Roma, 22 dicembre 2004 - Potrei semplicemente concordare con il tuo commento alla mia nota 11.12.04 con la quale, rispondendo alla tua 15.10 e a quella di Ballardini 16.10, centrate sui problemi politici del momento, proponevo il ritorno ai temi urbanistici, ma mi preme insistere sul fatto che, ferme restando la preminenza, l’attualità e urgenza della dimensione politica, il mio intento era, ed è,che essa sia affrontata non col tono della denuncia, ancorché giusta e dovuta, ma con atti, o almeno proposte. “in positivo” su temi concreti e praticabili.
Penso che questi, in questo momento, si possono trovare nei problemi urbanistici del nostro tempo, del nostro Paese e del mondo, sui quali è per noi possibile (e forse dovuto) richiamare l’attenzione della gente, e magari anche dei politici della Sinistra.
Dobbiamo proporre e praticare, sia pure nel minimo possibile, una urbanistica nuova e convincente, perché intonata sui problemi reali della gente. A cominciare dalla gestione efficiente ed onesta delle città. Non le grandi opere (da lasciare ai governi d’affari), ma le cose indispensabili ( seguendo la vecchia lezione berlingueriana dell’austerità), perseguendo la bellezza insieme all’utile, etc., etc. Questo potrà richiedere di correggere qualche canone della nostra vecchia ortodossia, ma anche di superare tanti sfarfallamenti pseudomodernisti alla moda (e pelosi) e di riconfermare (ed è il più importante) i nostri antichi principi, che vengono da lontano e hanno radici profonde e sicure. Mi sta bene quindi che “torniamo all’urbanistica”, e al più presto: proprio per fare politica.
D’accordo. Ma gli sforzi che si fanno alla periferia dell’impero (penso a tanti bravi e onesti tecnici nelle amministrazioni comunali, provinciali, regionali) per proporre e praticare, come tu dici, un’urbanistica “nuova e convincente, perché intonata sui problemi reali della gente”, sono continuamente frustrati, impediti, cancellati dal generale prevalere di quella concezione della pubblica amministrazione e della pianificazione territoriale e urbanistica che trovano nel pasticcio urbanistico Lupi la loro espressione. Il male è profondo. E poche le voci che sembrano accorgesene (Tra queste, ti segnalo una lettera di alcuni assessori pubblicata da Liberazione giorni fa, e anche in Eddyburg)
Tu dici “a cominciare dalla gestione efficiente ed onesta delle città”. Cominciamo pure da lì. Hai esempi interessanti da documentare? Io molto pochi, e nei limiti delle mie possibilità cerco di farlo. Poi penso al pur bravo sindaco Veltroni: vogliamo misurare quante aree di Villa Borghese ha lasciato privatizzare? Il fatto è che la cultura politica, che “comanda” quella amministrativa, non conosce più alcune grandi discriminanti: pubblico/privato, collettivo/individuale. Non voglio dire che i secondi termini delle diadi sono il cattivo, ma voglio ricordare ciò che tutti dovrebbero sapere: che, nel governo della città, è al pubblico e al collettivo che deve essere riconosciuto il primato.