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Marco Ponti
10 anni di obiettivi mancati
15 Marzo 2011
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Se metti lo Stato in mano a un imbonitore interessato agli affari, propri e altrui, ecco che cosa ti succede. Il Fatto Quotidiano, 15 marzo 2011

Nel 2011 scade un decennio caratterizzato da due eventi, di gravità molto diversa ma entrambi luttuosi: l’attacco alle Torri gemelle e la proclamazione alla lavagna di Vespa (senza apposito plastico, tuttavia) della legge obiettivo per le Grandi opere.

Vediamo, per il secondo evento, qualche aspetto di metodo: di metodo anzi non si potrebbe parlare, trattandosi di un elenco eterogeneo di opere, di cui non è stata spiegata al volgo plaudente (e pagante) l’origine, se non come parto della benevolenza del principe. Di solito la pubblicità televisiva di un prodotto, ne illustra le qualità, in questo caso per esempio si sarebbe potuto parlare dei ridotti costi per lo Stato e/o dei rilevanti traffici serviti. Di conti, invece, neanche l’ombra.

Un aspetto emerge subito: sono quasi tutte opere per il traffico di lunga distanza (minoritario), mentre paiono assenti le città dove non solo c’è la maggior parte del traffico, ma anche i maggiori problemi ambientali e la maggior congestione che genera costi elevati a famiglie e imprese. Sconcerto iniziale nell’opposizione, che aveva tentato negli anni precedenti di fare piani di trasporto, che parlassero anche di servizi, gestione, di priorità ecc. Dopo una breve perplessità, il centrosinistra, tornato al governo, decideva che inaugurare Grandi opere, se l’inauguratore era quello giusto, andava tutto sommato bene. Il populismo costruttivo/cementizio diveniva “bipartisan”. Ma la faccia andava pur salvata. Allora si cancelli subito il Ponte sullo Stretto!

Opera costosissima e inutile al Paese (si tratta di meno del 10 per cento del costo complessivo delle Grandi opere). Sul resto silenzio, anzi, si passa “all’inseguimento”, non solo nel merito ma anche nel metodo, quindi nessuna analisi quantitativa, “terza” e comparativa, ovvia premessa per un dibattito democratico e trasparente sulle priorità di spesa pubblica. Sui soldi poi si continua a tollerare inaccettabili stime ottimistiche dei costi pubblici, proprio mentre, nel silenzio “bipartisan”, i costi dell’Alta velocità triplicano, diventando inconfrontabili con quelli dei paesi vicini. Ma certo non tutti piangono per questa esplosione (costruttori, enti locali, ambientalisti).

Passando a qualche sviluppo specifico e illuminante del dibattito comunque emerso, un tema forte riguarda la “priorità delle Grandi opere per il Sud, per lo sviluppo”. Tralasciando le molte analisi su quanto le grandi opere civili giovino, al Sud, soprattutto alla malavita organizzata, emerge ancora una volta l’assenza di numeri sia per le opere insensate del Nord che per quelle del Sud.

Meno vivace, perché tutti d’accordo, il dibattito sul tema “più ferrovie che strade, perché le ferrovie servono all’ambiente” . Peccato che l’argomento sia falso: le ferrovie in Italia soffrono di carenza di domanda, non di offerta (tre quarti della rete è sottoutilizzata). La stessa Alta velocità ha sottratto un po’ di traffico all’aereo, certo, ma i numeri sono modesti, pari ad alcuni treni Av al giorno su una capacità aggiuntiva di 300 treni/ giorno. Inoltre le emissioni di CO2 da cantiere, per costruire l’opera, sembrano essere dello stesso ordine di grandezza del CO2 risparmiato col cambio modale indotto.

Ultimo slogan“bipartisan”: i privati devono contribuire agli investimenti. Peccato che quelli ferroviari siano pozzi di denari (al più si ripagano i costi di esercizio) dove nessun privato metterebbe un euro, se non fosse garantito che alla fine lo stato paghi tutto. Il contrario per le autostrade, in buona misura pagate dagli utenti che mostrano di gradirle di più anche dei migliori servizi ferroviari. Tale distinzione non sembra però “politically correct”, per cui si parla di infrastrutture in genere e anzi ci si lamenta (verdi) dei troppi investimenti per le strade.

Alcune “perle” finali: dall’anno scorso, si possono finanziare “lotti costruttivi”, non più solo “lotti funzionali”. Si possono cioè aprire cantieri (sotto elezioni) anche se non ci saranno mai i soldi per finire le opere. Una grande priorità è stata data a opere ferroviarie inutili, come la Torino-Lione e la Napoli-Bari (basta guardare i dati di traffico ufficiali). Manca solo il tunnel Trapani-Tunisi, proposto da Cuffaro, che tuttavia non può al momento occuparsene.

Una nota finale di ottimismo: la scarsità di denari ha indotto una qualche maggior ragionevolezza. L’autostrada tirrenica, opera inutile e lesiva per l’ambiente nel progetto originario, sarà realizzata in asse con la statale Aurelia con costi molto ridotti, e la nuova linea ferroviaria Venezia-Trieste sarà costruita con interventi successivi, in funzione della crescita del traffico, oggi scarso. Speriamo che i soldi continuino a mancare, ma forse occorrerebbe sperare che cresca la razionalità e il senso civico dei decisori. “Ogni denaro pubblico sprecato è sottratto a qualche servizio sociale essenziale” è il mantra della Banca Mondiale.

Una versione estesa di questo articolo sarà pubblicata sul numero di marzo de Il giornale dell’Architettura

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