anche come agente metabolizzatore eriproduttore di una determinata e parziale narrazione storica. Un'operazioneideologica capillare funzionale a legittimare Israele quale stato"democratico" agli occhi del mondo, corredata dall'organizzazione digrandi eventi di richiamo internazionale e validata dal riconoscimentoincondizionato degli stati occidentali.
Non ultimo il nostro, che tra pochi mesi faràinspiegabilmente partire il Giro d'Italia proprio da questa Gerusalemmecontesa, dopo averla depurata perfino della qualifica "Ovest" e conciò riconosciuta nella sua "unità" come "capitale diIsraele". In aperta violazione alle innumerevoli risoluzioni dell'Onu [n.2253 (1967), 2254, 252 (1968), 267 (1969), 271, 298 (1971), 465 (1980), 476,478] e all'affermazione del Consiglio di Sicurezza del 23 dicembre 2016,secondo cui "la costituzione da parte di Israele di colonie nel territoriopalestinese occupato dal 1967, compresa Gerusalemme Est, non ha validità legalee costituisce una flagrante violazione del diritto internazionale e ungravissimo ostacolo per il raggiungimento di una soluzione dei due Stati e diuna pace, definitiva e complessiva".