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la Repubblica, 1 ottobre 2017. «Le trasformazioni indotte dal turismo incideranno sull’immaginario collettivo molto più di quanto si possa pensare; per esempio contribuendo a imprimere nella mentalità occidentale che tutto, anche i luoghi più intimi e personali, può o deve diventare oggetto di profitto».

Da Venezia alla Toscana, i luoghi d’arte e i piccoli borghi rischiano di trasformarsi in posti dove tutto ruota attorno al consumo turistico. Come si possono far convivere le esigenze di migliaia di visitatori con il rispetto delle città e dei loro abitanti?

Gli articoli su Venezia e la sua striminzita popolazione residente. Venezia e le “orde” di turisti che si abbattono come cavallette mortifere su una “città delicata”. Le grandi navi che permettono a migliaia di persone di solcare la laguna e guardare San Marco dall’alto… Da anni siamo sommersi da segnali d’allarme. Va sottolineato che Venezia, grazie alla sua bellezza e unicità, è un simbolo schiacciante e supremo. Le voci di dolore di editorialisti e intellettuali che annunciano la catastrofe sono talvolta forti e giuste, l’angoscia sincera. E alla fine si alza di solito l’invocazione al governo italiano. Come se, di colpo, per azione dello spirito santo, il nostro governo fosse in grado di recuperare un potere che non ha, e non ha in fondo mai voluto, per trovare soluzioni a un’attività chiamata turismo e tentare di regolamentarla… Un’attività che sembra l’innocuo prolungamento dell’ozio, ma che sconquassa alle radici la nostra civiltà. Un’attività che sta profondamente cambiando da qualche decennio i paesaggi mondiali. Un’attività sociologicamente rivoluzionaria di cui per molti anni nessuno aveva previsto l’influenza profonda sulla vita occidentale.
Pare che quest’anno saranno un miliardo e duecento milioni gli esseri umani a lasciare per pochi giorni il loro habitat e andare a visitare un altro paese. Erano sessanta milioni alla fine nel 1968. Dopo le feste natalizie, trenta milioni di questi avranno messo piede a Venezia, che ha una popolazione di appena cinquantamila abitanti. Queste transumanze, che non possono che crescere di anno in anno, sono un fenomeno recente. Per secoli ci si spostava per due sole ragioni: la guerra e la conquista di territorio. Per altri secoli, il pellegrinaggio religioso costituiva l’unica esperienza di vita di un uomo al di fuori del luogo natale. Nell’Ottocento iniziarono, in Europa, i tour educativi dei rampolli di buona famiglia e quelli degli artisti. Solo dopo il boom economico degli anni Sessanta si sono sviluppati il turismo famigliare e tutti gli altri turismi - artistico, sportivo, sessuale, esotico, estremo - dall’Artide alla Terra del Fuoco, dal Messico all’Isola di Pasqua. Le prime parole che vengono in mente sono mondializzazione e democratizzazione.
Non appena intere popolazioni escono dalla miseria e dalle costrizioni contingenti, acquistano coscienza che il mondo, i suoi tesori e le sue bellezze, sono di tutti e dunque appartengono anche a loro. Tutto appartiene a tutti. Il turista è l’altro. Siamo dunque sempre il turista di qualcuno. E la povera signora veneziana, travolta e semicalpestata mentre usciva da un vaporetto, quella che, mentre la aiutavo, disse, tra disperazione e stupore “… ma questa è la MIA città… “, è probabilmente nonna di un giovane che si dà alla pazza gioia alle quattro di notte a Barcellona e impedisce ai residenti di dormire.
Bisogna “regolamentare i flussi”, “spalmare” il turismo su zone più ampie dicono i politici — e naturalmente creare commissioni per agire con efficacia. Come si regolamenta l’arrivo dei turisti a Venezia? Si diminuisce il numero dei treni? Niente più pullman? Arriveranno solo quelli che atterrano all’aeroporto? Numero chiuso per censo (chi paga il biglietto d’ingresso)? Il biglietto del vaporetto (già a un prezzo stravagante: 7 euro e cinquanta) aumenterà? Il Ponte di Rialto verrà transennato a ore fisse? E come si “spalmano” i turisti?
Qualcuno spiegherà ai gruppi organizzati che è meglio non visitare la Basilica e fare invece un giro in laguna di notte? Nessuno ha idea di quel che bisognerebbe fare ma il brusio dei saccenti si fa assordante. Non possiamo permetterci di sghignazzare troppo sulla caricatura del viaggio culturale praticato da masse piene di buona volontà, invasori pacifici e ammiratori virtuali. Sappiamo che un discorso elitista a nulla serve ed è intellettualmente ingiusto. Chi siamo per giudicare le emozioni che suscitano un primo, e forse unico, ingresso nella basilica di San Marco? Chi siamo proprio noi che stiamo diventando una nazione di affittacamere e cantinieri? Alle scempiaggini sentite dai turisti (cito un dotto capofamiglia francese sulla Riva degli Schiavoni: “ …da qui partivano le navi cariche di schiavi per l’America”), corrispondono le scempiaggini di alcuni telegiornali che fanno a gara di cifre trionfali, dalla frequentazione dei musei al numero di sagre della patata. E le trasformazioni indotte dal turismo, quelle collaterali come Airbnb, incideranno sull’immaginario collettivo molto più di quanto si possa pensare; per esempio contribuendo a imprimere nella mentalità occidentale che tutto, anche i luoghi più intimi e personali, può o deve diventare oggetto di profitto.
Uno dei motori del turismo, fra i più nobili, è l’immaginazione. Partire da un luogo noto per andare a vedere paesaggi e opere d’arte che la letteratura e la storia ci hanno descritto. Verificare se quello che immaginavamo corrisponde alla realtà, o le è inferiore, o superiore producendo quei brividi che solo la bellezza o la stranezza sanno provocare: ecco la parte bella a cui aspira il viaggiatore. Ma perché questa magia avvenga, bisogna che il luogo visitato abbia preservato non solo i resti di una bellezza riconosciuta dalle guide, ma per quanto possibile le caratteristiche che hanno formato la sua identità. Per questo suscita sgomento la reazione del sindaco Brugnaro e il suo entusiasmo all’idea dei futuri sbarchi di grandi navi, cinesi stavolta, a Marghera. Le Monde del 15 agosto riporta il suo giubilo: “Venezia sarà la Dubai dell’Occidente!”.
Il sociologo Rachid Amirou, che ha dedicato la sua vita di ricercatore alla nascita e all’esplosione dei turismi nel mondo, racconta un aneddoto stupefacente: in una cittadina della Costa Azzurra, l’amministrazione comunale dava ai pensionati un modesto contributo perché uscissero di casa, giocassero a bocce e bevessero il loro solito aperitivo sotto i platani… perché conducessero in pratica la loro vita normale, soprattutto nelle giornate estive e sotto gli occhi dei turisti. Perché insomma la loro identità, non ancora in pericolo, si rafforzasse e desse lustro al fascino del loro luogo natale. Attori di sé stessi, in un quadro che, insensibilmente ma sempre di più, diventa la scena di un teatro. Quante volte abbiamo avuto l’impressione di un allestimento organizzato per uso turistico in paesini di incomparabile leggiadria — in Toscana o a Malta o in Andalusia?
Ha ragione Galli della Loggia — e hanno ragione Jean Clair o Salvatore Settis, preoccupati da questi sintomi di identità per lo meno perturbata — a invocare un potere organizzativo superiore, che pensi il futuro e non permetta agli eletti locali azioni potenzialmente devastanti, non pensate e non analizzate. Ma non mi risulta che nessuno abbia risposto alle loro suppliche. E non mi stupisce. Siamo di fronte a un movimento inarrestabile e difficilmente organizzabile, che ha letture diverse, da quelle più moderate e fataliste a quelle più pessimiste. Questo movimento ci trascina verso una divisione del mondo in nazioni “invitanti” (dedite ai servizi di accoglienza per vacanzieri, all’artigianato più o meno fasullo, allo sfruttamento intenso delle bellezze artistiche e paesaggistiche) e nazioni forti che concentreranno sul loro territorio industrie e strumenti di potere. Questa la visione pessimista. Inutile insistere sulla tristezza orwelliana di cui è portatrice.

la Nuova Venezia, 25 settembre 2017. Clamorosa vittoria dei numerosi movimenti popolari, finalmente associati con grande creatività, per contrastare le Grandi navi e le connesse opere progettate per distruggere la Laguna. Per una notte, ma non è che un inizio

CROCIERE FERME PER UN GIORNO
POI SCATTA L'ASSALTO ALLA MSC

di Enrico Tantucci

La nave è partita alle 21, inseguita dai barchini dei manifestanti che hanno lanciato una trentina
di razzi. Partenza ritardata anche per altre navi. Un migliaio di partecipanti nonostante il maltempo

Le Grandi Navi fuggono dalla manifestazione anticrociere nella speranza di evitare l'ormai tradizionale, pacifico assalto delle associazioni ambientaliste con le loro barche in acqua al passaggio delle navi da crociera in Bacino di San Marco all'altezza delle Zattere. Per evitare la contestazione, le compagnie hanno fatto slittare le partenze, quando la prima nave da crociera, la Msc Musica, avrebbe dovuto passare verso le 16.30. Quindi, a seguire, la Norwegian Star alle 18 e la Crystal Esprit alle 19. Le partenze dovevano slittare a stamattina, ma a sorpresa al calare della notte, alle 21, quando i 99 Posse avevano da poco iniziato a suonare, la grande nave Msc ha avviato i motori per passare nel Canale della Giudecca. A quel punto gli attivisti sono partiti con i barchini lanciandole contro una trentina di razzi: «Pensavano forse che ce ne saremmo andati», racconta Tommaso Cacciari, «ma era ancora pieno di gente e non appena si è vista spuntare dalla Marittima l'abbiamo accolta».

Le altre navi sono partite poi verso le 22. La manifestazione organizzata alle Zattere vedeva per la prima volta anche la partecipazione di movimenti ambientalisti spagnoli, portoghesi, tedeschi e francesi che nei loro Paesi si battono contro le grandi opere. «È un grande successo per noi», ha gridato Tommaso Cacciari, uno dei portavoce dei No Grandi Navi, dal palco galleggiante allestito di fronte alle Zattere, «perché li abbiamo costretti a ritardare la partenza, lasciando libero il Bacino di San Marco».Blitz alla Marittima in serata. Gli ambientalisti in serata avevano comunque tentato un primo blitz, prima della partenza a sorpresa della grande nave Msc. Avevano raggiunto con una decina di imbarcazioni la Marittima per portare la loro protesta là dove erano i crocieristi. «Un cordone di imbarcazioni delle forze dell'ordine», spiega Tommaso Cacciari, «ci ha impedito di arrivare sotto le navi, ma abbiamo comunque acceso i nostri fumogeni e mostrate le nostre bandiere perché anche i crocieristi sapessero della nostra protesta».
Buona affluenza. Il maltempo e la pioggia caduta ha complicato i piani degli organizzatori, ma si è comunque registrata una buona affluenza, con i giovani dei movimenti, ma anche molti veneziani che hanno affollato gli stand dove si vendevano anche gadget e magliette contro le Grandi Navi e hanno ascoltato i discorsi e la musica dal vivo dal palco offerta da gruppi come 99 Posse, Cisco dei Modena City Ramblers, Pharmakos, Bim Bum Balaton. Gli organizzatori hanno stimato le presenze in un migliaio di persone, con un'affluenza che ha iniziato a crescere nel pomeriggio. Presenti, tra gli altri, il presidente della Municipalità di Venezia, Giovanni Andrea Martini, quello della sezione veneziana di Italia Nostra, Lidia Fersuoch, gli esponenti del Gruppo XXV Aprile con il portavoce Marco Gasparinetti, l'urbanista Stefano Boato, il coordinamento studenti medi di Venezia. Assenti politici e consiglieri comunali.Martini: «Vogliamo entrare nel Comitatone».
Netta la presa di posizione del presidente della Municipalità veneziana Giovanni Andrea Martini. «La Municipalità», ha detto, «ha aderito ufficialmente alla manifestazione dei No Grandi Navi, perché ne condivide lo spirito. Vogliamo le grandi navi da crociera fuori dalla laguna e per questo abbiamo chiesto ufficialmente alla Presidenza del Consiglio di essere ammessi al Comitatone per rappresentare la posizione della città storica di Venezia che non coincide con quella del Comune».
Gli ambientalisti: «Vogliono lasciare tutto com'è». Dal palco gli interventi dei rappresentati dei vari Comitati - tra cui No Mose, No Grandi Navi e Italia Nostra, con l'architetto Cristiano Gasparetto - hanno presentato una linea univoca. «Tutti i progetti alternativi di cui si parla, dallo scavo del canale Vittorio Emanuele al nuovo terminal a Marghera», è stato detto, «provocherebbero effetti devastanti sulla laguna e l'allargamento del canale dei Petroli. Sembra il gioco dei tre bussolotti, perché ogni tanto cambiano progetto. Ma la verità è che si vuole lasciare tutto com'è, favorendo le compagnie di crociera e la Venezia Terminal Passeggeri, la società che gestisce lo scalo passeggeri e che non a caso ora è controllata dalle stesse compagnie crocieristiche. Evocato anche il parallelismo con il Mose, nel campo di grandi opere che manomettono la laguna, ricordando anche la recente notizia dei costi di manutenzione dell'opera stimati in 95 milioni annui dallo stesso provveditore alle opere pubbliche del Veneto Roberto Linetti.


«SIAMO SEMPRE DI PIÙ
LA GENTE SI STA SVEGLIANO»

di Vera Mantengoli
Il rispetto dell'ambiente e il clima al centro del dibattito dei manifestanti
La solidarietà è arrivata da tutta Europa, sta crescendo un movimento unitario

Bagnati, ma soddisfatti di aver ritardato il passaggio dei giganti del mare. Sono i manifestanti che hanno partecipato alla giornata No Grandi Navi, resistendo ore e ore sotto la pioggia, a una temperatura da giornata autunnale. Una ventina di duri e puri non hanno rinunciato a manifestare in barca per ribadire che la laguna non è adatta a navi di grandi dimensioni.In fila sulla riva delle Zattere con gli ombrelli aperti, famiglie di veneziani, studenti e movimenti provenienti dall'Italia e dall'Europa, come i No Tav e i tedeschi Ende Gelände, hanno sventolato la bandiera con il simbolo del movimento, sulle note musicali di gruppi dei 99 Posse e dei Modena City Ramblers, senza contare l'immancabile Coro delle Lamentele, amatissimo dai veneziani.«Siamo solidali con la richiesta di spostare le navi fuori della laguna», hanno detto le veneziane Claudia Ferrari e Roberta Bartoloni, «siamo venute a ogni manifestazione e ci sembra assurdo che si continui a parlare di scavare la laguna. Per fortuna le persone si stanno svegliando come dimostrano le iniziative di molte associazioni e il fatto che sempre più persone abbiano voglia di partecipare».

La pioggia ha posticipato l'inizio della manifestazione di mezz'ora, ma il brutto tempo ha limitato la presenza di molte persone. La festa comunque è riuscita, nonostante sia piovuto quasi sempre. Gli stand hanno riparato dal freddo molti presenti che hanno colto l'occasione di comprare qualche gadget e parlare con i portavoce dei movimenti, come il Collettivo Resistenze Ambientali per la campagna #NoPfas e altri. Appesi ai lampioni o ai palazzi sventolavano anche bandiere e materiale informativo proveniente dagli altri movimenti europei: dalla Spagna l'Assemblea de Barris per un Turisme Sostenibile; dalla Germania, oltre al citato Ende Gelände contro la miniera a cielo aperto, i No Stuttgart e i Geheimagentur, tutte accomunate dalla richiesta di una giustizia climatica.Grande successo per lo stand dei pirati, con attività dedicate ai bambini, e quello per cibo e bevande con salami di cioccolato à gogo che hanno reso il freddo più sopportabile.
A metà pomeriggio, quando si è saputo che non sarebbero partite le crociere, il movimento No Grandi Navi ha esultato per aver raggiunto l'obiettivo ed è partito il coro «Fuori le navi dalla laguna». Alla manifestazione c'erano anche diversi studenti del Coordinamento Studenti Medi: «Siamo qui perché abbiamo 18 anni e tutto quello che riguarda la giustizia climatica riguarda anche il nostro futuro» hanno detto le studentesse del Liceo Artistico di Venezia Angelica Strozzi e Sabrina Furlan, «per le navi vorremmo che andassero fuori dalla laguna per un futuro con un'aria che sia la più pulita possibile». Verso le 19.30 i fumogeni di una barca di attivisti arrivato in Marittima hanno illuminato il buio, per poi tornare e concludere la serata con i 99 Posse.

il Fatto Quotidiano e la Nuova Venezia, 23-24 settembre. «A Venezia in assemblea comitati di Barcellona, Maiorca e Amburgo. «Serve un cambio di politica, è in gioco l'umanità». (m.p.r.)

il Fatto Quotidiano, 23 settembre 2017
VENEZIA DUE GIORNI DI RIBELLIONE CONTRO LE GRANDI NAVI

BARCHE E BARCHINI OCCUPERANNO IL BACINO DI SAN MARCO
di Giuseppe Pietrobelli

Dopo il referendum di giugno, con 18mila voti contro l'ingresso dei bestioni del mare nella Laguna di Venezia, il Comitato No Grandi Navi ha chiamato a raccolta ambientalisti, movimenti di protesta, cittadini che vogliono la difesa del territorio. Per due giorni la città ospita una kermesse di protesta, che simbolicamente cercherà di fermare le navi da crociera

Dopo il referendum di giugno, con 18mila voti contro l’ingresso dei bestioni del mare nella Laguna di Venezia, il Comitato No Grandi Navi ha chiamato a raccolta ambientalisti, movimenti di protesta, cittadini che vogliono la difesa del territorio. Per due giorni la città ospita una kermesse di protesta, che simbolicamente cercherà di fermare le navi da crociera.

Nella giornata di sabato 23 settembre, è prevista l’assemblea plenaria alle 15 ai Magazzini del Sale, a Dorsoduro. In serata cena sociale in fondamenta. Domenica 24 il clou alle 15 con “Action Day!”. Si tratta di una manifestazione in acqua e sulle rive all’insegna dello slogan: “Blocchiamo le grandi navi! Giustizia ambientale per tutti i territori d’Europa!”. Gli attivisti a bordo di barche, barchini, canoe e natanti di tutti i tipi, occuperanno le acque antistanti il Bacino di San Marco con l’intenzione di bloccare qualcuna delle dieci grandi navi che hanno attraccato o devono attraccare a Venezia per il week end.

I Comitati lanciano da Venezia un appello che travalica i confini italiani e ribadiscono che i danni causati dalle navi all’ecosistema sono gravissimi. Non solo per la flora e la fauna ittica, ma anche per l’aria. I fumi e gli scarichi diesel dei motori delle navi da crociera sono, infatti, causa di forte inquinamento in una città che, a causa della mancanza di auto, dovrebbe invece esserne esente. “Il traffico crocieristico – spiegano – a Venezia è andato crescendo in maniera esponenziale, così come le dimensioni delle navi impiegate. Queste, per attraccare in Marittima – ossia in città – entrando ed uscendo dalla bocca di porto del Lido passano per ben due volte nel Bacino di San Marco e nel Canale della Giudecca, il cuore storico di Venezia a 150 metri dal Palazzo Ducale”. Sono lunghe più di 300 metri, larghe 50 e alte 60 metri. di larghezza, 60 d’altezza.

“C’è pericolo per la salute pubblica. – aggiungono – Il traffico croceristico è a Venezia la maggior fonte di inquinamento atmosferico (dati Arpav), il tenore di zolfo del carburanteusato in navigazione, ad esempio, è dell’ 1,5% (quello del diesel delle nostre auto è 1500 volte inferiore) durante la navigazione e, solo da poco, dello 0,1% all’ormeggio. Il Parlamento Europeo, valutando che almeno 50mila persone all’anno muoiono in Europa per l’inquinamento delle navi, ha votato una direttiva che imporrà dal 2020 a tutte le navi il limite dello 0,5%, mentre nel Mar Baltico e nel Mare del Nord tale limite è già oggi dello 0,1%”.

È stato anche preparato un manifesto a difesa di Venezia e di tutti i territori. “Venezia è città simbolo dell’equilibrio tra uomo e natura. Questo fragile equilibrio è seriamente minacciato dalla macchina del turismo di massa e dalle grandi navi, simboli galleggianti dell’arroganza delle multinazionali e della corruzione di una classe politica piegata alla difesa dei profitti privati a scapito del bene comune”. E ancora: “Venezia è viva, contrariamente a ciò che vorrebbero le compagnie crocieristiche, il ministro dei trasporti Del Rio, l’autorità portuale e il sindaco Brugnaro. Da molti anni la città combatte contro il passaggio nella Laguna di questi mostri e contro l’ipotesi di scavo in questa di nuovi canali (immaginate la costruzione di un’autostrada in una riserva naturale)”.

E infine anche la critica tecnica: “Il caos istituzionale è totale! In questi ultimi anni sono stati presentati diversi progetti che il Comitato ha contrastato in tutti i modi e che sono stati bocciati dalla commissione VIA (Valutazione Impatto Ambientale). Nonostante questo il ministro dei Trasporti, l’autorità portuale e il sindaco insistono nella presentazione di due progetti, ipotesi assurde e devastanti volte a mantenere le grandi navi da crociera dentro la Laguna: il progetto del Canale Vittorio Emanuele che prevede di scavare fino a raddoppiare larghezza e profondità di un vecchio canale del 1925 – abbandonato da più di 30 anni- per far arrivare le navi da crociera all’interno della città, ed il progetto di nuovi approdi per le grandi navi da crociera nell’area industriale diPorto Marghera”. Ma realizzare questi progetti, “comporterebbe lo scavo di oltre sei milioni di metri cubi di fanghi inquinati ed inquinanti, il rischio di incidenti chimici con il passaggio delle navi da crociera in zone (l’area industriale di Porto Marghera) sottoposte ai piani di Protezione Civile e alle Direttive Seveso”.

Almeno una sessantina di movimenti, italiani ed europei, hanno aderito al manifesto che conclude: “Non mancano certo le opere inutili e dannose, ma non mancano nemmeno meravigliosi esempi di resistenza: ci si batte contro linee ferroviarie ad alta velocità, la costruzione di aeroporti, le trivellazioni e le industrie del petrolio, contro l’inquinamento del suolo, dell’aria, dell’acqua, contro la cementificazione del territorio, l’uso speculativo di terremoti e altre catastrofi, l’estrazione del carbone e l’industria mineraria e molto altro ancora”. In conclusione, “ci si batte anche per un modello di sviluppo che tenga conto della giustizia climatica e per un’idea diversa di società, basata sul rispetto della volontà di chi abita i territori e non sul soddisfacimento degli appetiti di chi li vuole sfruttare a costo di distruggerli per profitto o calcolo politico”.

“È la prima grande assemblea di movimenti e comitati italiani ed europei – spiega Tommaso Cacciari, uno dei promotori – nella speranza di parlare lo stesso linguaggio comune, un’unica lingua che riguardi il modello di sviluppo, l’utilizzo dell’energia, il turismo di massa, il rapporto con le città, la difesa dei territori“.

la Nuova Venezia, 24 settembre 2017
AMBIENTE
NASCE UN MOVIMENTO EUROPEO
di Vera Mantengoli

Un nuovo movimento che non conosce confini europei e reclama giustizia ambientale è nato ieri ai Magazzini del Sale. L'occasione è stata l'assemblea tenutasi prima della manifestazione di oggi contro il passaggio delle grandi navi in laguna, in programma dalle 15 in poi alle Zattere.«Per la prima volta tante associazioni che hanno in comune il tema della crisi ambientale si sono parlate e conosciute», ha spiegato il portavoce del movimento No Grandi Navi Tommaso Cacciari. «Siamo davanti a un movimento di persone che viene da tutta Europa, della stessa portata di quello che nacque con i No Global, ma che oggi si riunisce perché pretende che ci sia un cambio di politica nei confronti dell'ambiente. Oggi è in gioco la vita stessa di parte dell'umanità».

Più di duecento persone hanno partecipato all'assemblea (oltre agli spettatori in streaming nel sito del movimento) dove hanno parlato i portavoce di altrettanti movimenti di città che soffrono dello stesso problema veneziano, come gli abitanti delle Isole Baleari, quelli di Barcellona e di Amburgo e molti altri, ognuno con il proprio caso, ma ognuno accomunato da una parola emersa nell'intervento del portavoce di Napoli: «biocidio», ovvero distruzione dell'ambiente e quindi anche di chi ci abita. Alla fine si sono gettate le basi di un movimento più grande che oggi farà la sua prima uscita sul palco della manifestazione.
«È come non avere le chiavi della nostra porta di casa», ha spiegato Manel Domenech di Maiorca dove proprio ieri si è manifestato contro la pressione turistica. «Abbiamo sette grandi navi al giorno, 25 mila turisti, 600 mila stanze turistiche legali e un buon 40% illegali e 120 mila auto solo a uso turistico, non c'è spazio. Quando piove i turisti vengono tutti in città e le strade diventano impossibili, non si cammina». Stessa insofferenza a Barcellona dove l'Assemblea de Barris per un Turisme Sostenible (Abts) tiene quotidianamente informati i cittadini con un Tweet (@AssBarrisTS) su quante navi arrivano e quanti turisti sbarcano, come spiega il portavoce Diego Martin. A seconda del colore del cinguettio, dal giallo al nero, si capisce la portata dello sbarco, come ieri: Tweet arancione, tre crociere e 11 mila turisti. «Adesso la MSC ha annunciato che vorrebbe costruire un'altra banchina», spiega Martin, «dovevamo fare una manifestazione a giorni, ma dopo l'attentato ci sono state delle limitazioni e abbiamo dovuto posticipare».
La sindaca Colau ha dato un taglio definitivo alla nascita di nuovi alberghi, ma le grandi navi non rientrano nelle sue competenze: «Non se ne parla da molto» prosegue, «ma il problema è che il Porto è autonomo, prende le decisioni senza parlare con la città. Noi chiediamo che ci sia un limite. Ora poi ci sono anche tre grandi navi con la polizia, per questo abbiamo mandato un Tweet nero (per il Referendum sull'Indipendenza della Catalogna, ndr)». Ieri per tutto il giorno e oggi fino alle 14.30 l'associazione We are here Venice ha ospitato un workshop a Palazzo Persico Giustinian riunendo tutte le città italiane che hanno il problema delle grandi navi: «La grande partecipazione all'assemblea», ha detto Luciano Mazzolin di Ambiente Venezia, «è la premessa a una grande manifestazione». «Bisogna ascoltare la laguna», ha detto Lidia Fersuoch di Italia Nostra, «noi saremo alla manifestazione per questo».

Due giornate per incontrarci, confrontarci, e costruire una strategia comune contro il passaggio nella Laguna delle grandi navi. Organizzato dal Comitato No Grandi Navi. Qui il programma delle giornate.



Due giorni di festa per ribadire che la tutela della laguna e dei suoi abitanti è più importante dei ricavi delle multinazionali crocieristiche

“Grandi Navi e Mose non sono altro che due facce della stessa medaglia”. L’ambientalista Cristiano Gasparetto apre l’incontro di presentazione della Due Giorni contro le Grandi Opere, in programma sabato 23 e domenica 24 settembre, prendendo spunto dalla sentenza del processo per lo scandalo del Mose. “Dopo la condanna al ministro Altiero Matteoli, ci chiediamo perché si è arrivati ad un sistema di corruzione così diffuso. La risposta è semplice: perché senza un diffuso sistema di corruzione il Mose non sarebbe mai stato approvato. Le Grandi Navi, e tutte le Grandi Opere in generale, funzionano con lo stesso principio. Senza la corrutela, non avrebbero ragione di esistere”.

Gasparetto ricorda che una nave all’ormeggio produce inquinamento pari di un cementificio e le conclusioni di Paolo Costa, al tempo provveditore al porto sono state: “non è il porto ad essere nella posizione sbagliata ma le abitazioni”. Come dire: prima vengono i “schei” e dopo la salute e il benessere dei cittadini.

Sotto una pioggia battente, nella sede dei No Navi, ai piedi del ponte sul Ghetto Novo, si è svolta questa mattina alle 11 l’incontro con la stampa per presentare le giornate europee dei movimenti per la difesa dei territori, la giustizia ambientale e la democrazia.

Tommaso Cacciari, portavoce del Laboratorio Morion, ha fatto il punto delle adesioni all’iniziativa. A Venezia confluiranno nutrite rappresentanze dei No Tav dalla Valdisusa, No Muos siciliani, Stop Biocidio campani e No Tap dal salento. Inoltre, parteciperanno i tedeschi del movimento contro Stuttgard 21, Ciutat per a qui l’habita Palma delle isole Baleari, i portoghesi di Academia Cidadã e il Comitè francese contre la construction de l’aereporte de Notre Dame des Landes. A questo link potete leggere la lista in continuo aggiornamento delle adesioni.

Punto focale del programma sarà la manifestazione alle Zattere, domenica 24 pomeriggio, dove sul palco galleggiante si esibiranno musicisti come i 99 Posse, Cisco dei Modena City Ramblers e altri.

Riferimenti

Si legga qui l'articolo "Resistenza attiva contro la morte di Venezia e la sua Laguna" di Tantucci e l'appello europeo ai movimenti per la difesa dei territori, la giustizia ambientale e la democrazia che il Comitato No Grandi Navi ha lanciato a sostegno della lotta.

la Nuova Venezia, 17 settembre 2017. Due giornate di protesta contro gli interventi programmati, che comporterebbero la distruzione di un ambiente naturale e storico unico al mondo, con postilla




CROCIERE, TORNA LA PROTESTA
DEI COMITATI
di Enrico Tantucci

«Sabato e domenica prossimi alle Zattere manifestazione delle associazioni ambientaliste. Musica dal vivo e palco in acqua»

Sono almeno una decina le navi da crociera che il prossimo weekend - sabato 23 e domenica 24 novembre attraccheranno o partiranno da Venezia. E proprio per quei due giorni le associazioni ambientaliste - a cominciare dal Comitato NoGrandiNavi, da Ambiente Venezia e da Italia Nostra hanno organizzato una due giorni di mobilitazione alle Zattere che avrà un respiro europeo, per la partecipazione di molti movimenti ambientalisti europei, contro il passaggio che continua delle navi da crociera dal Bacino di San Marco, in attesa della soluzione alternativa che il Governo non ha ancora formalizzato, anche se il nuovo terminal a Marghera e lo scavo del canale Vittorio Emanuele - entrambi contestati dagli ambientalisti - restano sempre d'attualità. E ci sarà un clima comunque festoso, per i gruppi e i musicisti che si esibiranno alle Zattere, sul palco che verrà montato su una banchina in acqua. La manifestazione è stata presentata ieri nella sede del Comitato NoGrandiNavi e a prendere la parola in particolare sono stati l'attivista Tommaso Cacciari e l'architetto Cristiano Gasparetto, di Italia Nostra. «Due giorni di festa per ribadire che la tutela della laguna e dei suoi abitanti è più importante dei ricavi delle multinazionali crocieristiche», è stato detto ieri della manifestazione.

A Venezia, secondo gli organizzatori, confluiranno rappresentanze dei “No Tav” dalla Valdisusa, i siciliani “No Muos”, i campani “Stop Biocidio” e i “No Tap” dal Salento. Inoltre, parteciperanno i tedeschi del movimento contro Stuttgard 21, “Ciutat per a qui l'habita” di Palma delle isole Baleari, i portoghesi di “Academia CidadÒ” e il francese “Comitè contre la construction de l'aereporte de Notre Dame des Landes”. Punto focale del programma sarà la manifestazione alle Zattere, il 24 pomeriggio, dove sul palco galleggiante si esibiranno tra gli altri musicisti come i 99 Posse, Cisco dei Modena City Ramblers.

«Abbiamo presentato da tempo la richiesta di uno spazio acqueo all'autorità portuale, proprio come abbiamo fatto in altre occasioni», spiega Tommaso Cacciari, «e devono ancora risponderci. Ma in ogni caso, la festa si farà. Sarà una festa per terra e per mare con tantissime barche in canale. Sarà una festa per tutti i veneziani e per chi ha a cuore Venezia. Ai signori politici che dopo 5 anni e mezzo devono ancora prendere una decisione, chiediamo solo che la smettano di prenderci in giro». Per Cacciari, riguardo alle soluzioni allo studio, «manca solo che qualcuno proponga di sostituire il Ponte della Libertà con uno levatoio per dirottare le navi a Murano e siamo a posto con la lista delle idiozie. La realtà è che non sanno dove sbattere la testa e prendono tempo perché altro non sanno fare. Puntualmente, ogni tre mesi, salta fuori qualcuno con una soluzione nuova. L'ultima è quella di spostare il porto a Marghera. Dico solo: fateci vedere i progetti e ve li smontiamo scientificamente come abbiamo fatto per il Contorta. Perché qualsiasi soluzione che non preveda l'allontanamento delle grandi navi dalla laguna non può essere compatibile con la sua tutela».

«SONO COME UN CEMENTIFICIO
PER IL TASSO DI INQUINAMENTO»

«Grandi Navi e Mose non sono altro che due facce della stessa medaglia». L'architetto ambientalista Cristiano Gasparetto, consigliere della sezione veneziana di Italia Nostra ha aperto l'incontro di presentazione della Due Giorni contro le Grandi Opere, in programma sabato 23 e domenica 24 settembre, prendendo spunto dalla sentenza del processo per lo scandalo del Mose.

«Dopo la condanna all'ex ministro Altiero Matteoli - ha dichiarato - ci chiediamo perché si è arrivati ad un sistema di corruzione così diffuso. La risposta è semplice: perché senza un diffuso sistema di corruzione il Mose non sarebbe mai stato approvato. Le Grandi Navi, e tutte le Grandi Opere in generale, funzionano con lo stesso principio. Senza la corrutela, non avrebbero ragione di esistere". Gasparetto ha ricordato che una grande nave all'ormeggio produce inquinamento pari di un cementificio, in particolare per il contributo delle polveri ultrasottili e le conclusioni di Paolo Costa, al tempo presidente dell'Autorità Portuale di Venezia erano state: «Non è il porto ad essere nella posizione sbagliata ma le abitazioni». «Tra di noi ci sono posizioni articolate sulle soluzioni al problema Grandi Navi - ha spiegato - perché Italia Nostra, ad esempio, è contraria a qualsiasi ingresso in laguna, mentre il Comitato No Grandi Navi accetterebbe anche la creazione di un terminal crocieristico galleggiante di fronte al Lido, con lo sbarco dei crocieristi e il loro trasbordo sino alla Marittima. Tutti però siamo radicalmente contrari allo scavo di canali in Laguna e anche la soluzione Marghera, con il raddoppio del Canale dei Petroli per consentire il passaggio delle navi da crociera e di quelle commerciali avrebbe un impatto devastante. La verità è che le lobby, a cominciare da Vtp [la potente società che gestisce i traffici della Grandi navi-n.d.r.], continuano a prendere tempo, senza alcuna reale soluzione alle porte, per lasciare tutto così com'è».

postilla

La Laguna di Venezia è un ecosistema unico al mondo, in cui l'equilibrio tra le diverse componenti è rimasto tale per secoli grazie all'accorta manutenzione praticata da governi saggi fino al XIX secolo. Con l'avvento delle pratiche della contemporaneità (dalle grandi infrastruttura alla distruzione delle zone umide, dall'edificazione incontrollata alla motorizzazione dei trasporti all'invasione turistica dei centri storici) l'equilibrio ecologico del sistema lagunare e le caratteristiche della città storica si è venuto via via degradando. I programmi di nuove infrastrutture, e lo sregolato afflusso di masse di turisti comporterebbero la distruzione definitiva di ciò che è rimasto. Perciò non si può non concordare con la posizione radicale di Italia Nostra, espressa da Cristiano Gasparetto nell'articolo. Su Venezia e la sua Laguna vedi i numerosi articoli nelle cartelle Venezia e la sua Laguna del vecchio archivio e nell'analoga cartella del nuovo eddyburg

Tutto vero, ma l'Onu, cioè l'Unesco che ne è l'agenzia specializzata, risponde alle denunce dei veneziani critici prendendo per buone le parole di Brugnaro, il peggior sindaco che la città abbia avuto. Corriere della sera, 5 agosto 2017, con riferimenti

Aiuto! C’è un complotto mondiale contro Venezia! Pare impossibile ma è questa la reazione di vari serenissimi amministratori e notabili al duro reportage del New York Times sulla città. Bellissima ma stravolta da un turismo asfissiante e da un malinconico degrado.

Come se ogni denuncia, ogni foto, ogni grido d’allarme non fossero già stati sbattuti in prima pagina, grazie a Dio, dai giornali nostri, nazionali e locali. E non per suicida masochismo: per salvarla, Venezia. Certo, non è la prima volta. Basti ricordare il fastidio che per anni manifestarono i politici veneziani, dediti a spazzar la polvere sotto il tappeto, davanti alle intemerate del «foresto» Indro Montanelli, querelato per aver annunciato ad alta voce ciò che poi sarebbe successo.
Ricorderà cinque anni prima di andarsene: «Come scrissi in tempi lontani, e come ormai mi sono stancato di ripetere, Venezia non aveva, per restare Venezia, che una scelta: mettersi sotto la sovranità ed il patronato dell’Onu per riceverne il trattamento, che certamente le sarebbe stato accordato, dovuto al più prezioso diadema di una civiltà non italiana, quale la Serenissima mai fu né mai si sentì, ma europea e cristiana, intesa unicamente alla conservazione di se stessa, quale tutto il mondo civile la vorrebbe». Macché, sordità totale. «Il risultato lo abbiamo sotto gli occhi: un turismo di massa con la merenda al sacco, che fa i suoi bisogni sotto i loggiati».

Veneziani in estinzione
Lo scriveva nel 1996. Odiava Venezia? O al contrario la amava disperatamente come solo gli amanti col cuore spezzato sanno amare? E Lisa Gerard-Sharp, l’inviata del National Geographic che un anno fa si chiese se «chi come me ama Venezia con coscienza, ha il diritto di incoraggiare altri a visitarla?». Scrisse: «Noi turisti siamo così “tossici” che sarebbe meglio rimanere a casa e cenare da “Pizza Express” dove i proventi della pizza Veneziana sostengono i restauri di Venice in Peril». «Attaccava» Venezia o puntava a salvarla? Evviva il turismo, ma farsene travolgere è folle. Tutti i giorni che Dio manda in terra l’antica farmacia di Andrea Morelli, in campo San Bartolomeo, aggiorna un pannello luminoso coi dati dell’anagrafe.

Una missione civile. Ieri i residenti del cuore cittadino erano scesi a 54.579. E molti, potete scommetterci, sono residenti solo fittizi perché costretti a rispettare le regole dei B&B. Che raccolgono milioni e milioni di visitatori ammucchiati sfatti nell’afa. I quali possono contare su nove bagni pubblici nella città serenissima più uno a Torcello, uno a Murano, uno a Burano. Totale dodici. Per 28 milioni di turisti l’anno che nel 2017 potrebbero crescere ancora.

Caduta di tono

E tutti i giorni il nostro Corriere del Veneto, il Gazzettino, la Nuova Venezia, documentano con foto, video, articoli il progressivo degrado. Ragazzotti che fanno il bagno smutandati nei canali, poppute cortigiane slave in finto costume settecentesco che adescano i passanti «vieni bello fare foto!», venditori di cianfrusaglie cinesi «made in Venice», signore disinibite evacuanti nei canali o addirittura sul pavimento di una enoteca, ciccioni desnudi che solcano la folla con la panza a prua, ingorghi di motoscafi e gondole e vaporetti, cataste di spazzatura sfuggite alla raccolta di trenta metri cubi quotidiani di «scoasse»...

Travolta dalle orde

«Che resti tra noi», intimava il titolo di un film francese di una ventina d’anni fa. E «resti tra noi» pare l’ordine di servizio lanciato da chi crede che l’«immagine» e la realtà virtuale vengan prima di tutto il resto. Compreso il rispetto di noi stessi. Ed ecco il fastidio per l’allarme lanciato nel 2015 sull’eccesso di turisti («Non vogliamo diventare come Venezia») da Ada Colau, sindaco di Barcellona, città che registra più o meno lo stesso numero di presenze ma ha 29 volte più abitanti su una superficie immensamente superiore. Rispose allora il sindaco Luigi Brugnaro: «Invitiamo il sindaco Ada Colau a venire a Venezia. Potrà essere l’occasione per mostrarle le bellezze della città e magari per farle cambiare idea sul fatto che Venezia è viva e vuole vivere, come città che incontra il mondo». Certo che è bellissima, Venezia! Ma che c’entra con l’allarme sulla overdose di visitatori e di alberghi, locande e B&B più o meno regolari, più o meno abusivi? Dario Franceschini andò addirittura oltre e pur ammettendo che «a Venezia c’è un problema di sovraffollamento», sbottò: «A Barcellona dovrebbero baciarsi i gomiti per poter diventare come Venezia». Ovvio. Ma magari non travolta dalle stesse orde.

L’occhio dei giornali stranieri

Va da sé che i reportage del Guardian («Quest’estate andate a Venezia? Non dimenticate la mascherina anti-smog») e dell’Economist sull’inquinamento causato dalle grandi navi e soprattutto quello più generale del New York Times hanno scottato la pelle di tanti amministratori e operatori turistici locali. Sia chiaro: tutto si può fare meglio e qualche sbavatura sarà sfuggita agli autori. Philip Rylands, a lungo direttore della fondazione Guggenheim, ha detto di averlo trovato «facilone e frettoloso» pur essendo la situazione «assai complessa». Ma ha senso parlare di un complotto? Eppure questa è la tesi dell’assessore al turismo Paola Mar rivelata al Gazzettino: «C’è una regia dietro questa campagna di stampa mondiale contro Venezia». Bum! Una congiura? «Certo che c’è una regia. Magari qualcuno che passa informazioni alla stampa estera magari proprio da qui. Qualcuno cui fa piacere abbattere le iniziative che Venezia sta attuando».

Una svolta

Indimenticabile il commento di Vittorio Bonacini, presidente degli albergatori veneziani: «Un’operazione tristanzuola di marketing per vendere più copie sulla pelle della città». Ma dai! E il New York Times, che dopo l’elezione di Donald Trump ha guadagnato 250 mila nuovi abbonati lancerebbe gli allarmi su Venezia «per vendere più copie sulla pelle della città»? Mostrino una svolta vera e profonda, a Venezia, e sarà loro riconosciuta. Con squilli di tromba. Fino ad allora, come dimostrano le cronache non planetarie ma locali, peseranno come macigni le parole scritte in Un viaggio in Italia da Guido Ceronetti: «C’è qualcosa d’immorale nel non voler soffrire per la perdita della bellezza, per la patria rotolante verso chi sa quale sordido inferno di dissoluzione, non più capace di essere lume nel mondo».

Riferimenti
Si veda, in proposito all'auspicato intervento dell'Onu, l'articolo Ultimatum Unesco per Venezia

Secondo il nuovo promotore immobiliare scelto dal sindaco Brugnaro per "sviluppare" Venezia la sfida è alta: «Il competitor dell’isola veneziana è l’intero litorale adriatico, dove Caorle conta 4,2 milioni di presenze turistiche e Jesolo 5,3». il Sole 24Ore, 28 luglio 2017

«Il Lido di Venezia come Saint Tropez, non solo alberghi ma una rigenerazione in chiave green e glamour». Beniamino Piro, presidente della nuova Agenzia Sviluppo Venezia voluta dal sindaco Luigi Brugnaro, ha descritto così il futuro possibile della storica località con un domani tutto da ripensare. Lungo 12 chilometri, con una larghezza media di 150-200 metri, il Lido, raggiungibile in 10 minuti da Piazza San Marco, oggi è abitato da poco più di 17mila residenti. «Il competitor dell’isola veneziana – secondo Piro – è l’intero litorale adriatico, dove Caorle conta 4,2 milioni di presenze turistiche e Jesolo 5,3. Il Cavallino che nel 1950 contava 200mila presenze ha raggiunto i 6 milioni, mentre il Lido è fermo a 540mila turisti l’anno, stessa cifra di 70 anni fa». L’Agenzia Sviluppo Venezia è stata istituita appositamente per curare la valorizzazione di tutte le iniziative di investimento nel Comune, con l’obiettivo di attirare capitali e progetti. Ecco che a Ca' Vendramin, nella sede del Casinò, si sono dati appuntamento la scorsa settimana alcune decine di investitori, con lo scopo di creare una task force pubblico-privata.

uun buon modello:Jesolo

La Cassa Depositi e Prestiti, con Marco Sangiorgio, direttore generale Cdpi Sgr, ha confermato l’impegno per la conversione dell’ex Ospedale al Mare in un resort di lusso con area benessere. Coima, rappresentata dal manager Matteo Ravà, ha ribadito invece l’attività per la ristrutturazione degli hotel Excelsior e Des Bains con un investimento da 250 milioni. Si partirà con il primo, prevedendo la completa ristrutturazione entro un paio d’anni e a seguire partiranno i lavori per il secondo. Per questa operazione Manfredi Catella aveva annunciato qualche mese fa la partnership con un alleato di settore, London & Regional Properties, e con Unicredit e Banca Intesa. L’amministrazione prova ad arginare l’onda turistica che sta invadendo il centro storico, ma per il Lido non c’è altra via che lo sviluppo e sarà un’isola del lusso: in linea con le scelte di Cdp che ha portato Club Mediterranée e Th Resorts, si cercano investitori per un turismo di fascia alta. All’Agenzia è arrivata peò anche la domanda da parte della società Merlin Entertainments di replicare a Venezia (come farà a Dubai) la ruota di Londra, ma anche l’offerta di un investitore per realizzare una sorta di Camden Market. Quello che conta di più per Brugnaro, rappresentato dal prosindaco del Lido Paolo Romor, è fare presto e creare posti di lavoro.

Per il Lido di domani oggi c’è un elenco di possibili contenitori e aree, pubbliche e private, da convertire e valorizzare. È in vendita il Golf Club agli Alberoni (all’asta per 2 milioni) che confina con due colonie da convertire: una dell’Inpdap e una, l’ex Colonia Padova, dove c’è il progetto di un grande resort con 120 camere, sviluppato dal Gruppo Marzotto di Vicenza. Quest’ultima operazione è al momento in stand by per la mancata autorizzazione di una piscina a servizio del complesso di lusso: un caso che fa accendere un faro sulle difficoltà autorizzative di chi vuole investire. Tra gli altri tasselli del puzzle messo a punto dall’Agenzia c'è anche il centro soggiorno Morosini, di proprietà del Comune, pronto per una possibile valorizzazione; ancora, c’è il Forte di Malamocco che è in gestione a Coima; c’è l’Area del Moro, privata ma su cui è possibile ipotizzare una valorizzazione per un eventuale villaggio turistico o un campeggio; c’è l’ex liceo scientifico Severi in vendita da parte della Fondazione La Fenice di Venezia; e anche l’area ex Sky di proprietà di Ive (partecipata del Comune) di interesse per eventuali residenze da abbinare al posto barca. Oggetto di attenzione è anche l’isola del Lazzaretto Vecchio e spiagge come quella del Blue Moon, «per le quali alcuni brand internazionali si sono già fatti avanti», ha sottolineato il presidente dell'Agenzia. C’è poi l’area della Favorita, la caserma Pepe, il sito Ferry Boats con un ampio spazio verde adiacente. E ancora, «in un'ampia area libera a ridosso dell'aeroporto Nicelli – ha commentato Piro – ipotizziamo uno spazio per la movida pensata per i giovani, anche locali. Oltre, c’è una darsena vicino al faro, già approvata, che potrebbe interessare per chi cerca opportunità di attracco direttamente sulla spiaggia».

E a non essere troppo schizzinosi, anche Castelvolturno va bene

Con questo corposo elenco di opportunità, l'Agenzia ha aperto le porte ai privati, mettendo sul tavolo le trattative avanzate con Cdp e Coima, e ricordando il lavoro fatto per la chiusura dello scavo di quello che doveva essere il nuovo Palacinema, e di un investimento sul Casinò che sarà pronto entro i prossimi tre anni, utilizzabile anche per congressi. In generale banche e imprenditori hanno chiesto all’amministrazione un investimento pubblico sulle infrastrutture e sui servizi, la collaborazione per destagionalizzare l’offerta, la semplificazione degli inter autorizzativi e ancora una concreta azione che tiene insieme «visione, capacità di decisione e di execution» come ha sintetizzato Marco Recalcati, head real estate di Unicredit.

«Il Tribunale Internazionale degli Sfratti - nato ormai da alcuni anni - ha scelto di riunirsi a Venezia anche perchè il 2017 è l'anno dedicato al turismo e la relazione tra i due fenomeni in laguna per quanto riguarda l'emergenza abitativa è particolarmente forte». la Nuova Venezia, 15 giugno 2017

IL TRIBUNALE DEGLI SFRATTI A VENEZIA

Il Tribunale Internazionale degli Sfratti - nella sua sessione dedicata al turismo - si riunirà quest'anno a Venezia dal 28 al 30 settembre con alcune sessioni in cui saranno discussi e giudicati casi di sfratti internazionali e anche locali con le raccomandazioni in merito che poi saranno inviate ai Comuni e ai Governi interessati, oltre che alle Nazioni Unite. Invitati anche i sindaci di Barcellona e di Seoul (Corea Sud), città che stanno affrontando seriamente il problema delle emergenze abitative legate anche alla pressione turistica. Una giuria composta da rappresentanti della società civile, organizzazioni internazionali ed accademici sceglierà i casi e valuterà i ricorsi. Il Tribunale Internazionale degli Sfratti - nato ormai da alcuni anni - ha scelto di riunirsi a Venezia anche perchè il 2017 è l'anno dedicato al turismo e la relazione tra i due fenomeni in laguna per quanto riguarda l'emergenza abitativa è particolarmente forte. Le sessioni del Tribunale si svolgeranno in Sala San Leonardo ed è prevista anche l'inaugurazione di un monumento-murales dedicato agli Sfratti Zero. Le sessioni sono appoggiate dall'Alleanza Internazionale degli Abitanti assieme al Comitato oreganizzatore locale, formato dalle principali associazioni impegnate a Venezia nella lotta per il diritto alla casa, come unione inquilini, Assemblea Sociale per la Casa, Eddyburg, Venessia.com, Generazione 90 e Garanzia Civica.

TRE SFRATTI AL GIORNO
TREMILA RICHIESTE
Tre sfratti al giorno eseguiti, 8 richieste di esecuzione giornaliere con la forza pubblica, poco meno di tremila all'anno. Sono i dati drammatici, largamente approssimati per difetto - perché molti inquilini sotto sfratto rinunciano a resistere fino all'arrivo della forza pubblica e se ne vanno prima dal loro alloggio - snocciolati ieri dal segretario provinciale dell'Unione Inquilini Matelda Bottoni.
L'occasione era la presentazione della sessione del Tribunale Internazionale degli Sfratti che quest'anno si terrà a Venezia, legando al turismo il problema dell'emergenza abitativa (ne riferiamo a parte). Ma il quadro della situazione attuale per quanto riguarda l'emergenza abitativa nel Comune di Venezia fatto ieri dal segretario dell'Unione Inquilini è tanto grave quanto sorprendente.
Pellestrina "ostaggio" degli alloggi turistici.
«Ci sono isole come Pellestrina» ha spiegato Bottoni «che sono ormai in mano solo alle affittanze turistiche. Non si trova più un alloggio disponibile per i residenti se non lo si ha già di proprietà. Ci sono pellestrinotti "costretti" a sottoscrivere contratti d'affitto transitorio - dovendo così lasciare l'alloggio ai turisti nei mesi estivi, più lucrosi - pur di avere un tetto sulla testa e continuare a vivere sull'isola. O addirittura contratti in nero. E non possono neanche rientrare nelle graduatorie per gli alloggi comunali, perché il Comune non li prende in considerazione sostenendo che hanno già un alloggio, sia pure con l'affitto transitorio. Una situazione incredibile».
La famiglia che "gira" tra alloggi turistici.
«Abbiamo a Venezia la situazione di una famiglia che è costretta a "girare" settimanalmente da un alloggio turistico all'altro» spiega ancora Bottoni «perché non può permettersi una casa di proprietà o un affitto stabile ai prezzi attuali. Così vive in una situazione di estrema precarietà. A Mestre abbiamo invece ad esempio il caso di una famiglia di 7 persone che vive in 45 metri quadrati, con i letti in corridoio, perché una coppia con tre figli è stata sfrattata ed è stata costretta ad andare a vivere con i nonni».

Gli sfratti per morosità dell'Ater.
Sotto accusa anche il comportamento dell'Ater. «Nonostante abbia circa mille alloggi vuoti che non utilizza» spiega ancora il segretario dell'Unione Inquilini «l'Ater continua a sfrattare per morosità i suoi inquilini a cui spesso pratica contratti di 4 anni più 4 anni e non a canone sociale. Alla Giudecca sfratta una ragazza separata con figli perché non ritiene il pagamento degli alimenti da parte del coniuge una garanzia economica sufficiente. I casi di morosità incolpevole dedicate a casi di mamme separate con bambini stanno diventando una vera e propria emergenza sociale, crescendo esponenzialmente. E le persone sole risultano le più penalizzate dal punto di vista delle graduatorie per alloggi. Contemporaneamente non vengono più emessi bandi per alloggi di Edilizia residenziale pubblica nel Comune di Venezia, l'ultimo risale al 2010 e la disponibilità di alloggi comunali per le emergenze abitative è ridotta al minimo».
Il rischio dei nuovi patti territoriali.
Un altro rischio che si profila è quello dei nuovi patti territoriali che dovrebbero essere sottoscritti tra i sindacati degli inquilini e dei proprietari per la disponibilità di affitti, che però potrebbero crescere esponenzialmente come canoni.

Proprietario dell'area acquistata con poco perché inquinata, proprietario della squadra di pallacanestro per cui è necessario fare il nuovo impianto, da sindaco decide cosa si può fare in quell'area e stringe accordi col governo per fare le bonifiche, che non pagherà lui. Articoli di Mitia Chiarin e Alberto Vitucci, la Nuova Venezia, 10-11 giugno 2017 (m.p.r.)


la Nuova Venezia, 10 giugno 2017
NUOVO PALASPORT DA 10 MILA POSTI F
RONTE LAGUNA

di Alberto Vitucci

Il sindaco Brugnaro rompe gli indugi e avvia la procedura per il “blind trust” sui terreni a Marghera di sua proprietà.

Marghera. Un nuovo palasport da 10 mila posti ai Pili. Se ne parla da anni, tra smentite e conferme. L’ultima durante la finale europea a Tenerife, dove la Reyer ha dovuto accontentarsi del quarto posto, raggiungendo comunque un risultato storico. Là il sindaco e proprietario di Umana Luigi Brugnaro aveva rilanciato l’idea. Adesso fa un passo avanti. E annuncia di aver pronta la procedura di blind trust, cioè dell’affidamento della gestione delle sue società a soggetti esterni, come previsto dalla legge 215 del 2004. I nuovi gestori avrebbero l’incarico di vendere la gran parte dei terreni dei Pili e con il ricavato finanziare la costruzione del nuovo palazzetto dello sport da 10 mila posti.

Una strada quasi obbligata per le squadre come la Reyer che dovranno partecipare il prossimo anno all’Eurolega, perché la Federazione europea ha imposto condizioni ultimative. Il Taliercio, uno dei più bei palazzetti d’Italia, non basterà più con i suoi 4 mila posti. Nemmeno per i play-off, per cui la Federazione italiana pallacanestro ha messo limiti altrettanto severi. Le deroghe saranno concesse soltanto a chi ha già presentato un progetto per una nuova struttura.

Dunque, occorre far presto. E il sindaco ha annunciato nelle ultime ore l’intenzione di procedere. Una mossa che potrebbe anche rafforzarlo sul piano politico. Dopo l’accordo per lo stadio con l’americano Tacopina e la promozione di Venezia e Mestre, adesso il nuovo palasport. Pochi giorni dopo aver incassato il rinvio dell’Unesco sulle proposte per le grandi navi e il turismo. Un “poker” a cui potrebbe aggiungersi presto, anche se l’interessato non ne vuol sentir parlare per scaramanzia – un possibile scudetto, il primo della Reyer nel Dopoguerra.

Nuovo palasport, dunque. La prima proposta risale al 2008, presentata alla giunta Cacciari. Il progetto operativo, firmato dall’attuale vicecapo di Gabinetto allora amministratore della società “Porta di Venezia” Derek Donadini è della primavera 2015. Prevedeva oltre al palasport parcheggi e servizi nell’area dei Pili, all’imbocco del ponte della Libertà. Bloccato dal commissario perché il presidente di Umana era allora candidato sindaco. «Se sarò eletto non si farà nulla», aveva annunciato allora in campagna elettorale.

Adesso evidentemente, spinto dai nuovi eventi sportivi, ha cambiato idea. Si alza il fuoco delle critiche dalle opposizioni e da chi lo accusa di conflitto di interessi. «Sì, ma contro i miei interessi», risponde Brugnaro, «in ogni caso il “blind trust” risolverà tutto». Blind trust. Secondo la Treccani è la «forma di trust con la quale chi ricopre incarichi pubblici affida il suo patrimonio a una gestione fiduciaria, rinunciando a tutti i diritti di gestione, salvo quello a ricevere la comunicazione delle scelte effettuate. L’obiettivo è quello di prevenire i conflitti di interesse». Materia regolata dall’Agcom, l’Autorità per la concorrenza e il mercato, che dovrebbe mettere al riparo dalle polemiche.
Al di là del proprietario, la scelta dei Pili come luogo di palasport e parcheggi appare dal punto di vista urbanistico quasi ideale. Facilmente raggiungibile da Venezia (4 chilometri da piazzale Roma) ma anche da Mestre e dalla terraferma. Una struttura di cui si discute da anni. Ma c’è il problema delle bonifiche. Comune e ministero per l’Ambiente hanno siglato l’accordo di programma per Marghera e per la pulizia delle aree inquinate. Ma nel febbraio scorso la società di Brugnaro ha presentato ricorso al Tar. Contro l’accordo e l’obbligo di bonificare i terreni, dunque anche contro il Comune e la Città metropolitana guidate dall’imprenditore. Gli avvocati Federico Peres, Luciano Butti e Alessandro Kiniger sostengono che quell’atto non è valido. Perché in base alla legge 152 del 2006 deve pagare chi ha inquinato. E l’acquisto dei terreni di Umana è successivo a quella data.

la Nuova Venezia, 11 giugno 2017
PALAZZETTO DELLO SPORT AI PILI
È BAGARRE
di Mitia Chiarin

Il Taliercio è un catino incandescente e la Reyer una squadra da scudetto e sfide internazionali, che necessita di spazi a norma: su questo, tutti concordano. A Venezia e Mestre serve perciò un nuovo palazzetto dello sport, come già lo stadio: e anche su questo sono tutti d'accordo. Provoca, però, variegate reazioni critiche l'annuncio fatto nei giorni scorsi dal sindaco Brugnaro di essere ormai pronto a spogliarsi del controllo delle società della galassia Umana, affidandole a un blind trust (come previsto dalla legge 215/2004) per evitare accuse di conflitto di interesse. Soluzione già promessa, accompagnata però dal contemporaneo annuncio del sindaco di voler rimettere in moto il progetto urbanistico per realizzare il nuovo palazzetto da 10 mila posti ai Pili: un impianto nel quale far giocare la sua Reyer, costruito su terreni di proprietà e progetto della "sua" Porta di Venezia, società che pure con il blind trust non gestirà più.

Concordi le critiche dell'opposizione riguardo la partita delle autorizzazioni urbanistiche, che sarà comunque in mano alla giunta Brugnaro. Detto questo, la soluzioni Pili piace ad alcuni e le porte si socchiudono.«Sul blind trust non gli credo più, faccio fatica a dare fiducia alle sue parole: il sindaco è in ritardo di due anni», commenta il capogruppo M5s Davide Scano, «sinora è stato un florilegio di conflitti di interesse e cose inopportune: la convenzione culturale con Chiusi dove ha un'azienda di chianine, il Padiglione Venezia con le opere della "sua" Abate Zanetti; una società del gruppo Umana che fornisce a Vela le pellicole pubblicitarie per i mezzi Actv. In teoria, sul palazzetto ai Pili sono possibilista: c'è vecchio laboratorio Iuav seguito da Stefano Boato che pone lì una struttura. Piuttosto che farne parcheggi, meglio un palazzetto, dobbiamo recuperare Porto Marghera».
Di parere diverso il Pd, che stadio e palazzetto li vuole a Tessera. «Sono molto felice dei risultati della Reyer - premette il capogruppo Andrea Ferrazzi, «è evidente che c'è un problema vero di carenza di impianti ed è per questo che il Pat aveva predisposto gli strumenti urbanistici per fare stadio e palazzetto nella stessa area di Tessera, con procedura velocizzata grazie al Piano Stadi Delrio. Ci sono gli accessi: la bretella autostradale e la fermata Sfmr. Io sono perché si facciano velocemente entrambi, la città ne ha bisogno. Ma se sui Pili "prima" decido cosa fare e "poi" faccio blind trust, non va bene. Se poi hai comprato 10 ettari a pochi soldi perché il terreno era inquinato, lo riqualifichi grazie all'accordo ministeriale sulle bonifiche e ci progetti anche il palazzetto facendo il salvatore della patria, i conti non tornano». Brugnaro a proposito dell'acquisto ha sempre raccontato di essersi ritrovato da solo, alla gara pubblica.
«Il blind trust deve essere nella testa più che sulle carte. Se uno vuole un ruolo pubblico, dovrebbe all'inizio di mandato dividere in maniera netta interesse privato e pubblico», commenta il senatore-consigliere Felice Casson, «quella del sindaco è una decisione positiva, seppur in ritardo, se riguarderà tutti i conflitti di interesse delle sue società in Comune, come risulta dalle interrogazioni che abbiamo fatto. Indubbiamente Venezia ha bisogno di un palazzetto e uno stadio, ma va inserito dentro un progetto di città che ora non c'è». «Meglio tardi che mai», chiosa Renzo Scarpa, del Gruppo Misto, «quando lo farà davvero, ragioneremo su tutte le cose che proporrà come semplice sindaco, libero dai conflitti di interesse. Il palazzetto va fatto. Punto. Dove è però una discussione strategica che va a tutto campo che Brugnaro non può fare come proprietario della Reyer, dell'area, dell'intervento. Come sindaco deve dire quali progetti ha ricevuto e dev'essere la città a scegliere la migliore collocazione per il nuovo palazzetto».
«Il sindaco ha sempre dichiarato alla stampa la volontà di procedere con il blind trust, ma non ne ha mai parlato in maggioranza», commenta la capogruppo di Forza Italia, Deborah Onisto, «se lo farà veramente, Brugnaro metterà il suo intero patrimonio nelle mani di altre persone e non potrà decidere su un euro. Un'operazione davvero di grande veduta per un imprenditore: se lo fa, tanto di cappello. Dopo di che, il palazzetto serve».

Proseguono a go-go le privatizzazioni selvagge, promosse da quella Cassa depositi e prestiti che era nato come strumento del buongoverno comunale (quando c'era) e che oggi sono il grande motore pubblico della privatizzazione dei beni collettivi. La Nuova Venezia, 3 giugno 2017


IL TURISMO DI LUSSO

PER IL RILANCIO DEL LIDO
di Enrico Tantucci


«Due hotel di lusso all’ex ospedale al Mare, il progetto di Cassa Depositi e Prestiti: le strutture saranno gestite dalla società padovana con il colosso francese«
Il futuro del Lido "giocato" sul turismo di lusso, legato anche al tema del benessere e sull'attività congressuale. Sembrano ormai queste le direttrici di sviluppo per l'economia dell'isola dopo anni di crisi, che anche il Comune sembra voler favorire, come dimostra l'appoggio che la neonata Agenzia di sviluppo per Venezia - voluta dal sindaco Brugnaro e guidata da un lidense come Beniamino Piro - ha dato al progetto appena presentato da Cassa depositi e prestiti per la realizzazione di due resort di lusso da 300 stanze e 600 posti gestiti da Th Resorts e Club Mediterranée, con oltre mille metri quadrati di spazi commerciali, due piscine a mare di fronte alla spiaggia e un centro benessere che svilupperà - come chiede anche Brugnaro - una vocazione sanitaria.
«Siamo stati bravi ma anche fortunati nell'inserirci al momento giusto nel momento in cui Cassa depositi e prestiti ha deciso, con il suo nuovo Fondo, di investire sul turismo», spiega Piro, «coinvolgendola a inserire anche l'ex ospedale al Mare nel "pacchetto" italiano, con circa 130 milioni di euro di investimenti. Ora continueremo su questa strada con altri progetti "mirati", in cui si inserisce anche la riqualificazione dell'ex Casinò condotta dal Comune per creare sull'isola un vero e proprio polo congressuale che ora stenta a decollare. Ma presto avremo, con l'ex ospedale al Mare in versione resort, anche la necessaria ricettività alberghiera».
Questa idea di un Lido trasformato in isola alberghiera del lusso, a fianco di una Venezia già satura di posti-letto, non entusiasma chi - tra i lidensi - avrebbe preferito nuove attività più vicine al sociale. Ma è, in questo momento, la dura legge del mercato, visto che non c'è praticamente più spazio per grossi investimenti pubblici. L'altro polo - legato sempre al lusso e al turismo alberghiero - che sta per ripartire è quello della riqualificazione dell'hotel Excelsior e della futura riapertura del Des Bains, chiuso ormai da diversi anni, dopo la fallimentare esperienza della gestione di EstCapital. Solo poche settimane fa Manfredi Catella, fondatore e amministratore delegato di Coima sgr, ha annunciato il via libera all'operazione di ristrutturazione del fondo Real Venice I, oggi fondo Lido di Venezia.
Grazie all'accordo con il partner London & Regional Properties (L+R) e il supporto finanziario delle banche Intesa San Paolo e Unicredit, parte il rilancio di Excelsior e Des Bains che si concluderà in cinque anni. Il budget sarà di 250 milioni. Coima sgr entro la fine del 2017 annuncerà il progettista di interni degli hotel e subito dopo inizierà la vera ristrutturazione dei due hotel. Partendo dall'Excelsior, che verrà chiuso per i lavori solo nei mesi autunnali e invernali, e proseguendo, l'anno successivo, con la ristrutturazione del Des Bains. La parte pubblica, con Comune e Biennale, è appunto impegnato oltre che sull'area del Palacinema, sull'ex Casinò - con i lavori già in corso - per utilizzare le strutture per la congressualità, al di fuori dei periodi estivi per l'organizzazione e lo svolgimento della Mostra del Cinema. Ma altre iniziative si annunciano, come quella di un altro resort nell'ex colonia Enel degli Alberoni - portata avanti da Marzotto e una cordata di imprenditori vicentini - a cui proprio Piro ha accennato in occasione della presentazione del progetto dell'ex ospedale al Mare.

CASSA DEPOSITI E PRESTITI
ORA PUNTA ALLA LAGUNA

«Il Fondo investimenti per il turismo stanzia grosse somme a Venezia
Progetto anche per Sant'Angelo delle Polveri, Th Resorts partner privilegiato»

. È il Fondo investimenti per il turismo lo strumento con cui la Cassa depositi e prestiti realizzerà l'importante investimento previsto nell'area dell'ex Ospedale al Mare del Lido, con un patrimonio di almeno 250 milioni di euro da investire nel 2017/'18 a livello nazionale e che vede nella società padovana Th Resorts guidata da Graziano Debellini uno dei partner privilegiati. Già acquistati cinque hotel da parte della Cassa da Th Resorts e da Valtur per oltre 90 milioni di euro, con una strategia che prevede che le strutture alberghiere vengano riqualificate e poi riaffittate alla precedente proprietà.

È un meccanismo molto simile a quello "pensato" anche per l'ex ospedale al Mare, con la Cassa depositi che investirà sulla realizzazione dei due resort di lusso per circa 300 stanze e 600 posti-letto previsti nel complesso lidense e poi affiderà proprio alla Th Resorts e al Club Mediterranée la gestione delle due strutture.Ed è stata la stessa società di Debellini - a quanto risulta - su incarico della società controllata all'80% dal ministero dell'Economia, a contattare l'azienda francese per farla entrare nell'operazione sul Lido. Con la riqualificazione annunciata dell'ex ospedale al Mare, Cassa depositi e prestiti continua ad allargare sempre più il suo ventaglio di proprietà in laguna, divenuto uno dei suoi "terreni di caccia" preferiti per investimenti. Tra i progetti possibili, trasformazione in un albergo anche dell'isola di Sant'Angelo delle Polveri, nella laguna sud, lungo il canale Contorta, che ha acquisito da qualche anno. Ma continua anche la sua campagna-acquisti in città, con il Comune spesso come interlocutore privilegiato.
La Cdp Investimenti ha acquistato due anni fa, per 20 milioni complessivi, Palazzo Diedo e Palazzo Gradenigo, per i quali aveva già trattato con l'allora commissario straordinario Vittorio Zappalorto. Per Palazzo Diedo, ex sede della procura della Pretura, c'è già il cambio di destinazione d'uso e il permesso di costruire appena approvato, secondo un progetto già presentato da EstCapital quando il palazzo faceva ancora parte del Fondo immobiliare Città di Venezia, da cui poi è stato sganciato. Un progetto che prevede la creazione di servizi igienici e magazzini al piano terra, funzionali al ristorante che si prevede di realizzare al piano ammezzato dell'edificio, mentre il primo e secondo piano saranno riservati a negozi e l'ultimo piano a due appartamenti.
Sbarcata negli ultimi anni in laguna, la società del ministero dell'Economia sta conducendo una serie di operazioni immobiliari. Si era cominciato appunto con l'acquisto dal Comune dell'ex ospedale al Mare del Lido. Poi è toccato al fabbricato delle ex Carceri di San Severo a Castello, costruite dagli austriaci all'inizio dell'Ottocento, anch'esso acquisito dalla Cassa. Ed è stato preso anche l'ex Casotto capogruppo di San Pietro in Volta e sono state messe le mani sull'isola di San Giacomo in Paludo. La Cassa ha inoltre rilevato a prezzo di saldo dalla Regione il settecentesco Palazzo Manfrin sul rio di Cannaregio (stimato 16 milioni e mezzo e venduto a 10). Tra le acquisizioni recenti, Palazzo Duodo e Palazzo Ziani, in fondamenta San Lorenzo.
Tra pochi giorni, Cassa depositi e prestiti dovrebbe presentare il suo piano complessivi di investimenti nel settore turistico di cui anche la trasformazione alberghiera dell'ex ospedale al Mare fa parte. La Cassa aveva indicato come una delle possibili destinazioni del complesso dell'ex ospedale al Mare quella delle Rsa, le residenze sanitarie assistite, per anziani o persone non autosufficienti, ma comunque con servizi non ospedalieri e di livello elevato. Ma la "svolta" turistica, con l'implementazione del suo nuovo Fondo, ha invece portato verso la strada dei resort di lusso con Th Resorts e Club Med al suo fianco.
Le rievocazioni storiche dovrebbero lasciare spazio alle imbarcazioni a remi. Sono invece occasione di affari per taxi e lancioni in sfregio anche alla sicurezza. Una lettera di Dario Vianello e le interviste di Roberta De Rossi, la Nuova Venezia, 30 maggio e 1 giugno (m.p.r.)


la Nuova Venezia, 1 giugno 2017

VENEZIA, RIEVOCAZIONI STORICHE
ROVINATE DAGLI SPECULATORI
di Dario Vianello

Domenica scorsa, Festa della Sensa, mentre le Autorità facevano notare la loro presenza nel corteo storico in altre zone della laguna e di Venezia, il traffico motorizzato impazzito metteva a dura prova la sicurezza della navigazione delle unità minori e dei passeggeri imbarcati. Barche di tutti i tipi, dai granturismo di varie dimensioni ai foranei Actv, dai motoscafi pubblici e privati finendo con la variegata numerosissima flotta diportistica, tutti a correre come pazzi tutti a produrre onde devastanti consapevoli che nessun controllo è stato disposto e li fermerà.

I canali che collegano la laguna con i cantieri della terraferma sono percorsi da barche lanciate a velocità massima nonostante i cartelli segnalino limiti ben più bassi, la normativa che regolamenta le aree blu lagunari è ormai totalmente disattesa. I fragili canali lagunari sono percorsi da giganteschi granturismo, ogni anno più grandi, che producono alte onde incuranti delle unità minori che incrociano nella loro rotta. Perfino le navi fluviali, lunghe 110 metri e larghe 10, hanno iniziato a percorrere canali come la Scomenzera di San Giacomo e il Taglio di Mazzorbo, navi che oltre a intralciare pericolosamente la stessa navigazione dell'Actv non sono nemmeno in grado di invertire la rotta in caso di necessità; una volta iniziato il percorso a Murano sono obbligate a continuarlo fino a Burano.
Lo stesso corteo storico della Sensa ha dovuto subire gravi ripercussioni dal traffico motorizzato provocato da chi non vuole fare il più piccolo passo indietro nel rispetto della città e degli altri, troppo impegnati in facili guadagni o in un uso distorto della laguna. Che senso ha tutto ciò? A cosa servono queste rivisitazioni storiche se poi non c'è l'impegno delle autorità nel prodigarsi per la salvezza di Venezia e della laguna? La sottomissione alla speculazione turistica è totale, parte della società civile sembra incapace di risollevare la testa accontentandosi di sporadiche briciole a ricordo di un passato glorioso anch'esso asservito ai potentati locali e foresti.
Intanto Venezia si sta avviando a divenire una non-città dove organizzare eventi e feste per il divertimento di vip e turisti e per favorire speculazioni di ogni tipo, mentre il numero dei residenti scende sempre più. Noi non vogliamo essere delle comparse per soddisfare i momenti di notorietà di politici affaristi e insensibili, ma essere protagonisti della vita quotidiana tornando liberi di circolare per Venezia senza rischiare la vita.
la Nuova Venezia, 30 maggio 2017
LO SFOGO DI ALMANSI
«ONDE DAPPERTUTTO»
di Roberta De Rossi

«Non si può rischiare di affondare per il moto ondoso durante una regata di voga: prima i taxi continuavano a passare sulla linea di partenza, dove ci stavamo riscaldando, incuranti dei richiami della Capitaneria; durante la regata, abbiamo imbarcato acqua in continuazione, tra le onde del bacino; ad un certo punto ci siamo viste arrivare addosso un ferry boat, che ha messo la retromarcia all’ultimo, facendoci quasi rovesciare, anche le due moto d’acqua delle forze dell’ordine facevano onde . Eppure durante l’America’s Cup il bacino era un olio».

La giovane regatante Elena Almansi è arrabbiatissima. Chiede al Comune di darsi da fare per garantire più sicurezza nelle gare e, in generale, alla laguna: «Tutti corrono, hanno fretta», dice, incuranti della sicurezza. Io stessa sono stata investita, l’anno scorso. Non c’è attenzione e così non si difende la città, né le tradizioni». Lo sfogo è diretto al Comune.
«La lotta al moto ondoso e la difesa delle tradizioni sono il motivo per cui, anni fa, il coordinamento delle remiere ha fortemente voluto che la Sensa tornasse ad essere una festa con le regate e non più il lancio di una corona di fiori da un taxi», commenta il delegato del sindaco Giovanni Giusto, presidente del coordinamento, «il corteo è stato rallentato dalla fortissima corrente contraria, tanto che quando siamo arrivati a San Nicolò, sapendo che le donne erano partite, ci siamo spostati su Sant’Andrea per la ricostruzione dell’alzabandiera storico, posticipando lo Sposalizio proprio per lasciare la scena alle donne. Le forze dell’ordine hanno dato il massimo, ma non possiamo chiudere un canale marittimo». Tant’è il moto ondoso resta la grave emergenza di Venezia.

Governanti servitori dello sfruttamento turistico della città: ogni mercante si prende lo spazio pubblico che vuole, e i cittadini contribuenti pagano le tasse per i turisti. Cronache di Alberto Vitucci e Roberta De Rossi, la Nuova Venezia 30 e 31 maggio 2017 (m.p.r.)

la Nuova Venezia, 31 maggio 2017

STOP AI PLATEATICI
L'INVASIONE NON SI FERMA
di Alberto Vitucci

Via ai pianini del Gran Viale, della Giudecca e di Sant'Agnese. Conferenza dei servizi ieri mattina a Ca'Farsetti per avviare l'approvazione di nuovi strumenti di riordino del plateatico e dell'occupazione di suolo pubblico. Strumento lanciato qualche anno fa dall'assessore Giuseppe Bortolussi (giunta Cacciari), poi ritirato e riveduto da Carla Rey (giunta Orsoni), adesso riproposto con la giunta Brugnaro. «Un problema complesso, che va affrontato un pezzo alla volta, settore per settore», dice l'assessore al Commercio e Plateatici Francesca Da Villa. Ancora saldamente al suo posto nonostante l'ultimatum inviato al sindaco dal suo partito, la Lega, due mesi fa. «Se resta rappresenta solo se stessa, perché sul referendum non ha seguito la linea della Lega», aveva accusato il segretario Sergio Vallotto. «Io vado avanti, lavoro», replica Da Villa. Un lavoro per il momento concentrato sui pianini. Della Conferenza dei Servizi che decide fanno parte anche i rappresentanti delle associazioni interessate, Pubblici esercizi e commercianti. «Sono gli stakeholders, li dobbiamo ascoltare», dice l'assessore, «e alla fine trovare un compromesso tra le attività economiche e il decoro».
Per adesso l'ago della bilancia volge in favore delle categorie. Nonostante gli annunci, in alcune aree della città la situazione è peggiorata. Aree occupate da banchi ambulanti, per buona parte gestiti in subappalto da stranieri. Diventati veri e propri negozi con oggetti appesi. Dilagano anche i plateatici, così come le tende, sempre più grandi, sulla pubblica via. È il caso della Strada Nuova, dove in alcuni punti, verso Santi Apostoli, la viabilità è resa problematica da sedie e tavolini di nuovi esercizi, banchi e oggetti esposti da parte dei negozi. Tornano sedie e tavolini anche in luoghi che erano stati vietati. Come a ridosso delle chiese e anche in mezzo alla pubblica via. I pareri della Municipalità, che un tempo erano obbligatori, adesso non lo sono più. Il via libera arriva dai vigili, quasi in via automatica.
In pratica ogni esercizio che apre ha diritto al suo plateatico. Cioè ad allargare il negozio sul suolo pubblico. Aprono senza rispettare un Piano che non c'è e senza chiedere la licenza. Basta avere l'autorizzazione per la canna fumaria e per le fosse settiche per poter aprire, solo con una Scia, cioè la dichiarazione di un professionista. Sparito anche il tetto delle attività nelle singole zone. Un bar può aprire anche accanto a un altro, senza chiedere niente a nessuno. Risultato, l'affollamento di Pubblici Esercizi che seguono il mercato, cioè i consumi del turismo mordi e fuggi.

la Nuova Venezia 30 maggio 2017
CITTÀ SEMPRE PIÙ AFFOLLATA DI TURISTI
CESTINI PIENI DI RIFIUTI
DIFFICILE SVUOTARLI TUTTI»
di Roberta De Rossi

Cestini rigurgitanti immondizia già alle due del pomeriggio: sul Ponte di Rialto, in Strada Nuova, nelle calli attorno a campo San Bartolomeo.

È accaduto in un “banale” lunedì, come già si era registrato sabato e domenica. Bottiglie di plastica, carte unte, bicchieri sporchi di gelato, a mucchi, sopra e accanto ai cestini, non in grado di contenerli tutti: segno di una città sempre più affollata di turisti, non solo nei fine settimana.

«Abbiamo avuto qualche difficoltà nello spazzamento delle strade», confermano dall’Ufficio relazioni esterne di Veritas, «a causa di una quantità anomala di rifiuti, prodotti tra sabato e domenica. Certamente in centro si tratta di rifiuti collegabili al turismo, anche se c’è da dire che nelle zone più periferiche continua il fenomeno - illegale - di chi utilizza i cestini per gettare i sacchetti dell’immondizia di casa».

Fuor di metafora: non bastano gli spazzini per pulire la città da rifiuti in costante aumento. Un fenomeno non certo di questi giorni: le 51.485 tonnellate raccolte nel 2014 a Venezia, Murano e Burano, sono diventate 52.647 nel 2015, per crescere fino a sfiorare le 54 mila tonnellate nel 2016. E il trend - conferma Veritas - è in aumento anche quest’anno.

A Venezia è come se ogni abitante producesse il doppio di rifiuti: se la media veneta è di 1,8 chili a testa, a Venezia è di 2,8. Lasciti dei turisti messi (in parte) in conto ai residenti in città: il solo spazzamento delle strade, con relativa pulizia dei cestini, costa 6 milioni e mezzo all’anno. Tutti messi in bolletta ai residenti.

Per il servizio di raccolta porta-a-porta e pulizia della città e delle isole, Veritas spende 81 milioni di euro l’anno. Naturalmente, alberghi, ristoranti hanno un ricarico della Tari proporzionale alle loro attività e, quindi, contribuiscono per la loro parte alle spese di Veritas, ma per il resto ci pesano i veneziani: rincaro dei biglietti Actv e tassa di soggiorno non vengono dirottate sui conti dell’azienda.

L'edizione online de il manifesto dell'11 maggio rinvia a un articolo del maggio 2016, che ricorda la pesante testimonianza del provincialismo culturale di Venezia. Mentre papa Francesco predica e pratica il dialogo, l'incontro e la sintesi tra le religioni il suo chierichetto Brugnaro (e i suoi referenti nel patriarcato), colgono ogni occasione per ribadire la loro cecità; e noi per ricordarla. il manifesto, 11 maggio 2017

«Biennale Arte. Ultimatum del comune di Venezia contro il padiglione islandese: l'artista Christoph Büchel ha trasformato santa Maria della Misericordia in una moschea e le polemiche in città sono divampate»

«La moschea è chiusa, lì pregavano», ci dice in tono intimidatorio un’anziana signora a cui chiediamo di indicarci la chiesa di Santa Maria della Misericordia. Il padiglione islandese alla Biennale di Venezia invece esiste. Anche se forse resterà aperto ancora per poco. Entro il 20 maggio (2016) gli artisti che hanno realizzato il progetto dovranno presentare al Comune un nulla osta della curia che autorizzi la discussa installazione «in un luogo di culto cattolico» o la chiesa-moschea chiuderà i battenti a pochi giorni dalla sua apertura al pubblico. «Abbiamo seguito alla lettera tutte le procedure come ogni altro padiglione. Questo immobile è di proprietà privata dal 1973», risponde alle accuse uno dei giovani che ha contribuito alla realizzazione dell’opera. Eppure questa moschea è già un caso senza precedenti sulla stampa locale e per i partiti xenofobi che spadroneggiano in Veneto. Quest’opera però va ben oltre le solite puerili polemiche: si tratta di un misto tra arte e religione che sfida i pregiudizi di una città in cui i musulmani hanno sempre avuto il loro spazio mentre ora sono relegati a Marghera e Mestre. Solo lì sorgono le uniche due moschee locali.

«Chiuderemo presto, abbiamo avuto varie visite della polizia», chiosano l’artista svizzero Christoph Büchel e la curatrice Nina Magnusdottir che hanno lavorato al progetto con la comunità islamica locale. Da una chiesa sconsacrata (anche se la curia smentisce), adibita a magazzino, è nata un’installazione magica che sfrutta con intelligenza il corpo della vecchia chiesa, il suo altare e le parti retrostanti, adibite a sala per le abluzioni e ufficio dello sheykh. Soprattutto il venerdì, visitatori musulmani e lavoratori che passano la loro giornata nei negozi veneziani si dirigono verso la moschea-installazione per una preghiera. Per questo l’opera è un successo che va al di là della sua funzione d’uso artistica e acquista valore nello spazio urbano.

«Le polemiche sono alimentate per fare politica», ci spiega uno degli ideatori. All’ingresso dell’antica chiesa, dove già dalla porta si vedono magnifiche calligrafie arabe tra cui i novantanove nomi di dio, chi vuole proseguire la visita verso l’altare deve togliersi le scarpe come in una moschea vera. E così l’islamofobia in Laguna ha preso la forma di scarpe che calpestano i tappeti della moschea e di visitatori che fomentano l’odio in un luogo che riporta in vita una chiesa abbandonata nella città antica di Venezia.

«Già nel Seicento, Venezia era una città aperta al pluralismo religioso, una sala di preghiera si trovava nel palazzo oggi conosciuto come Fondaco dei Turchi», continua l’artista. A pochi passi da qui, a Cannaregio sorge il ghetto ebraico: le restrizioni imposte agli ebrei nel Cinquecento vennero estese negli anni anche ai musulmani. La sfida riguarda non solo Venezia ma anche Reykjavik dove la comunità islamica sta facendo grandi passi avanti per integrarsi nel tessuto urbano.
Questa installazione sfida i limiti dell’arte, denuncia l’arretratezza nell’integrazione di milioni di musulmani in Italia che, anche a Milano, aspettano l’approvazione di gare d’appalto per la costruzione di nuove moschee.

Ogni occasione è buona per privatizzare gli spazi pubblici, oltre ogni decenza. La barbarie non è solo quella che si veste di stracci a uccide con spadoni e scimitarre, è anche quella che indossa abiti scuri e toilettes preziose e adopera come armi le ricchezze accumulate, la volgarità delle messe in scena e la complicità degli amministratori pubblici. La Nuova Venezia , 12 maggio 2017

«Biennale è anche duello di mondanità tra feste, cocktail,cene di gala. Un giardino di limoni e suonatori di tamburi per Pinault,tavole di specchi e peonie per Fendi. Non soloinstallazioni alla Biennale: anche feste, dinner, cocktail».
È l’arteall’ora di cena, o poco prima, ma soprattutto dopo, quando le file degli invitatisi scompongono per ricomporsi altrove, in formazioni inedite, talvolta audaci,in ogni caso biennalesche. A nessuno, infatti, è sfuggita la carezza daasteoridi tra il gruppo Lvmh di Bernard Arnault e François Pinault che si sonospartiti i giorni della settimana (il martedì al primo, ieri sera all’altro) ele celle frigorifere dei fioristi rubacchiandosi disinvoltamente anche qualcheospite.
Il filmato di Manuela Pivatolia
Il sagrato della chiesa di SanGiorgio trasformato in un guardino di limoni sul bacino di Piazza San Marco,per accogliere a rombo dei tamburi (che si sentivano fino in città) gli ospitidella riservatissima festa organizzata da Francois Pinault, in occasione dellaBiennale. L'articolo sulle curiosità, anche mondana, della Biennale

Lì dove, martedìsera, Vuitton ha messo in campo l’artiglieria pesante - la mostradedicata a Pierre Huyghe all’Espace della maison in calle Vallaresso e poi lacena nel Salone da ballo del Museo Correr e quindi un’ultima coppa di champagne(Ruinart) all’ultimo piano del T Fondaco per festeggiare il Padiglione dellaFrancia - ieri sera ha brillato Pinault, che festeggia il suo Damien Hirst, giàda un mese a Palazzo Grassi e Punta della Dogana.
Lì dove il presidente e Ceo di Fendi, PietroBeccari, ha incantato i suoi ospiti disponendoli intorno a due lunghissimitavoli foderati di specchi sui quali si riflettevano i teleri della Scuola diSan Rocco, ilbretone ha risposto prendendosi la FondazioneCini e ha accolto i suoi ospiti a San Giorgio al ritmo prodotto da suonatoribretoni di tamburo: disposti davanti alla chiesa, martellavano su vecchi bidonidi metallo producendo musica e ipnosi.
Lì dove l’uno ha fattodecorare la sala del Tintoretto con una serra di peonie bianche, l’altro harisposto a colpi di agrumi. Sessanta piante diaranci e limoni, disposte su tre file: un corridoio spettacolare per lapasserella degli arrivi.

Erano in 1300, mercoledì sera da Pinault, tra artisti, galleristi, tra cuiGagosian che gli esperti definiscono il più potente al mondo, direttori dimusei, la famiglia al completo con Salma Hayek e Francois-Henri.Charlotte Casiraghi, Farah Diba, Adrien Brody, Bianca Brandolini d’Adda. Pertutti, ostriche e formaggi serviti in cassettine di legno prima, tra suoni diviolini e il confortante calore delle stufe.

Erano in duecento da Fendi, più altri trecentoal Correr, più altri cinquecento al T Fondaco, quindi i conti sono pari. Chi c’era daentrambe le parti dice che non ci sono paragoni, salvo tacere chi dei due abbiasuperato l’altro. L’arte della mondanità, scivolosa anch’essa, esige quel fairplay che consente di fluttuare (fin che ce n’è) da un posto all’altro come soloin laguna è dato di fare. I parsimoniosi non se ne perdono una, oggi conBulgari e Venetian Heritage alle Gallerie dell’Accademia, con l’americano MarkBradford a Palazzo Ducale, a Ca’ Corner della Regina da Prada e, domani, giùnei Piombi del Ducale con lo stilista Domenico Dolce. Stefano Gabbana, invece,resta a casa.

Ecco perché i veneziani proprietari immobiliari non sono tanto contrari al turismo che sta cancellando la loro città e cacciando i veneziani non proprietari. la Nuova Venezia online, 6 maggio 2017

Il business Biennale Arti Visive di Venezia è un affare da almeno 30 milioni di euro che «plana» sulla laguna nella settimana d’oro per il turismo culturale. Quella che prenderà il via martedì prossimo – con il primo giorno di vernice di «Viva Arte Viva», l’edizione numero 57 della Mostra internazionale - e si chiuderà di fatto tra sabato e domenica con l’inaugurazione e l’apertura al pubblico

Prezzi invariati ma alti. «I prezzi dei servizi legati alle esposizioni del periodo Biennale sono invariati rispetto a due anni fa - spiega - anche per la decisione coraggiosa della curatrice della Biennale di limitare solo a 23, su oltre un centinaio di richieste, le mostre collaterali, rispetto alle oltre 50 del suo predecessore. Chi non riesce a ottenere il prezioso marchio della Biennale ed è una grossa organizzazione internazionale, molto spesso rinuncia alla mostra». Per concedere il marchio del Leone su una mostra la Biennale chiede circa 23 mila euro (+Iva) e dunque il taglio deciso da Macel (con esclusione anche di esposizioni curate da critici illustri) significa per le casse della Fondazione guidata da Paolo Baratta la rinuncia a qualche centinaio di migliaia di euro. Ma l’affare rimane, con oltre un centinaio di mostre che apriranno dalla prossima settimana e i prezzi restano alti.

Spazi in affitto fino a 50 mila euro al mese. «Ormai si affitta tutto se può avere una disposizione espositiva e una discreta collocazione - spiega De Grandis - e si va dai 10 mila euro al mese per l’affitto di un piccolo negozio ai 50 mila euro per un’esposizione che prenda due piani di palazzo magari affacciato sul Canal Grande. Le chiese usate a fini espositivi costano mediamente circa 20 mila euro al mese. A pesare poi ci sono anche i costi di guardianìa. Una persona regolarmente stipendiata come guardasala per tutta la durata di una mostra durante la Biennale può costare circa 125 mila euro lordi, con un costo medio di 30 mila euro, visto che in genere le persone sono almeno due».

Anche 40 mila euro per le cene di gala. Non è finita, perché un Paese con il proprio padiglione o gli organizzatori di una mostra collaterale devono pensare anche al catering per le inaugurazioni. «Si va dai 3 mila euro circa per chi si accontenta di prosecco e patatine per tutti - spiega ancora De Grandis - a chi spende anche 40 mila euro per una cena di gala in un bel palazzo veneziano». Per una cena da inaugurazione il prezzo a commensale varia dai 60 ai 150 euro in base alle ambizioni di chi ospita.

Fino a 100 mila euro per gli allestimenti. Altra voce che incide sul bilancio di una mostra è quella di trasporti e allestimenti. «Per quelli più spartani e in spazi più ristretti - commenta ancora de Grandis - si possono spendere circa 15 mila euro, che possono arrivare sino a 100 mila per una mostra in grande stile in un grande palazzo, magari allestita da un «team» di esperti. Poi c’è l’immagine e la comunicazione e se ne vanno così dai 15 ai 30 mila euro, anche qui in base alle esigenze di «grandeur», con chi prenota anche le fiancate di vaporetto per farsi pubblicità. Una voce aggiuntiva sono i trasporti passeggeri. I taxi per i giorni della vernice sono già introvabili, prenotati da tempo. Ma chi ne vuole uno fisso a propria disposizione deve mettere in preventivo di spendere circa 150 euro all’ora, e non sono pochi quelli che lo fanno.

Fino a 700 mila euro per partecipare. I conti finali sono presto fatti. «Il costo complessivo della partecipazione di un Paese che si dota di un proprio padiglione alla Biennale - conclude De Grandis - va da un minimo di 100 mila a un massimo 700 mila euro. Un investimento in cui alcuni Paesi orientali da cui pensano di rientrare “imparando” come poi organizzare una Biennale a casa propria, come sta avvenendo. E poi c’è il prestigio di essere a Venezia. Il giro di affari complessivo della settimana della vernice della Biennale? Certamente non inferiore ai 30 milioni di euro, senza contare l’indotto per alberghi, ristoranti e affittanze turistiche». Per questo tutte le categorie, a cominciare dagli albergatori, amano «questa» Biennale.

Dalla miseria intellettuale dei ricchi mercanti costosi schiaffi alla miseria materiale del mondo. «Mostre, installazioni e performance nell’intensissima settimana della vernice Dalla gigantografia di 135 metri quadrati sui migranti al breakfast alla A Plus A». la Nuova Venezia online, 4 maggio 2017

VENEZIA. All’ombra generosa della Biennale arriverà il diamante più raro del mondo, di colore lilla e del valore di due milioni di euro, montato su un anello dal nome che pare quello di un sommergibile - LILAC TI22 - pezzo fortissimo della mostra “Antipode” alla Fondazione Querini Stampalia per soli cinque giorni, dal 9 al 13 maggio.
All’ombra (anche) godereccia della Biennale, l’arte sarà cucinata, servita e mangiata direttamente in galleria, alla A plus A, dove, dal 10 al 12 maggio, dalle 10 alle 12, “The Breakfast Pavillon” offrirà la prima colazione insieme agli artisti Olaf Nicolai, Anne Sophie Berger e Nicole Wermers.
Ogni scusa sarà buona per imbastire mostre, inventare happening, creare eventi, suggerire performance, esibire artisti, invitare gente e sperare di essere invitati, nel delirio che accompagnerà l’apertura della 57 esima Esposizione Internazionale d’Arte (10, 11 e 12 maggio la vernice, cerimonia di premiazione e inaugurazione sabato 13), massima rappresentazione di cultura che si fa salotto, estro e futuro, tutto insieme.
Fioriranno così cose curiose come “Univers” di Flavio Favelli, dall’8 al 14 maggio, un negozio metafisico in Fondamenta Sant’Anna, a Castello; o rassegne che hanno titoli da romanzo, come “Sono stato rapito centinaia di volte” dell’artista Gosha Ostretsov che evidentemente nel frattempo è stato rilasciato visto che lunedì 8 sarà nel giardino di Palazzo Nani Bernardo a ricevere i suoi ospiti.

All’ombra (anche) godereccia della Biennale, l’arte sarà cucinata, servita e mangiata direttamente in galleria, alla A plus A, dove, dal 10 al 12 maggio, dalle 10 alle 12, “The Breakfast Pavillon” offrirà la prima colazione insieme agli artisti Olaf Nicolai, Anne Sophie Berger e Nicole Wermers.
Ogni scusa sarà buona per imbastire mostre, inventare happening, creare eventi, suggerire performance, esibire artisti, invitare gente e sperare di essere invitati, nel delirio che accompagnerà l’apertura della 57 esima Esposizione Internazionale d’Arte (10, 11 e 12 maggio la vernice, cerimonia di premiazione e inaugurazione sabato 13), massima rappresentazione di cultura che si fa salotto, estro e futuro, tutto insieme.

Fioriranno così cose curiose come “Univers” di Flavio Favelli, dall’8 al 14 maggio, un negozio metafisico in Fondamenta Sant’Anna, a Castello; o rassegne che hanno titoli da romanzo, come “Sono stato rapito centinaia di volte” dell’artista Gosha Ostretsov che evidentemente nel frattempo è stato rilasciato visto che lunedì 8 sarà nel giardino di Palazzo Nani Bernardo a ricevere i suStrariperà, esonderà e occuperà un intero campo la più grande immagine mai esposta in laguna - 135 metri quadrati - del fotografo francese Gérard Rancinan, già vincitore di sei World Press Awards e protagonista della mostra “Revolution” negli spazi di Bel Air Fine Art vicino alla Guggenheim. Una fotografia sul tema dei migranti che, sorvolata da un drone, sarà srotolata l’11 alle 11, e si annuncia come pugno nello stomaco.

Tra un padiglione e un invito, s’intrecceranno cose delicate, come la mostra “Veni Etiam, Naturalia e Mirabilia”: il sogno dell’antico sapere - inaugurazione alle 18 del 9 maggio - in parte nello Studio Mirabilia di Gigi Bon, a San Samuele, e in parte in vetrina alla libreria Lineadacqua. O come le sculture fatte con corda di canapa e stoppa dell’artista Laura Rambelli che il 9 maggio, dalle 15 alle 18.30, al Museo Andrich di Torcello, sotto il titolo “Fatalità” si esibirà in una performance con la musica di Naomi Berrill e i costumi di Ilaria Biggi.

E ancora la mostra di Luca Campigotto “Iconic China” a Palazzo Zen, dal 10 maggio; l’installazione “Evocative Surfaces” di Beverly Barkat a Palazzo Grimani, con preview il 9; la mostra “Le Désir” alla Galerie Alberta Pane che inaugura il 12; i tappeti per “Woven Forms” a Palazzo Benzon, dal 9 maggio.

Poi c’è l’arte che si conta: le sette monumentali opere del giapponese Kan Yasuda adagiate sul praticello all’inglese dell’Aman Venice dal 10 maggio; i 650 tubi in alluminio di Emil Lukase e gli 8.500 aquiloni neri di carta e bambù di Jacob Hashimoto dal 12 maggio a Palazzo Flangini, aquilone più aquilone meno.

Strariperà, esonderà e occuperà un intero campo la più grande immagine mai esposta in laguna - 135 metri quadrati - del fotografo francese Gérard Rancinan, già vincitore di sei World Press Awards e protagonista della mostra “Revolution” negli spazi di Bel Air Fine Art vicino alla Guggenheim. Una fotografia sul tema dei migranti che, sorvolata da un drone, sarà srotolata l’11 alle 11, e si annuncia come pugno nello stomaco.
Tra un padiglione e un invito, s’intrecceranno cose delicate, come la mostra “Veni Etiam, Naturalia e Mirabilia”: il sogno dell’antico sapere - inaugurazione alle 18 del 9 maggio - in parte nello Studio Mirabilia di Gigi Bon, a San Samuele, e in parte in vetrina alla libreria Lineadacqua. O come le sculture fatte con corda di canapa e stoppa dell’artista Laura Rambelli che il 9 maggio, dalle 15 alle 18.30, al Museo Andrich di Torcello, sotto il titolo “Fatalità” si esibirà in una performance con la musica di Naomi Berrill e i costumi di Ilaria Biggi.

Un vero gioiello ecosostenibile. Tutti possono goderne: basta pagare 15mila euro per una settimana di relax: solo un decimo del vostro salario, se guadagnate almeno 140 milioni di euro all'anno. Tutti gli altri fuori: vedano con Google earth. la Repubblica online, 26 aprile 2017

La nuova vita di Santa Cristina, isolotto che uno dei discendenti della famiglia Swarowski ha trasformato in un eden di lusso e sostenibilità. Un ritiro che ospita fino a 16 persone, da affittare per intero, a un prezzo accessibile per un gruppo. Per gustare la città dei dogi in una prospettiva slow

Dove la natura incontra il lusso. Questa è l'Isola di Santa Cristina, nuova meta esclusiva vicino Venezia. Un'isola privata che ha l'ambizione di diventare ecosostenibile e completamente autosufficiente in pochi anni. Si trova nella parte nord-orientale della laguna veneta, immersa nel blu. Persino il Carnevale qui può trovare il suo silenzio. Oggi è gestita da Renè Deutch, figlio della seconda moglie del re dei cristalli Swarovski, che ha donato a questo luogo incantato una nuova vita, recuperandone bellezza e risorse. È un business esclusivo che risponde anche alle esigenze del presente: il pianeta, l'ambiente, la qualità della vita e la ricerca della pace interiore. Lui che di yoga se ne intende, ha visto le potenzialità di un luogo perfetto per ritrovare sé stessi e vivere una vacanza in armonia con lo spazio circostante.

Chi subisce il fascino della città galleggiante e dei suoi eventi - dal Festival del cinema alla Biennale d' arte - avrà qui la sua tregua: un ritiro a cinque stelle all’interno di una villa che conta nove camere (due stanze matrimoniali, cinque doppie e due singole), con un bagno personale in legno e marmo. La libreria che raccoglie i testi di viaggio di famiglia, illuminata da un lampadario di cristallo, unico elemento firmato Swarovski. La cucina è aperta alle incursioni dei migliori chef della zona, come Ruggero e Massimiliano Bovo della trattoria Il Gatto Nero, prediletta dai vip. Le location variano tra dentro e fuori: dal grande salone con il camino alla terrazza esterna, fino all’altana dalla quale si può godere della vista di tutta l’isola, consigliata al tramonto. Una grande piscina e il lago attualmente in fase di bonifica, destinato al recupero delle specie ittiche tipiche della laguna, per una pesca ecosostenibile. Tutto intorno il frutteto biologico, ulivi e vigneti, da cui si producono il vino rosso biologico e l’acquavite Ammiana.

Santa Cristina si affitta per soggiorni di minimo tre giorni con un prezzo abbastanza accessibile: duemila euro al giorno per l'uso riservato dell'intera isola. Se si è in sedici, numero massimo del gruppo di persone che possono essere ospitate, il prezzo diviso è di 375 euro a persona, per i tre giorni. Il pacchetto è unico, le camere pertanto non possono essere affittate una per una, come in un normale albergo. L'isola di Santa Cristina mette a disposizione uno yacht privato firmato "Ammiana" (dal nome delle isole dimenticate Ammiana, da cui ha origine Santa Cristina, un tempo sede di monasteri) - che può accompagnare gli ospiti in interessanti escursioni. Nei dintorni ci sono le bellissime e romantiche Burano, Murano e Torcello. Se il cielo è limpido, dalla barca si possono scorgere le Dolomiti. Venezia, con il suo patrimonio artistico, è distante appena venti minuti. Attraversare la laguna, patrimonio Unesco, significa anche osservarne la flora e la fauna: si possono incontrare cormorani e aironi e riconoscere la salicornia, una pianta alta quasi 40 centimetri tipica dei terreni ricchi di sale.

Questa prevalentemente è la vacanza dedicata a chi ama lo yoga, la natura, lo sport, la qualità della vita in generale. Luogo ideale per trascorrere il Natale in tranquillità, location top per matrimoni eco-chic. Anche il birdwatching qui diventa un’avventura extra-lusso, con l’uso dei cannocchiali di casa Swarovski. Un sogno dove l’inconsueto e ricercato equilibrio tra acqua, natura e silenzio si riflettono in un cambiamento interiore, come fosse il risultato di una profonda meditazione.

Secondo uno studio della Università veneta Cà Foscari, questo sarebbe uno dei più suggestivi e incontaminati tratti della laguna: i ricercatori l'hanno definita una interessante "anomalia" ambientale, “una sorta di valle da pesca in miniatura,

localizzata però non nei pressi della gronda, ma in mezzo alla laguna stessa. Secondo gli studiosi, il buon grado di conservazione ambientale, fa di Santa Cristina un luogo di elevato interesse naturalistico e scientifico, nonché un privilegiato laboratorio sul campo tuttora attivo.

Durante una conferenza stampa affollata di autorità - sindaco, prefetto, questore, sopraintendenza, giornali locali e nazionali - il 7 aprile 2017 è stato presentato il progetto ... (segue)

Durante una conferenza stampa affollata di autorità - sindaco, prefetto, questore, sopraintendenza, giornali locali e nazionali - il 7 aprile 2017 è stato presentato il progetto per il restauro dei Giardini reali di Venezia, promosso dalla Venice gardens foundation in partnership con assicurazioni Generali.

Il coinvolgimento dei due soggetti privati nell’operazione ha origine in due decisioni adottate dal comune di Venezia, tra il 2014 e il 2015, durante l’amministrazione straordinaria del commissario Vittorio Zappalorto.

La prima è la firma, il 23 dicembre 2014, di un protocollo d’intesa con la Venice gardens foundation onlus un’associazione che “attraverso il sostegno di mecenati” (all’epoca non meglio identificati) si era offerta di occuparsi del restauro dei giardini, dal costo previsto di tre milioni e ottocentomila euro, in cambio della concessione a gestirli per diciannove anni.

L’intesa era stata molto elogiata dai rappresentanti delle pubbliche istituzioni. «Quasi un regalo di Natale per la città» l’aveva definita l’allora sopraintendente Renata Codello che aveva sottolineato «l'affidabilità della fondazione che ha avanzato una proposta di qualità».

La seconda decisione è la chiusura, il 6 marzo 2015, del contenzioso che il comune aveva con Generali, con l’accettazione di fatto di tutte le pretese circa le destinazioni d‘uso delle Procuratie Vecchie - la costruzione di cui la società è proprietaria e che con i suoi centocinquantadue metri di lunghezza delimita l‘intero lato nord di Piazza San Marco - inclusa la possibilità di realizzarvi delle residenze per ricchi, pudicamente denominate foresteria per studiosi.

All’epoca, tra le due decisioni non era emerso nessun collegamento; sembravano solo due dei tanti regali ai privati che ormai non fanno più notizia.

Nel 2016, però, fondazione e Generali hanno sottoscritto un accordo in seguito al quale Generali diventa sponsor unico del restauro dei giardini e mette a disposizione due milioni e cinquecentomila euro per i lavori, mai partiti sebbene l’intesa con il comune ne prevedesse l’inizio nel 2015. Ora i promotori assicurano che saranno completati in tempo per poter partecipare alla prossima Biennale di Architettura, nel 2018.

I termini di questo accordo, che si potrebbe definire una sorta di mecenatismo in subappalto, non sono stati resi noti. Forse i due soggetti privati, l’un dell’altro mecenate, non sono obbligati alla trasparenza, ma lo sono certamente le pubbliche istituzioni grazie alla cui operosità si è arrivati alla situazione odierna e che, invece, non fanno sapere né i criteri in base ai quali il comune ha firmato l’intesa con la fondazione, senza garanzia della effettiva disponibilità dei fondi, né quali benefici la fondazione trasferisce o concede alle Generali in cambio della elargizione in denaro. Nessuna informazione è stata data neppure circa l’eventualità che, in occasione di eventi e cerimonie di rappresentanza, alle Generali sia riservato l’uso esclusivo dei giardini trasformati in prestigiosa porta d’acqua della propria sede.

Al riguardo nulla ha detto Adele Re Rebaudengo, presidente della Venice gardens foundation, che ha calorosamente ringraziato Generali “a nome dei veneziani”. E nulla ha detto Philippe Donnet, amministratore delegato della società, che si è attenuto al ruolo di elegante padrone di casa durante tutta la cerimonia, nel corso della quale, con un’accurata regia i due mecenati, dopo essersi elogiati a vicenda, hanno concesso la parola ai rappresentanti delle istituzioni che hanno fatto a gara nel profondersi in ringraziamenti.

Il direttore dell’agenzia del demanio Roberto Reggi ha esordito dicendo «io rappresento lo stato», ma si è subito corretto aggiungendo «lo stato non ha risorse, quindi grazie al moderno mecenate, grazie a Franceschini, e grazie a Generali».

In quanto rappresentante dello stato, avrebbe dovuto ricordarsi che, dei due milioni e cinquecentomila euro “donati” dalle Generali (cifra inferiore al compenso ufficialmente percepito nel corso del 2016 da Philippe Donnet) il 65 % viene recuperato dalla società come credito d’imposta e il resto è vincolato all’uso deciso dal mecenate. Il che significa che, mentre un contribuente veneziano normale paga l’irpef per comprare armi, l’addizionale regionale per pagare autostrade inutili, l’addizionale comunale per pagare il carnevale e la tassa rifiuti per rimuovere l’immondizia prodotta dai turisti, Generali pagano per mettere a posto il giardino davanti a casa loro. Più che di mecenatismo, quindi, si tratta di un classico esempio di improvement business district, che è il modello a cui ormai si ispirano i pubblici funzionari. Come ha detto la rappresentante della sopraintendenza, infatti, «è stato un percorso molto emozionante, mostra l’importanza del settore privato, è proprio la strada da seguire».

Emozionato si è dichiarato anche il sindaco Brugnaro e molto soddisfatto per il «bel rapporto tra pubblico e privato». Un bel rapporto, grazie al quale il progetto descritto nell’intesa del 2014 è stato in parte modificato, cosicché ora il restauro dei giardini include la costruzione di ventuno (!) bagni. Una dotazione palesemente sovradimensionata per un giardino di cinquemila e cinquecento metri quadrati, ma forse è questo il piano di gestione dei flussi turistici annunciato dal comune.

Sommerso dai ringraziamenti, Donnet non ha risposto come avrebbe fatto Crozza/Marchionne «non voglio che mi si dica grazie», ma ha sottolineato che anche lui si considera cittadino di Venezia, perché vi possiede casa, dando prova di quella concezione medievale della società, secondo la quale il diritto di cittadinanza si basa sulla proprietà, che è il tratto distintivo dei mecenati dei nostri tempi.

Postilla

in fondo, in secondo piano, le arcate delle Procuratie vecchie

La vicenda denunciata da Paola Somma è un anello d’una catena di eventi (criminosi, verrebbe voglia di dire) che inizia da lontano. È utile ricordarle non solo per indicare le responsabilità di chi ha preparato gli eventi che oggi ci colpiscono ma anche per ricordare che la difesa dei patrimoni collettivi richiede un'attenzione continua: ed è anche per questo che ci sforziamo di aggiornare questo sito.

Nella documentazione raccolta sueddyburg il primo anello lo troviamo il 26agosto 2001, in un articolo di Luigi Scano (L’associazione Polis sulle Procuratie vecchie) che denunciava il tentativo delle Assicurazioni generali di utilizzarealcuni piani del complesso della parete Nord di Piazza San Marco per residenze,e racconta gli “errori" della Giunta Massimo Cacciari-Roberto D’Agostinoche, “liberalizzando” il piano regolatore, aprì tra l’altro la strada all’iniziativa delleAssicurazioni. La questione riemerge 14 anni dopo. Lastampa locale dà notizia della riproposizione da parte delle Assicurazioni delloro progetto. Il 9 marzo 2015 Paola Somma domanda,su eddyburg, Di chi èPiazza San Marco? Il 21 Marzo, in una newsletter dell’associazione "Venezia Cambia 2015", Giampietro Pizzodenuncia a sua volta l’iniziativa e riprende l’articolo di Luigi Scano del 2001 (Giùla mani da Piazza San Marco). 1l 25 aprile Enrico Tantucci descrivesu La Nuova Venezia il progetto e riporta la durissima critica di Lidia Fersuoch, (ProcuratieVecchie, spuntano gli alloggi).
Le date successive, e i relativi eventi, sono ancora da scrivere. (e.s.)

Singolare iniziativa dell'università Iuav di Venezia, gestita e partorita durante la recente Biennale di architettura e battezzata oggi, "magna com laude", dal giornale della Confindustria. Una performance splendida per sviluppare il tema drammatico dell'accoglienza. il Sole 24 ore, 3 aprile 2017 , con postilla

Spesso un esperimento virtuoso diventa un bel progetto. Un esempio è Casa Flora (www.casafloravenezia.com), appartamento acquisito da Gioele Romanelli di fianco al suo hotel a Venezia, anch'esso Flora, per farci un spazio nuovo per l'ospitalità. Non un altro albergo però – sarebbe stato il terzo contando anche il Novecento –, non il solito bed and breakfast, piuttosto un appartamento dove sentirsi “veneziani” anche se per poco tempo. Serviva un'idea giovane, fresca, innovativa. E chi, se non degli studenti di design e architettura, poteva suggerirla?

Lo scorso anno, durante la Biennale di Architettura, è stato organizzato un workshop residenziale con sei studenti, due dello Iuav di Venezia, due di Domus Academy a Milano e due della Parsons di New York, i quali, sotto la guida Diego Paccagnella, fondatore di Design-Apart, dell'architetto Matteo Ghidoni e del professor Stefano Micelli, hanno immaginato come trasformare una vecchia casa veneziana in un appartamento moderno e funzionale.

Come prima cosa, hanno suggerito di abbattere le pareti che dividevano gli spazi della zona giorno, per creare un continuum fluido tra salotto e sala da pranzo, con la cucina a vista al centro che ricorda un banco del Mercato di Rialto. La zona notte invece è separata e chiusa dal resto dell'open space. Durante il soggiorno nella casa, i ragazzi hanno visitato alcune aziende partner, tra cui Berto, che ha fatto i letti e i divani, Ex Novo che si occupa di illuminazione e Tm Cucine.
Concluso il workshop con gli studenti, Diego Paccagnella ha ripreso la direzione artistica del progetto coinvolgendo più di 20 artigiani e aziende italiane per arredare la casa. Così Mingardo, recentemente premiato da Wallpaper per un progetto di portabiciclette, ha fatto i guardaroba, le porte in vetro e ferro dei bagni e gli altri oggetti in metallo; Rubelli i tessuti, Xilia le porte e il tavolo da pranzo in radica, Salviati la preziosa collezione di vetri.

Ma si potrebbe continuare a lungo, perché ogni dettaglio è frutto di una ricerca e di una scelta accurata di prodotti italiani, dai cosmetici siciliani Ortigia ai prodotti per i capelli AccaKappa, alle porcellane artigianali Paravicini. Stesso approccio per libri e foto dell'appartamento: i volumi d'arte sono scelti da Bruno, una delle librerie più innovative della città, e le immagini appese, spesso inedite e in bianco e nero, provengono dall'archivio Camera Photo, che ne possiede circa 300mila. Piante e fiori invece non hanno solo funzione decorativa, ma di benessere. Il verde - afferma il fiorista e vivaista Gabriele Bisetto Trevisin che ha curato l'allestimento – assorbe la polvere, l'anidride carbonica, le polveri sottili, migliora persino l'acustica dell'ambiente grazie alla fonoassorbenza. In base alle proprietà, ha scelto piante della famiglia delle aracee, e le ha strategicamente sistemate in soggiorno, in sala da pranzo, nei bagni-serra e persino nei comodini con vaso fatti disegnare da Mingardo perché, al contrario di quel che si crede, addirittura migliorano la qualità del sonno.

Cercare ed esporre l'eccellenza made in Italy in un appartamento è un modo virtuoso per unire ospitalità e design: diventa una show-room da abitare, l'evoluzione della boutique, secondo Paccagnella. Durante il soggiorno a Casa Flora, gli oggetti si usano, si toccano, se ne verifica la funzionalità, si vedono contestualizzati e interpretati, e se piacciono si possono comprare uguali o con le variazioni necessarie.

Gioele Romanelli non voleva creare una dépendance dei suoi alberghi, bensì un luogo dove gli ospiti potessero vivere da veneziani. Ma: dove va un cittadino a fare la spesa o a mangiare bene? Dove fa shopping? Quali sono i ritrovi? Perciò Gioele e la moglie Heiby, che veneziani ricercati sono nella vita quotidiana, hanno selezionato alcune esperienze per gli “abitanti” di Casa Flora. Su richiesta, i fratelli Alberto e Dario Spezzamonte dell'enoteca con cucina Estro preparano a domicilio colazione e pranzi e organizzano corsi per fare il baccalà mantecato, le sarde in saòr e altre ricette tradizionali attualizzate. Insomma all'arrivo, gli ospiti non vengono abbandonati a se stessi, come in una qualunque casa in affitto, ma trovano il taxi di Magillino che li aspetta alla stazione, e una serie di indirizzi collaudati a cui attingere, compreso quello di Gabriele Gemeiner, che viene a casa su appuntamento e fa le scarpe su misura. Senza dimenticare che, scostando le tende, e seduti su una comoda poltrona in vimini, tra le dimore addensate e irregolari, si intravvede il cupolone della Basilica della Salute. Segno che ci si trova nella Venezia più autentica.

postilla

Il progetto è stato elaborato all'Iuav mentre alla Biennale architettura - sia pure nei limiti mercantili della sua gestione - si discutevano progetti ispirati a una visione realisticamente drammatica del mondo di oggi, dei suoi drammi e conflitti, e alla necessità dare risposte alle esigenze dei più poveri, fragili e sfruttati, a partire dagli "sfrattati dallo sviluppo". L'Iuav (o almeno un gruppo dei suoi docenti) stava dalla parte opposta. Evidentemente, in compagnia del Sindaco della loro città l'architetto Luigi Brugnaro, che alla Biennale esponeva il suo progetto dei cento grattaceli a Porto Marghera e nella sua testa preparava già il progetto della "cittadella dei poveri", dove rinchiudere quanti, non essendo benestanti, deturpano con la loro presenza il decoro della città).

A meno che (e in questo caso ci scuseremmo con i promotori dell'iniziativa) non si intenda dare ospitalità ad alcune famiglie siriane reduci dalle macerie di Mossul o di Aleppo, ospitandoli in «una vecchia casa veneziana trasformata in un appartamento moderno e funzionale». (e.s.)

Introduzione ad un lavoro di rigorosa analisi di un fenomeno devastante (per Venezia e non solo), con la proposta dei possibili rimedi. In calce potete scaricare il testo integrale dello studio, aggiornato al marzo 2017

Venezia è una città molto fragile. E’ fragile in senso strutturale perché la sopravvivenza della città costruita sull’acqua richiede la preservazione della laguna che la circonda, ed è fragile nella sua composizione sociale, a causa dell’esodo della popolazione residente. E’ poi fragile perché il patrimonio artistico di cui dispone è molto delicato, deve essere mantenuto e preservato e ciò richiede un grande impegno culturale e finanziario. L’afflusso turistico incentiva l’esodo della popolazione attraverso l’aumento del valore degli immobili; l’esodo è fenomeno di lunga durata, e va affrontato creando condizioni di lavoro e rendendo di nuovo appetibile il vivere in città.


La crescita ininterrotta dei flussi turistici di questi ultimi anni, a livello globale, rende evidente a un qualsiasi osservatore attento che Venezia è una risorsa deperibile il cui uso diventa di fatto “rivale”, nel senso che l’uso di alcuni va a scapito dell’uso da parte di altri e, in questi casi, la soluzione razionalmente più conveniente è quella di introdurre delle limitazioni all’uso della risorsa, renderne l’uso quindi “escludibile”. Si deve fare una selezione se si vuole mantenere la residenza in città.

Una selezione è necessaria anche se può essere difficile in una città come Venezia; si possono fare dei tentativi che vanno gestiti con molta accortezza. Il primo e più facile consiste nel limitare l’accesso alla città in via indiretta, attraverso la costituzione di una ampia zona a traffico limitato e l’istituzione di adeguati parcheggi scambiatori, dove si possa accedere a navette acquee che portino alla città. Questa politica può essere associata alla costruzione di centri di accesso che “anticipino” ai potenziali visitatori aspetti della città rendendo la visita più consapevole e interessante, incentivino l’arrivo di mezzi meno inquinanti (se la politica tariffaria è adeguata) e scoraggino, almeno in parte l’escursionismo di più ridotta permanenza perché comunque allungano i tempi di ingresso.

La gestione degli accessi può generare nuovi introiti (i parcheggi e le infrastrutture connesse) che sono sempre più necessari alla manutenzione della città. Nel seguito queste misure potranno essere rafforzate con una qualche forma di controllo degli ingressi a luoghi simbolo della città, come Piazza San Marco.

Vanno invece fatti pagare i costi collegati al turismo che devono venire internalizzati a livello locale con un efficace sistema di tassazione per cui il turista paga i costi esterni alla stregua dei residenti e si fa carico del mantenimento della città. I turisti che visitano la città in qualità di escursionisti sono difficilmente tassabili; l’unico strumento cui si può fare ricorso è la prenotazione. La prenotazione ha un costo e chi non prenota la visita è fortemente limitato nell’accesso e nell’uso dei servizi (ad esempio il trasporto può divenire molto caro e/o alcuni percorsi possono essere preclusi). Attualmente i turisti escursionisti spendono in città meno di un residente e generano maggiori costi esterni (diseconomie che non vengono pagate).

E’ necessario poi promuovere forme di permanenza di medio periodo che interagiscano con la residenza e creino con essa dei legami positivi; il viaggio e il soggiorno in un'altra città sono ormai scelte di vita usuali da parte delle classi medie occidentali, una irrinunciabile condizione di libertà e di arricchimento. Si deve in altre parole costruire un modello di accoglienza governata che cerchi di intersecare diversi tipi di mobilità della società contemporanea: la mobilità della componente turistica che è necessaria alla vita economica della città, la mobilità delle nuove forme di residenza urbana, la mobilità della componente studentesca che è meno ricca economicamente, ma stabile e aperta alla vita della città, la mobilità dei lavoratori pendolari che pur non pernottando a Venezia costituiscono elementi fondamentali per mantenere in città un moderno ed efficace settore produttivo. Il settore dei servizi deve alimentarsi di eventi culturali, della nautica e dell’acqua, di congressi che interagiscano con lo sviluppo in città, di istituzioni per lo sviluppo dell’istruzione superiore e della ricerca.
A Venezia il turismo non deve essere affrontato come si trattasse di una emergenza che per altro si ripete negli anni. La politica del turismo deve essere fondata su di una strategia consapevole che trasformi il turismo da fonte di conflitto a pilastro dell'economia di una città viva.
Permane ancora il richiamo internazionale della città. In via XXII Marzo si alternano i grandi nomi della moda e del lusso, e tuttavia l’attrattiva della città potrebbe venir meno se il suo spazio non fosse più percepito come l’emblema del bello, ma la città diventasse una qualunque Las Vegas, sempre affollata ma fasulla. Sulla città insistono pressioni molto forti d’interessi privati immobiliari e commerciali che spingono per la trasformazione del centro storico in un insieme di “beni turistici privati” da consumarsi per lo più individualmente. Molti campi, luogo tradizionale di svago dei bambini veneziani e di incontro degli adulti, sono ora appannaggio esclusivo del turismo, le “botteghe” sono trasformate in bugigattoli che vendono souvenir, pacottiglia cinese, pizze al taglio e kebab.

E’ necessario intraprendere una nuova strada. Il governo della città sa che il centro storico di Venezia è un bene unico e quindi non sostituibile, ma deve essere anche consapevole che l’attrattività della città non è garantita: un pasto cattivo, un trasporto pubblico affollato all’inverosimile, servizi inaffidabili e svolti con supponenza deteriorano la qualità del bene Venezia come risorsa economica. La promozione della residenzialità, il mantenimento degli spazi pubblici con la loro diversità, il controllo e la limitazione delle licenze sono tutti provvedimenti che avranno effetti nel medio e lungo periodo, ma che sono necessari per contrastare il rafforzamento della monocultura turistica, e costituiscono la migliore garanzia perché la ricchezza generata dal turismo continui nel tempo. L’attrattività della città è legata all’esistenza di una città viva, non di una città che si sta trasformando rapidamente in un parco tematico, con una qualità dell’offerta in rapido declino.

Qui potete scaricare il file im formato .pdf: Giuseppe Tattara, Per un turismo sostenibile a Venezia

Venduta gratis come Vetrina del "sistema veneto" (esposizioni di automobili sul Canal Grande, decantate dai giornali di ieri) alla trasformazione delle isole, storicamente adibite a spazi e attrezzature comuni) in recinti riservati ai ricchissimi: questo diventa Venezia nell'indifferenza dei suoi abitanti.

Italia Nostra Venezia on line
SANTA CRISTINA,
L'ISOLA EX INCANTATA

La bella isola di Santa Cristina, dietro Burano e dietro Torcello, è da sempre meta di escursioni a remi, a vela al terzo, poi a motore, da parte dei veneziani. Un angolo tranquillissimo di natura veramente lagunare. Troppo bello e troppo lagunare per rimanere a lungo ignorato. Ecco infatti una grande compagnia alberghiera che se n’è accorta. Per 17 mila euro una coppia potrà dimorarci per tre giorni (più altri due in un altro albergo), disturbata solo dalla vista delle “pittoresche” vele colorate dei diportisti locali e da qualche indigeno che laggiù in fondo sta raccogliendo caparossoli o vongole filippine.

L’articolo della Nuova Venezia che riportiamo ricostruisce concisamente ma efficacemente la secolare storia dell’isola. Speriamo soltanto che l’atmosfera incantata dell’insieme sia sufficiente per spingere i piloti di lance e taxi in servizio per l’albergo a moderare la velocità, a far quasi tacere i motori, a non emettere troppi fumi, a non far fuggire tutte le garzette (come sono fuggite dagli alberi in riva alle Vignole, dal Lazzaretto Nuovo, da Sant’Erasmo…).

postilletta
Sembra che Italia nostra si accontenti di poco.


La Nuova Venezia
AMAN, UN RESORT DI LUSSO
NELL'ISOLA DI SANTA CRISTINA

Soggiorno vip: 5 notti a 17 mila euro

Venezia. Anche la piccola isola di SantaCristina, nella laguna nord, diventa ora un resort di lusso “agganciato” all’hotel Aman, il 6 stelle veneziano ricavato sul Canal Grande all’interno di Palazzo Papadopoli - già sede del Provveditorato agli Studi - e dove si sono tra l’altro sposati George Clooney e Amal Alamuddin.

Santa Cristina un tempo era conosciuta come San Marco per via di una chiesa con un monastero di benedettine fondati qui dai Falier (VII secolo). Il nome fu mutato nel 1325, quando vi furono collocate le reliquie dell’omonima santa dopo essere state trafugate da Costantinopoli. Nel 1340, viste le difficoltose condizioni ambientali, alla maggior parte delle monache fu concesso di trasferirsi a Murano. Il complesso continuò in qualche modo a funzionare sino al 1452, dopo che anche l'ultima monaca rimasta, la badessa Filippa Condulmer, passò a Sant’Antonio di Torcello.

Le reliquie di Santa Cristina furono pure portate a Torcello, ma in seguito passarono a San Francesco della Vigna dove riposano tuttora. L’isola fu dunque abitata da alcune famiglie di contadini che la sfruttarono come terreno agricolo.Abbandonata dagli anni Trenta del secolo, l’isola è stata recuperata solo di recente, quando un privato, appartenente alla famiglia Swarovski, l’ha acquistata costruendovi un villino con giardini, orti e valli da pesca. Ora Santa Cristina diventa anche una “dependance” di lusso dell’hotel Aman. Settantacinque acri di aree di pesca biologiche, frutteti e vigneti sono incoronati da una grande villa, con piscina circondata da un deck in legno e vari gazebo, oltre a una altana sul tetto che offre viste panoramiche su un lago privato. Una cappella privata si affaccia su un boschetto abitato da pavoni selvatici, sopra il quale volteggiano uccelli marini. Proposto un soggiorno di cinque giorni - tre notti all’Aman e due a Santa Cristina - a 17 mila 800 euro (+ Iva) per coppia.

La scelta del ministero dell'ambiente: la Laguna sembra salvata dalle manomissioni più pesanti, ma il turismo sregolato di massa continuerà a stravolgere la città storica. Il Sole24ore, 9 marzo 2017

È stato scelto il progetto del nuovo approdo cui far ormeggiare a Venezia le grandi navi da crociera: è il progetto Duferco alla bocca di porto del Lido, a fianco delle paratoie mobili del Mose contro l’acqua alta.

Mesi dopo l’approvazione data al progetto dalla commissione Via, il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti ha firmato il decreto di approvazione ambientale del progetto e ha mandato il decreto al ministro dei Trasporti e infrastrutture, Graziano Delrio, per avviarne la procedura. Costo stimato (con un po’ di ottimismo), 127 milioni. Tempo di costruzione stimato (con un po’ di ottimismo), 2 anni e mezzo.

Inoltre, il ministro Galletti ha bocciato in via formale il progetto concorrente, il cosiddetto Sant’Angelo Contorta e varianti, che era stato proposto anni fa come progetto di riferimento indicato dal Governo e poi era stato modificato con un diverso tracciato dal Comune di Venezia. La questione riguarda le circa 600 grandi navi da crociera che ogni anno entrano in laguna, attraversano il centro città e ormeggiano alla stazione marittima. Quello è l’unico percorso possibile per il pescaggio delle grandi navi moderne attraverso il labirinto di canali che serpeggiano tra i bassifondi della laguna.

Il passaggio di questi colossi del mare è amatissimo dai viaggiatori a bordo e dalle compagnie di navigazione, ma per questioni di gigantismo è odiato da legioni di intellettuali, da coorti di foresti, da quasi tutti i turisti non crocieristi e da diversi abitanti di Venezia.

Nel 2012, Governo Monti, il ministro dello Sviluppo economico, trasporti e infrastrutture era Corrado Passera; quello dell’Ambiente era Corrado Clini. Insieme emanarono un decreto che vieta il passaggio di navi giganti lungo quel percorso, che viene tollerato finché non c’è un’alternativa, alternativa che viene però imposta.

L’Autorità del Porto presentò un progetto sponsorizzatissimo per lo scavo di un vasto passaggio attraverso i bassifondi della laguna per collegare la stazione marittima con il mare aperto attraverso la bocca di porto di Malamocco. Il Comune si aggregò con una variante: il canale avrebbe sfiorato il polo industriale di Marghera.

Un politico storico del Pd veneziano, Cesare De Piccoli, insieme con l’azienda siderurgica e ingegneristica Duferco propose invece un terminale nuovo al limite fra laguna e mare, fuori dalle dighe del Mose, da collegare con la stazione marittima con vaporini a basso impatto ambientale per far arrivare crocieristi e valigie.

Questi e altri progetti furono sottoposti al vaglio della commissione di Valutazione di impatto ambientale del ministero dell’Ambiente che promosse solamente il progetto Duferco.

Promozione e bocciature sono rimaste nel cassetto fino all’altro giorno, quando le acque sono state mosse dall’interrogazione parlamentare del senatore veneziano Felice Casson (Pd). Ieri Delrio ha detto che con i ministri Dario Franceschini (Beni culturali) e Galletti «stiamo studiando una soluzione a brevissimo per la regolazione delle crociere a Venezia».

Appena nominato presidente dell’Autorità portuale, il nuovo provveditore al porto Pino Musolino ieri ha espresso perplessità sul progetto approvato dal punto di vista ambientae. Ha detto che la Via è «un requisito di legge, ma è solo un parere sulla compatibilità ambientale, non dà valutazioni di merito. Quelle spettano al Cipe, ai comitati ministeriali, all’Autorità portuale».

«Flash mob di un gruppo di circa 150 persone residenti a Venezia che, con la maschera da Panda, hanno manifestato per la salvezza della città e criticando un Carnevale che, lamentano, è diventato solo una macchina spenna-turisti.». La Nuova Venezia, 17 febbraio 2017 (p.s.)

I veneziani non vogliono essere una specie in via di estinzione come il panda gigante. Alla vigilia dell'avvio ufficiale del Carnevale, gli abitanti della città lagunare con un flash-mob dal titolo provocatorio «Un pesce di nome panda?» sul sagrato della Chiesa della Madonna della Salute hanno rivendicato il diritto di vivere, e non solo di lavorare, tra calli e campielli, senza subire il peso di un turismo sempre più soffocante.

Centocinquanta persone dai 3 ai 73 anni si sono improvvisate attori, vestiti da panda, per sottolineare, di fronte alla platea internazionale, il diritto economico a poter risiedere in città e a non vedere trasformato ogni palazzo in un nuovo albergo, ponendo fine all'esodo degli abitanti, quantificato in 2,6 al giorno.

Attualmente sono 54.600 i residenti nei sestieri (a fronte dei quasi 175 mila del 1951), mentre risultano 30 mila i pendolari che oggi giorno dalla terraferma giungono in centro storico per prestare la loro opera.

«Facciamo appello alla solidarietà del mondo intero, perché Venezia, con i suoi abitanti e la sua cultura unica, patrimonio dell'umanità - spiega Marco Gasparinetti, uno degli organizzatori dell'evento, promosso dall'associazione 'Veneziamiofuturo' - e non la proprietà privata di qualche lobby».

Un concetto che Gasparinetti chiarisce ulteriormente.«Quello che comincia domani non è più il nostro Carnevale: una macchina mangiasoldi per spennare i turisti undici mesi su dodici: il solo mese di tregua per noi è gennaio - conclude -. Per far girare la macchina mangiasoldi al massimo, bisogna svuotare Venezia dei suoi cittadini e la missione è quasi compiuta. Noi non ci stiamo, non intendiamo rassegnarci a fare le valigie».

Si continuano a salvare muri e pietre di Venezia che probabilmente mai è stata così lustra, mentre si continua ad erodere il patrimonio pubblico che è l'unico metro per misurare salute e vitalità di una comunità. La Nuova Venezia, 19 gennaio 2017 (m.p.r.)

«Siamo orgogliosi di avere aperto a fine dicembre il nuovo supermercato Despar all’interno del restaurato ex cinema e Teatro Italia, dopo aver già aperto poco prima quello di Rialto a Palazzo Bembo. Se ci sarà l’occasione di aprire un terzo supermercato a Venezia, magari recuperando un altro “contenitore” storico, noi siamo pronti». Paul Klotz, amministratore delegato di Aspiag Service srl, la società che gestisce il marchio Despar ha «battezzato» così quella che di fatto è stata l’inaugurazione ufficiale del nuovo supermercato Despar, ricavato all’interno dell’ex cinema Teatro Italia, chiuso dalla fine degli anni Novanta, recuperando anche l’apparato decorativo liberty originale dell’edificio reso invisibile dalle pannellature che lo ricoprivano quando era usato anche come aula didattica dall’università di Ca’ Foscari.

Un intervento tormentato, dopo un primo stop di Ministero dei Beni Culturali e Soprintendenza al progetto di trasformazione dell’edificio - di proprietà di una società di Piero Coin, che si è lamentato ieri di quella che ha definito la manipolazione della stampa sulle finalità del progetto che molto ha fatto discutere l’opinione pubblica - anche sulla base della direttiva Franceschini sulla salvaguardia delle sale cinematografiche storiche.
Poi il via libera al nuovo progetto - quello attuale - che mantiene il ballatoio preesistente, collocando il supermercato con le scaffalature solo al piano terra, comunque staccate dagli affreschi. «Avevamo pensato a un ovale in legno sospeso» spiega l’architetto Torsello «che non ci è stato consentito, ma siamo comunque soddisfatti del risultato. Abbiamo “salvato” anche i pozzi e i resti di abitazioni cinquecentesche ritrovati rimuovendo la pavimentazione, mantenuti anche se ricoperti e restaurato nel modo più fedele la parte degli affreschi e dei decori». Che sono comunque da ammirare - pur immersi tra formaggi e prosciutti - di nuovo visibili, con gli interventi di Guido Marussig, Alessandro Potti, Umberto Martina, Umberto Bellotto, seguendo l’intuizione dell’editore Giuseppe Scarabellin che finanziò nel 1916 l’apertura del cinema-teatro, con al suo fianco il progettista Domenico Mocellin, investendo su un’idea di modernità.
Ora purtroppo a Venezia non è più tempo di cinema, ma di supermercati per turisti - ma anche residenti, assicura l’ad Klotz - e il dibattito resta quello, quasi quotidiano a Venezia, se valga la pena di mantenere un edificio intatto, ma vuoto e degradato, o restaurarlo in modo impeccabile - come in questo caso - ma cambiandone totalmente l’uso e finalità, sempre in funzione turistica. Da parte sua l’Aspiag - come ha sottolineato anche il direttore appalti Massimo Salviato - ci mette una grande attenzione alla sostenibilità ambientale in campo energetico e della stessa gestione di prodotti e rifiuti. Ma il dibattito sul riuso dell’edificio resta aperto.
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