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sezione di Bologna Italia Nostra
7 punti per il piano strutturale
31 Maggio 2005
Bologna
A Bologna si è aperta, con l’illustrazione a un ampia platea del lavoro in corso per il Piano strutturale, una fase di dibattito. Ecco un documento dell’aprile 2005

A seguito del rinnovo dell'Amministrazione comunale bolognese e di quella della Provincia, la sezione di Bologna dell'Associazione ITALIA NOSTRA ritiene opportuno inviare alle Autorità in indirizzo il documento che segue, sintesi delle posizioni dell'Associazione nei confronti del Piano Strutturale del Comune di Bologna.

Il documento riprende anche alcuni contenuti di precedenti interventi che si ritemgono essere tuttora di attualità.

ITALIA NOSTRA si augura che un nuovo spirito di apertura e di disponibilità alla collaborazione venga a caratterizzare le relazioni fra il tessuto associativo e culturale e gli organi politico-amministrativi cui competono le importanti decisioni riguardanti il futuro della città e del territorio provinciale delle quali gli atti della pianificazione territoriale ed urbanistica rappresentano tanta parte.

Le note che seguono entrano solo a titolo esemplificativo nel dettaglio delle proposte attualmente in discussione -né potrebbero fare diversamente data anche la vastità dei materiali messi a disposizione nella fase di presentazione del P.S.C.- ma sono da intendere come un contributo critico positivo alla definizione delle linee generali e degli orientamenti fondamentali delle azioni di politica urbanistica, coerentemente con le finalità strategiche dell'attuale fase di pianificazione.

Per maggiore chiarezza espositiva il presente parere è articolato per punti che intendono sottolineare gli aspetti del P.S.C. che a parere dell'Associazione sembrano di maggiore criticità.

La sezione di Bologna di Italia Nostra si riserva comunque di intervenire in seguito in modo più preciso nel merito degli argomenti che vengono qui trattati in maniera necessariamente generale.

1. La dimensione territoriale dell'azione di pianificazione

Il P.S.C. risente delle carenze che derivano da un'elaborazione sia analitica che progettuale essenzialmente limitata al solo Comune di Bologna; una limitazione che esclude quindi gran parte dell'area alla cui scala si manifestano i fenomeni insediativi e di trasformazione territoriale della fase attuale del processo di urbanizzazione.

E' convinzione di Italia Nostra che nessuna vera ed efficace politica di tutela del patrimonio storico e paesistico esistente e di creazione di nuova bellezza per la nostra città e per il territorio -che sono gli obiettivi di fondo della nostra Associazione- sia possibile al di fuori di una pianificazione urbanistica che affronti in modo organico ed alla scala adeguata il complesso dei problemi in giuoco: non ci può essere una buona salvaguardia del centro storico senza una buona periferia, così come non ci può essere una buona periferia senza una oculata tutela del paesaggio agricolo e naturale e del patrimonio storico sparso che la circonda od è presente nelle sue frange più lontane.

La dimensione delle problematiche urbane bolognesi ormai da molti decenni è tale che la sola pianificazione urbanistica comunale non è più in grado di affrontarne la reale natura: è nostra convinzione che occorrano un quadro complessivo di riferimento a livello sovracomunale e strumenti di coordinamento politico-amministrativo che superino le ristrettezze dei singoli ambiti territoriali comunali coinvolti nei processi urbani del nostro tempo (si pensi, per esempio, alle problematiche delle infrastrutture per la mobilità privata e per i trasporti pubblici od a quelle della creazione e della localizzazione di centri commerciali e direzionali, di poli della Sanità o per l'Università e la Ricerca, o di infrastrutture per gli spettacoli di massa, della tutela del territorio agricolo di pianura o collinare o degli ambiti fluviali, della previsione di parchi territoriali ecc.).

L’attuale divaricazione fra le pianificazioni del Comune di Bologna, dei Comuni contermini e della Provincia sembra rendere problematica la ripresa di una efficace iniziativa di pianificazione sovracomunale; riteniamo invece che sia ancora questa la strada da seguire se non ci si vuole rassegnare ad un futuro all’insegna della frammentaria casualità di scelte urbanistiche condizionate dagli esiti di impari contrattazioni fra le parti pubbliche e controparti private sempre più forti.

2. Una "idea" generale di città alla base di una strumentazione attuativa articolata.

E' opinione di ITALIA NOSTRA che occorra, in sintesi, una "idea" di città alla scala alla quale i fenomeni urbani si manifestano oggi e forme di governo territoriale adeguate in grado di concretizzarla attraverso una strumentazione articolata ma coerente.

E' principalmente sotto questo punto di vista (anche se non solo) che -a parere della nostra Associazione- l'azione dell'amministrazione comunale bolognese si è mostrata carente nel corso almeno degli ultimi due-tre decenni, sostanzialmente cancellando le esperienze degli anni '60 e '70 del '900 che fecero di Bologna uno dei principali punti di riferimento politico-culturali del dibattito urbanistico europeo.

Alle già discutibili scelte del P.R.G. del 1985 volte principalmente a colmare con nuove urbanizzazioni le aree ancora "vuote" della periferia cittadina o quelle

che si sarebbero rese disponibili a causa dell'obsolescenza naturale od appositamente provocata di vecchi impianti annonari, industriali e ferroviari (non a caso questo tipo di logica di riempimento dei vuoti venne definita con involontario umorismo "urbanistica interstiziale"), ha poi fatto seguito, nella totale mancanza di qualsiasi visione sovracomunale dello sviluppo, una prassi attuativa all'insegna del caso per caso, dell'inseguimento di questa o quella emergenza, di questa o quella iniziativa proposta nell'interesse dei relativi proponenti: tutto ciò aggravato dagli sconsiderati "premi di cubatura" generosamente elargiti e quasi sempre al di fuori di ogni idea strategica sul futuro della città, delle esigenze prioritarie dei quartieri nei quali le nuove trasformazioni venivano ad inserirsi, e, troppo spesso, addirittura in assenza di ogni possibilità di pubbliche discussioni e verifiche.

Si è così verificato il susseguirsi di iniziative episodiche e di scelte avvenute in carenza di una effettiva discussione pubblica che le precedesse: si pensi alle vicende dei progetti per la Stazione, a quelle delle Officine dell'Istituto Ortopedico Rizzoli passate in un sol colpo da luogo di punta della ricerca medica mondiale ad area lottizzabile a scopi speculativi privati, alla fallimentare e sconclusionata realizzazione del CAB, all'addensamento eccessivo di volumi e di funzioni generatrici di grandi volumi di traffico a ridosso dei viali di circonvallazione (aree ex Morassutti e Buton), od in altre zone della periferia cittadina (via della Repubblica, Stalingrado, aree ex ICO e Panigal), fino alle ancora nebulose decisioni circa l'area dell'ex Mercato Ortofrutticolo alla Bolognina e ad altre aree ancora.

Si pensi, ancora, alla diffusione casuale di grandi infrastrutture civili ed economiche dentro e fuori dai confini del territorio del capoluogo

Molte di queste vicende sono purtroppo già giunte a conclusione; per alcune è invece ancora possibile rimediare ai guasti che si prospettano qualora si concludano secondo le premesse enunciate.

Tutto questo mentre sono proseguite (e proseguono tuttora stando almeno agli esiti delle prime proposte per i nuovi P.S.C.) ntense politiche espansive dei Comuni della cintura volte soprattutto ad assorbire popolazione in uscita dal capoluogo.

Le discussioni sul P.S.C. di Bologna, sul Piano Territoriale della Provincia e sui nuovi Piani urbanistici dei Comuni minori, in presenza di nuove compagini dirigenti a livello amministrativo possono ora essere occasioni utili da utilizzare per una forte inversione di rotta rispetto ad un andamento che si è caratterizzato troppo a lungo negativamente con una sostanziale continuità politico-culturale fra le ultime amministrazioni comunali del capoluogo pur derivanti da differenti maggioranze politiche.

3. La tutela del patrimonio storico artistico

E’ naturale che, in un quadro di sostanziale mancanza di chiare linee di governo dei problemi urbani nel loro complesso, il centro storico della città abbia subito nel corso degli ultimi decenni un progressivo processo incontrollato di trasformazione che si è manifestato soprattutto nella crescente terziarizzazione dell'uso del patrimonio edilizio, nell'evoluzione della struttura commerciale verso i consumi più lussuosi, nel calo delle famiglie che lo abitano in permanenza con la costante espulsione verso l'esterno delle famiglie a basso reddito, con la riduzione del numero e della varietà dei negozi di prima necessità a servizio dei residenti, con la graduale scomparsa delle botteghe degli artigiani: ci troviamo così di fronte ad un centro storico sempre meno popolato da abitanti permanenti e che rimane però un grande e potente attrattore di popolazione diurna; le modalità della sua fruizione sono sempre più condizionate dalla crescita sproporzionata dei prezzi di vendita e d'affitto degli alloggi e dei locali commerciali.

La stessa grande e positiva presenza di una ingente massa di popolazione studentesca richiamata dall'Università, in mancanza di adeguate politiche abitative mirate, è diventata sempre più un fattore di squilibrio del mercato della casa agendo in senso negativo sulle possibilità di mantenere all'interno del centro urbano antico una diversità sociale capace di garantirne anche una vitale stratificazione commerciale e funzionale.

Si tratta, certamente, di problematiche complesse e di tendenze non sempre controllabili al solo livello delle politiche locali; è certo però che da circa due decenni sembra essere caduta ogni tensione volta a contrastare attraverso politiche urbanistiche ed edilizie mirate gli andamenti tendenziali indotti dalle sole leggi del mercato immobiliare.

E' opinione di Italia Nostra che occorra invece una forte ripresa di iniziativa per ristabilire un "progetto" complessivo per la città: un progetto capace di dare coerenza e continuità alle soluzioni dei problemi specifici, a cominciare da quelli della tutela e della valorizzazione del patrimonio di risorse storico-artistiche, architettoniche ed ambientali di cui la nostra città ed il nostro territorio sono ancora così ricchi (ed il fatto di averlo conservato in misura così rilevante è certamente un merito storico delle politiche locali condotte a Bologna nel corso degli ultimi cinquant’anni) senza però trascurare i limiti da porre alle modalità del loro uso.

Riteniamo che sia proprio anche a causa della mancanza di una "idea" complessiva di città e -al suo interno- del valore e del ruolo del suo centro antico, che proprio qui si rilevino diversi aspetti di forte degrado della qualità ambientale (inquinamenti dell'aria e da rumore dovuti all'eccesso di traffico motorizzato privato e di mezzi pubblici; sosta caotica e pervasiva di auto, moto e biciclette che spesso invadono addirittura portici e marciapiedi) e di caduta di attenzione da parte degli organi preposti nei confronti della qualità degli interventi edilizi e di arredo. Si possono citare molti episodi accaduti in questi ultimi anni che testimoniano di questa situazione preoccupante: dallo sventramento Benetton alle "gocce" dell'Infobox di via Rizzoli, dalla disordinata proliferazione di antenne e sovrastrutture tecnologiche per ascensori ed impianti di condizionamento un po' su tutti i tetti alla copertura di cortili antichi come quello minacciato dai progetti per Palazzo Pepoli, dalla statua di Padre Pio a Porta Saragozza alla grossolana risistemazione del giardinetto di Piazza Minghetti, alle minacce di ulteriori scomparse di esercizi commerciali storici a causa di affitti eccessivi e di mancanza di vincoli efficaci.

Lo stato di degrado in cui versano molti dei percorsi porticati che costituiscono uno degli elementi fondamentali dell'architettura urbana antica, testimoniano di una preoccupante e diffusa mancanza di attenzione e di decadimento di quel vitale rapporto pubblico-privato su cui si è basata storicamente l'invenzione e la diffusione dei portici stessi.

Pavimentazioni malridotte e spesso sconnesse al limite della pericolosità per chi cammina, scarsità di illuminazione notturna, invasione di spazi pedonali da parte di biciclette, motorini e auto in sosta, sono aspetti evidenti di questo stato di degrado.

Occorre avviare una nuova politica di incentivi per i privati e di controllo pubblico per provvedere alla riqualificazione di queste fondamentali strutture cittadine, ricordando sempre che la manutenzione ordinaria del patrimonio costituisce lo strumento principale delle politiche di tutela anche per evitare di dovere ricorrere poi a più complesse e costose operazioni di restauro.

4. I Viali di circonvallazione: l'importanza e la qualità urbana delle aree di cerniera fra centro storico e prima periferia.

ITALIA NOSTRA ritiene che un'attenzione particolare vada riservata al sistema dei viali di circonvallazione e delle aree contermini: le soluzioni che verranno date ai problemi che gravano su queste parti della città ed il modo con cui se ne utilizzeranno le potenzialità saranno fondamentali nell'orientare gli andamenti futuri di molti dei problemi del centro urbano antico, della fascia della prima periferia storica e delle relazioni fra le diverse parti dell'insieme cittadino.

L'anello dei Viali, realizzato sul sedime delle ultime mura medievali secondo il modello d'intervento in voga fra la fine del XIX secolo e l'inizio del XX, costituisce ancora oggi uno degli elementi urbanistici d'insieme più caratteristici ed importanti della città sia dal punto di vista morfologico che da quello del funzionamento della vita urbana; come tale rappresenta però anche uno dei suoi più evidenti punti di crisi e di degrado.

I Viali che erano stati pensati come una sorta di grande passeggiata tutt'intorno alla città e come anello di congiunzione fra il nucleo urbano antico e le crescite moderne all'esterno del suo perimetro storico, richiedono oggi un ripensamento globale: le funzioni alle quali dovevano rispondere sono profondamente mutate; la striscia alberata centrale che tuttora suddivide le due carreggiate non può più essere sede di passeggiate e resta come una sorta di impraticato ed impraticabile spartitraffico, mentre sulle carreggiate il traffico stesso si svolge con sempre maggiori difficoltà in una assurda mescolanza fra traffico privato e trasporto pubblico costretto a risentire delle condizioni di congestione di quello privato, nonostante la realizzazione in alcuni tratti di corsie riservate.

Le condizioni di abitabilità delle zone che fiancheggiano il sistema dei Viali (una volta e fino a non moltissimi anni orsono fra le più pregiate) risentono pesantemente dei rumori e della pessima qualità dell'aria che vi si respira a causa dell'eccesso di traffico.

La caduta in disuso di molte delle funzioni pubbliche che si erano andate attestando sui Viali, ha creato, ed ancora creerà in futuro preziose occasioni di riqualificazione dell'intero sistema con ripercussioni importanti sul resto della città.

Fino ad oggi ad ogni occasione di intervento si è data risposta come se si trattasse di un problema isolato da soddisfare pensandosoprattutto a massimizzare il profitto immobiliare dei proprietari delle aree interessate; questo ha portato a concentrare volumi e funzioni che anziché contribuire a risolvere i problemi in essere, sono causa di ulteriori appesantimenti della situazione complessiva.

Nonostante gli errori già compiuti i Viali rappresentano ancora una grande occasione complessiva di ripensamento di una parte importantissima della città per le occasioni di intervento che ancora si presentano lungo l'insieme del loro tracciato; il ripensamento delle funzioni di traffico che i Viali possono continuare ad assolvere deve andare di pari passo con un progetto complessivo di riqualificazione del sedime dei Viali e delle zone circostanti che tornino a farne un'area di vero decoro urbano con la prevalenza del verde.

ITALIA NOSTRA ritiene che questo sia uno dei temi urbanistici più importanti da affrontare nel prossimo futuro, per il quale sia da mettere in campo il massimo sforzo progettuale.

5. La tutela del patrimonio paesistico-ambientale e il sistema del "verde"

Bologna ed il suo hinterland hanno bisogno di una rinnovata attenzione nei confronti del residuo patrimonio paesistico ed ambientale sempre più assediato da iniziative incontrollate di proliferazione edilizia. La salvaguardia stessa della collina basata sul Piano del 1969 e sulla politica di creazione di un grande sistema di parchi pubblici perseguita nel decennio successivo, si trova ad essere messa in dubbio da iniziative per ora ancora isolate (si pensi alla soluzione che ha avuto l'annosa vicenda delle aree dell'ex Accademia di Agricoltura od a quella preconizzata per quella delle ex Officine dello IOR) ma certamente significative di una tendenza preoccupante a ripensare negativamente la volontà di mantenere la collina di Bologna come grande area agricola-naturale libera dalle iniziative della speculazione edilizia. Anche i Parchi della collina costituiti negli anni '70 ed attualmente, almeno in parte, in stato di deplorevole abbandono, devono tornare ad essere intesi come elementi importanti per la qualità della vita della città e dei suoi abitanti

Gli stessi grandi cunei agricoli di pianura che penetrano ancora in profondità nel cuore dell'area urbana ed hanno impedito fino ad ora la saldatura completa delle diverse direttrici dell'espansione periferica, sono stati in questi ultimi decenni manomessi ed aggrediti in molte parti da iniziative edilizie casuali sorte al di fuori di qualsiasi disegno di pianificazione generale; i corsi dei fiumi e dei canali artificiali che erano stati indicati fin dalla pianificazione degli anni '60 e '70 come importanti occasioni per creare un sistema di parchi lineari capaci di collegare collina, città e pianura, si trovano in gran parte in deplorevoli situazioni di degrado e di abbandono: basti per tutti l'esempio di quel che è successo del progetto di restauro e di riqualificazione del Canale Navile.

Gli accurati studi relativi al sistema ambientale, alle sue esigenze e potenzialità compiuti in preparazione del P.S.C. di Bologna possono costituire una buona base di partenza per ridefinire gli orientamenti di una pianificazione urbanistica che, diversamente dalle indicazioni del P.S.C., tenga conto di questo patrimonio come di una risorsa da utilizzare in positivo e da non erodere ulteriormente così come invece ci si ripromette di fare attraverso le deplorevoli conclamate "manovre perequative" alle quali molte delle aree ancora agricole sembrano essere minacciosamente assoggettate.

6. Traffico e trasporto pubblico

Le questioni del traffico locale e nazionale e del trasporto pubblico e della relativa creazione di nuove infrastrutture, hanno polarizzato per lungo tempo la discussione intorno ai nuovi strumenti di pianificazione provinciale e comunale.

Anche in questo caso la mancata integrazione della visione pianificatoria bolognese ad una scala più ampia di ragionamento ha contribuito ad impedire fino ad ora -fatta eccezione per il progetto e le prime realizzazioni relative al Servizio Ferroviario Metropolitano (SFM, che però soffre ancora di notevoli disfunzioni di esercizio e della decrepitezza e del degrado del materiale rotabile)- che si mettessero a punto ipotesi di intervento adeguate per un sistema integrato di trasporto pubblico e privato, un sistema in cui un ruolo fondamentale è da assegnare alla rete dei trasporti pubblici in sede propria integrata ad una serie di parcheggi scambiatori lontani dal centro storico cittadino, sola alternativa reale alla congestione ed alle molteplici conseguenze ambientali negative dell'invadenza del traffico motorizzato privato e della pressione esercitata soprattutto sul patrimonio edilizio storico del centro da mezzi di trasporto pubblico di superficie eccessivamente ingombranti ed inquinanti.

Bologna ha così finito per trovarsi in una gravissima situazione di ritardo rispetto alle esigenze ed a quanto fatto negli ultimi quindici-vent'anni in moltissime città anche di piccola e media dimensione negli altri paesi europei.

Anche le timide ipotesi prospettate con il PRG del 1985 sono cadute nel vuoto, prima, e nel baratro, poi, delle polemiche politiche sui progetti della metropolitana. Ci si augura che sia ora possibile un confronto più aperto, concreto e costruttivo su questi complessi temi nell'interesse della città.

Senza scendere nel dettaglio e nel merito di giudizi tecnici circa i tracciati e le soluzioni tecnologiche da adottare, ITALIA NOSTRA sottolinea l'esigenza di dotare finalmente Bologna e la sua area metropolitana di una rete di trasporto pubblico in sede propria capace di costituire una alternativa reale a gran parte degli spostamenti che attualmente si avvalgono di mezzi di spostamento individuali per mancanza di alternative comode, dignitose ed efficienti.

I cittadini bolognesi si sono già da molti anni espressi a favore di una sostanziale diminuzione del traffico motorizzato privato in un ormai lontano referendum i cui esiti vennero presto accantonati e dimenticati dal Comune; è ora tempo di uscire dalla paralisi che per troppo tempo ha paralizzato le decisioni pubbliche in questo campo.

Occorre quindi riprendere una politica fermamente orientata alla diminuzione del traffico privato; una politica che non sia demagogicamente realizzata con soli slogan o divieti che poi si rivelerebbero politicamente impraticabili, ma che agisca attraverso un accorto dosaggio di disincentivi e di messa a disposizione di efficaci alternative all'uso dell'auto privata: la scelta del mezzo con cui spostarsi non è infatti una questione ideologica: ciascuno sceglie sulla base delle opportunità che gli vengono offerte, dei costi e dei benefici delle diverse alternative, della velocità e della comodità dei diversi mezzi a disposizione.

ITALIA NOSTRA, che ha contribuito insieme agli abitanti della zona e ad altre Associazioni alla non approvazione dell'infausto progetto di un parcheggio sotterraneo negli orti di Via Orfeo, si augura che in futuro le misure di attenuazione dell'impatto del traffico automobilistico privato soprattutto all'interno del centro antico della città, tengano conto della necessità di non alterare episodi significativi del tessuto urbano storico e di non provocare fenomeni indotti che procurerebbero più danni di quelli ai quali si vorrebbe porre rimedio come sarebbe stato invece nel caso della realizzazione di quel parcheggio.

Riguardo infine alla proposta del Comune e della Provincia per il raddoppio autostradale che dovrebbe risolvere le attuali difficoltà del sistema tangenziale spostando quote di traffico di attraversamento dell'area bolognese su di un nuovo tracciato che verrebbe ad interessare grande parte dell'area di pianura del territorio provinciale, ITALIA NOSTRA chiede che vengano studiate alternative che producano conseguenze meno distruttive degli equilibri ambientali, insediativi e paesistici rispetto a quelle preconizzate con la soluzione individuata. Non è con un pezzo di autostrada in più che si risolvono i problemi dovuti all'eccesso di trasporti su gomma: aggiungere nuove strade vuol dire semplicemente richiamare ancora più auto e tir.

Non ci sono alternative reali alle difficoltà del nostro sistema autostradale che non passino per lo spostamento di importanti quote di traffico merci dalla gomma alla ferrovia, come si sta già facendo in altri paesi europei (Svizzera ed Austria in primis) e quote di spostamenti delle persone dal mezzo di trasporto privato a quello pubblico. Una nuova autostrada come quella ipotizzata da Comune e Provincia sposterebbe soltanto di qualche chilometro il problema per poi rivelarsi di nuovo insufficiente dopo pochi decenni, alterando invece definitivamente in modo negativo l'organizzazione funzionale, agricola e paesistica di gran parte del territorio provinciale.

Pur in attesa di non molto probabili (per ora) ma inevitabili inversioni di rotta delle politiche nazionali dei trasporti ed avviando rapidamente soluzioni alternative per il trasporto pubblico, occorre compiere un grande sforzo tecnico-progettuale per porre rimedio alle attuali situazioni di difficoltà mettendo in campo capacità amministrative, culturali e progettuali paragonabili a quelle che portarono sul finire degli anni '50 ed all'inizio degli anni '60 alla realizzazione del sistema tangenziale, un sistema che si ritiene possa essere ancora migliorato e potenziato attraverso interventi di razionalizzazione fisica e di modernizzazione delle modalità di gestione del traffico.

7. Le modalità attuative

L'impianto del PSC è negativamente condizionato dalla scelta di procedere secondo le modalità di attuazione dell'urbanistica contrattata oggi in voga, che tanti danni sta producendo nelle nostre città, Bologna compresa.

Chiamare ora in modo apparentemente più accattivante "manovra perequativa" (dizione che sembra furbescamente alludere a qualche sorta di giustizia distributiva di vantaggi e di svantaggi) questa prassi liquidatoria di ogni politica di pianificazione principalmente finalizzata al pubblico interesse, non cambia il risultato che si minaccia di ottenere: che è quello di subordinare le scelte attuative concrete principalmente agli interessi economici di chi partecipa ai giuochi della contrattazione.

Quanto accaduto e sta accadendo da una quindicina d'anni a questa parte anche a Bologna lo dimostra ampiamente e non è di alcuna consolazione constatare che la legislazione regionale e quella nazionale tendono ad evolvere sempre più in questo senso: di fatto, prendendo ad esempio quanto sta oggi accadendo in Emilia Romagna, molti dei maggiori disastri urbanistici si stanno producendo e vengono proposti sotto le etichette dei Piani di Ricupero o di Riqualificazione, degli Accordi di Programma ecc., strumenti e modi di attuazione, anche questi, che vengono propagandati come benefici strumenti di superamento delle concezioni "vincolistiche" della pianificazione "vecchia maniera".

Condizionare ad imprecisate "manovre perequative" il mantenimento dell'inedificabilità di parti dei cunei di territorio agricolo residui all'interno dell'espansione periferica della città che si ritiene debbano invece restare non costruiti al di fuori del condizionamento di qualsiasi interesse particolare (si vedano ad esempio -ma non si tratta delle sole- le aree comprese fra l'Autostrada per Ferrara e l'urbanizzazione a ridosso della via di Corticella), significa condannarle invece ad un processo incontrollato di prevalente edificazione, completando così errori già fatti con il PRG del 1985 in altre parti del territorio comunale.

Ci sono "vuoti di urbanizzazione" che rappresentano valori da preservare in quanto tali; sulle aree di questi vuoti va piuttosto esercitata una preveggente politica patrimoniale pubblica di lungo termine, la sola, come ormai dimostrato da oltre un secolo di storia della pianificazione urbanistica europea, che possa garantire nel tempo la prevalenza dell'interesse pubblico nelle scelte relative alla crescita ed alle trasformazioni urbane, come d'altronde fece con successo il Comune di Bologna negli anni '70, durante i quali la manovra sul patrimonio costituì un importante strumento al servizio del successo delle azioni di pianificazione urbanistica nel centro antico della città come sulla collina e nel più ampio territorio dell'area metropolitana.

Il Piano Strutturale oggi in formazione non deve costituire il quadro entro il quale tutto diventa possibile sulla base dell'esito di impari trattative pubblico-privato, ma deve fissare con chiarezza l'ossatura delle scelte fondamentali a lungo termine dell'organizzazione urbana e territoriale; soltanto in subordine a queste vanno considerati i margini di flessibilità da lasciare alle contrattazioni con i privati.

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