Continuano a cincischiare litigando per due soluzioni entrambe devastanti per la Laguna e per la città. L'unica soluzione ragionevole è: via le grandi navi dall'area veneziana. la Nuova Venezia, 3 agosto 2017
Venezia. Botta e risposta tra il presidente dell'Autorità di Sistema Portuale, Pino Musolino e il presidente della Municipalità di Venezia Giovanni Andrea Martini sull'attesa della soluzione scelta dal ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti per risolvere il problema dell'accesso delle grandi navi da crociera a Venezia. «Il ministero da noi consultato ci ha risposto» spiega Martini «che la documentazione da noi richiesta e relativa alle analisi comparativa tra alternative progettuali esiste, ma che trattasi di una bozza presentata dal presidente della Autorità di Sistema Portuale di Venezia, non ancora inoltrata ufficialmente al ministero, in quanto non ancora finalizzata e ancora in corso di ultimazione, dove non si è insediato alcun tavolo tecnico». «Tutte le dichiarazioni del sindaco Brugnaro e di Musolino» aggiunge il presidente della Municipalità di Venezia «che da mesi dicono che la soluzione verrà presto annunciata dal ministero non trovano, quindi, alcun fondamento».
Immediata la risposta dello stesso presidente Musolino: «stiamo lavorando alacremente da mesi per dare al Governo tutti gli strumenti per decidere sul futuro della crocieristica veneziana». «La fretta è nemica del meglio» aggiunge Musolino «sono 5 anni che Venezia e l'opinione pubblica attende una soluzione ed è compito di uno Stato e dei suoi uomini e donne sul territorio agire con consapevolezza e determinazione per raggiungere questo obiettivo. È però evidente che, per elaborare studi e soluzioni comparative ci vuole il tempo necessario, queste infatti devono essere complete, sostenibili sia ambientalmente che economicamente, ma soprattutto dettagliate. Solo così non sarà perso altro tempo in progetti inutili e non realizzabili».
E all'impressione espressa da Martini che «la volontà sia quella di lasciar passare il tempo e far sì che le navi continuino a transitare in Bacino San Marco» Musolino risponde: «Se fino a ieri è stata scelta una metodologia diversa che ha visto il proliferare di progetti e idee che hanno solo alimentato polemiche sterili e creato vane speranze, oggi non abbiamo altro tempo da perdere. In questo senso le numerose riunioni tra Governo, Comune, esperti, compagnie di crociera e operatori che si sono svolte in questi mesi, hanno il compito di approfondire tutti gli aspetti di identificare le analisi necessarie per raggiungere una quadra complessiva e sostenibile che sarà poi presentata a tutti, anche al consiglio di Municipalità dove ho avuto già il piacere di partecipare e dove sarò lieto di tornare con proposte concrete».

Facile per Porto e Venezia terminal passeggeri invocare i dati ufficiali dell'Arpav. Come se non sapessero che a Venezia e in tutta la laguna c'è un'unica e inutile centralina. la Nuova Venezia, 1 agosto 2017 (m.p.r.) con riferimenti
«Se vi recate quest'estate a Venezia per una vacanza, non dimenticate di mettere in valigia la vostra mascherina anti-smog. Preoccuparsi dell'aria inquinata può sembrare strano in una città con poche strade e macchine, ma l'aria di Venezia presenta dei rischi nascosti». Il noto quotidiano britannico The Guardian sposa la causa ambientalista sul problema del passaggio delle navi da crociera in Bacino San Marco e dell'inquinamento da loro prodotto, mettendo in guardia i propri connazionali diretti in laguna. Lo ha fatto pubblicando nell'edizione di ieri un articolo di Axel Friedrich, ambientalista tedesco esperto di inquinamento che lavora con l'Ong tedesca Nabu, e che ha già fatto un paio di anni fa con il suo pool rilevazioni sull'inquinamento prodotto a Venezia dalle navi da crociera, in collaborazione anche con il Comitato NoGrandiNavi.
«Inquinamento in laguna 500 volte superiore a quello in mare»
L'articolo si intitola appunto «Diretti a Venezia? Non dimenticate la mascherina anti-smog». «Ogni giorno cinque o sei delle più grandi navi da crociera del mondo avanzano nel cuore della città antica», scrive Fredrich sul Guardian. «Queste navi pubblicizzano i loro lussuosi ristoranti, le loro grandi piscine e il divertimento esotico ma non dicono nulla sulle esalazioni che sprigionano nell'atmosfera». Friedrich aggiunge che «i veneziani hanno ragione ad essere arrabbiati» per l'impatto del turismo e ricorda il referendum lanciato da NoGrandiNavi per chiedere alle navi da crociera di rimanere fuori dalla laguna.
«Gli operatori delle navi affermano che usano combustibili a basse emissioni inquinanti ma le misurazioni che ho effettuato», continua l'autore, «vicino al porto di Venezia raccontano una storia diversa». Secondo Friedrich «mentre le grandi navi navigavano lungo il canale principale, a pochi passi dalla riva, la mia squadra ha registrato fino a 500 particelle ultra-sottili per centimetro cubo, 500 volte superiore rispetto all'aria pulita del mare». L'autore conclude che «le navi da crociera sono un pericolo non solo per gli abitanti della città, ma anche per gli stessi turisti».Trevisanato (Vtp): «Una "bufala" pazzesca».
«Una "bufala" pazzesca»
Questo il pepato commento di Sandro Trevisanato, presidente dimissionario della Venezia terminal passeggeri (Vtp), la società che gestisce lo scalo crocieristico veneziano, su quanto scritto sul Guardian da Axel Friedrich. Per Trevisanato, dopo l'accordo Venice Blue Flag siglato tra Porto, Capitaneria di Porto, Comune e le società crocieristiche che fanno scalo a Venezia «l'inquinamento da navi passeggeri è pari a zero perché vengono utilizzati carburanti "puliti" ma le stesse navi non possono scaricare "rifiuti" nell'aria a 10 miglia dalle bocche di porto della città, mentre vi transitano e stazionano».
«Le cosiddette grandi navi», ricorda Trevisanato, «non passano più per Venezia viste le restrizioni imposte al tonnellaggio, tutto mentre si aspetta il via libera all'ingresso, per evitare San Marco, alla "bocca" degli Alberoni per poi passare lungo il canale dei Petroli e quindi il Vittorio Emanuele, canale che è da ripristinare perché non più in uso da anni. Lo scandalismo ambientalista di certi personaggi non tiene conto del fatto che le navi da crociera sono un passaggio stagionale mentre ad esempio i mezzi pubblici, i vaporetti, inquinano tantissimo e che i picchi di inquinamento si hanno quando il riscaldamento delle case è acceso mentre la città è attraversata da migliaia di barche a motore anche di stazze notevoli che non hanno limiti sui carburanti».
Musolino (Porto): «Guardate i dati Arpav»
«Non portano dati, portano commenti, su questa vicenda è come parlare della nazionale di calcio: siamo tutti commissari tecnici». Lo afferma Pino Musolino, presidente dell'Autorità portuale di Venezia respingendo le affermazioni sull'inquinamento da passaggio delle navi da crociera sostenuti da Axel Friedrich su The Guardian. «Non si sa nulla su come sia stata fatta questa indagine», rileva Musolino, «quando, seguendo le norme di legge, c'è l'Agenzia regionale per l'ambiente del Veneto che monitora costantemente tutto». «Ci sono associazioni ambientaliste che depositano in procura un esposto ogni tre giorni», aggiunge, «ma non ne è passato uno perché se i dati che pubblichiamo sul web fossero falsi e gli esposti credibili, a quest'ora sarei davanti a un Pm con accuse precise». «Noi produciamo dati scientifici», sottolinea Musolino, «non opinioni e mi stupisce una testata giornalistica che invece di sentire noi o guardare il nostro sito, con dati certificati, vada a dar fiato a una persona che non spiega la fonte e modalità delle sue presunte indagini. Se inquinassimo, saremmo già stati convocati in Procura, ma è anche vero che potremmo andarci noi, considerato ciò che ci è stato detto contro».
Inquinamento a settembre nuova denuncia
«Alla fine di settembre abbiamo intenzione di presentare un nuovo dossier-denuncia sull'inquinamento delle grandi navi agli organi competenti e alla Procura della Repubblica di Venezia», annuncia Luciano Mazzolin per l'associazione AmbienteVenezia e per il Comitato NoGrandiNavi. Mazzolin ricorda che Friedrich, che ha scritto l'articolo sul Guardian, ha fatto una campagna di rilievi in città negli ultimi tre anni. «L'ultima campagna», rileva Mazzolin, «si è tenuta nell'aprile scorso ed avrebbe indicato un inquinamento atmosferico lungo le rive del bacino di San Marco e il canale della Giudecca, dove passano le navi passeggeri, con le polveri sottili per 180 mila particelle al centimetro cubo, a fronte di limiti internazionali che oscillano dalle mille alle duemila "parti"». Mazzolin sostiene che secondo Friedrich «l'inquinamento si verificherebbe anche all'interno delle navi, facendo respirare polveri ultra sottili per 320 mila parti a centimetro cubo».
Riferimenti
Secondo il nuovo promotore immobiliare scelto dal sindaco Brugnaro per "sviluppare" Venezia la sfida è alta: «Il competitor dell’isola veneziana è l’intero litorale adriatico, dove Caorle conta 4,2 milioni di presenze turistiche e Jesolo 5,3». il Sole 24Ore, 28 luglio 2017
«Il Lido di Venezia come Saint Tropez, non solo alberghi ma una rigenerazione in chiave green e glamour». Beniamino Piro, presidente della nuova Agenzia Sviluppo Venezia voluta dal sindaco Luigi Brugnaro, ha descritto così il futuro possibile della storica località con un domani tutto da ripensare. Lungo 12 chilometri, con una larghezza media di 150-200 metri, il Lido, raggiungibile in 10 minuti da Piazza San Marco, oggi è abitato da poco più di 17mila residenti. «Il competitor dell’isola veneziana – secondo Piro – è l’intero litorale adriatico, dove Caorle conta 4,2 milioni di presenze turistiche e Jesolo 5,3. Il Cavallino che nel 1950 contava 200mila presenze ha raggiunto i 6 milioni, mentre il Lido è fermo a 540mila turisti l’anno, stessa cifra di 70 anni fa». L’Agenzia Sviluppo Venezia è stata istituita appositamente per curare la valorizzazione di tutte le iniziative di investimento nel Comune, con l’obiettivo di attirare capitali e progetti. Ecco che a Ca' Vendramin, nella sede del Casinò, si sono dati appuntamento la scorsa settimana alcune decine di investitori, con lo scopo di creare una task force pubblico-privata.
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| uun buon modello:Jesolo |
La Cassa Depositi e Prestiti, con Marco Sangiorgio, direttore generale Cdpi Sgr, ha confermato l’impegno per la conversione dell’ex Ospedale al Mare in un resort di lusso con area benessere. Coima, rappresentata dal manager Matteo Ravà, ha ribadito invece l’attività per la ristrutturazione degli hotel Excelsior e Des Bains con un investimento da 250 milioni. Si partirà con il primo, prevedendo la completa ristrutturazione entro un paio d’anni e a seguire partiranno i lavori per il secondo. Per questa operazione Manfredi Catella aveva annunciato qualche mese fa la partnership con un alleato di settore, London & Regional Properties, e con Unicredit e Banca Intesa. L’amministrazione prova ad arginare l’onda turistica che sta invadendo il centro storico, ma per il Lido non c’è altra via che lo sviluppo e sarà un’isola del lusso: in linea con le scelte di Cdp che ha portato Club Mediterranée e Th Resorts, si cercano investitori per un turismo di fascia alta. All’Agenzia è arrivata peò anche la domanda da parte della società Merlin Entertainments di replicare a Venezia (come farà a Dubai) la ruota di Londra, ma anche l’offerta di un investitore per realizzare una sorta di Camden Market. Quello che conta di più per Brugnaro, rappresentato dal prosindaco del Lido Paolo Romor, è fare presto e creare posti di lavoro.
Per il Lido di domani oggi c’è un elenco di possibili contenitori e aree, pubbliche e private, da convertire e valorizzare. È in vendita il Golf Club agli Alberoni (all’asta per 2 milioni) che confina con due colonie da convertire: una dell’Inpdap e una, l’ex Colonia Padova, dove c’è il progetto di un grande resort con 120 camere, sviluppato dal Gruppo Marzotto di Vicenza. Quest’ultima operazione è al momento in stand by per la mancata autorizzazione di una piscina a servizio del complesso di lusso: un caso che fa accendere un faro sulle difficoltà autorizzative di chi vuole investire. Tra gli altri tasselli del puzzle messo a punto dall’Agenzia c'è anche il centro soggiorno Morosini, di proprietà del Comune, pronto per una possibile valorizzazione; ancora, c’è il Forte di Malamocco che è in gestione a Coima; c’è l’Area del Moro, privata ma su cui è possibile ipotizzare una valorizzazione per un eventuale villaggio turistico o un campeggio; c’è l’ex liceo scientifico Severi in vendita da parte della Fondazione La Fenice di Venezia; e anche l’area ex Sky di proprietà di Ive (partecipata del Comune) di interesse per eventuali residenze da abbinare al posto barca. Oggetto di attenzione è anche l’isola del Lazzaretto Vecchio e spiagge come quella del Blue Moon, «per le quali alcuni brand internazionali si sono già fatti avanti», ha sottolineato il presidente dell'Agenzia. C’è poi l’area della Favorita, la caserma Pepe, il sito Ferry Boats con un ampio spazio verde adiacente. E ancora, «in un'ampia area libera a ridosso dell'aeroporto Nicelli – ha commentato Piro – ipotizziamo uno spazio per la movida pensata per i giovani, anche locali. Oltre, c’è una darsena vicino al faro, già approvata, che potrebbe interessare per chi cerca opportunità di attracco direttamente sulla spiaggia».
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| E a non essere troppo schizzinosi, anche Castelvolturno va bene |
Con questo corposo elenco di opportunità, l'Agenzia ha aperto le porte ai privati, mettendo sul tavolo le trattative avanzate con Cdp e Coima, e ricordando il lavoro fatto per la chiusura dello scavo di quello che doveva essere il nuovo Palacinema, e di un investimento sul Casinò che sarà pronto entro i prossimi tre anni, utilizzabile anche per congressi. In generale banche e imprenditori hanno chiesto all’amministrazione un investimento pubblico sulle infrastrutture e sui servizi, la collaborazione per destagionalizzare l’offerta, la semplificazione degli inter autorizzativi e ancora una concreta azione che tiene insieme «visione, capacità di decisione e di execution» come ha sintetizzato Marco Recalcati, head real estate di Unicredit.
Forse un giorno a Venezia non si autorizzeranno altre trasformazioni d'uso alberghiero. Comincia la corsa ad attrezzare il resto del territorio: la terraferma e le isole. la Nuova Venezia on line 22 luglio 2017
Lido. Un Lido a 5 stelle. È questo il futuro - solo turistico - dell’isola secondo il masterplan predisposto dall’Agenzia Sviluppo Venezia (voluta dal sindaco proprio per attrarre nuovi capitali su Venezia) e proposto ieri agli investitori che sono accorsi in massa nella sede del Casinò di Ca’ Vendramin Calergi.
Potenziali investitori.
Una fila di potenziali investitori. Non c’erano solo Marco Sangiorgio, direttore generale di Cassa Depositi e Prestiti - che ha in corso con Club Mediterranée e Th Resorts il progetto per la trasformazione dell’ex Ospedale al Mare in un resort di lusso con area benessere - e Matteo Ravà, manager di Coima, che si sta occupando della prossima ristrutturazione degli hotel Excelsior e Des Bains (ne riferiamo a parte). Ma c’era, ad esempio Paolo Giacobbo, del Gruppo Marzotto di Vicenza, che punta a realizzare un resort di lusso da 120 camere nell’ex Colonia Padova agli Alberoni, anche se non ha ancora ottenuto il via libera per la realizzazione di una piscina al servizio del complesso. E Pietro Mazzi e Marco Recalcati alla guida dei settori Real Estate di due colossi bancari come Banca Intesa e Unicredit. Ma anche Vieri Nissim, advisor italiano del Fondo Yida cinese, che ha già messo gli occhi in Italia su Esselunga. O Mauro Sbroggiò, amministratore delegato della Finint di Enrico Marchi.
L'affare.
Perché tutti hanno fiutato l’affare e capito che il Lido è attualmente sottofinanziato e sottovalutato e con la ripresa immobiliare in arrivo e la vicinanza con la Venezia storica, ormai satura di posti-letto alberghieri, può diventare un’opportunità di investimento per un nuovo turismo alberghiero di fascia alta, quello su cui stanno investendo Cassa Depositi e Prestiti e Coima. Una lista di “contenitori” a uso alberghiero. Più che un piano strategico di sviluppo dell’isola, quello che il presidente dell’Agenzia Sviluppo Venezia Beniamino Piro ha presentato agli investitori - con il prosindaco del Lido Paolo Romor - è stata una visione “a volo d’uccello” dei possibili contenitori a uso alberghiero dell’isola, insieme a un po’ di numeri, impietosi, sulla situazione attuale.
«Il Lido ha circa 540 mila presenze alberghiere annue - ha detto - poco più di quelle di Eraclea e le stesse degli anni Cinquanta quando Cavallino Treporti supera i 6 milioni, Jesolo è oltre i 5 milioni e 300 mila e Caorle un milione più sotto. Offre poco più di 4 mila posti-letto alberghieri - con un solo albergo a cinque stelle oggi funzionante- contro i quasi 9 mila di Eraclea, o gli oltre 60 mila di Jesolo o i 72 mila di Cavallino-Treporti. Per questo bisogna puntare su un nuovo sviluppo alberghiero di qualità, anche per il Lido, che crei nuovi posti di lavoro. Nel masteplan abbiamo reinserito anche la grande darsena di San Nicolò che voleva realizzare EstCapital accanto all’ex Ospedale al Mare. Il progetto c’è già per chi volesse investire. Pensiamo ad esempio che l’area balneare vicino via Klinger potrebbe diventare un grande spazio riservato al divertimento e allo svago giovanile, concentrando qui locali e attività».
Distretto sanitario spostato alla Favorita
La riunione è servita anche ad aggiornare lo stato di avanzamento del masterplan dell’ex Ospedale al Mare che sarà presentato a settembre da Cassa Depositi, con Club Mediterranée e Th Resorts. Presente anche il direttore generale dell’Asl Serenissima Giuseppe Dal Ben, si è ragionato anche di un ridimensionamento o di un possibile spostamento del Distretto sanitario del Lido dal Monoblocco nell’area della Favorita, attualmente libera. I servizi attuali saranno mantenuti ma Dal Ben ha chiarito che, essendo già l’Ospedale Civile di Venezia sottoutilizzato, non è possibile pensare a nuovi investimenti di carattere sanitario.
Nel progetto in corso per l’ex Ospedale al Mare, Club Méd si occuperà in particolare del nuovo resort del lusso, mentre Th Resorts dovrebbe curare anche gli aspetti dell’area benessere, compreso il ritorno delle sabbiature, care al sindaco Luigi Brugnaro. Da capire anche quali degli ex padiglioni sanitari dell’Ospedale al Mare verranno mantenuti e ristrutturati e quali abbattuti, anche perché fatiscenti. Su questo, dopo la presentazione del masterplan, si aprirà la delicata trattativa con la Soprintendenza veneziana, tenendo però anche conto del fatto che esiste già un progetto residenziale-alberghiero per l’area presentato da EstCapital e approvato anche dall’organo di tutela, che può rappresentare un punto di partenza.
«Ieri l'arringa delle parti civili: chiesti 6,4 milioni di danni, ma la somma aumenterà. L'avvocato del Comune, Ravagnan: "La città è la vera grande vittima della ruberia"». la Nuova Venezia, 14 luglio 2017, con postilla
Il grido di dolore di Venezia, di una città oltraggiata nellasua immagine e depredata delle sue ricchezze, si è levato forte ieri,nell'udienza del processo per le tangenti del Mose dedicata alla richiestadelle parti civili. Sei milioni 430 mila euro la somma complessiva sollecitatada Comune, Città Metropolitana, Regione e Consorzio Venezia Nuova agli ottoimputati accusati a vario titolo di corruzione e finanziamento illecito. Sitratta di un conteggio provvisorio visto che sono stati chiesti per lo più idanni non patrimoniali (da immagine e disservizio), mentre si è rinviato algiudice civile per il calcolo di quelli patrimoniali. Ai 6 milioni, inoltre,vanno aggiunti gli 8 (uno ad imputato) contestati nella precedente udienzadall'Avvocatura dello Stato.
Predoni e api operaie. La somma è destinatapertanto ad aumentare anche se sarà difficile dare ristoro a «un dannogigantesco, incomparabile, forse non misurabile», ha detto ieri l'avvocatoLuigi Ravagnan, legale del Comune di Venezia, in un'appassionata arringa con laquale ha ricostruito la sofferenza di una città violata. «In 37 anni diprofessione non ho mai visto una ruberia di queste proporzioni», ha affermato,«Venezia è la vera grande offesa, la vera grande vittima di questi fatticriminali. Chi ha lucrato illegalmente sulle somme destinate al Mose, ha rubatoi soldi alla città». Ruberie, anzi razzie: l'avvocato ha usato il termine di"raiders", razziatori appunto, per l'ex ministro all'Ambiente e alleInfrastrutture Altero Matteoli e per l'imprenditore romano Erasmo Cinque suo amico.
«Risorse sono state rapinate a Venezia a cui ilministro ha fatto un'offesa diretta: soldi sottratti alla città per interessipersonali». Il legale si è poi soffermato sugli imprenditori del Mose, quellidelle sovrafatturazioni, definendoli «le api operaie della corruzione». Quantoall'ex sindaco di Venezia Giorgio Orsoni: «Lui non è un raider, ma si è lavatole mani come Pilato», ha affermato Ravagnan secondo cui bene aveva fatto bene achiedere il patteggiamento, «Sono certo che non ha trattenuto un euro, ma hauna cattedra di diritto e non poteva non sapere che il Cvn non potevafinanziare la campagna elettorale. Bisognava e si poteva dire di no, ilprofessor Orsoni non ha avuto la forza di farlo».
Il Comune ha chiesto un risarcimentodi 2,3 milioni di euro in solido «perché tutti hanno tolto risorse a Venezia»,a Orsoni, Matteoli, Cinque, all'ex Magistrato alle Acque Maria Giovanna Piva eall'imprenditore Nicola Falconi; 9 euro di ristoro per ciascun veneziano.Dannocon estensione planetaria. Due euro per abitante della provincia di Venezia,per un totale di 1,2 milioni, li ha chiesti invece la Città Metropolitana conl'avvocato Giuseppe Chiaia che ha parlato dello scandalo Mose come di un eventocon «estensione planetaria». Il legale ha calcolato in 100 milioni il costo peril territorio dell'affidamento dei lavori al Cvn senza gara. «La nostra'ndrangheta». «Lo scandalo Mose è la nostra 'ndrangheta», ha detto l' avvocatodella Regione Dario Bolognesi chiedendo 2,5 milioni di euro (500 mila a testaper Falconi, Piva, Turato, Matteoli e Cinque) .Gli intrecci Matteoli-Piva.«L'immagine del Cvn ha subito un devastante degrado, è stato indicato come unricettacolo di malaffare e spreco pubblico, percepito dall'uomo della strada comeun covo di farabutti». Così l'avvocato del Cvn Paola Bosio presentando larichiesta risarcitorie di 430 mila euro a titolo di provvisionale (10 milaall'ex europarlamentare Lia Sartori, 10 ad Orsoni e 10 a Falconi più 100 mila aPiva, Falconi, Matteoli e Cinque).
Il legale ha ricostruito in unadettagliatissima arringa di tre ore tutti i meccanismi dello scandalo Mose,soffermandosi in particolare sulle responsabilità di Matteoli: lui haautorizzato (pur non avendone titolo) lo sblocco dei lavori su Porto Margheracon assegnazione al concessionario unico Cvn; lui ha influito sulla nomina diPatrizio Cuccioletta a presidente Mav; lui ha imposto al Consorzio la societàSocostramo di Cinque. L'avvocato Bosio ha parlato delle mazzette che avrebbeintascato sia da Mazzacurati per la campagna elettorale, sia da PiergiorgioBaita (550 mila euro). Un extrastipendio e collaudi importanti, invece, ilcompenso al presidente del Mav, Piva, per non controllare. L'avvocato Bosio hasottolineato la confusione di ruoli tra le parti, con gli atti redatti dalConsorzio e il Mav inerte. Il Cvn avrebbe scritto addirittura la relazione dirisposta del Magistrato alle contestazioni della Corte dei Conti nel 2007.
postilla
Un processo davvero singolare. Tutti i protagonisti del più grande scempio perpetrato sulla Laguna e la più efferata rapina ai danni del contribuente di oggi e di domani da parte dello Stato, la Regione le banche e loro fondazioni, le Università e loro dirigenti, e soprattutto il Consorzio Venezia Nuova si trasformano, da colpevoli, ad accusatori di quanti si sono appropriati di pingui briciole del comune banchetto.
Nulla di fatto per il progetto del sindaco Brugnaro di spostare le grandi navi a Marghera. In questo articolo si tutte le difficoltà e a chi giova perdere tempo e mantenere lo status quo. la Nuova Venezia, 8 luglio 2017 (m.p.r.)
Il sindaco Brugnaro aveva
anticipato ai giornali il disegno che doveva dare - stando alle parole del ministro Delrio - risposta risolutiva al permanere delle navi da crociere nella Laguna di Venezia. La proposta finale sembra essere un disegno che vede le navi da crociera risalire i canali industriali dalla bocca di Malamocco per attestarsi, alcune, in più siti interni all'area di Porto Marghera, altre invece proseguire per raggiungere la Marittima attraverso il canale Vittorio Emanuele. Vi hanno lavorato l'Autorità portuale e gli uffici della Struttura di missione del Mit a stretto contatto con le Compagnie che erano sedute alla stesso tavolo con le pubbliche amministrazioni in ripetute riunioni. L'ultima riunione si è svolta nei giorni scorsi e si è conclusa con la presa d'atto del nulla di fatto e con il rinvio del Comitatone a fine settembre. L'ultima sospensione sembra assumere quindi i contorni dell'ennesimo annuncio seguito da nessuna decisione.
È utile esaminare perché, e quali sono gli ostacoli, non ignoti, che sul piano tecnico delle approvazioni si oppongono, al momento delle verifiche a questo ultimo disegno, prodotto al di fuori di ogni procedura codificata. Per scavi e qualità ambientale, attiva e passiva, allo stato attuale questo è solo un disegno, non ancora un progetto, tanto meno un progetto definitivo: manca ogni dettaglio tecnico e ogni stima numerica e, soprattutto, manca il proponente. Possiamo comunque già dire che, una volta individuato il proponente (necessariamente privato) e sviluppato il progetto, questo dovrebbe essere assoggettato necessariamente alla "Via" se non altro perché il primo requisito della Via è l'impatto sulla salute e sicurezza umana. Il disegno si sviluppa in zona industriale ad altro rischio di incidente rilevante.
È una ipotesi talmente imponente in scavi e stravolgente in logistica, che sembra difficile che coloro che lo stanno sviluppando possano pensare di evitare di sottoporre il progetto alla valutazione per la sicurezza, alla valutazione sull'impatto ambientale delle modifiche territoriali previste, sui cambiamenti delle dinamiche idrauliche, sulla natura dei fanghi da scavare, allo smaltimento dei medesimi, sulla modifica di antiche banchine da sbancare, sulla discarica dei fanghi delle Tresse da dragare, sulle recenti strutture di contenimento del canale industriale da disfare. Infine non sembra nemmeno evitabile la valutazione ambientale strategica riservata ai Piani e Programmi. Il Contorta, chiamato alla Via dal Comitatone, era un progetto di ambizioni molto inferiori rispetto a questa proposta: e non ha superato l'esame della Valutazione di impatto ambientale.
Dico questo perché compito di una Pubblica amministrazione è anche quello di non incorrere - o far incorrere - in azioni temerarie. Aggiungo che il MinAmbiente non sembra sia stato interessato ancora a questo disegno per la valutazione di assoggettabilità alla Via e alla "Vas". Ìl diverso uso delle aree di Porto Marghera, infatti, dovrebbe essere sottoposto a Vas (Valutazione ambientale strategica) in un nuovo e diverso Piano regolatore portuale dato che questo diverso uso comporta una modifica al Piano regolatore vigente e manca di essere compreso nelle recenti indicazioni del progetto di Piano assegnato con bando di gara appena l'anno scorso.
L'Autorità portuale, a firma del precedente presidente, Paolo Costa ha bandito la gara per il nuovo Piano regolatore portuale e queste diverse destinazioni e attività oggi ipotizzate per le crociere nelle aree del porto commerciale non sono comprese nel bando di gara, anche perché, in molti e precedenti Atti ufficiali della stessa Autorità portuale, erano state scartate come incompatibili con le funzione portuale commerciale e industriale. Per l'area Syndial, poi, la bonifica è stata appena finanziata dal Cipe per sistemare la nuovo area container in funzione di "on-port". Ora l'area dovrebbe essere riconvertita nel progetto approvato negli Atti del Cipe ad altra funzione privata e rimarrebbe da chiarire nel Piano portuale dove andrebbero i container e chi pagherebbe la bonifica.
Non è azzardato supporre che questo nuovo disegno per le navi da crociera non possa arrivare ad alcun esito positivo. Tutte le ipotesi sulle aree e sullo scavo del Vittorio Emanuele che questo disegno riunisce, sono state in precedenza più volte valutate, una per una, dall'Autorità marittima e considerate negativamente dal punto della sicurezza della navigazione, per la presenza di impianti industriali ad alto rischio, e per la commistione dei traffici. Il disegno ora preannunciato, stando alle dichiarazioni dei comparti produttivi, porta ad affossare l'attività del Porto commerciale che, a vederla anche dal lato occupazionale, conta migliaia di addetti effettivi e ben strutturati.
Alla fine proporre soluzioni, che sono destinate alla bocciatura, avrebbe l'unico effetto che le navi dovrebbero restare - sine die - sulla rotta di San Marco. Rotta percorsa ora in modo illegittimo: infatti, caduto il Contorta, cui era legata la deroga al divieto del Clini-Passera, non vi è altra soluzione individuata (che deve essere con Via positiva di compatibilità ambientale), cui la Capitaneria di porto può legare la deroga al divieto. L'unica soluzione individuata disponibile rimane il progetto della Duferco. L'esistenza di questo progetto non potrà essere ignorata a lungo, pena l'insistenza di una violazione di legge, come ho avuto modo di segnalare anche alle Autorità responsabili della tutela della legge.
I posti di lavoro della crocieristica dei quali si danno volta per volta numeri diversi, possono essere sicuramente salvati in modo certo spostando la crocieristica nel distretto esterno alla laguna. Certo, sarebbe utile un'indagine - con uno studio dedicato - circa la qualità e natura dei contratti dei lavoratori, dei fornitori dei servizi e dei guadagni dei concessionari e raccomandatari che hanno goduto finora della concessione esclusiva della Marittima che ora le Compagnie hanno monopolizzato con l'ingresso in Vtp. Quali sarebbero gli sviluppi futuri in un ambiente concorrenziale aperto?
Andreina Zitelli è docente Iuav, già membro commissione "Via" nazionale
Concedendo un contentino, un piccolo tratto libero nella spiaggia libera dell'ex Ospedale al Mare, si determins la privatizzazione di tutte le spiagge del Lido. la Nuova Venezia, 6-7 luglio 2017 (m.p.r.)
la Nuova Venezia, 7 luglio 2017
LIDO: C'È L'INTESA SULLE
AREE LIBERE IN SPIAGGIA
di Enrico Tsbtucci
Lido. Spiagge un po' più «libere» nel nuovo Piano degli arenili del Lido. La commissione consiliare di ieri ha visto infatti una parziale retromarcia della Giunta - con l'assessore all'Urbanistica e Ambiente Massimiliano De Martin - sulla "privatizzazione" delle spiagge e l'aumento delle metrature delle concessioni ai gestori degli stabilimenti. La Giunta presenterà infatti un emendamento che consentirà una fascia di 30 metri dalla battigia, in cui - se i gestori dei vari stabilimenti saranno d'accordo - i clienti potranno stare con ombrelloni, asciugamani o sdraio senza dover pagare nulla. Una situazione che servirà soprattutto per spiagge come la Zona A - dove è consuetudine che molti clienti della capanne si spostino in riva - ma che non cambierà invece in altre come quelle di Excelsior e Des Bains, dove i gestori lo consentiranno. In ogni caso, anche aumentando le concessioni di oltre il 30 per cento di spazi, i gestori non potranno aumentare le attrezzature di più del 20 per cento.
Accolta in linea di principio anche la proposta del consigliere comunale della Lista Brugnaro Maurizio Crovato di creare una nuova spiaggia libera nell'ultimo tratto della Zona A - adiacente all'ex Ospedale al Mare - dove chiunque potrà sostare liberamente, anche se dovrà pagare i servizi che deciderà di utilizzare. Una svolta motivata anche dalla consapevolezza che la Lega (con la consigliera Silvana Tosi) e Forza Italia, con il capogruppo Saverio Centenaro, non avrebbe altrimenti votato il Piano degli arenili in Consiglio comunale.
«La proposta originaria della Giunta era, tra l'altro», commenta la consigliera M5S Elena La Rocca, «di vietare agli utenti delle spiagge della zona A e di San Nicoletto di portare in riva propri ombrelloni e seggioline. Per due commissioni abbiamo insistito sull'impatto sociale che questa scelta avrebbe avuto, visto che sono spiagge frequentate da famiglie e persone anziane per le quali il proprio ombrellone in riva è indispensabile. Se si vuole aumentare l'affluenza, basta aggiungere collegamenti acquei verso San Nicolò e gli Alberoni, in modo da rendere il viaggio più comodo e incrementare l'affluenza da Mestre e da Marghera. La nostra proposta prevederebbe sia migliori collegamenti con i battelli sia una pista ciclabile che faccia l'intero giro dell'isola in sicurezza in tutte le sue parti». «Dobbiamo rendere il Lido la spiaggia anche dei mestrini», ha sottolineato Nicola Pellicani del Pd, «e per questo servono collegamenti migliori con la terraferma»
la Nuova Venezia, 6 luglio 2017
LIDO LA SPIAGGIA
NON È PIU' PER TUTTI
di Enrico Tantucci
Lido. Il nuovo Piano particolareggiato degli arenili del Lido predisposto dal Comune - che tornerà in Commissione consiliare dopo le polemiche dell'ultima seduta riguardo alla "privatizzazione" delle spiagge, a cominciare da quella del Blue Moon - prevede complessivamente un aumento delle spiagge in concessione di oltre il 33%. Si passa da 450 mila metri quadri a oltre 600 mila metri quadri.
Ma scorrendo le superficie di concessione previste per i vari stabilimenti, si scopre che in molti casi l'aumento delle spiagge non più libere ma destinate ai servizi attrezzati dei gestori, ha percentuali ben superiori. Ad esempio per la concessione a Venezia Spiagge relativa alla spiaggia di Lungomare d'Annunzio (che comprende anche il Blue Moon oltre alla Zona A) passa da circa 69 mila a oltre 111 mila metri quadri con un aumento di oltre il 60%. Quasi il 55% di aumento di concessione per la spiaggia del Des Bains che passa da oltre 33 mila a oltre 52 metri quadrati e percentuali di crescita simili per la spiaggia dell'Excelsior da passa da poco meno di 29 mila a quasi 44 mila metri quadrati di spiaggia non più libera.
La spiaggia di fronte all'Ospedale al Mare, ora interamente libera, prevederà 75 mila metri quadri di nuove concessione, per i gestori dei nuovi resort del Club Mediterranée e di Th Hotels che dovrebbero recuperare a fini turistici il complesso con Cassa depositi e prestiti. Proprio in quest'area il consigliere della Lista Brugnaro Maurizio Crovato ha proposto di ricavare una porzione di spiaggia libera e vedremo cosa risponderà l'assessore all'Urbanistica e Ambiente, Massimiliano De Martin.
In pratica al Lido per poter trovare un pezzettino di spiaggia libera bisognerà andare fino a San Nicoletto (3 chilometri) oppure ai murazzi (quattro chilometri e mezzo). Ma c'è anche chi, con il nuovo piano degli arenili, vede ridurre la propria spiaggia, come lo stabilimento Sorriso, che passerà da circa 14 mila a circa 11 mila metri quadri di arenile in concessione. Il consiglio di municipalità del Lido, (critica anche la Lega), ha già dato parere contrario al Piano - pur ritenendolo necessario - in particolare per la "privatizzazione" della spiaggia del Blue Moon.
«Il rischio», commenta il consigliere comunale del Pd, Nicola Pellicani, tra i più critici sui contenuti del nuovo Piano anche in commissione, assieme ai consiglieri del Movimento Cinque Stelle, «è che questa operazione si risolva esclusivamente in un aumento degli spazi riservati alle attrezzature da spiaggia, con conseguente aumento del volume di affari degli stabilimenti con aumenti di costi per gli utenti. I vari bagni in concessione potranno, dove c'è spazio, installare nuove capanne oppure ombrelloni, andando anche a snaturare il profilo panoramico della spiaggia dopo decenni. Inoltre la previsione dell'amministrazione di lasciare completamente libera una fascia di 30 metri, a partire dalla battigia verso l'interno, creerà grossissimi disagi in Zona A, dove tradizionalmente tutti coloro che hanno la capanna in seconda, terza, quarta fila, si portano in avanti nella spiaggia per cercare refrigerio con sdraio e ombrelloni. Quello che invece dovrebbe fare l'amministrazione è una politica di turismo balneare, promuovendo la spiaggia del Lido tra gli abitanti della terraferma».

Anche l'Unesco fa finta di non sapere niente di Venezia: l'ennesimo ultimatum è accompagnato da apprezzamenti per il 'lavoro' fatto dai governi per la salvaguardia di Venezia. Blog Il Sole 24 Ore, 6 luglio 2017, con riferimenti (i.b)
Il bicchiere è sempre mezzo pieno o mezzo vuoto. In questo caso caso potremmo dire che è a metà. Da un lato l’Unesco apprezza i progressi per difendere Venezia e chiede continui aggiornamenti, dall’altro dice che bisogna far presto a mettere in campo interventi miranti entro dicembre 2018. Insomma la città lagunare – presa sempre più d’assalto dal turismo, almeno in alcune parti – resta sorvegliata speciale, e a fine 2018 si valuterà se inserirla nella lista dei beni in pericolo del patrimonio dell’umanità.
Di seguito la nota Mibact-Maeci-Comune Venezia sulla posizione Unesco.
Il Comitato del Patrimonio Mondiale, riunito a Cracovia per la sua 41a Sessione, ha adottato la Decisione sullo stato di conservazione del sito “Venezia e la sua laguna”.
La Decisione esprime apprezzamento per il lavoro svolto dal Governo in stretta sinergia con il Comune di Venezia e le autorità locali che hanno pienamente collaborato con il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, con il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo e con la Commissione Nazionale Italiana per l’UNESCO.
L’UNESCO prende dunque atto dei progressi già realizzati e, riconoscendo la complessità delle tematiche inerenti lo stato di conservazione del Sito, conferma la necessità di disporre di tempi adeguati per verificare tecnicamente le soluzioni già individuate e in corso di definizione relativamente alle principali questioni all’attenzione dell’UNESCO (progetto di governance del turismo, alternativa al passaggio delle grandi navi in Bacino San Marco, tutela dell’identità locale e delle tradizioni).
Sottolinea altresì l’opportunità che venga raggiunto un ampio consenso tra le istituzioni e i molteplici portatori d’interesse.
Tra le raccomandazioni incluse nella Decisione la richiesta di un aggiornamento del rapporto sullo stato di conservazione del Sito che illustri i progressi ulteriormente raggiunti, entro il 1 dicembre 2018, affinché sia valutato nella 43a sessione del Comitato del Patrimonio Mondiale del 2019.
Si tratta di un importante risultato che rafforza l’impegno del Governo e delle autorità locali a proseguire gli sforzi già in atto per la tutela di “Venezia e la sua laguna”, a trenta anni dalla sua iscrizione nella World Heritage List.
Ed ecco – in inglese – quanto l’Unesco ha pubblicato sul proprio sito www.wch.unesco.org
The World Heritage Committee,
1. Having examined Document WHC/17/41.COM/7B.Add,
2. Recalling Decisions 38 COM 7B.27 and 40 COM 7B.52, adopted at its 38th (Doha, 2014) and 40th (Istanbul/UNESCO, 2016) sessions respectively,
3. Notes with appreciation that the State Party and all the institutions involved, having recognized the major risks to the property, are working collaboratively and in an engaged manner to protect the Outstanding Universal Value (OUV) of the property;
4. Notes that progress has been made towards the implementation of some of the 2015 Reactive Monitoring mission recommendations endorsed by the Committee and reiterates its request that the State Party continue to implement all the recommendations put forward in the Decision 40 COM 7B.52, including immediate, short, medium and long-term measures;
5. Acknowledges the drafting of the Climate Plan and encourages the State Party to take into account the “Policy on the Impacts of Climate Change on World Heritage Properties” in the development of the plan, considering that ‘Venice and its Lagoon’ is in a privileged position and might have the potential to influence monitoring and adaptation processes that can be applied elsewhere;
6. Welcomes the details submitted regarding the new sustainable tourism strategy that will make use of the consultative model proposed by the UNESCO Sustainable Tourism Programme;
7. Also notes that the State Party is exploring an option of using existing port channel (Canale Vittorio Emanuele III) with a view to halt the passage of large ships through the San Marco basin and the Giudecca canal, and to avoid the excavation of new ones and requests the State Party to submit detailed plans and a detailed timeframe for the implementation of the selected solution;
8. Also reiterates its request that the State Party submit, in conformity with Paragraph 172 of the Operational Guidelines, details of any newly proposed projects, together with all relevant cumulative Heritage Impact Assessments (HIAs) and Strategic Environmental Assessments (SEA), with a specific section focusing on their potential impact on the OUV of the property;
9. Also acknowledges progress made towards the completion of the MOSE defence system and also requests the State Party to provide detailed and updated information on this project, including its management and maintenance systems;
10. Further reiterates its request that the State Party update the Management Plan and revise its planning approach in order to sustain in the long term the OUV of the property, its landscape and seascape;
11. Further requests the State Party to provide a much clearer detailed road map for the way forward, with measurable benchmarks and a detailed Action Plan to deliver what is needed, commensurate with the major threats to the property;
12. Requests furthermore the State Party to submit to the World Heritage Committee a detailed report on the state of conservation of the property and the implementation of the above, including a detailed road map on the way forward, by 1 December 2018 for examination by the World Heritage Committee at its 43rd session in 2019, with a view to considering, if adequate progress in the implementation of the above recommendations has not been made, the inscription of the property on the List of the World Heritage in Danger.
Riferimenti
E lo chiamano ultimatum? È del luglio 2016 l'ultimatum dell'Unesco (più precisamente del Comitato del Patrimonio Mondiale) che perentoriamente raccomandava di fermare il passaggio delle grandi navi e limitare il numero di turisti entro febbraio 2017 come alcune delle strategie per salvaguardare Venezia e la sua laguna. Si veda a proposito l’artico di Francesco Erbani. Del tutto inascoltati gli altri “portatori di interesse”, istituzionali e non, Municipalità di Venezia, Italia Nostra, Associazioni, che avevano inviato all'Unesco i propri punti di vista e preoccupazioni, raccolti su eddyburg.
Analisi del malessere crescente che porta in piazza migliaia di persone di provenienza diversa. Articoli di Claudia Fornasier e Alon Altaras. Corriere del Veneto online e il Fatto Quotidiano, 3-4 luglio 2017 (m.p.r.)
la Nuova Venezia, 4 luglio 2017
GLI SQUILLI DELL'ALTRA VENEZIA
di Claudia Fornasier
La prima volta è stato il funerale di Venezia, nel 2009, un po’ protesta, un po’ goliardia, con qualche decina di persone. Sette anni dopo, alla protesta dei carrelli della spesa (organizzata dai giovani di Generazione 90), i veneziani in manifestazione erano 500 e altri 500 al corteo dei trolley e a quello delle lenzuola appese alle finestre dei palazzi, con lo slogan «Venezia è il mio futuro». Domenica i cittadini che sono sfilati tra le calli al grido di «mi no vado via» erano quadruplicati. In mezzo c’è stato il contestato referendum sulle navi fuori dalla laguna, organizzato dai No Nav, con i suoi 18 mila partecipanti. Per qualcuno sono i «nemici» della giunta Brugnaro, per altri la sinistra nostalgica, i reduci del movimento ambientalista. Loro si definiscono la città che resiste. Può darsi non siano rappresentativi di tutti i veneziani, ma sono il segnale di un malumore crescente e insieme di una spinta civica che non può essere liquidata con il timbro di «opposizione».
Domenica in corteo c’era la sinistra ma anche la destra, proprietari di immobili, architetti, professionisti, dipendenti pubblici e gente che lavora nel turismo, pensionati, separatisti, anti separatisti, partigiani, artigiani, accomunati dal sentirsi ogni giorno più orfani di un tessuto sociale ed economico che possa definirsi «cittadino». Venezia non è l’unica città a soffrirne. Tutte le capitali dell’arte, soprattutto con centri storici piccoli, devono affrontare il paradosso di vivere e di «morire» di turismo. La città d’acqua ne è l’avanguardia, per i suoi numeri micro (l’estensione) e macro (29 milioni di turisti l’anno), per la rapidità con cui il fenomeno si espande alle isole e a Mestre, dove già scarseggiano le case in affitto a favore di Airbnb. E i proprietari non sono certo stranieri. Mille a protestare, gli altri 49 mila a fare il check-in del b&b ha titolato Lo Schitto, giornale satirico popolare nei social network. Alla velocità di espansione del turismo non corrisponde la velocità delle idee e degli atti amministrativi adatti a gestire i nuovi fenomeni, per trovare un equilibrio tra l’immensa ricchezza che porta a tutta la Città metropolitana e gli effetti da tornado su attività storiche, affitti, prezzi, artigianato.
Il governo non ha ancora indicato una strategia complessiva per le città d’arte e le loro specificità. La Regione ha votato una legge sul turismo adatta al Veneto ma non a Venezia. Il Comune ha mosso i primi passi con la delibera sul blocco dei cambi d’uso, ma con una lista di eccezioni così ampia da renderla meno coraggiosa di quanto poteva essere. Perfino l’Unesco di fronte alla complessità del problema e alla realizzabilità delle ipotesi in campo ha preso tempo... due anni. Ma tempo rischia di essercene poco. Perché rispetto ai grandi dibattiti del passato, oggi non c’è un progetto di Città metropolitana e c’è il quinto referendum per la separazione di Venezia e Mestre alle porte, a cui sempre più cittadini guardano come tentativo in extremis (qualcuno sì di interrompere l’esperienza Brugnaro) di risolvere il problema del turismo, con una sorta di autogestione.
Sottovalutare o ridurre a «dissidio politico» i segnali di malessere crescente che arrivano da una parte di cittadinanza, è rischiare che la città dei «ponti», la più pluralista del Veneto, il capoluogo con ambizioni di metropoli del Nordest si ritrovi divisa in due, ridotta nel peso politico e delle possibilità, a causa dell’esasperazione. Urge fare sintesi politicoamministrativa. La aspettiamo da tempo. Ma il tempo sta per scadere.
il Fatto Quotidiano, 3 luglio 2017
VENEZIA, ANNI FA HO LASCIATO TEL AVIV
PER VIVERE IN UNA CITTÀ D'ARTE
E ORA DOV'È FINITA?
di Alon Altaras
In questo inizio d’estate una cosa è certa: le città d’arte italiane, e anche europee, soffrono. Le foto dei turisti che si bagnano nelle fontane romane hanno fatto il giro del mondo: i “nuovi barbari”, intitolava il quotidiano israeliano Haaretz. E anche Venezia, la città probabilmente più unica e fragile dell’Occidente, viene assediata da un turismo di massa che porta soprattutto degrado – e non tanti soldi come qualcuno vorrebbe far credere. I politici, in questo caso Virginia Raggi e Luigi Brugnaro, sono due esempi della mancata preparazione ad amministrare città d’arte da parte di chi decide di intraprendere una carriera politica.
Venezia, Pisa, Napoli, Palermo sono, nella maggior parte dei casi, patrimonio dell’Umanità e non mi riferisco tanto a un’etichetta formale, a uno statuto dato da un’organizzazione mondiale, ma a una realtà tangibile e visibile che tutti i visitatori, istruiti o meno, sentono.
Venezia non è di Brugnaro. Una vittoria politica è un fenomeno passeggero, di breve durata, mentre il danno che fa l’entrata in laguna delle grandi navi (una visione inquietante, poiché sono alte quasi quanto il campanile di San Marco) è permanente, colpisce le rive, erode le fondamenta dei palazzi, dei monumenti che sono la ragione per cui il mondo viene a vedere Venezia.
Negli ultimi due anni, da quando si è insediato il sindaco attuale, 1.600 persone hanno lasciato la città, proprio quel Brugnaro che aveva promesso di riportarne 30mila: una fake promessa, la chiamerebbe Donald Trump nei suoi tweet notturni.
Sei anni fa ho lasciato Tel Aviv per vivere a Venezia. Già dai primi giorni mi aveva colpito vedere, nella vetrina di una farmacia a pochi metri dal monumento di Goldoni in campo San Bartolomeo, le cifre che indicavano il numero degli abitanti di Venezia. Mi pare fossero 60mila. Oggi quella vetrina segnala che ce ne sono meno di 55mila. Ma duemila dei suoi cittadini, domenica 2 luglio hanno deciso di ribellarsi ad una visione della città che di fatto li vuole allontanare.
Una cinquantina di associazioni: Fai, Italia Nostra e Confartigianato, coordinate da Venezia mio futuro, è partita dall’Arsenale (sì, quell’Arsenale da cui uscivano le galee e galeazze della Serenissima) per arrivare non lontano dal Palazzo Ducale. Duemila cittadini che hanno gridato “non vogliamo andare via”, “basta alberghi a Venezia”, “più residenti meno turisti”. Si è trattato di una manifestazione pacifica con un chiaro messaggio all’autorità politica: fermatevi! guardate bene ciò che amministrate: non è un casinò, né un cantiere edile o una squadra di pallacanestro!

Una grande manifestazione a Venezia per la difesa di una citta' da vivere e non da consumare. la Nuova Venezia
, 3 luglio 2017 (m.p.r.)
Più ostinati del sole, più uniti di sempre, persino più numerosi dei turisti, ai quali - per una volta - tolgono i masegni e l'aria, riprendendo possesso di quella riva che fino a qualche anno era la passeggiata dei veneziani, da Piazza San Marco ai Giardini della Biennale e ritorno, con il gelato in mano. Hanno dai 6 ai 76 anni, la maglietta sudata, il cappello calato sulla fronte, chi il megafono, chi uno striscione, chi il gonfalone di San Marco; rappresentano associazioni, gruppi, piccoli comitati, o non appartengono a nessun circolo ma sono lì a titolo personale, famigliare o in rappresentanza del proprio condominio. Soprattutto, sono tantissimi. In oltre duemila, secondo alcuni fino a 2.500, ieri mattina, hanno gonfiato le file della manifestazione - promossa dal Gruppo 25 Aprile - dal titolo che è l'insegna della resilienza veneziana: "Mi no vado via"; cioè io resto, sono qui, nessuno mi farà sloggiare.
Così tanti, che per una volta organizzatori e vigili urbani sembravano essere quasi d'accordo sui numeri. «Un anno fa eravamo in trecento, e avevamo fatto un fash mob; questo significa che la città ha risposto all'appello, anche in una domenica di luglio - dice Marco Gasparinetti del Gruppo 25 Aprile - Se il sindaco è leggermente sordo, noi alzeremo la voce». Avanza, dietro uno striscione con la scritta "Il mio futuro è Venezia" (tradotto anche in inglese), la città di oltre quaranta associazioni - da Italia Nostra a Fortum Futuro Arsenale, dagli scout della Giudecca all'Assemblea per la Casa, dai separatisti al Sindacato Unione Inquilini, da Generazione 90 a Venezia Cambia a No Grandi Navi - ma anche degli artigiani di Confartigianato, dei sindacati, dei separatisti; si mescolano molti voti noti - Roberto Ellero, Tiziana Agostini, Giantonio Bellati, Andreina Zitelli, Piero Bortoluzzi, Nicola Pellicani, Sara Visman, Giovanni Pelizzato; volano bottigliette d'acqua minerale, fazzolettini di carta, barrette energetiche e tocca sempre ai Pitura Freska, sparati a palla, dare il ritmo al corteo.
Da campo dell'Arsenale al monumento a Vittorio Emanuele II, sui quei pochi metri quadrati di Riva degli Schiavoni normalmente occupati da ambulanti e orde di turisti sbarcate dalla motonavi, il sole di luglio rende quasi festosa una manifestazione che, su ogni ponte, Stazione di una moderna via Crucis, svela invece la rovina che sta consumando la città. Senza ombra di paracadute, toccano picchi impensabili lo spopolamento, il fiorire incontrollato di alberghi e bed & breakfast, la cessione di palazzi per interessi turistici come Ca' di Dio destinata a diventare hotel di lusso, i prezzi degli affitti alle stelle che fanno scappare residenti e artigiani; ma soprattutto covano la spoliazione lenta e costante di servizi, uffici, scuole; lo svuotamento di interi complessi, di porzioni di città, iniziato ormai vent'anni e fa e poi accelerato negli ultimi.
La difesa di "diritti" elementari, la conta ossessiva dei sopravvissuti, le gioia nel ritrovare qua e là un esule di rientro, o nel vedere un'altra associazione che alza la testa, rivelano quanto la città stessa si consideri una riserva. «Questo è il grande cuore di Venezia, una Venezia che resiste» si sgola Tommaso Cacciari dal ponte della Pietà «tutti stanno mettendo da parte il proprio io per costruire il grande noi. Giù le mani dalla città, guai a chi vuole trasformarla in una Dubai». Duemila anime unite nel tirare fuori le unghie, come Giampietro Pizzo di Venezia Cambia. «Chiediamo - dice - che il Comune discuta il Piano degli interventi in un Consiglio comunale straordinario; dobbiamo stare attenti che non passi la logica che chi porta i soldi si possa prendere la città». Prossima mossa, la Misericordia: come fa notare Gasparinetti, appartiene alla città e la Sala Leonardo non basta più.

Si affilano le armi per determinare le scelte del governo. Brugnaro "annuncia l'annuncio del governo", 34 associazioni sfileranno domani contro la monocultura del turismo. Il Comitato No Grandi Navi, dopo il referendum popolare, rilancia con richieste di trasparenza a ministro, governo e porto. Articoli di Enrico Tantucci, Vera Mantengoli e Manuela Pivato. la Nuova Venezia, 1 luglio 2017 (m.p.r.)
IL GOVERNO HA DECISO
GRANDI NAVI A MARGHERA
di Enrico Tantucci
Il Governo sceglierà Porto Marghera come nuovo terminal di attracco delle grandi navi da crociera, prevedendo già dal 2019 due banchine provvisorie nel canale industriale Nord, nell'area che fa riferimento alla Fincantieri. Ma resta in piedi formalmente - come soluzione primaria - anche lo scavo del Canale Vittorio Emanuele, anche se, visti i problemi ambientali e logistici e di sicurezza che l'intervento comporterebbe, sembra al momento più una «candidatura di bandiera», per non sconfessare anche il sindaco Luigi Brugnaro e lo stesso presidente dell'Autorità Portuale di Venezia Pino Musolino - dopo Paolo Costa - che l'hanno inizialmente sostenuta, più che un decisivo via libera, data anche la probabile necessità di sottoporre il progetto alla Valutazione d'impatto ambientale del Ministero dell'Ambiente.
La novità è arrivata ieri per bocca del sindaco di Venezia Luigi Brugnaro intervenuto al convegno «Invest in Venice» organizzato nella sede della Camera di Commercio da Regione Veneto, Veneto Promozione e Confindustria di Venezia e dedicato agli investimenti su Venezia.Se il ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio negli ultimi giorni ha dichiarato più volte come prossima la decisione del Governo sul problema grandi navi, senza però entrare volutamente nel merito, è stato Brugnaro ieri a rompere gli indugi, svelando le intenzioni del ministro, evidentemente concordate anche con lui.
«Due accosti a Marghera per le grandi navi dal 2019».
«Posso annunciare che prima dell'estate il Governo annuncerà la soluzione per il problema delle Grandi Navi e penso e auspico che il progetto alternativo scelto sarà quello dello scavo del canale Vittorio Emanuele, aumentandone la profondità con la rimozione dei fanghi per il passaggio delle Grandi navi. Ma in contemporanea si attrezzerà anche un primo terminal crocieristico a Marghera, per le navi superiori alle 96 mila tonnellate di stazza, che ora non possono entrare in laguna. Sono previsti entro il 2019 due accosti sul canale Nord nelle banchine adiacenti alla Fincantieri. Una terza nave da crociera potrà attraccare a Marghera entro il 2021 in adiacenza al canale Brentelle. In un momento successivo sarà realizzato anche il "dente" già previsto dal progetto dell'architetto Roberto D'Agostino.
Il canale Vittorio Emanuele dunque, resta sullo sfondo - in attesa di valutarne la reale fattibilità tecnica - ma intanto già tra due anni circa il 40% del traffico crocieristico attuale dovrebbe spostarsi su Marghera, lasciando intravedere questo come il vero terminal crocieristico del futuro, mantenendo la Marittima in prospettiva per le navi da crociera più piccole, fino a 40 mila tonnellate e per gli yacht.
L'attacco di Musolino.
Ma sul problema grandi navi è stato duro anche l'intervento del presidente dell'Autorità Portuale di Venezia Pino Musolino, che ha parlato della «puzzetta sotto il naso» di chi ne critica il passaggio in laguna. «C'è chi dice che sono brutte da vedere - ha insistito - ma la bellezza è nell'occhio di chi guarda. Per me brutto sarebbe vedere 4500 persone impegnate a Venezia nel settore crocieristico perdere il lavoro perché la città ha deciso di rinunciare a oltre il 3 % del suo prodotto interno lordo. Il no e basta non è una soluzione. Ci sono invece soluzioni tecniche fattibili, che consentiranno di mantenere e sviluppare il polo crocieristico veneziano».
Zoppas: «La conca di navigazione del Mose è sbagliata».
È stato poi il presidente di Confindustria Venezia Matteo Zoppas a toccare un altro tasto dolente sul piano portuale: quello della conca di navigazione che dovrebbe ospitare le navi quando il Mose è chiuso e non possono entrare subito in porto, che risulta essere largamente insufficiente.«La conca di navigazione già costruita a Malamocco è chiaramente inadeguata a ospitare le navi - ha detto Zoppas - eppure si continua ad andare avanti con i lavori del Mose come se il problema non esistesse. Quand'è che ci decideremo ad affrontarlo?». Anche Brugnaro ha parlato della conca come di «una feritoia in cui nessuno vuole entrare».
Ma il più duro è stato ancora una volta Musolino. «Qui ci sono 653 milioni di euro di fondi pubblici sprecati per un progetto sbagliato - ha detto il presidente del Porto - di cui qualcuno dovrà rendere conto. Non si offenda il provveditore alle opere pubbliche Linetti, perché l'opera è tecnicamente stata realizzata in modo corretto, il problema è la progettazione che l'ha preceduta e che non ha tenuto delle reali esigenze del Porto di Venezia». Fatti incontestabili. Ma va ricordato - per dovere di cronaca - che al tempo, quando si chiese la realizzazione della conca di navigazione, a fornire le indicazioni progettuali per dimensioni e caratteristiche al Magistrato alle Acque e al Consorzio Venezia Nuova fu proprio l'Autorità Portuale di Venezia di allora.
CORTEO PER VENEZIA
SCENDONO IN CAMPO
ANCHE GLI ARTIGIANI
di Vera Mantengoli e Manuela Pivato
«L'Unesco ci ha traditi e ha perso i cittadini veneziani». Ieri mattina vicino a Palazzo Zorzi, sede veneziana dell'Unesco, Marco Gasparinetti, portavoce del Gruppo 25Aprile e del movimento #Veneziaèilmiofuturo, Lidia Fersuoch, presidente di Italia Nostra Venezia e Gianpietro Gagliardi per Generazione'90, hanno spiegato i motivi che hanno spinto 34 associazioni, Confartigianato e Fai a partecipare alla manifestazione #minomenevado, in programma domani con ritrovo dalle 10.30 alle 11.30 in campo dell'Arsenale e successiva partenza del corteo che si snoderà lungo la Riva Ca'Di Dio per poi proseguire lungo la Riva degli Schiavoni con direzione Palazzo Ducale. La manifestazione si concluderà quindi nell'area antistante alla statua di Vittorio Emanuele II°, dove verrà sciolta intorno alle 13. Numerose le adesioni all'iniziativa, tra le quali si è aggiunta ieri anche quella di Confartigianato.
«La deriva che spinge la città storica verso la monocultura turistica» spiega il neo presidente Andrea Bertoldini, architetto e titolare della storica officina fabbrile Bertoldini Torre della Giudecca «sta inesorabilmente mettendo fuori gioco residenti e attività artigianali e di vicinato, accomunati in un destino apparentemente ineluttabile che sta passando tra l'indifferenza. Di fronte a questa situazione, il cui peso non esitiamo a definire drammatico, non vediamo da parte della politica e della amministrazione della città alcuna presa di coscienza concreta e reale». Di qui la decisione di unirsi ad associazioni, gruppi, movimenti che da settimane stanno organizzando la manifestazione di domani.
«Pensiamo» aggiunge il segretario Gianni De Checchi «che gli scatti di orgoglio dei cittadini e lavoratori che vedono ancora un futuro diverso dalla monocultura turistica per la nostra città servano a far sentire che a Venezia esiste ancora una voglia viva e vitale di "normalità"». In sintesi si chiede che si portino avanti quelle politiche a favore della residenzialità e della città che «non si sono ancora viste», ponendo fine «alla svendita di palazzi» e alla «monocultura turistica».
Nel corso della presentazione usate parole molto dure nei confronti dell'Unesco che aveva minacciato lo scorso luglio di mettere Venezia nella black list se non avesse risolto velocemente alcuni questioni come le grandi navi, il turismo e la residenzialità. Ora, proprio l'Unesco che negli scorsi mesi aveva rappresentato per molte associazioni una speranza, è sotto accusa per aver messo da parte i cittadini. «Anche ponendo il caso che l'Unesco abbia abboccato a Governo e Comune» spiegano gli organizzatori «non possiamo accettare il compromesso sulle grandi navi e il fatto che non abbiano considerato le richieste esplicite di molti veneziani».
Il riferimento critico è al documento che Icomos, braccio destro dell'Unesco, presenterà a Cracovia, in occasione dell'incontro mondiale annuale che inizierà proprio il 2 luglio, mentre il corteo veneziano a gran voce si farà sentire sfilando lungo riva degli Schiavoni. «Prima l'Unesco ha detto che non voleva assolutamente le grandi navi» spiega Fersuoch «Adesso scrive che ci sono miglioramenti perché si sta cercando di far passare le navi senza scavare. Questo è un compromesso che non si può accettare».
La domanda di tutte le associazioni è: «A cosa serve allora l'Unesco se non è in grado di affermare le sue posizioni e rimanderà il caso Venezia al 2018?». Conclude Gasparinetti: «Proponiamo che Palazzo Zorzi, anziché continuare a essere una sede inutile e pagata da noi cittadini, diventi sede di appartamenti per veneziani». Ottomila i volantini distribuiti: si attendono oltre un migliaio di persone.
NO GRANDI NAVI
16 ATTIVISTI MULTATI
Vera Mantengoli
Duecentomila euro di sanzioni amministrative e denunce penali. È il prezzo totale delle multe arrivate a 16 attivisti del movimento No Grandi Navi per essersi tuffati nel canale della Giudecca nel corso della manifestazione del 12 giugno 2016. Dopo l'arrivo immediato delle sanzioni amministrative (2.500 euro a testa) per divieto di balneazione, ora è arrivata per ognuno di loro la multa per un secondo tuffo, in questo caso accompagnato dalla denuncia penale. La denuncia, forse per pericolo alla navigazione, verrà impugnata dall'avvocato Giuseppe Romano che farà ricorso.
«È una forma di intimidazione» ha commentato Tommaso Cacciari che, con un altro ragazzo, ha ricevuto 7.500 euro di multa per aver coordinato l'iniziativa «che arriva, guarda caso, proprio subito dopo il grande successo del Referendum che ha fatto il giro del mondo con i 18.105 sì alle navi fuori dalla laguna, arrivando perfino in Australia». L'anno scorso 16 manifestanti si erano tuffati nel canale aggrappandosi a tre boe e ritardando la partenza di tre colossi, senza comunque creare scompiglio a vaporetti o ad altre imbarcazioni che non avevano subito rallentamenti o deviazioni. «Abbiamo subìto un processo anni fa e siamo stati assolti» ha proseguito Cacciari riferendosi alla manifestazione del 16 settembre 2012 «e siamo stati accusati noi e non chi guidava l'elicottero (forze dell'ordine, ndr) che volava basso sulle nostre teste. Anche questa volta affronteremo il tutto, senza mollare la nostra battaglia».
Ieri pomeriggio la notizia della denuncia è stata dato in apertura dell'assemblea No Grandi Navi a San Lorenzo dove è stata confermata la presenza alla manifestazione #minomenevado di domenica e ribaditi alcuni punti. Il movimento ha fatto sapere che distribuirà un documento con il risultato del referendum popolare a tutte le istituzioni, dal sindaco Luigi Brugnaro al premier Paolo Gentiloni. «Nel 2015 al ballottaggio a Venezia centro storico» hanno detto Cacciari, Armando Danella, Luciano Mazzolin e Andreina Zitelli, leggendo il documento «Brugnaro ha ricevuto 15.970 voti e noi, nelle stesse zone, con la metà dei seggi e organizzando in due mesi, 15.406».
Il Comitato No Grandi Navi ha cinque richieste. La prima è che vengano immediatamente rese pubbliche le istruttorie in corso a Roma tra le compagnie da crociera e gli uffici di diretta collaborazione del ministro Graziano Delrio. La seconda è che il presidente dell'Autorità Portuale Pino Musolino mostri pubblicamente quello che ha inviato a Roma sulle soluzioni grandi navi. La terza è la richiesta di spiegare perché il ministro Delrio non si attivi per il progetto Duferco De Piccoli inviandolo al consiglio superiore lavori pubblici e al Cipe dato che è l'unico che ha ricevuto il parere positivo dalla Via. Quarta: il governo spieghi perché non si applichi il decreto Clini Passera ora che il progetto Contorta è tramontato. Quinta, che il governo renda note le aree interessate di Porto Marghera. Il comitato ha inoltre rilanciato i tre giorni di eventi il 23, 24 e 25 settembre.

«Processo veloce. Le divergenze con le difese sono nell'ultimo anello: in sostanza i fondi neri c'erano, ma nessuno degli imputati ammette di averli presi». la Nuova Venezia, 30 giugno 2017 (m.p.r.)
Venezia. La pena più pesante è per l'ex ministro An alle Infrastrutture Altero Matteoli: 6 anni. E poi: 5 per l'imprenditore romano Erasmo Cinque, 4 per l'ex presidente del Magistrato alle Acque Maria Giovanna Piva, 3 per l'imprenditore Nicola Falconi, 2 anni e 6 mesi per l'architetto Danilo Turato, 2 anni e 4 mesi per l'ex presidente di Adria Infrastrutture Corrado Crialese, 2 anni e 3 mesi e 1 milione di multa per l'ex sindaco di Venezia Giorgio Orsoni, 2 anni e 500 mila euro di multa per l'ex europarlamentare di Forza Italia Lia Sartori. Inoltre: la confisca dello stipendio e delle somme dei collaudi per Piva; del profitto di 33 milioni 960 mila euro oltre alle somme ricevute per Matteoli e Cinque. Queste le richieste di condanna della Procura di Venezia - 27 anni e 1 mese complessivamente per 8 imputati accusati a vario titolo di corruzione e finanziamento illecito - dopo cinque ore di requisitoria nell'ambito del processo per le tangenti del Mose. «Si tratta di fatti gravi perché hanno riguardato una delle opere pubbliche più importanti del nostro Paese e gli episodi sono durati anni», ha spiegato il pm Stefano Ancilotto, «Nel conteggio si è tenuto conto dei fatti e delle pene di chi ha patteggiato».
Processo veloce.
Ancilotto ha esordito con un ringraziamento al presidente Stefano Manduzio e alle difese per l'equilibrio e la velocità del processo scongiurando così i rischi prescrizione. Tutto è stato scandagliato, ha aggiunto il pm Stefano Buccini, «nessun fantasma aleggia sul processo, nulla è rimasto incompiuto». A garantire la velocità ha sottolineato Ancilotto entrando nel merito delle accuse, è la presenza di alcuni punti fermi. Punti fermi che costituiscono l'impianto del "sistema Mose", durato 10 anni. Si tratta delle frodi fiscali, dei fondi neri alimentati dalle aziende del Consorzio Venezia Nuova, della rete di relazioni del presidente del Cvn Giovanni Mazzacurati sia con i politici locali che con quelli nazionali e dai fatti di grave corruzione «che hanno riguardato destra e sinistra, potere centrale e locale». Le divergenze con le difese sono nell'ultimo anello, ha sottolineato Ancilotto: in sostanza i fondi neri c'erano, ma nessuno degli imputati ammette di averli presi.
L'attendibilita degli accusatori.
Ad accusare sono in molti, tutti ritenuti attendibili dalla Procura. «La collaborazione è frutto non di pentimenti, ma di un interesse processuale», ha messo le mani avanti Ancilotto, «vi è una ricostruzione da parte di persone che arrivavano da mondi diversi e che erano portatori di interessi diversi. Eppure si sono trovate d'accordo nel ricostruire un sistema univoco».
Il sistema e il suo padrone.
Al centro del "sistema Mose" c'era il presidente Mazzacurati, padrone assoluto del Consorzio Venezia Nuova che «grazie all'attività di corruttela si è assicurato un flusso di denaro continuo, l'assenza di controlli e di opposizione al progetto», ha affermato Ancilotto. La "filosofia" di Mazzacurati è stata così riassunta dal pm: corrompo a livello nazionale e locale perché non si sa come cambieranno le maggioranze politiche, mentre l'opera rimane. L'ingegnere è per la Procura perfettamente attendibile quando bel 2013 rende i suoi interrogatori. E decide di collaborare «perché capisce che è finita un'epoca, ancora una volta è arrivato prima degli altri». Le rivelazioni che fa non sono dettate dall'astio: «Fa fatica a usare il termine di mazzetta, tutt'al più parla di oliare il meccanismo», ha sostenuto il pm, «questo non è l' atteggiamento di chi vuole ferire». La sua, secondo la Procura, è un'attendibilità intrinseca ed estrinseca visti i patteggiamenti che ci sono stati.
Le pene più pesanti per Matteoli e Cinque.
La richiesta più severa della Procura è per l'ex ministro Altero Matteoli che, secondo l'accusa, subordinò la concessione dei fondi per le bonifiche di Porto Marghera al fatto che nel Consorzio entrasse la Socostramo, società del suo compagno di partito Erasmo Cinque «al quale Matteoli era completamente soggiogato», ha detto Ancilotto. E ancora: «Il ministro era totalmente asservito agli interessi del Cvn». Lo dimostrerebbe in particolare la lettera con la quale autorizzava l'affidamento diretto dei lavori per la bonifica di Porto Marghera (anziché procedere con gara), rispondendo a una lettera di chiarimenti di Piva che aveva dubbi su come assegnare i fondi ottenuti dalla transazione Montedison (versò i soldi per l'inquinamento causato). «Con questa autorizzazione il ministro "si sporca le mani"», ha detto Ancilotto, «E la condotta del ministro va oltre: sollecita fondi a Tremonti e a Berlusconi».
Maxi risarcimento.
Otto milioni di euro, uno per ogni imputato, è la somma a titolo di risarcimento chiesta dall'Avvocatura di Stato, parte civile, avvocato Simone Cardin, per grave danno d'immagine, danno alla collettività e danno da sviamento. Si tratta della provvisionale, quindi della somma da versare subito: quella complessiva andrà quantificata dal tribunale.
Continua il lavoro su due fronti dell'associazione "Poveglia per tutti", con il demanio per definire i termini per la concessione, e sul campo con azioni concrete per rendere fruibile un bene comune per anni in abbandono. la Nuova Venezia, 27 giugno 2017 (m.p.r.) con riferimenti
Venezia. Nonostante il brutto tempo, la "Sagràanomala", la festa organizzata dall'associazione "Poveglia per tutti", con la collaborazione quest'anno di una trentina di altre realtà veneziane, è andata molto bene. Oltre ai laboratori, ai giochi e al momento di convivialità, c'è stata l'assemblea rivolta ai soci dove si è letta la bozza da presentare al Demanio per chiedere l'utilizzo a tempo determinato dell'isola.
«Finalmente il direttore attuale del Demanio Dario Di Girolamo» ha detto Lorenzo Pesola, uno dei portavoce «ha dimostrato avere un atteggiamento più pragmatico rispetto ai suoi due vice e ci sono molte possibilità che finalmente l'associazione possa siglare un accordo al fine di utilizzare i soldi che da anni sono pronti per i primi interventi». Entro l'estate si dovrebbe infatti avere una risposta del demanio e, a quel punto, si potrebbe partire utilizzando i soldi raccolti durante la colletta: «Abbiamo raccolto circa quaranta sacchi di spazzatura» conclude Pesola «ma l'abbiamo trovata meglio dell'anno scorso, forse perché la segnaletica che avevamo messo e i sentieri che avevamo curato, hanno trasmesso il fatto che c'è qualcuno che se ne prende cura». I soldi servirebbero per fare lavori di manutenzione: la realizzazione di un pontone, una passerella e un sistema di accesso anche per i diversamente abili.
La giornata ha visto la partecipazione di circa 400 persone che, quando è piovuto, si sono rifugiate sotto la cavana, attendendo che smettesse. La protezione civile di Pellestrina ha offerto un grande supporto nell'organizzazione, ma tutto è filato per il meglio e, dopo il concerto serale, le persone hanno salutato l'isola e sono tornate a casa. (v.m.)
Riferimenti
Si veda su eddyburg la nota Poveglia per tutti: una ricchezza da non perdere e il dossier realizzato dall'associazione "Poveglia per tutti" per «far conoscere le vicende attuali dell’isola veneziana di Poveglia, che l’Agenzia del Demanio ha inserito tra i beni dello Stato da dismettere per essere dati in concessione o venduti a privati». In questo sito trovate numerosi articoli sulle vicende recenti dell'isola: basta che scriviate "Poveglia" sulla casella sensibile in cima a ogni pagina.
«Il Tribunale Internazionale degli Sfratti - nato ormai da alcuni anni - ha scelto di riunirsi a Venezia anche perchè il 2017 è l'anno dedicato al turismo e la relazione tra i due fenomeni in laguna per quanto riguarda l'emergenza abitativa è particolarmente forte». la Nuova Venezia, 15 giugno 2017
IL TRIBUNALE DEGLI SFRATTI A VENEZIA
Il Tribunale Internazionale degli Sfratti - nella sua sessione dedicata al turismo - si riunirà quest'anno a Venezia dal 28 al 30 settembre con alcune sessioni in cui saranno discussi e giudicati casi di sfratti internazionali e anche locali con le raccomandazioni in merito che poi saranno inviate ai Comuni e ai Governi interessati, oltre che alle Nazioni Unite. Invitati anche i sindaci di Barcellona e di Seoul (Corea Sud), città che stanno affrontando seriamente il problema delle emergenze abitative legate anche alla pressione turistica. Una giuria composta da rappresentanti della società civile, organizzazioni internazionali ed accademici sceglierà i casi e valuterà i ricorsi. Il Tribunale Internazionale degli Sfratti - nato ormai da alcuni anni - ha scelto di riunirsi a Venezia anche perchè il 2017 è l'anno dedicato al turismo e la relazione tra i due fenomeni in laguna per quanto riguarda l'emergenza abitativa è particolarmente forte. Le sessioni del Tribunale si svolgeranno in Sala San Leonardo ed è prevista anche l'inaugurazione di un monumento-murales dedicato agli Sfratti Zero. Le sessioni sono appoggiate dall'Alleanza Internazionale degli Abitanti assieme al Comitato oreganizzatore locale, formato dalle principali associazioni impegnate a Venezia nella lotta per il diritto alla casa, come unione inquilini, Assemblea Sociale per la Casa, Eddyburg, Venessia.com, Generazione 90 e Garanzia Civica.
TRE SFRATTI AL GIORNO
TREMILA RICHIESTE
Tre sfratti al giorno eseguiti, 8 richieste di esecuzione giornaliere con la forza pubblica, poco meno di tremila all'anno. Sono i dati drammatici, largamente approssimati per difetto - perché molti inquilini sotto sfratto rinunciano a resistere fino all'arrivo della forza pubblica e se ne vanno prima dal loro alloggio - snocciolati ieri dal segretario provinciale dell'Unione Inquilini Matelda Bottoni.
L'occasione era la presentazione della sessione del Tribunale Internazionale degli Sfratti che quest'anno si terrà a Venezia, legando al turismo il problema dell'emergenza abitativa (ne riferiamo a parte). Ma il quadro della situazione attuale per quanto riguarda l'emergenza abitativa nel Comune di Venezia fatto ieri dal segretario dell'Unione Inquilini è tanto grave quanto sorprendente.
Pellestrina "ostaggio" degli alloggi turistici.
«Ci sono isole come Pellestrina» ha spiegato Bottoni «che sono ormai in mano solo alle affittanze turistiche. Non si trova più un alloggio disponibile per i residenti se non lo si ha già di proprietà. Ci sono pellestrinotti "costretti" a sottoscrivere contratti d'affitto transitorio - dovendo così lasciare l'alloggio ai turisti nei mesi estivi, più lucrosi - pur di avere un tetto sulla testa e continuare a vivere sull'isola. O addirittura contratti in nero. E non possono neanche rientrare nelle graduatorie per gli alloggi comunali, perché il Comune non li prende in considerazione sostenendo che hanno già un alloggio, sia pure con l'affitto transitorio. Una situazione incredibile».
La famiglia che "gira" tra alloggi turistici.
«Abbiamo a Venezia la situazione di una famiglia che è costretta a "girare" settimanalmente da un alloggio turistico all'altro» spiega ancora Bottoni «perché non può permettersi una casa di proprietà o un affitto stabile ai prezzi attuali. Così vive in una situazione di estrema precarietà. A Mestre abbiamo invece ad esempio il caso di una famiglia di 7 persone che vive in 45 metri quadrati, con i letti in corridoio, perché una coppia con tre figli è stata sfrattata ed è stata costretta ad andare a vivere con i nonni».
Gli sfratti per morosità dell'Ater.
Sotto accusa anche il comportamento dell'Ater. «Nonostante abbia circa mille alloggi vuoti che non utilizza» spiega ancora il segretario dell'Unione Inquilini «l'Ater continua a sfrattare per morosità i suoi inquilini a cui spesso pratica contratti di 4 anni più 4 anni e non a canone sociale. Alla Giudecca sfratta una ragazza separata con figli perché non ritiene il pagamento degli alimenti da parte del coniuge una garanzia economica sufficiente. I casi di morosità incolpevole dedicate a casi di mamme separate con bambini stanno diventando una vera e propria emergenza sociale, crescendo esponenzialmente. E le persone sole risultano le più penalizzate dal punto di vista delle graduatorie per alloggi. Contemporaneamente non vengono più emessi bandi per alloggi di Edilizia residenziale pubblica nel Comune di Venezia, l'ultimo risale al 2010 e la disponibilità di alloggi comunali per le emergenze abitative è ridotta al minimo».
Il rischio dei nuovi patti territoriali.
Un altro rischio che si profila è quello dei nuovi patti territoriali che dovrebbero essere sottoscritti tra i sindacati degli inquilini e dei proprietari per la disponibilità di affitti, che però potrebbero crescere esponenzialmente come canoni.
L'incredibile abilità del sindaco Brugnaro a coniugare cemento, affari e turismo per distruggere la città diventata "sua". Articoli di Mitia Chiarin e Elisa Lorenzini, la Nuova Venezia, e Corriere del Veneto 13-14 giugno 2017 (m.p.r.)
la Nuova Venezia, 13 giugno 2017
COLPO DI VANGA
VIA AL CANTIERE DEGLI HOTEL A MESTRE
di Mitia Chiarin
Mestre. Primo, simbolico, colpo di vanga da parte del sindaco Luigi Brugnaro, del progettista Luciano Parenti e di Delf Stueven, legale rappresentante e socio della austriaca MTK Ca’ Marcello srl, per il grande cantiere da 75 milioni di euro che entro il 12 aprile 2019, tra meno di due anni, vedrà la realizzazione di quattro grandi alberghi, per 750 camere e 1. 900 posti letto e che intende rivoluzionare il panorama, finora desolato, di via Ca’Marcello, tra via Torino e la stazione.
Anzi, gli investitori austriaci guardano già oltre: l’architetto Parenti spiega di aver inviato all’esame della giunta Brugnaro una proposta di riqualificazione dell’area della stazione di Mestre, dal vecchio parcheggio Touring al palazzo Ex Poste dell’immobiliare Favretti con una soluzione per la piastra di collegamento tra Mestre e Marghera, in linea con le decisioni del sindaco che ha cancellato il vecchio masterplan. Se questo progetto è il futuro, l’oggi è il via ai cantieri che impegneranno 450 operai della azienda Setten e della Di Vincenzo di Pescara.
Nei quattro alberghi andranno a lavorare 250 persone. Ieri l’inaugurazione del cantiere, a cui ha partecipato mezza giunta comunale e i rappresentanti dei gruppi alberghieri che qui si verranno a insediare tra due anni. Tutti hanno grande interesse per investire a Mestre, per la sua vicinanza a Venezia, “gioiello” del settore turistico mondiale.
Per gli ostelli Wombat’s c’era il cofondatore Sascha Dimietrievich; per il colosso cinese Plateno il vicepresidente del settore sviluppo Europa Bastian Erfurth; per Staycity che sceglie Mestre per il suo sbarco in Italia c’era Markus Beike, responsabile Sviluppo Europa mentre per Leonardo, della israeliana Frattal, è intervenuta la responsabile per l’Italia Linda Mariotti. Investimenti che parlano straniero e soprattutto austriaco e Gregor Postl, responsabile Sviluppo economico della ambasciata Austriaca a Padova spera siano i primi di una lunga serie di investitori in città.
Il sindaco, ovviamente, ringrazia: «È un progetto che ci piace molto, di qualità e coinvolge prestigiosi gruppi internazionali. Non ha solo una valenza economica in ambito ricettivo, creando centinaia di posti di lavoro, ma anche sociale, riqualificando un’area degradata. Guardandosi attorno è difficile fare di peggio. Ci sarà anche un ostello, utile visto che qui vicino c’è l’università», dice il sindaco che torna anche sul tema, caldo, del turismo a Venezia.
«Abbiamo fatto il blocco dei cambi d’uso automatici ed è stata polemica ma si è visto chi ci guadagna. Delocalizzare strutture come queste a Mestre significa dare una risposta e un futuro alla terraferma. E mi viene voglia di ricandidarmi tra tre anni».
Il progetto comprende una piazza interna e due autosilos parcheggi per 500 auto. Le vie interne sono ad accesso controllato con ampi spazi pedonali. La vicina ferrovia sarà protetta da recinzioni e un lungo marciapiede per i clienti degli alberghi porterà direttamente al binario uno della stazione ferroviaria.
Nella riqualificazione vi è anche la riorganizzazione della viabilità lungo via Ca’Marcello, ristudiata in relazione alle recenti trasformazioni dei trasporti di Mestre e che vedrà davanti al complesso, sulle ceneri dell’ex Demont dove si spacciava, ricorda il commissario Vomiero che ha portato i saluti del questore, nuovi marciapiedi con dissuasori per le auto per ridurre la velocità a 30 chilometri orari, una nuova pista ciclabile e fermate per il trasporto pubblico.
la Nuova Venezia, 14 giugno 2017
ALBERGHI PER 75 MILIONI
E ALTRI INVESTIMENTI IN VISTA
di Mitia Chiarin
L'architetto Parenti: si studia un programma di sviluppo per tutta la provincia
«Delocalizzare è il nostro obiettivo, valorizzando l'hinterland a fini turistici»
«Chi fa investimenti così importanti non li fa mica rischiando. Il trend di sviluppo del settore ricettivo consente una ampia garanzia di copertura della nuova domanda turistica e il programma di sviluppo prevede ulteriori investimenti in provincia di Venezia. Di cui potremo parlare quando saremo autorizzati». L'architetto Luciano Parenti, progettista dei quattro alberghi di via Ca' Marcello difende il progetto da 75 milioni di euro dalle perplessità di quanti considerano questo investimento nel settore ricettivo della austriaca Mtk come un altro colpo alla gestione dei flussi turistici a Venezia.
Gli investitori guardano, certo, a Venezia ma anche a tutta la provincia, spiega: «La parola d'ordine deve essere delocalizzare. Abbiamo in provincia di Venezia un hinterland turistico che va assolutamente valorizzato». Un territorio vasto che arriva fino a Padova e Treviso passando per la Riviera del Brenta. Accessibile via treno dagli alberghi che saranno pronti per aprile 2019. I turisti arriveranno fino a lì, dicono gli investitori. Per questo la terraferma è scelta come primo avamposto dell'investimento in Italia. Plateno, con i suoi quattromila alberghi in Cina, nel 2015 è diventato il quinto gruppo europeo e ha deciso di investire anche sull'Italia. L'apart-hotel di Stay City vede la società pronta a consegnare 3 mila unità in Europa che diventeranno 5 mila nel 2022. Mestre rappresenta il primo investimento in Italia.
Anche Leonardo, la catena alberghiera del gruppo israeliano Fattal, punta su Mestre per collegarsi a Venezia, il "gioiello" in affanno, che guarda al mondo, ma i dirigenti parlano di un «intero territorio da riscoprire». La catena Wombat's porta un altro ostello a due passi dalla stazione di Mestre puntando sui giovani e la vicina università. Non è l'unico. Entro agosto 2017, infatti, proprio sull'altro lato di via Ca' Marcello, apre il grande ostello nato dalle ceneri dell'ex Vempa, gestito dalla tedesca A&O che pare in corsa anche per accaparrarsi l'ex palazzo delle Poste a fianco della stazione. Una trasformazione imponente che ha ottenuto il via libera della giunta Brugnaro, che ha presenziato con sindaco e assessori alla cerimonia della prima pietra.
Parenti ai giornalisti spiega che la questione del turismo che opprime Venezia va risolta in altro modo. Ovviamente senza bloccare gli investimenti privati. È la «monocultura turistica a dover essere limitata ma non con il blocco dei cambi d'uso», dice, «e lo si fa insediando startup tra Marghera e l'Arsenale che portino lavoro e nuovi residenti. Va riproposta l'idea che fu di De Michelis di una "software house" perché la residenza si difende portando il lavoro. Grandi immobili del centro storico, oggi difficili da piazzare, potrebbero diventare uffici di rappresentanza di aziende».
Corriere del Veneto, 14 giugno 2017
CAMBI D'USO: NON SOLO ISOLE E GIUDECCA
VIA LIBERA A PIAZZALE ROMA E GIARDINI
di Elisa Lorenzini
Raffica di emendamenti alla delibera che blocca i nuovi alberghi. M5s e Pd contro
Venezia. Non solo isole, Lido e Giudecca. I cambi d’uso in alberghi saranno possibili anche in quelle aree soggette a piani particolareggiati. Il capogruppo M5s Davide Scano li elenca: Tronchetto, Marittima, stazione ferroviaria, Piazzale Roma, ex Piazza d’Armi a Santa Marta, Scalo di Santa Marta e di San Basilio, ex Orto Botanico, San Pietro di Castello, Arsenale, ex cantieri Actv, Giardini della Biennale ex cantieri Celli a Sant’Elena, area Muner. «A dirlo sono le norme tecniche richiamate in delibera - spiega il consigliere - sono tutte aree assoggettate a piano particolareggiato che vengono escluse. Per alcune di queste i progetti in accordo con i privati sono già stati fatti ma per altre no». Troppe eccezioni e troppo poche regole certe. Alle opposizioni la delibera della giunta comunale per bloccare cambi d’uso e nuovi albergo in centro storico non piace, tanto che sono pronti una raffica di emendamenti nel consiglio comunale di domani.
A partire proprio dal Movimento Cinque Stelle. Ma forti critiche arrivano anche dal Partito democratico che nei mesi scorsi si è già visto bocciare una mozione in cui proponeva la possibilità del cambio d’uso solo per quegli immobili catalogati in un ristretto numero di tipologie. «L’obiettivo è giusto, bloccare i nuovi alberghi - dice il capogruppo pd Andrea Ferrazzi - ma pone un problema di legittimità perché istituzionalizza la deroga per interesse pubblico come strumento di pianificazione urbanistica che unito al precedente creato dal caso Locatelli aprirà le porte a una moltitudine di ricorsi».
Ferrazzi contesta la mancanza di concertazione nella scrittura del provvedimento che si configura come modifica al Piano regolatore. «Le modifiche al Prg prevedono la concertazione con le categorie e ciò non è stato fatto», conclude. La questione, dopo il parere dell’avvocatura civica durante la commissione di ieri, secondo il consigliere Saverio Centenaro (Fi), è stato risolto: «Per quella fase ci sono 30 giorni più 30 dal momento della pubblicazione per presentare osservazioni». «La maggioranza non è contraria ai cambi d’uso purché avvengano sotto il controllo del consiglio comunale, è un passo importante per questo è importante che la delibera non sia impugnabile e per questo l’avvocatura civica consiglia di motivare la delibera il più possibile», aggiunge Centenaro.
Il punto debole è quel «interesse pubblico» declinato come qualità della struttura, capacità di rivitalizzare un’area e di creare posti di lavoro, che lasciano qualche dubbio. «Chi decide se una struttura è di qualità?» domanda il consigliere fucsia Paolo Pellegrini chiedendosi anche quanti consigli comunali dovranno essere convocati per affrontare ogni specifico caso. Ma poi aggiunge: «Comunque meglio così piuttosto che lasciarla all’arbitrio che ha regnato negli ultimi trent’anni». La nuova delibera non trova il favore nemmeno della Municipalità di Venezia che oggi in consiglio voterà un pacchetto di osservazioni, non vincolanti «Siamo contrari perché lo strumento della deroga alle aperture di nuovi alberghi vanifica i vincoli esistenti – spiega il presidente Giovanni Martini – di fatto in questo modo la trasformazione di un immobile in albergo sarà ancora più a discrezione dell’amministrazione».

Proprietario dell'area acquistata con poco perché inquinata, proprietario della squadra di pallacanestro per cui è necessario fare il nuovo impianto, da sindaco decide cosa si può fare in quell'area e stringe accordi col governo per fare le bonifiche, che non pagherà lui. Articoli di Mitia Chiarin e Alberto Vitucci, la Nuova Venezia, 10-11 giugno 2017 (m.p.r.)
la Nuova Venezia, 10 giugno 2017
NUOVO PALASPORT DA 10 MILA POSTI F
RONTE LAGUNA
di Alberto Vitucci
Il sindaco Brugnaro rompe gli indugi e avvia la procedura per il “blind trust” sui terreni a Marghera di sua proprietà.
Marghera. Un nuovo palasport da 10 mila posti ai Pili. Se ne parla da anni, tra smentite e conferme. L’ultima durante la finale europea a Tenerife, dove la Reyer ha dovuto accontentarsi del quarto posto, raggiungendo comunque un risultato storico. Là il sindaco e proprietario di Umana Luigi Brugnaro aveva rilanciato l’idea. Adesso fa un passo avanti. E annuncia di aver pronta la procedura di blind trust, cioè dell’affidamento della gestione delle sue società a soggetti esterni, come previsto dalla legge 215 del 2004. I nuovi gestori avrebbero l’incarico di vendere la gran parte dei terreni dei Pili e con il ricavato finanziare la costruzione del nuovo palazzetto dello sport da 10 mila posti.
Una strada quasi obbligata per le squadre come la Reyer che dovranno partecipare il prossimo anno all’Eurolega, perché la Federazione europea ha imposto condizioni ultimative. Il Taliercio, uno dei più bei palazzetti d’Italia, non basterà più con i suoi 4 mila posti. Nemmeno per i play-off, per cui la Federazione italiana pallacanestro ha messo limiti altrettanto severi. Le deroghe saranno concesse soltanto a chi ha già presentato un progetto per una nuova struttura.
Dunque, occorre far presto. E il sindaco ha annunciato nelle ultime ore l’intenzione di procedere. Una mossa che potrebbe anche rafforzarlo sul piano politico. Dopo l’accordo per lo stadio con l’americano Tacopina e la promozione di Venezia e Mestre, adesso il nuovo palasport. Pochi giorni dopo aver incassato il rinvio dell’Unesco sulle proposte per le grandi navi e il turismo. Un “poker” a cui potrebbe aggiungersi presto, anche se l’interessato non ne vuol sentir parlare per scaramanzia – un possibile scudetto, il primo della Reyer nel Dopoguerra.
Nuovo palasport, dunque. La prima proposta risale al 2008, presentata alla giunta Cacciari. Il progetto operativo, firmato dall’attuale vicecapo di Gabinetto allora amministratore della società “Porta di Venezia” Derek Donadini è della primavera 2015. Prevedeva oltre al palasport parcheggi e servizi nell’area dei Pili, all’imbocco del ponte della Libertà. Bloccato dal commissario perché il presidente di Umana era allora candidato sindaco. «Se sarò eletto non si farà nulla», aveva annunciato allora in campagna elettorale.
Adesso evidentemente, spinto dai nuovi eventi sportivi, ha cambiato idea. Si alza il fuoco delle critiche dalle opposizioni e da chi lo accusa di conflitto di interessi. «Sì, ma contro i miei interessi», risponde Brugnaro, «in ogni caso il “blind trust” risolverà tutto». Blind trust. Secondo la Treccani è la «forma di trust con la quale chi ricopre incarichi pubblici affida il suo patrimonio a una gestione fiduciaria, rinunciando a tutti i diritti di gestione, salvo quello a ricevere la comunicazione delle scelte effettuate. L’obiettivo è quello di prevenire i conflitti di interesse». Materia regolata dall’Agcom, l’Autorità per la concorrenza e il mercato, che dovrebbe mettere al riparo dalle polemiche.
Al di là del proprietario, la scelta dei Pili come luogo di palasport e parcheggi appare dal punto di vista urbanistico quasi ideale. Facilmente raggiungibile da Venezia (4 chilometri da piazzale Roma) ma anche da Mestre e dalla terraferma. Una struttura di cui si discute da anni. Ma c’è il problema delle bonifiche. Comune e ministero per l’Ambiente hanno siglato l’accordo di programma per Marghera e per la pulizia delle aree inquinate. Ma nel febbraio scorso la società di Brugnaro ha presentato ricorso al Tar. Contro l’accordo e l’obbligo di bonificare i terreni, dunque anche contro il Comune e la Città metropolitana guidate dall’imprenditore. Gli avvocati Federico Peres, Luciano Butti e Alessandro Kiniger sostengono che quell’atto non è valido. Perché in base alla legge 152 del 2006 deve pagare chi ha inquinato. E l’acquisto dei terreni di Umana è successivo a quella data.
la Nuova Venezia, 11 giugno 2017
PALAZZETTO DELLO SPORT AI PILI
È BAGARRE
di Mitia Chiarin
Il Taliercio è un catino incandescente e la Reyer una squadra da scudetto e sfide internazionali, che necessita di spazi a norma: su questo, tutti concordano. A Venezia e Mestre serve perciò un nuovo palazzetto dello sport, come già lo stadio: e anche su questo sono tutti d'accordo. Provoca, però, variegate reazioni critiche l'annuncio fatto nei giorni scorsi dal sindaco Brugnaro di essere ormai pronto a spogliarsi del controllo delle società della galassia Umana, affidandole a un blind trust (come previsto dalla legge 215/2004) per evitare accuse di conflitto di interesse. Soluzione già promessa, accompagnata però dal contemporaneo annuncio del sindaco di voler rimettere in moto il progetto urbanistico per realizzare il nuovo palazzetto da 10 mila posti ai Pili: un impianto nel quale far giocare la sua Reyer, costruito su terreni di proprietà e progetto della "sua" Porta di Venezia, società che pure con il blind trust non gestirà più.
Concordi le critiche dell'opposizione riguardo la partita delle autorizzazioni urbanistiche, che sarà comunque in mano alla giunta Brugnaro. Detto questo, la soluzioni Pili piace ad alcuni e le porte si socchiudono.«Sul blind trust non gli credo più, faccio fatica a dare fiducia alle sue parole: il sindaco è in ritardo di due anni», commenta il capogruppo M5s Davide Scano, «sinora è stato un florilegio di conflitti di interesse e cose inopportune: la convenzione culturale con Chiusi dove ha un'azienda di chianine, il Padiglione Venezia con le opere della "sua" Abate Zanetti; una società del gruppo Umana che fornisce a Vela le pellicole pubblicitarie per i mezzi Actv. In teoria, sul palazzetto ai Pili sono possibilista: c'è vecchio laboratorio Iuav seguito da Stefano Boato che pone lì una struttura. Piuttosto che farne parcheggi, meglio un palazzetto, dobbiamo recuperare Porto Marghera».
Di parere diverso il Pd, che stadio e palazzetto li vuole a Tessera. «Sono molto felice dei risultati della Reyer - premette il capogruppo Andrea Ferrazzi, «è evidente che c'è un problema vero di carenza di impianti ed è per questo che il Pat aveva predisposto gli strumenti urbanistici per fare stadio e palazzetto nella stessa area di Tessera, con procedura velocizzata grazie al Piano Stadi Delrio. Ci sono gli accessi: la bretella autostradale e la fermata Sfmr. Io sono perché si facciano velocemente entrambi, la città ne ha bisogno. Ma se sui Pili "prima" decido cosa fare e "poi" faccio blind trust, non va bene. Se poi hai comprato 10 ettari a pochi soldi perché il terreno era inquinato, lo riqualifichi grazie all'accordo ministeriale sulle bonifiche e ci progetti anche il palazzetto facendo il salvatore della patria, i conti non tornano». Brugnaro a proposito dell'acquisto ha sempre raccontato di essersi ritrovato da solo, alla gara pubblica.
«Il blind trust deve essere nella testa più che sulle carte. Se uno vuole un ruolo pubblico, dovrebbe all'inizio di mandato dividere in maniera netta interesse privato e pubblico», commenta il senatore-consigliere Felice Casson, «quella del sindaco è una decisione positiva, seppur in ritardo, se riguarderà tutti i conflitti di interesse delle sue società in Comune, come risulta dalle interrogazioni che abbiamo fatto. Indubbiamente Venezia ha bisogno di un palazzetto e uno stadio, ma va inserito dentro un progetto di città che ora non c'è». «Meglio tardi che mai», chiosa Renzo Scarpa, del Gruppo Misto, «quando lo farà davvero, ragioneremo su tutte le cose che proporrà come semplice sindaco, libero dai conflitti di interesse. Il palazzetto va fatto. Punto. Dove è però una discussione strategica che va a tutto campo che Brugnaro non può fare come proprietario della Reyer, dell'area, dell'intervento. Come sindaco deve dire quali progetti ha ricevuto e dev'essere la città a scegliere la migliore collocazione per il nuovo palazzetto».
«Il sindaco ha sempre dichiarato alla stampa la volontà di procedere con il blind trust, ma non ne ha mai parlato in maggioranza», commenta la capogruppo di Forza Italia, Deborah Onisto, «se lo farà veramente, Brugnaro metterà il suo intero patrimonio nelle mani di altre persone e non potrà decidere su un euro. Un'operazione davvero di grande veduta per un imprenditore: se lo fa, tanto di cappello. Dopo di che, il palazzetto serve».
I neobarbari al lavoro. Lotta dura per un maggiore sfruttamento della città da parte del complesso turistico-immobiliare, leader il sindaco in carica. la Nuova Venezia, 4 giugno 2017
Blocco di nuovi alberghi e bed & breakfast nella città storica con lo stop ai cambi di destinazione d'uso. Ma, caso per caso, a discrezione del Comune e con un'ampia gamma di deroghe che potranno consentire il via libera anche per "monetizzare" i permessi di costruire, a vantaggio delle casse comunali. A leggerla bene, la delibera del Comune appena licenziata e che martedì approderà in Commissione consiliare per essere discussa prima del voto in Consiglio comunale, appare molto meno "severa" di come è stata presentata anche dall'assessore all'Urbanistica Massimiliano De Martin e lascia a Ca' Farsetti un'ampia discrezionalità per dare il via libera a nuovi interventi di carattere alberghiero in città.
La chiave è nell'articolo 21-bis. Al punto 1 infatti si scrive che per tutelare la Città antica di Venezia dalla pressione turistica, dal proliferare incontrollato di attività ricettive, a discapito della residenza e dei servizi agli abitanti e dalla perdita di identità del patrimonio edilizio storico, a partire dalla data di adozione della presente variante non sono ammessi nuovi insediamenti o ampliamenti di attività ricettive alberghiere e complementari». Ma al punto 2, ecco la gamma delle deroghe. «L'amministrazione comunale può autorizzare l'insediamento o l'ampliamento di attività ricettive alberghiere e complementari tramite permesso di costruire in deroga», «ove ne ravvisi il pubblico interesse, avendo riguardo, in particolare, alla qualità delle strutture e l'alta gamma di servizi offerti, alla loro localizzazione nell'ambito del centro storico, alla loro capacità di innescare processi di riqualificazione degli spazi pubblici circostanti, all'uso razionale ed unitario degli immobili, all'impatto occupazionale e indotto economico derivante, all'entità del contributo straordinario di cui all'articolo 16, comma 4, lettera d-ter) del D.P.R. 380/2001».
Si tratta, in pratica della monetizzazione di parte dell'incremento di valore atteso per la struttura con il cambio di destinazione d'uso, legato anche agli oneri di urbanizzazione. Se insomma l'albergo è bello, darà lavoro a un buon numero di persone, o se il nuovo proprietario sarà disposto a riconoscere un congruo beneficio economico al Comune, la struttura potrà essere utilizzata nonostante il blocco, essendoci per Ca' Farsetti un pubblico interesse. Come quello, ad esempio, riconosciuto in Consiglio comunale tra le polemiche al cambio di destinazione d'uso a fini alberghieri che ha interessato la consigliera comunale della Lista Brugnaro Marta Locatelli. Pertanto, anche se sarebbero già annunciati un buon numero di ricorsi al Tar contro la delibera da chi teme di veder pregiudicata l'apertura di nuovi alberghi o bed & breakfast, il "menù" delle deroghe che essa offre, potrebbe facilmente accontentare molti.
Prevista anche la possibile monetizzazione da parte del Comune dei parcheggi pubblici che dovrebbero essere messi a disposizione con l'insediamento o l'ampliamento di attività ricettive alberghiere e complementari e di medie o grandi strutture di vendita commerciali. Una strategia che la giunta Brugnaro ha già seguito in occasione del nuovo parcheggio in Marittima da realizzare con l'Autorità Portuale, dove una parte dei posti-auto riservati ai veneziani sono stati appunto "monetizzati" dall'Amministrazione.
L'altra critica diffusa riguarda il fatto che nel frattempo i buoi sono appunto già usciti dalla stalla. Già autorizzata una proliferazione di nuovi alberghi in arrivo - da quello previsto in Marittima, nell'ambito dell'operazione del nuovo garage, a quello in via di realizzazione a due passi da piazzale Roma, a quelli che saranno realizzati a Murano al posto di vetrerie e fornaci - per cui lo stop, ammesso che tale sia, arriva in grandissimo ritardo. Ma incombe anche il "verdetto" dell'Unesco su Venezia e questa delibera sembra fatta anche per tranquillizzare l'organismo internazionale sul fatto che Venezia sul turismo ha "cominciato a fare i compiti"
Passata la bufera per i 35 arrestati dello scandalo MoSe. «Tutti liberi». Ma c'è di peggio. la Nuova Venezia, 4 giugno 2017 , con postilla
Lo tsunami porta la data del 4 giugno 2014 e spazza via il mondo della politica veneta. È la terza ondata di arresti, 35, da quando è scoppiato uno dei più gravi casi di corruzione in Italia, quello sulle tangenti del Mose. Un lavoro di indagine difficilissimo - vista la dimensione dello scandalo, la durata e gli intrecci - e per il quale la Procura veneziana ha schierato i suoi pm di punta.
Chiusa l'indagine per corruzione
Ora, nel terzo anniversario, la Procura mette a segno un importante risultato: la chiusura del troncone della maxi-inchiesta sulla corruzione e finanziamento illecito a carico dei "Grandi Accusatori" che finora avevano patteggiato solo per le false fatture. Per l'ex ad della Mantovani Piergiorgio Baita e per l'ex segretaria di Galan nonché ad di Adria Infrastrutture Claudia Minutillo, si va verso il processo. Inevitabile invece lo stralcio per Giovanni Mazzacurati le cui rivelazioni sono state decisive per scoperchiare il verminaio tangentizio: l'ex presidente del Consorzio Venezia Nuova soffre di una grave forma di demenza. Una decina, complessivamente, gli indagati: tra gli altri l'ex dirigente Cvn Pio Savioli e l'ex responsabile amministrativo della Mantovani Nicola Buson. Con l'avviso di chiuse indagini, ora in fase di notifica agli avvocati, i pm Stefano Ancilotto e Stefano Buccini, fanno luce sull'ultimo capitolo del Mose.
Sentenza a settembre
Ma c'è un secondo risultato che porta a casa la magistratura veneziana nel terzo anniversario della maxi-retata: la chiusura entro settembre del processo contro gli otto indagati che hanno scelto di non patteggiare: dall'ex sindaco Giorgio Orsoni all'ex ministro Altero Matteoli, dall'ex europarlamentare Lia Sartori all'ex Magistrato alle Acque Maria Giovanna Piva. Nell'udienza della scorsa settimana sono stati esauriti i testimoni, in quella di giovedì prossima ci sarà la lettura integrale - così come chiesto dalle difese - dei verbali di interrogatorio di Mazzacurati: oltre 300 pagine che ricostruiscono il sistema di corruttela costruito attorno all'opera che dovrebbe salvare Venezia dall'acqua alta e che ha finito per prosciugare le casse pubbliche a favore di tasche private.
Com'è finita: tutti liberi
Nel frattempo che fine hanno fatto i 35 arrestati? Tutti liberi. Mazzacurati si è ritirato nella sua villa in California e soffre di demenza, ma ha avviato un'azione legale contro Cvn per chiedere i compensi mancanti; Baita scrive libri sulla corruzione e gira le librerie facendo il pienone; Minutillo vive tra Veneto e Toscana e si sta curando per alcuni problemi di salute. L'ex governatore Giancarlo Galan si dedica a tempo pieno alla figlia, o almeno così assicura, mentre il suo commercialista Paolo Venuti ha visto scadere lo scorso 20 maggio la sospensione dall'Ordine. L'ex vicedirettore Cvn Teresa Brotto ha ottenuto dal giudice una sentenza che dichiara illegittimo il suo licenziamento.
postilla
Eppure non è questo la scandalo più grave. Ancora più gravi due scandali neppure toccati da una indagine preliminare della magistratura. (1) Lo scandalo di aver avviato, progettato, confermato, convalidato e condotto un'operazione (Il MoSE) che fin dall'inizio si sapeva sarebbe stata inutile, dannosa, rischiosa, enormemente dispendiosa per il contribuente. (2) Aver contemporaneamente e parallelamente condotto un'operazione di coinvolgimento e corruzione della maggior parte delle istituzioni amministrative, culturali, professionali della società veneziana (e.s.)
Annunciato il blocco dei cambi di destinazione d'uso che hanno cambiato il volto della città di Venezia. Articoli di Leonard Berberi, Alberto Vitucci, Francesco Bottazzo. Corriere della Sera, la Nuova Venezia, Corriere Veneto, 2 e 3 Giugno 2017 (m.p.r.)
Corriere della Sera
VENEZIA
LA GUERRA DEI POSTI LETTO
di Leonard Berberi
Un passaggio della proposta di delibera dice già tutto. «Disposizioni per tutelare la città antica di Venezia dalla pressione turistica, dal proliferare incontrollato di attività ricettive e dalla perdita d’identità del patrimonio edilizio storico». Perché di questo passo, con 55 mila residenti (in calo rilevazione dopo rilevazione) e oltre 47 mila posti letto a disposizione (in crescita), tra poco finirà per esserci un materasso destinato ai visitatori per ogni iscritto all’anagrafe nel cuore del capoluogo veneto.
La giunta lagunare guidata da Luigi Brugnaro prende di mira il capitolo ospitalità e propone di bloccare sia la possibilità di trasformare gli immobili del centro in strutture ricettive, sia le richieste di ampliamento di quelle esistenti. Niente più nuovi hotel e, soprattutto, bed & breakfast. «Non ci saranno più cambi di destinazione d’uso degli stabili», spiegano dal Municipio e sottolineano come in realtà nel mirino finisca di più la micro-ospitalità come Airbnb che al 1° giugno contava 5.923 tra appartamenti e stanze disponibili sulla piattaforma.
Ogni nuova richiesta di apertura o eventuali modifiche saranno quindi valutate dal consiglio comunale. «E non si potrà fare che si propone di trasformare un appartamento in b&b perché o lo si fa per tutto lo stabile o niente». La delibera non ha effetto retroattivo ed esclude le isole, compresa la Giudecca. La proposta conta sette pagine e la «prima strategia a breve termine» si legge, ed è una citazione di un documento illustrato dal primo cittadino il 15 giugno 2016 - «è quella di contenere il fenomeno della progressiva occupazione del patrimonio residenziale cittadino da parte di attività ricettive alberghiere ed extra-alberghiere».
«Ora le attività del centro dovranno soggiacere a una politica qualitativa di ricezione», spiega Massimiliano De Martin, assessore all’Urbanistica. L’amministrazione ha già calendarizzato i passaggi. L’intenzione sarebbe anche quella di non dare la possibilità a chi esercita in modo abusivo di regolarsi prima che entri in vigore la delibera. Salvo sorprese l’ok del consiglio comunale dovrebbe arrivare a metà giugno, dopo i passaggi tecnici alla Municipalità di Venezia – Murano – Burano e alle commissioni.
Ma non c’è il rischio che lo stop a nuovi esercizi porti all’aumento dei prezzi? «Il rischio c’è, ma a Venezia i posti letto a disposizione non sono pochi», ragionano dal Comune. «E poi i prezzi degli alberghi qui sono già alti».
La delibera dovrebbe anche «accontentare» l’Unesco, l’agenzia delle Nazioni Unite che l’estate passata lanciò l’ultimatum: o entro il 1° febbraio l’amministrazione si muove concretamente per risolvere i problemi che stanno mettendo a rischio la sopravvivenza di città storica - dall’assalto dei turisti al moto ondoso, alla riduzione costante di residenti - o il capoluogo veneto sarà cancellato dai siti patrimonio dell’Umanità ed entrerà a far parte di quelli a rischio
Questo è il secondo passo di Brugnaro per contenere i flussi arrivati a livelli critici. A fine aprile la giunta ha approvato la delibera quadro sul turismo che prevede, tra le altre cose, la sperimentazione di sistemi conta-persone per regolare gli ingressi, l’individuazione di nuove aree di ristoro per i visitatori, l’avvio di una campagna di comunicazione sulle giornate di maggior afflusso e l’incremento degli agenti di Polizia locale. Su quest’ultimo punto, in Municipio fanno notare che 70 vigili verranno assunti per un anno, altri cento per i quattro mesi di picco.
la Nuova Venezia,
STOP AI CAMBI D'USO
L'ORA DELLA VERITÀ
di Alberto Vitucci
De Martin: «30 giorni per le osservazioni, vedremo chi è contro». Boato: «Ritirare le licenze illegittime»
Stelline rosse per gli hotel, palline blu per i bed and breakfast, verdi per le locazioni turistiche. La nuova pianta di Venezia brulica di segnalazioni di attività ricettive turistiche. «Non resta molto spazio per le abitazioni», commenta un dirigente dell'Urbanistica. Dopo molti anni il Comune finalmente ha avviato un «censimento» di queste attività. E ci si è accorti che la situazione è al limite. Forse oltre il limite. Ecco la delibera che blocca i cambi d'uso.
«Andrà in commissione già la settimana prossima e in Consiglio comunale. Con l'adozione scatterà la clausola di salvaguardia», dice l'assessore all'Urbanistica Massimiliano De Martin, «poi ci saranno 30 giorni per presentare le osservazioni. Sarà il momento in cui vedremo chi è contrario a questo provvedimento». C'è anche il rischio dei ricorsi al Tar da parte di imprenditori che si ritenessero danneggiati e che in questi giorni tempestano geometri e architetti di loro fiducia di telefonate per avere «rassicurazioni». Remoto, perché il Comune ha stavolta studiato per bene i riferimenti di legge e le motivazioni della delibera. Ma non impossibile, vista la storia recente di questa città.
La delibera che blocca i cambi d'uso prevede anche eccezioni per i progetti già in itinere. Oppure per quelli che riguardino edifici già oggetto di cartolarizzazione, cioè messi in vendita dal Comune per fare cassa con allegata la Variante urbanistica. Oppure «progetti di interesse che dovranno essere esaminati dal Consiglio comunale». Ma la strada sembra segnata. E dopo molti anni di inerzia adesso c'è una delibera che prova a invertire la rotta. «Per vedere se l'amministrazione fa sul serio dovremo attendere i primi provvedimenti di revoca di autorizzazioni illegittime», dice Stefano Boato, urbanista e assessore alla fine degli anni Ottanta, «per tornare indietro dal disastro occorre annullare tutte le situazioni realizzate in modo non legittimo». «Lo faremo», dice De Martin, «quando si fa il censimento, chi non c'è è fuori. E la nuova norma impedisce di presentare un'altra richiesta di cambio d'uso. Ci tengo a dire che questi provvedimenti sono presi in sintonia con l'Unesco. Le loro preoccupazioni sul futuro della città sono anche le nostre».
Corriere del Veneto
STOP AGLI HOTEL
CORSA A DEROGHE E RICORSI
di Francesco Bottazzo
«Nel 2016 oltre dieci milioni di presenze in centro storico. Ferrazzi: così si consolidano i cambi già fatti». Dimenticando che le ultime amministrazioni PD hanno reso possibile tutto questo. (m.p.r.)
Venezia. Corsa contro il tempo per le deroghe, per evitare «l’obolo» al Comune e di passare attraverso il consiglio comunale. Qualche proprietario che oggi si trova nella condizione urbanistica di poter trasformare il suo immobile in albergo, ma che non ha ancora presentato alcun progetto a Ca’ Farsetti, è già pronto a fare ricorso contro il provvedimento dell’amministrazione che blocca l’apertura di nuovi alberghi, b&b, e l’ampliamento di quelli già esistenti. «Sapevamo di scontentare qualcuno, ma è la città che da tempo chiede un intervento per limitare le trasformazioni e i cambi d’uso», spiega l’assessore all’Urbanistica Massimiliano De Martin.
Un blocco totale - che segue quello già passato in consiglio comunale un mese fa su pizze al taglio, kebab e take-away - anche se saranno possibili deroghe, sulla base di criteri molto restrittivi, autorizzate dalla giunta e dal Consiglio e dopo il pagamento del beneficio pubblico e dello standard di parcheggio, oggi non previsto. I numeri degli arrivi e delle presenze turistiche sono già alti. Oltre 10 milioni e mezzo in centro storico nel 2016, con una permanenza media di 2,26 notti, più di tre volte dei turisti che si fermano in terraferma.
«Ma la giunta dovrebbe vedere il problema unitariamente mettendo insieme Venezia e Mestre, se sviluppiamo troppo la terraferma comunque non c’è il controllo del turismo - interviene il presidente dell’ordine degli Architetti Anna Buzzacchi - Invece la necessità di porre un freno alle trasformazioni è evidente per incentivare la residenzialità». Tecnicamente la delibera prevede una variante al «Piano degli interventi per la Città Antica». Dal blocco del cambio di destinazione d’uso in ricettivo, restano per ora escluse solo le locazioni turistiche (tipo AirBnb), per le quali ci sarà un provvedimento distinto in futuro, una volta risolto il problema giuridico se sia possibile limitare quel tipo di uso della propria abitazione. Perché anche questo provvedimento - sottolinea l’assessore al Turismo Paola Mar - fa parte delle 34 azioni che la giunta ha deciso di intraprendere da qui al 2019 per gestire i flussi, controllare i turisti e incentivare la residenzialità.
«Abbiamo tracciato una road map in cui sono previste una serie di azioni che settimana dopo settimana stiamo mettendo in atto per risolvere i problemi della città a 360 gradi», precisa Mar. E per dare una risposta all’Unesco che ha «minacciato» di cancellare Venezia dai siti del patrimonio dell’Umanità facendola entrare nella lista dei siti monumentali a rischio. «Abbiamo condiviso i timori e non abbiamo avuto difficoltà a trovare un’intesa» dice De Martin. Proprio la settimana prossima sarà quella decisiva in cui Ca’ Farsetti sarà all’Unesco il «Dossier Venezia» - forse già lunedì quando i rappresentanti dell’organizzazione saranno in città - con le azioni previste, quelle messe in atto e quelle che arriveranno come il nuovo regolamento di polizia municipale, e l’individuazione di spazi in centro storico attrezzati per il pranzo, cercando di eliminare i pic nic su gradini di musei e di chiese.
Ma è chiaro che l’incentivo alla residenzialità e il blocco delle trasformazioni dei palazzi in alberghi è fino a questo momento il provvedimento che fa più rumore. E non a caso la giunta vuole ridurre al minimo il tempo tra l’annuncio della variante (l’adozione c’è stata giovedì) e l’approvazione da parte del consiglio comunale per evitare la corsa a protocollare nuove istanze. Martedì è previsto il primo passaggio in commissione con l’auspicio dell’assessore di trovare il consenso di tutti. «Il nuovo provvedimento consolida e non blocca tutte le operazioni che sono state portate a termine in questi anni e che invece andavano fermate subito, votando la Mozione che abbiamo presentato il 2 novembre 2015 e che la maggioranza ha bocciato», dice però il pd Andrea Ferrazzi.
la Nuova Venezia, 3 giugno
POSTI LETTO(47.229) QUASI COME I RESIDENTI
di Alberto Vitucci
Le camere censite nella città storica sono 25.400. San Marco e Cannaregio ormai sature
Le palline rosse (hotel e attività ricettive) e quelle blu (extralberghiere) sono dappertutto. Un reticolo fitto fitto, che fa impressione. È l'elaborazione grafica fatta in questi giorni dall'assessorato all'Urbanistica sulle destinazioni d'uso degli edifici della città storica. Un modo per quantificare le attività a uso alberghiero ed extralberghiero, i bed and breakfast, gli appartamenti a locazione turistica. «Lavoro preliminare alla delibera, necessario per avere un quadro definito», dice il dirigente dell'Urbanistica Vincenzo De Nitto.Oggi le camere censite - e denunciate - nella città storica sono 25.400. I posti letto in totale 47.229. Una cifra enorme, e forse nemmeno definitiva, perché molte attività ancora sfuggono al controllo del Comune e del fisco.47.229. Quasi il numero degli abitanti di Venezia che sono oggi ridotti a 54 mila. Un numero, quello dei posti letto turistici, che è andato aumentando negli ultimi anni, con particolare incremento negli anni del Giubileo - dall'anno Duemila - e poi in anni recentissimi.
Tendenza di mercato che ha permesso nelle maglie di una normativa piuttosto permissiva, di trasformare case in alloggi turistici, palazzi in grand hotel. La linea rossa e blu è intensa nella «pancia» della città, tutta l'area intorno a San Marco. Stelle rosse - alberghi di pregio - sul Canal Grande a Rialto e verso Ca' D'Oro e San Marcuola, intorno a San Marco, densità notevole soprattutto per gli extralberghieri anche a Cannaregio. Ancora esente dall'occupazione turistica il sestiere di Castello, dove sono pochissimi i grandi alberghi, meno che a Cannaregio, San Marco e Dorsoduro-San Polo gli appartamenti destinati ad attività turistica. Più rada la densità delle strutture turistiche alla Giudecca e al Lido. Alla Giudecca gli alberghi si contano sulle dita di una mano, quasi inesistenti gli affitti turistici. Dunque, dal punto di vista dei numeri, ogni giorno in città ci sono quasi 50 mila abitanti in più. Il numero dei «residenti» raddoppia, anche se non si tratta di cittadini residenti ma di turisti. Il loro numero è in continuo aumento, e adesso la «mappa» elaborato dall'assessorato all'Urbanistica consente di avere una percezione esatta - ma anche visiva - dell'occupazione della città. «Fa impressione perché lo spazio libero rimasto è davvero poco», commenta amaro un dirigente del Comune. Sono un centinaio i palazzi di pregio diventati hotel negli ultimi anni.
la Nuova Venezia, 2 giugno
LA GIUNTA BOCCIA I CAMBI D'USO TURISTICI
di Alberto Vitucci
Approvata la variante urbanistica che "congela" le trasformazioni di palazzi in hotel e appartamenti in bed and breakfast
Stop alle nuove strutture turistiche. Il cambio d'uso degli appartamenti e di palazzi non sarà più automatico e non sarà consentito ad eccezione di alcune aree (la Giudecca e il Lido) e di progetti «di particolare interesse». Che andranno approvati in deroga dal Consiglio comunale. Lo prevede la nuova Variante Urbanistica al Piano degli interventi della Città Antica, approvata ieri dalla giunta Brugnaro. Provvedimento forse tardivo, ma senz'altro di impatto. Che blocca l'apertura di nuove strutture ricettive per i turisti. Alla fine la giunta mette giù il carico da novanta. Il giudizio dell'Unesco si avvicina, e l'organizzazione mondiale ha chiesto «provvedimenti concreti». Questo lo è sicuramente. Mette un freno a una situazione ormai ingovernabile. Pone anche le basi per controlli a tappeto. Chi non risulta in regola, infatti - e «non esiste» rispetto all'anagrafe comunale - perderà ogni diritto e non potrà più riaprire l'attività.
«È un punto chiave del nostro mandato», ha spiegato ieri l'assessore all'Urbanistica Massimiliano De Martin, «contrariamente a quanto è avvenuto finora, infatti, tutte le istanze di aprire nuove strutture ricettive o di ampliare quelle esistenti saranno congelate. La dimostrazione che come scritto anche nel programma del sindaco, questa amministrazione vuole invertire la tendenza». Il nuovo articolo 22-bis delle Norme tecniche di attuazione della VPRG per la Città antica, prevede adesso la «non ammissione», a partire dalla data di Adozione della variante da parte del Consiglio comunale, di «nuovi insediamenti o ampliamenti di attività ricettive alberghiere e complementari».
Blocco che non sarà totale. «Eventuali deroghe», si legge nella nota dell'assessorato, «potranno essere autorizzate dal Consiglio comunale, previa presentazione di un progetto, sulla base di alcuni criteri». Come «la qualità delle strutture, l'alta gamma dei servizi offerti, la loro localizzazione all'interno del centro storico, la capacità di innescare processi di riqualificazione degli spazi pubblici circostanti, l'impatto occupazionale, l'indotto economico». Esclusi anche gli edifici compresi nei piani di alienazione del Comune. E quelli per cui le domande sono già «in itinere». «La commissione valuterà le proposte», dice la presidente Lorenza Lavini. Il blocco dovrebbe scattare dalla metà di giugno, giusto il tempo di portare la delibera a conoscenza della Municipalità e della commissione consiliare e poi al voto in Consiglio comunale. «Una necessità per arginare la pressione turistica», ripete De Martin.
Le opposizioni ricordano di aver proposto un ordine del giorno bocciato dalla maggioranza due anni fa. «Ma non potevamo agire sull'onda dell'emotività», taglia corto De Martin, «prima dovevamo raccogliere i dati». Così nell'anno di grazia 2017, dopo decenni di allarmi e denunce non ascoltati, sappiamo finalmente «quanto» e «dove» sono le attività ricettive. E l'amministrazione ha capito che sono troppe e bisogna mettere uno stop. «Un provvedimento che farà voltare pagina», promette De Martin. V'è anche una norma che vieta di rilasciare licenze per locazioni turistiche in un edificio dove ci sia residenza. «Ma soprattutto», aggiunge De Martin, «non sarà più possibile il cambio d'uso. Adesso si può fare quando la superficie supera i 200 metri quadrati». Altra novità, chi apre un hotel a Venezia pagherà come in terraferma gli oneri peri parcheggi. La variante non si applica alla Giudecca dove gli alberghi «sono pochi» e al Tronchetto. Dove peraltro non sono previsti dal Prg.
Proseguono a go-go le privatizzazioni selvagge, promosse da quella Cassa depositi e prestiti che era nato come strumento del buongoverno comunale (quando c'era) e che oggi sono il grande motore pubblico della privatizzazione dei beni collettivi. La Nuova Venezia, 3 giugno 2017
IL TURISMO DI LUSSO
PER IL RILANCIO DEL LIDO
di Enrico Tantucci
«Due hotel di lusso all’ex ospedale al Mare, il progetto di Cassa Depositi e Prestiti: le strutture saranno gestite dalla società padovana con il colosso francese«
Il futuro del Lido "giocato" sul turismo di lusso, legato anche al tema del benessere e sull'attività congressuale. Sembrano ormai queste le direttrici di sviluppo per l'economia dell'isola dopo anni di crisi, che anche il Comune sembra voler favorire, come dimostra l'appoggio che la neonata Agenzia di sviluppo per Venezia - voluta dal sindaco Brugnaro e guidata da un lidense come Beniamino Piro - ha dato al progetto appena presentato da Cassa depositi e prestiti per la realizzazione di due resort di lusso da 300 stanze e 600 posti gestiti da Th Resorts e Club Mediterranée, con oltre mille metri quadrati di spazi commerciali, due piscine a mare di fronte alla spiaggia e un centro benessere che svilupperà - come chiede anche Brugnaro - una vocazione sanitaria.
«Siamo stati bravi ma anche fortunati nell'inserirci al momento giusto nel momento in cui Cassa depositi e prestiti ha deciso, con il suo nuovo Fondo, di investire sul turismo», spiega Piro, «coinvolgendola a inserire anche l'ex ospedale al Mare nel "pacchetto" italiano, con circa 130 milioni di euro di investimenti. Ora continueremo su questa strada con altri progetti "mirati", in cui si inserisce anche la riqualificazione dell'ex Casinò condotta dal Comune per creare sull'isola un vero e proprio polo congressuale che ora stenta a decollare. Ma presto avremo, con l'ex ospedale al Mare in versione resort, anche la necessaria ricettività alberghiera».
Questa idea di un Lido trasformato in isola alberghiera del lusso, a fianco di una Venezia già satura di posti-letto, non entusiasma chi - tra i lidensi - avrebbe preferito nuove attività più vicine al sociale. Ma è, in questo momento, la dura legge del mercato, visto che non c'è praticamente più spazio per grossi investimenti pubblici. L'altro polo - legato sempre al lusso e al turismo alberghiero - che sta per ripartire è quello della riqualificazione dell'hotel Excelsior e della futura riapertura del Des Bains, chiuso ormai da diversi anni, dopo la fallimentare esperienza della gestione di EstCapital. Solo poche settimane fa Manfredi Catella, fondatore e amministratore delegato di Coima sgr, ha annunciato il via libera all'operazione di ristrutturazione del fondo Real Venice I, oggi fondo Lido di Venezia.
Grazie all'accordo con il partner London & Regional Properties (L+R) e il supporto finanziario delle banche Intesa San Paolo e Unicredit, parte il rilancio di Excelsior e Des Bains che si concluderà in cinque anni. Il budget sarà di 250 milioni. Coima sgr entro la fine del 2017 annuncerà il progettista di interni degli hotel e subito dopo inizierà la vera ristrutturazione dei due hotel. Partendo dall'Excelsior, che verrà chiuso per i lavori solo nei mesi autunnali e invernali, e proseguendo, l'anno successivo, con la ristrutturazione del Des Bains. La parte pubblica, con Comune e Biennale, è appunto impegnato oltre che sull'area del Palacinema, sull'ex Casinò - con i lavori già in corso - per utilizzare le strutture per la congressualità, al di fuori dei periodi estivi per l'organizzazione e lo svolgimento della Mostra del Cinema. Ma altre iniziative si annunciano, come quella di un altro resort nell'ex colonia Enel degli Alberoni - portata avanti da Marzotto e una cordata di imprenditori vicentini - a cui proprio Piro ha accennato in occasione della presentazione del progetto dell'ex ospedale al Mare.
CASSA DEPOSITI E PRESTITI
ORA PUNTA ALLA LAGUNA
«Il Fondo investimenti per il turismo stanzia grosse somme a Venezia
Progetto anche per Sant'Angelo delle Polveri, Th Resorts partner privilegiato»
. È il Fondo investimenti per il turismo lo strumento con cui la Cassa depositi e prestiti realizzerà l'importante investimento previsto nell'area dell'ex Ospedale al Mare del Lido, con un patrimonio di almeno 250 milioni di euro da investire nel 2017/'18 a livello nazionale e che vede nella società padovana Th Resorts guidata da Graziano Debellini uno dei partner privilegiati. Già acquistati cinque hotel da parte della Cassa da Th Resorts e da Valtur per oltre 90 milioni di euro, con una strategia che prevede che le strutture alberghiere vengano riqualificate e poi riaffittate alla precedente proprietà.
È un meccanismo molto simile a quello "pensato" anche per l'ex ospedale al Mare, con la Cassa depositi che investirà sulla realizzazione dei due resort di lusso per circa 300 stanze e 600 posti-letto previsti nel complesso lidense e poi affiderà proprio alla Th Resorts e al Club Mediterranée la gestione delle due strutture.Ed è stata la stessa società di Debellini - a quanto risulta - su incarico della società controllata all'80% dal ministero dell'Economia, a contattare l'azienda francese per farla entrare nell'operazione sul Lido. Con la riqualificazione annunciata dell'ex ospedale al Mare, Cassa depositi e prestiti continua ad allargare sempre più il suo ventaglio di proprietà in laguna, divenuto uno dei suoi "terreni di caccia" preferiti per investimenti. Tra i progetti possibili, trasformazione in un albergo anche dell'isola di Sant'Angelo delle Polveri, nella laguna sud, lungo il canale Contorta, che ha acquisito da qualche anno. Ma continua anche la sua campagna-acquisti in città, con il Comune spesso come interlocutore privilegiato.
La Cdp Investimenti ha acquistato due anni fa, per 20 milioni complessivi, Palazzo Diedo e Palazzo Gradenigo, per i quali aveva già trattato con l'allora commissario straordinario Vittorio Zappalorto. Per Palazzo Diedo, ex sede della procura della Pretura, c'è già il cambio di destinazione d'uso e il permesso di costruire appena approvato, secondo un progetto già presentato da EstCapital quando il palazzo faceva ancora parte del Fondo immobiliare Città di Venezia, da cui poi è stato sganciato. Un progetto che prevede la creazione di servizi igienici e magazzini al piano terra, funzionali al ristorante che si prevede di realizzare al piano ammezzato dell'edificio, mentre il primo e secondo piano saranno riservati a negozi e l'ultimo piano a due appartamenti.
Sbarcata negli ultimi anni in laguna, la società del ministero dell'Economia sta conducendo una serie di operazioni immobiliari. Si era cominciato appunto con l'acquisto dal Comune dell'ex ospedale al Mare del Lido. Poi è toccato al fabbricato delle ex Carceri di San Severo a Castello, costruite dagli austriaci all'inizio dell'Ottocento, anch'esso acquisito dalla Cassa. Ed è stato preso anche l'ex Casotto capogruppo di San Pietro in Volta e sono state messe le mani sull'isola di San Giacomo in Paludo. La Cassa ha inoltre rilevato a prezzo di saldo dalla Regione il settecentesco Palazzo Manfrin sul rio di Cannaregio (stimato 16 milioni e mezzo e venduto a 10). Tra le acquisizioni recenti, Palazzo Duodo e Palazzo Ziani, in fondamenta San Lorenzo.
Tra pochi giorni, Cassa depositi e prestiti dovrebbe presentare il suo piano complessivi di investimenti nel settore turistico di cui anche la trasformazione alberghiera dell'ex ospedale al Mare fa parte. La Cassa aveva indicato come una delle possibili destinazioni del complesso dell'ex ospedale al Mare quella delle Rsa, le residenze sanitarie assistite, per anziani o persone non autosufficienti, ma comunque con servizi non ospedalieri e di livello elevato. Ma la "svolta" turistica, con l'implementazione del suo nuovo Fondo, ha invece portato verso la strada dei resort di lusso con Th Resorts e Club Med al suo fianco.
A rischio di scomparsa un ecosistema unico al mondo, prodotto da millenni di lavorìo assiduo della natura, l'ultimo dei quali dedicato al saggio governo delle trasformazioni compatibili con la sua conservazione. Se ne discute ma la sua difesa era stata affidata ai suoi distruttori più recenti. la Nuova Venezia, 1 giugno 2017, con postilla
«Interessa ancora a qualcuno il riequilibrio della laguna?» Lorenzo Bonometto, naturalista ed esponente di spicco della Società di Scienze Naturali, se lo chiede da anni. «Nessuno mi ha mai risposto», dice sconsolato, «si parla di grandi opere in laguna, di navi e di nuovi canali. Di erosione e riequilibrio mai». Ieri pomeriggio lo ha spiegato in sala San Leonardo, nell'ambito di un convegno promosso dalla Municipalità di Venezia alla presenza di molti esperti di temi lagunari. E per la prima volta anche del presidente del Provveditorato alle Opere pubbliche (ex Magistrato alle Acque Roberto Linetti. «Non era mai succeso», ha detto con soddisfazione il moderatore del dibattito Stefano Boato, «che un presidente del Magistrato alle Acque venisse ad ascoltarci. Ci sono fenomeni che stanno mettendo a rischio l'antico equilibrio delle lagune e che il nuovo Piano Morfologico non prevede».
Uno strumento in discussione, elaborato dal Provveditorato e dal Consorzio Venezia Nuova, con l'aiuto di esperti esterni. Nel Piano si parla della laguna del futuro e della sua difficile convivenza con la pressione antropica. Ma anche di interventi possibili per mettere insieme la conservazione e lo sviluppo. Qualcuno lo ha letto come un glimaldello per lo scavo di nuovi canali. Come il Contorta prima, le Tresse poi. Entrambi pensati per le grandi navi, abbandonati adesso per la nuova soluzione, il Vittorio Emanuele. Che non va scavato da zero, ma riportato alla profondità di 9 metri, con l'estrazione di milioni di metri cubi di fanghi dai fondali.
«Non si parla mai però di quello che succede in laguna ogni giorno», dice Bonometto. Dopo lo scavo di nuovi canali, anche per la costruzione del Mose, l'equilibrio si è rotto. Quasi un milione di metri cubi di sedimenti se ne vanno in mare ogni anno. Da una parte la laguna si sta dunque trasformando in un braccio di mare, con la distruzione delle barene. Dall'altro la mancata circolazione verso la terraferma e l'area di gronda, provoca interramenti e anossia, per la concentrazione di alghe visibile anche in questi giorni. Lo ha spiegato Renzo Scarpa, consigliere comunale del Gruppo Misto, chiedendo al Magistrato alle Acque di riprendere l'antica opera di manutenzione della laguna.Un sistema complesso, per troppi anni trattato come un luogo dove costruire dighe e banchine portuali. Opere che invece di ridurre le acque alte hanno aumentato il «consumo» della laguna.
postilla
Non bastava l'escavo e l'approfondimento continuo dei canali progettati e realizzati con logiche autostradali; non bastava la continua riduzione del bacino lagunare; non bastava il moto ondoso provocato da grandi navi, vaporetti, taxi acquei, motori fuoribordo piccoli, grandi e grandissimi. Non bastava tutto ciò a tramutare la Laguna, da specchio d'acqua dal profilo modificato solo dagli effetti lenti, graduali e ripetitivi delle maree in un luogo turbinoso del quale stanno velocemente scomparendo vite vegetali e animali millenarie. Bisognava anche affidare la progettazione del "piano morfologico" della Laguna allo stesso consorzio di palazzinari, pluricriminale artefice del MoSE e delle sue opere. (e.s.)

Le rievocazioni storiche dovrebbero lasciare spazio alle imbarcazioni a remi. Sono invece occasione di affari per taxi e lancioni in sfregio anche alla sicurezza. Una lettera di Dario Vianello e le interviste di Roberta De Rossi, la Nuova Venezia, 30 maggio e 1 giugno (m.p.r.)
la Nuova Venezia, 1 giugno 2017
VENEZIA, RIEVOCAZIONI STORICHE
ROVINATE DAGLI SPECULATORI
di Dario Vianello
Domenica scorsa, Festa della Sensa, mentre le Autorità facevano notare la loro presenza nel corteo storico in altre zone della laguna e di Venezia, il traffico motorizzato impazzito metteva a dura prova la sicurezza della navigazione delle unità minori e dei passeggeri imbarcati. Barche di tutti i tipi, dai granturismo di varie dimensioni ai foranei Actv, dai motoscafi pubblici e privati finendo con la variegata numerosissima flotta diportistica, tutti a correre come pazzi tutti a produrre onde devastanti consapevoli che nessun controllo è stato disposto e li fermerà.
I canali che collegano la laguna con i cantieri della terraferma sono percorsi da barche lanciate a velocità massima nonostante i cartelli segnalino limiti ben più bassi, la normativa che regolamenta le aree blu lagunari è ormai totalmente disattesa. I fragili canali lagunari sono percorsi da giganteschi granturismo, ogni anno più grandi, che producono alte onde incuranti delle unità minori che incrociano nella loro rotta. Perfino le navi fluviali, lunghe 110 metri e larghe 10, hanno iniziato a percorrere canali come la Scomenzera di San Giacomo e il Taglio di Mazzorbo, navi che oltre a intralciare pericolosamente la stessa navigazione dell'Actv non sono nemmeno in grado di invertire la rotta in caso di necessità; una volta iniziato il percorso a Murano sono obbligate a continuarlo fino a Burano.
Lo stesso corteo storico della Sensa ha dovuto subire gravi ripercussioni dal traffico motorizzato provocato da chi non vuole fare il più piccolo passo indietro nel rispetto della città e degli altri, troppo impegnati in facili guadagni o in un uso distorto della laguna. Che senso ha tutto ciò? A cosa servono queste rivisitazioni storiche se poi non c'è l'impegno delle autorità nel prodigarsi per la salvezza di Venezia e della laguna? La sottomissione alla speculazione turistica è totale, parte della società civile sembra incapace di risollevare la testa accontentandosi di sporadiche briciole a ricordo di un passato glorioso anch'esso asservito ai potentati locali e foresti.
Intanto Venezia si sta avviando a divenire una non-città dove organizzare eventi e feste per il divertimento di vip e turisti e per favorire speculazioni di ogni tipo, mentre il numero dei residenti scende sempre più. Noi non vogliamo essere delle comparse per soddisfare i momenti di notorietà di politici affaristi e insensibili, ma essere protagonisti della vita quotidiana tornando liberi di circolare per Venezia senza rischiare la vita.
la Nuova Venezia, 30 maggio 2017
LO SFOGO DI ALMANSI
«ONDE DAPPERTUTTO»
di Roberta De Rossi
«Non si può rischiare di affondare per il moto ondoso durante una regata di voga: prima i taxi continuavano a passare sulla linea di partenza, dove ci stavamo riscaldando, incuranti dei richiami della Capitaneria; durante la regata, abbiamo imbarcato acqua in continuazione, tra le onde del bacino; ad un certo punto ci siamo viste arrivare addosso un ferry boat, che ha messo la retromarcia all’ultimo, facendoci quasi rovesciare, anche le due moto d’acqua delle forze dell’ordine facevano onde . Eppure durante l’America’s Cup il bacino era un olio».
La giovane regatante Elena Almansi è arrabbiatissima. Chiede al Comune di darsi da fare per garantire più sicurezza nelle gare e, in generale, alla laguna: «Tutti corrono, hanno fretta», dice, incuranti della sicurezza. Io stessa sono stata investita, l’anno scorso. Non c’è attenzione e così non si difende la città, né le tradizioni». Lo sfogo è diretto al Comune.
«La lotta al moto ondoso e la difesa delle tradizioni sono il motivo per cui, anni fa, il coordinamento delle remiere ha fortemente voluto che la Sensa tornasse ad essere una festa con le regate e non più il lancio di una corona di fiori da un taxi», commenta il delegato del sindaco Giovanni Giusto, presidente del coordinamento, «il corteo è stato rallentato dalla fortissima corrente contraria, tanto che quando siamo arrivati a San Nicolò, sapendo che le donne erano partite, ci siamo spostati su Sant’Andrea per la ricostruzione dell’alzabandiera storico, posticipando lo Sposalizio proprio per lasciare la scena alle donne. Le forze dell’ordine hanno dato il massimo, ma non possiamo chiudere un canale marittimo». Tant’è il moto ondoso resta la grave emergenza di Venezia.

Governanti servitori dello sfruttamento turistico della città: ogni mercante si prende lo spazio pubblico che vuole, e i cittadini contribuenti pagano le tasse per i turisti. Cronache di Alberto Vitucci e Roberta De Rossi, la Nuova Venezia 30 e 31 maggio 2017 (m.p.r.)
la Nuova Venezia, 31 maggio 2017
STOP AI PLATEATICI
L'INVASIONE NON SI FERMA
di Alberto Vitucci
Via ai pianini del Gran Viale, della Giudecca e di Sant'Agnese. Conferenza dei servizi ieri mattina a Ca'Farsetti per avviare l'approvazione di nuovi strumenti di riordino del plateatico e dell'occupazione di suolo pubblico. Strumento lanciato qualche anno fa dall'assessore Giuseppe Bortolussi (giunta Cacciari), poi ritirato e riveduto da Carla Rey (giunta Orsoni), adesso riproposto con la giunta Brugnaro. «Un problema complesso, che va affrontato un pezzo alla volta, settore per settore», dice l'assessore al Commercio e Plateatici Francesca Da Villa. Ancora saldamente al suo posto nonostante l'ultimatum inviato al sindaco dal suo partito, la Lega, due mesi fa. «Se resta rappresenta solo se stessa, perché sul referendum non ha seguito la linea della Lega», aveva accusato il segretario Sergio Vallotto. «Io vado avanti, lavoro», replica Da Villa. Un lavoro per il momento concentrato sui pianini. Della Conferenza dei Servizi che decide fanno parte anche i rappresentanti delle associazioni interessate, Pubblici esercizi e commercianti. «Sono gli stakeholders, li dobbiamo ascoltare», dice l'assessore, «e alla fine trovare un compromesso tra le attività economiche e il decoro».
Per adesso l'ago della bilancia volge in favore delle categorie. Nonostante gli annunci, in alcune aree della città la situazione è peggiorata. Aree occupate da banchi ambulanti, per buona parte gestiti in subappalto da stranieri. Diventati veri e propri negozi con oggetti appesi. Dilagano anche i plateatici, così come le tende, sempre più grandi, sulla pubblica via. È il caso della Strada Nuova, dove in alcuni punti, verso Santi Apostoli, la viabilità è resa problematica da sedie e tavolini di nuovi esercizi, banchi e oggetti esposti da parte dei negozi. Tornano sedie e tavolini anche in luoghi che erano stati vietati. Come a ridosso delle chiese e anche in mezzo alla pubblica via. I pareri della Municipalità, che un tempo erano obbligatori, adesso non lo sono più. Il via libera arriva dai vigili, quasi in via automatica.
In pratica ogni esercizio che apre ha diritto al suo plateatico. Cioè ad allargare il negozio sul suolo pubblico. Aprono senza rispettare un Piano che non c'è e senza chiedere la licenza. Basta avere l'autorizzazione per la canna fumaria e per le fosse settiche per poter aprire, solo con una Scia, cioè la dichiarazione di un professionista. Sparito anche il tetto delle attività nelle singole zone. Un bar può aprire anche accanto a un altro, senza chiedere niente a nessuno. Risultato, l'affollamento di Pubblici Esercizi che seguono il mercato, cioè i consumi del turismo mordi e fuggi.
la Nuova Venezia 30 maggio 2017
CITTÀ SEMPRE PIÙ AFFOLLATA DI TURISTI
CESTINI PIENI DI RIFIUTI
DIFFICILE SVUOTARLI TUTTI»
di Roberta De Rossi
Cestini rigurgitanti immondizia già alle due del pomeriggio: sul Ponte di Rialto, in Strada Nuova, nelle calli attorno a campo San Bartolomeo.
È accaduto in un “banale” lunedì, come già si era registrato sabato e domenica. Bottiglie di plastica, carte unte, bicchieri sporchi di gelato, a mucchi, sopra e accanto ai cestini, non in grado di contenerli tutti: segno di una città sempre più affollata di turisti, non solo nei fine settimana.
«Abbiamo avuto qualche difficoltà nello spazzamento delle strade», confermano dall’Ufficio relazioni esterne di Veritas, «a causa di una quantità anomala di rifiuti, prodotti tra sabato e domenica. Certamente in centro si tratta di rifiuti collegabili al turismo, anche se c’è da dire che nelle zone più periferiche continua il fenomeno - illegale - di chi utilizza i cestini per gettare i sacchetti dell’immondizia di casa».
Fuor di metafora: non bastano gli spazzini per pulire la città da rifiuti in costante aumento. Un fenomeno non certo di questi giorni: le 51.485 tonnellate raccolte nel 2014 a Venezia, Murano e Burano, sono diventate 52.647 nel 2015, per crescere fino a sfiorare le 54 mila tonnellate nel 2016. E il trend - conferma Veritas - è in aumento anche quest’anno.
A Venezia è come se ogni abitante producesse il doppio di rifiuti: se la media veneta è di 1,8 chili a testa, a Venezia è di 2,8. Lasciti dei turisti messi (in parte) in conto ai residenti in città: il solo spazzamento delle strade, con relativa pulizia dei cestini, costa 6 milioni e mezzo all’anno. Tutti messi in bolletta ai residenti.
Per il servizio di raccolta porta-a-porta e pulizia della città e delle isole, Veritas spende 81 milioni di euro l’anno. Naturalmente, alberghi, ristoranti hanno un ricarico della Tari proporzionale alle loro attività e, quindi, contribuiscono per la loro parte alle spese di Veritas, ma per il resto ci pesano i veneziani: rincaro dei biglietti Actv e tassa di soggiorno non vengono dirottate sui conti dell’azienda.

Anche Italia Nostra reagisce allo scandaloso tentativo dell'Università Iuav e del Mit di far risparmiare alle imprese del Consorzio Venezia nuova i soldi dovuti per il ripristino dell'ambiente deturpato. La Nuova Venezia, 23 maggio 2017
Venezia. Un esposto alla Corte dei Conti perché gli 11 ettari di cemento armato dell’enorme piattaforma “temporanea” realizzata a Santa Maria del Mare, a Pellestrina, siano effettivamente smantellati - come previsto - dopo la realizzazione del Mose e non vengano spesi altri soldi pubblici per riconvertirli in mini porto off-shore, né tantomeno ospitino per tre anni gli studenti di Iuav e Mit di Boston per un progetto sul riuso dei luoghi, come invece prevede un recente accordo tra il commissario del Consorzio Venezia Nuova Ossola e lo Iuav.
A firmare l’ennesima denuncia “attorno” al Mose è Italia Nostra, nelle settimane in cui il presidente del Porto, Pino Musolino, ha annunciato la progettazione di un nuovo scalo per grandi navi porta-container nell’area della conca di navigazione in bocca di porto di Malamocco, e lo Iuav ha siglato con il Consorzio il progetto “Reinventing places, Venice Mose. Studio in un sito temporaneo tra mare e Laguna”, per trasformare la piattaforma in un villaggio dove gli studenti possano progettare in loco il recupero del “dopo cantiere”.
«Progetti che ci sorprendono», commenta Lidia Fersuoch, presidente di Italia Nostra Venezia, «ricordando che lo stesso presidente del Provveditorato alle opere pubbliche, Linetti, ha preso posizione per dire come “in quell’area già problematica per la navigazione, vista la presenza delle paratoie del Mose e della conca, aggiungere altre navi potrebbe aumentare i problemi”». «Questa enorme piattaforma di cemento è stata costruita in un ambiente oggetto di vincoli paesaggistici e ambientali, priva di tutte le autorizzazioni», prosegue Fersuoch, «La Commissione europea aprì una procedura d’infrazione contro lo Stato, risoltasi nel 2009 con un’archiviazione “per ragioni di opportunità” perché lo Stato si era impegnato a fare delle opere di compensazione ambientale. Nella lettera di messa in mora si ribadiva che si trattava di un’opera temporanea, e che sarebbe stata rimossa conclusisi i lavori. Dieci anni dopo il Mose è ancora in fieri e se andrà bene sarà consegnato nel 2022. Il cantiere però è già in dismissione e i luoghi devono essere ripristinati da ora».
«Quello era l’impegno solennemente preso con i cittadini dal presidente della Regione, dal presidente del Magistrato alle acque, dal concessionario unico dello Stato: poco importa che tutti tre siano stati poi arrestati, rappresentavano lo Stato», conclude Italia Nostra, «le garanzie che i luoghi sarebbero stati ripristinati costituiva un formale impegno con Venezia, il sindaco, gli abitanti di Pellestrina, defraudati della bellezza della loro isola. Erano opere non autorizzate in aree vincolate, imposte al territorio con la forza in virtù della loro temporaneità».
Riferimenti
Vedi su eddyburg: Summer school Iuav nel villaggio MoSE