"Vento, vento portami via con te..." recitava una celebre canzone degli anni Quaranta che si dice inducesse Mussolini a gesti di scongiuro, dopo un rapporto della polizia in cui si segnalava come spesso il finale venisse cambiato in "... portalo via con te". Quell’aria mi è tornata alla mente leggendo la lettera di protesta inviatami dal segretario generale dell’Anev (Associazione nazionale energia del vento), Simone Togni, che si dice «dispiaciuto», per la mia rubrica intitolata «Il vento soffia miliardi a scapito del paesaggio» ("Repubblica" del 17 us). Eppure è proprio così, checché ne dica il gentile rappresentante dei promotori dell’eolico che mi accusa di «non voler vedere gli aspetti positivi di questa tecnologia pulita... mentre l’unico impatto reale è quello paesaggistico e proprio per combatterlo l’Anaev ha sottoscritto un protocollo che impegna i nostri associati al rispetto di regole virtuose, protocollo sottoscritto anche da Wwf e Legambiente».
Dopo aver ribadito con incauta noncuranza che l’unico inconveniente sarebbe quello «visivo» (per cui basterebbe chiudere gli occhi per evitare il fastidio?) lo scrivente cambia le carte in tavola e si produce in una difesa ad oltranza delle energie rinnovabili, su cui siamo cento volte d’accordo, con l’avvertenza, per contro, a non confonderle tutte nello stesso cesto, perché l’eolico, se esteso nelle dimensioni già in atto e, ancor più in quelle annunciate (20.000 pale su piloni di cemento di 120 metri – ma anche di 170 – e conficcati per 25 m nel terreno), devasterebbe il paesaggio italiano, soprattutto quello collinare e dei clivi montani. Bisogna inoltre calcolare che per trasportare turbine e pali occorre una rete di ampliamenti stradali e di nuove arterie dove far passare migliaia di autotreni in andata e ritorno in zone con forti pendii, sovente geologicamente franose, occorrono inoltre scavi per centinaia di chilometri per gli elettrodotti, nuove linee elettriche aeree, cabine, piazzole, installazioni di illuminazione delle turbine per la sicurezza aerea. Tutto a carico della spesa pubblica statale e locale. Una vera e propria follia dietro cui, però, come diceva Shakespeare, vi è sovente una «logica». In questo caso la logica di una fruttuosa speculazione all’italiana, con profitti sicuri per i costruttori e gestori degli impianti e aggravio per le bollette degli utenti sui quali verrà scaricato il sovrapprezzo energetico. In uno studio del Wwf, favorevole in linea di principio ad una razionale utilizzazione dell’eolico si legge: «La valorizzazione dell’energia prodotta da impianti eolici che beneficiano dei certificati verdi (che i produttori di energie alternative possono rivendere alle industrie inquinanti per farle rientrare contabilmente nei parametri di Kyoto, ndr) ammonta a circa 190 euro per mwh (il MegaWatt equivale a 1000 kiloWatt, ndr). In gran parte d’Europa l’incentivazione, ad esempio in Germania, è compresa tra i 55 e gli 87 euro per mwh. L’elevata remunerazione garantita dal meccanismo di incentivazione in Italia ha quindi determinato una corsa all’eolico negli ultimi anni». Su tutto ciò il portavoce dell’Anev tace, ma sorvola anche sul fatto che la vantata Convenzione con le organizzazioni ambientaliste è scaduta e il Wwf non l’ha rinnovata perché, come mi scrive il segretario generale, prof. Michele Candotti, «non ha avuto impatti pratici e non si è arrivati a una posizione comune e ad un consenso sulle linee guida per la localizzazione degli impianti».
Alla lettera è allegato uno studio su quel che sta avvenendo nelle varie Regioni. Cito qualche breve passaggio: «Da un rapido esame su tutti i procedimenti autorizzativi regionali si evince che la potenza eolica installata o autorizzata è stimabile in circa 5000 mw, di gran lunga superiore ai 2500-3000 mw previsti per l’intera Italia... I progetti presentati solo da Sicilia, Calabria, Sardegna, Puglia e Basilicata ammontano ad oltre 12.000 mw!... Se alcune regioni hanno inserito ultimamente dei tetti massimi ciò non ha impedito che venissero approvati impianti in aeree ad alta vulnerabilità ambientale o eccedenti per ben sei volte (Sicilia) le capacità di distribuzione della rete elettrica. Ne emerge un quadro desolante caratterizzato da innumerevoli esempi di malagestione territoriale... con conseguente degrado di siti protetti, la scomparsa di comunità faunistiche di rilievo, l’adulterazione di paesaggi plurivincolati, il degrado di valori storici, archeologici e culturali». A questo punto il Wwf invoca almeno una moratoria per bloccare e regolare la sfrenata "bora" che rischia di devastare il Bel Paese.