Titolo originale: Taking a Lesson in Math to Limit Urban Sprawl – Traduzione per Eddyburg di Fabrizio Bottini
L’ordine in cui si svolgono le operazioni, conta. In matematica, sappiamo che la soluzione giusta a una serie di espressioni numeriche dipende, ad esempio, dall’eseguire la moltiplicazione prima della sottrazione. Ribaltate quest’ordine, e avrete una risposta sbagliata e un sacco di tempo sprecato. Nelle faccende dello sviluppo urbano, la situazione è analoga. Ma nel mondo reale non è possibile semplicemente cancellare la risposta se si è sbagliato l’ordine delle operazioni.
L’attuale senso comune urbanistico ritiene che sostenere misure come le metropolitane leggere o la rivitalizzazione del centro stimolerà un insediamento più denso nei pressi delle stazioni, e aumenti di densità locale altrove, riducendo quindi lo sprawl, l’uso dell’auto, e l’inquinamento e congestione relativi. Un altro tipo di intervento visto con favore, in particolare nell’Ovest, sono i margini allo sviluppo urbano [UGB/Urban Growth Boundary] a cui talvolta ci si riferisce eufemisticamente chiamandoli greenbelt. Nello stesso tempo, si attuano dozzine di altri interventi che di fatto aumentano lo sprawl. Ma aggredire una componente dell’insediamento urbano senza considerarne le cause può portare a scarsi risultati, e a conseguenze indesiderate.
Pensiamo che i margini allo sviluppo urbano non conservano davvero gli spazi aperti, ma spostano l’insediamento verso altre aree, e restringendo le zone edificabili in area urbana, si genera un’artificiale inflazione dei prezzi delle case. Ancora peggio, l’urbanizzazione spesso si sposta a salti (leapfrog: un termine amato dagli urbanisti) ancora più verso l’esterno, verso spazi aperti remoti. Le metropolitane leggere entrano in competizione, in molti casi, con i percorsi degli autobus, e in molte città del paese hanno fatto poco per risolvere la congestione da traffico. Nonostante le migliori intenzioni, ci sono chiare ragioni per cui questa duplice strategia non funziona.
Esistono una serie di azioni che contribuiscono allo sprawl delle regioni urbane, come le politiche di zoning, le decisioni economiche di uso dello spazio da parte delle municipalità, il basso e inadeguato valore economico conferito alle infrastrutture e risorse naturali, un tipo di sviluppo economico sul modello di impresa da parte di alcune amministrazioni suburbane, la scarsa scelta in fatto di scuole. Senza affrontare prima queste fondamentali carenze di programmazione nelle regioni urbane, costruire grandi e luccicanti nuove infrastrutture, o tracciare linee arbitrarie attorno alle città, probabilmente avrà pochi effetti positivi.
Un ordine migliore delle operazioni, è quello che segue. Primo, conservare gli spazi aperti nelle aree più remote e incontaminate, dove al momento c’è poc
a pressione insediativa. I terreni sono a buon mercato e ci sarà meno conflittualità politica. Secondo, iniziare a dare un prezzo a infrastrutture come strade, reti idriche/fogne e altri “servizi pubblici” a seconda dell’uso. Terzo, smetterla di utilizzare le scelte di uso dello spazio per gonfiare le casse pubbliche, e smettere di compiacere gli attivisti NIMBY che vogliono limitare gli insediamenti innovativi ad alta densità. Quarto, eliminare gli ostacoli alla vita urbana e nei centri, riducendo la criminalità, offrendo possibilità di scelta delle scuole, bonificando le zone industriali contaminate note come brownfields. Consentire al mercato di rispondere a queste nuove scelte e condizioni, probabilmente creerà regioni urbane più compatte, come auspicato da pianificatori e ambientalisti. Infine, consentire alle compagnie private di trasporto collettivo di offrire servizi adeguati alle forme emergenti dello spazio urbano.
Il senso comune attuale ritiene che l’ordine in cui si svolgono le operazioni non conta, e che tracciando i limiti di sviluppo urbano, costruendo sistemi di trasporto pubblico in sede fissa, promuovendo l’urbanizzazione ad alta densità vicino alle stazioni, si rifarà la forma delle regioni metropolitane d’America, con grandi benefici ambientali. Si dice, che la riforma dello zoning potrà essere fatta poi, che applicare un prezzo alle infrastrutture non è un prerequisito per il mutamento della forma urbana. Si dice, che lo sviluppo economico locale è di fatto sempre desiderabile. Sfortunatamente, questo senso comune ignora le forze economiche che sottostanno al processo di urbanizzazione, e semplicemente mette da parte gli effetti dannosi indesiderati di queste strategie sull’ambiente, sui proprietari di case, i pendolari, i contribuenti. Agendo senza un ordine preciso, rischiamo di spendere molte risorse pubbliche con scarsi risultati, e conseguenze impreviste. Se strade, macchine, insediamenti a bassa densità non pagano i costi connessi al proprio uso dello spazio, trasporti pubblici e alte densità avranno difficoltà a competere, e qualunque sovvenzione sarà invano. Se non si cambiano lo zoning euclideo e le sue norme creatrici di sprawl, che possibilità ci sono di competere, su larga scala, per gli insediamenti compatti o di tipo new urbanist? Saranno al massimo l’eccezione in un mare di insediamento tradizionale, e con molti dei progetti realizzati a richiedere investimenti pubblici per essere ultimati.
Senza un cambio di rotta fondamentale da parte dei governi e delle amministrazioni locali, per affrontare le politiche che aggravano lo sprawl, il solo costruire metropolitane leggere e sovvenzionare alcuni progetti non avrà grandi effetti sui modi della crescita urbana o sulla tutela ambientale. Impariamo dalla matematica: si usa l’ordine giusto, e nel modo giusto si alleviano gli effetti negativi dello sprawl.
Nota: il testo originale naturalmente al sito Planetizen (f.b.)