Sopprimere le province è una decisione sbagliata , esse svolgono funzioni significative a livello territoriale e altre potrebbero svolgerne in favore dei comuni piccoli e piccolissimi che non sono in grado di adempiere, penso alla funzione di stazione appaltante per comuni inferiori a 15.000 abitanti, come previsto nella originaria stesura della legge Merloni.
Funzioni che riguardano la pianificazione, la valutazione delle opere e degli interventi, la organizzazione della mobilità sovra comunale, le scuole, l’ambiente , per fare solo alcuni esempi, devono necessariamente essere prese in considerazione a livello sovra comunale.
Le regioni in moltissimi casi poi hanno delegato o subdelegato funzioni proprie alle province, mantenendo di fatto solo la potestà di distribuire le risorse e, purtroppo, di legiferare, creando una inestricabile giungla di provvedimenti diversi da luogo a luogo sulle medesime materie.
Le regioni inoltre sono avvezze da una sindrome centralista rispetto alla quale il centralismo dello Stato appare all’acqua di rose mentre gli apparati regionali ormai si distinguono solo per la loro scarsa competenza, essendo state sottratte al loro esame le materie delegate alle province.
Da oltre 40 anni esiste nei settori più consapevoli che si occupano del “governo del territorio” in senso lato un dibattito volto ad individuare per l’ente intermedio competenze tali da superare la frammentazione delle scelte, la loro sovrapposizione e ripetizione e a definire un quadro organico di obiettivi di sviluppo e tutele, sottratto ad una visione più miope legata agli interessi più localistici.
Pensare che le Regioni siano capaci di fare tutto ciò è pura illusione, essendosi queste ultime ubriacate nell’esercizio inutile se non dannoso della potestà legislativa ed avendo abbandonato totalmente la funzione programmatoria e cancellato quella gestionale.
Mantenere un livello democratico di discussione e di indirizzo e di pianificazione nei consigli provinciali appare assai necessario e le molte proteste che si sono levate in difesa delle Province hanno numerose ragioni dalla loro parte.
La decisione presa dal Governo ha il merito di costringere tutti alla considerazione dell’urgenza di assumere un provvedimento non più rinviabile che però salvi ciò che è ( o dovrebbe essere ) una funzione che è troppo importante e estesa per poter essere assolta dai comuni in materia di programmazione, pianificazione e di tutela ambientale e che necessita di una vicinanza al territorio e di un suo rapporto costante e penetrante con esso da non poter essere svolta dalla Regione.
Resta il problema saldi, a mio avviso assai semplice da risolvere: si torni all’antico, a quando presidenti provinciali, assessori e consiglieri godevano di un gettone o poco più, pur essendo riservato ai primi addirittura il potere di firma, che poneva in capo a loro responsabilità gestionali dirette e personali.
Mentre queste responsabilità venivano trasferite ai dirigenti, ai quali spetta ora la gestione , mentre agli organi politici sono riservati poteri di indirizzo, l’appannaggio economico per tutte le figure istituzionali cresceva in modo esponenziale mentre , per effetto del “Bassaninismo” numerosissime competenze venivano trasferite dai consigli alle giunte. Risultato : meno responsabilità , più soldi.
Stando dunque così le cose la proposta che avanzo è la seguente : si azzerino i compensi per assessori e consiglieri ai quali potrebbe essere riservato un modesto e simbolico gettone per le sedute di giunte e consigli mentre ai presidenti potrebbe essere riconosciuto un modesto appannaggio, tipo quello di un insegnante o di un preside di scuola, in considerazione del fatto che essi hanno la rappresentanza legale dell’ente.
Un’altra misura di carattere democratico poi dovrebbe essere quella di riportare ai consigli le materie loro sottratte dalla c.d. esigenza di governabilità : non essendo più quello della giunta un lavoro a tempo pieno e retribuito sarebbe quanto mai opportuno condividere oneri e eventuali onori a livello consiliare , oltre alla democrazia ne guadagnerebbe moltissimo anche la trasparenza, assai appannata nell’ultimo periodo.
Il decreto dunque potrebbe essere emendato in tal senso e vi sarebbe addirittura un saldo positivo. Si sfidino con questa proposta tutti coloro che oggi si stracciano le vesti, incapaci però di una qualsivoglia idea diversa dal mantenimento dello stato quo. Vedremo cosa obiettano.