«Il Porto dà in concessione il Fabbricato 280, è arrivata l’offerta per un hotel per giovani e crocieristi». Si aspetta ora l'assenso del comune al cambio di destinazione d'uso e all'aumento volumetrico. L'utilità pubblica? un museo del mare al Tronchetto. La Nuova Venezia, 22 giugno 2016 (m.p.r)
Venezia. In arrivo un nuovo albergo da 200 stanze con due piscine - il secondo caso in un hotel del centro storico dopo quella all’ultimo piano dell’Hilton Stucky - riservato ai giovani e ai crocieristi che sbarcano o si imbarcano dalla Marittima. L’Autorità portuale di Venezia ha infatti offerto pubblicamente in concessione il Fabbricato demaniale 280, fra il Tronchetto e la Marittima, un tempo sede della Capitaneria di Porto ma da tempo vuoto e ora un po’ fatiscente.
Un edificio in cemento un po’ spoglio, nello stile dell’edilizia anni Cinquanta che però il Porto vuole recuperare. Ed è già arrivata un’offerta precisa da parte del gruppo fiorentino Élite Vacanze Gestioni srl, che prevede appunto di ristrutturare e ampliare l’edificio - con un cambio di destinazione d’uso da direzionale a ricettivo a commerciale - per realizzare appunto un albergo con piscina scoperta, sauna e spazio polifunzionale espositivo, aperto al Porto e anche alla città, che dovrebbe ospitare una sorta di “Museo del mare”.
Necessario il via libera del Comune che dovrà appunto concedere il cambio di destinazione d’uso. L’investimento previsto da parte del gruppo toscano per la ristrutturazione totale dell’edificio, il suo ampliamento e la modifica ai fini alberghieri è importante:15 milioni e 700 mila euro. C’è comunque tempo fino alla fine di agosto per presentare altre offerte eventualmente migliorative all’Autorità portuale.
Il nuovo hotel però non sarà un cinque stelle, pur senza rinunciare ai confort, ma guarderà oltre che ai crocieristi, a una clientela soprattutto giovanile di turisti che arrivano a Venezia. EC Vacanze Group è infatti oggi il più grande gruppo in Italia per campeggi, villaggi e ostelli, con otto campeggi e tre Ostelli di alta categoria, più altre strutture. Nell’area veneziana il gruppo possiede già ad esempio il Campeggio Jolly, a Mestre, da 450 posti letto. Il progetto prevede al piano terra la realizzazione della hall di accesso all’albergo e di una piscina coperta di 85 metri quadrati con sauna e spogliatoi e 51 camere con bagno. Sempre al piano terra è prevista, in un’area di 300 metri quadrati, la realizzazione dello spazio polifunzionale espositivo dedicato al mare, con annessa sale conferenze, che sarà a disposizione dell’Autorità portuale, oltre che della città.
Al primo, secondo e terzo piano dell’edificio saranno distribuite altre 130 camere, con uffici di accoglienza e una hall di ingresso di 200 metri quadrati. Il quarto piano prevede la realizzazione di un bar-ristorante di 350 metri quadri, con verde attrezzato e un’altra piscina, questa volta scoperta, oltre ad altre 14 camere con bagno. Bisognerà attendere la fine di agosto, per vedere se non arriveranno altre offerte, prima del via libera del Porto al nuovo hotel in Marittima, in attesa poi del placet urbanistico del Comune.
Venezia. I 49 manifestanti contro le grandi navi sono stati assolti. Ieri, alle 16, il giudice monocratico di Venezia Stefano Manduzio ha letto la sentenza. Fatto non sussiste e fatto non costituisce reato: queste le formule scelte per i reati di inosservanza dei provvedimenti delle autorità, inosservanza delle prescrizioni del questore e accensioni pericolose, così come avevano chiesto i difensori, gli avvocati Aurora D’Agostino, Giuseppe Romano, Michele Maturi e Mario D’Elia. Il pm Elisabetta Spigarelli aveva chiesto la condanna di 12 dei 49 imputati, tra cui Michele Boato, Tommaso Cacciari e Michele Valentini, ma anche loro sono stati assolti per aver organizzato e partecipato alla manifestazione sulle barche alla Punta della Dogana il 12 settembre 2012.
«Dfs ha acquisito un’area accoglienza dove arriveranno i bus dei turisti che poi saranno accompagnati anche allo store. Sarà interessate scoprire come i turisti del Fontego sbarcati al Tronchetto arriveranno via acqua nel grande magazzino, visto che il Canal Grande è vietato ai lancioni turistici». La Nuova Venezia, 1° giugno 2016 con postilla
I turisti-clienti del nuovo Fontego dei Tedeschi «targato» Dfs, in particolare orientali, sbarcheranno in bus al Tronchetto, smistati in un’area di accoglienza a loro riservata. Saranno poi “caricati” in barca e portati in tour per qualche ora a San Marco e naturalmente nel grande magazzino del lusso che aprirà dal 30 settembre di fronte a Rialto. Poi, riportati indietro al Tronchetto, riprenderanno il loro bus turistico per la prossima meta. Dovrebbe essere questo il core-business di «T (che sta non a caso per traveller, viaggiatore) Fondaco», il grande magazzino del gruppo francese per assicurare un congruo flusso di visitatori-clienti, in grado di giustificare i costi importanti dell’operazione.
postilla
In estrema sintesi: il furto continua. Prima hanno tolto alla collettività uno spazio pubblico, centrale quanto altri mai nella vita quotidiana della città, per dedicarlo alle attività commerciali al top della globalizzazione; hanno trasformato l'antico Fòntego dei Tedeschi, privandolo anche del suo plurisecolare nome, in un "non luogo" della "infrastruttura globale" descritta da Saskia Sassen. Poi lo estraggono dall'aera urbana e dai suo flussi pedonali e lo collegano direttamente con un hotpoint localizzato in connessione con la rete autostradale. Fra qualche mese proporranno al sindaco di costruire un poeple mover, o un pezzetto di tunnel sublagunare, per facilitare l'accesso, magari con un percorso che comprenda piazza San Marco.
Negli stessi giorni a Venezia si svolgeranno due eventi: ai Giardini si aprirà la Biennale architettura, a Rialto l'antico centro della città si potrà vedere il più clamoroso degli scempi di Benettown: la distruzione del Fòntego dei Tedeschi. La Nuova Venezia, 21 maggio 2016, con postilla
Dal XVI secolo al futuro, dai tedeschi ai francesi, dai legnami ai tacchi assassini, in un'evoluzione di tempi, modi e opportunità. Il commercio, quello delle merci in arrivo dal nord Europa, e poi quelle comunicazioni, nel lungo periodo in cui fu sede delle Poste; il commercio, questa volta del lusso, soprattutto italiano, rimane il cardine del Fontego dei Tedeschi che sta perfezionando la sua muta in attesa di mostrarsi a Venezia e al mondo tra quattro mesi.
Il resto è il risultato dell'incontro, quasi mai facile, tra le vestigia del passato e la tecnologia, tra la storia e la sua proiezione, tra la scala mobile rosso color sangue di bue e i merli di pietra della facciata a guardia del ponte di Rialto. Ecco il Fontego che diventa Fondaco, anzi “T Fondaco dei Tedeschi”, secondo la ristrutturazione voluta da Edizione - la società del Gruppo Benetton proprietaria dell'edificio –, affidata allo Studio Oma dell'architetto Rem Koolhaas e alla Sacaim, e ora, a lavori praticamente conclusi, salda nelle mani del marchio Dfs (Duty Free Shop), controllato dal Gruppo Lvmh, che ha avuto in affitto l'edificio cinquecentesco.
postilla
Lo scempio è compiuto e, dal 29 giugno, visibile. Occorrerebbe affiggere, a memoria dei posteri, una lapide con l'elenco dei protagonisti e dei complici del delitto. La città e i suoi cittadini e abitanti hanno perduto uno spazio pubblico vitale per decenni, l'umanità un elemento di rilievo del patrimonio storico e artistico della città. In cima alla lista dei carnefici e dei loro complici non ci sarebbe solo quel signore, padrone di Benettown, che un sindaco filosofo definì "un mecenate", ma anche un paio di sindaci della città, la dirigente della sovraintendenza ai Beni architettonici e paesaggistici di Venezia, gli architetti che hanno concepito e implementato il progetto, e via enumerando. Chi volesse contribuire a comporre l'elenco dei nomi da inserire in una lapide siffatta può cominciare a sfogliare eddyburg, scrivendo sull'apposito "cerca le parole" "Fontego dei Tedeschi".
«Sono loro le persone che riempiono i social network con espressioni di ammirazione, di amore per la bellezza e spesso di grande dolore per gli oltraggi del turismo di massa». Articoli di Italianostra.org e la Nuova Venezia, 14 maggio 2016 (m.p.r.)
Italianostravenezia.org
VOGALONGA, BENVENUTI OTTOMILA VOGATORI
Di fronte alla media di ottantanovemila turisti al giorno che vengono a Venezia (dei quali ben trentamila solo in alberghi e appartamenti), gli ottomila iscritti alla Vogalonga di domani 15 maggio sono come una goccia nel mare. Eppure rappresentano una grande consolazione per tutti noi veneziani e una luce di speranza nel futuro della nostra città. Sono loro le persone che riempiono i social network con espressioni di ammirazione, di amore per la bellezza e spesso di grande dolore per gli oltraggi del turismo di massa. Li abbiamo visti in questi ultimi giorni percorrere spesso i canali minori con le loro canoe e dragon boat, scivolando silenziosi e incantati, così diversi dai gruppi di crocieristi stipati sui taxi in corsa folle verso gli aeroporti o verso le loro navi gigantesche. Domani, partendo dal bacino di San Marco, passeranno davanti alle Vignole, a Burano e a San Francesco del Deserto, a Mazzorbo e a San Giacomo in Paludo. Il fascino della laguna resiste ancora, grazie anche a quel gruppetto di intrepidi che nel 1975 ebbero l’idea di lanciare una vogata che sembrava molto lunga e molto difficile.
Invece si tramutò nell’evento dell’anno per migliaia di residenti e di visitatori. La viviamo con un po’ di malinconia perché a volte ci sembra l’ultimo respiro di un mondo che sta per scomparire, ma in altri momenti possiamo ancora rallegrarci alla vista di tante persone che hanno capito Venezia e la rispettano e amano, e allora ci diciamo che forse non tutto è ancora perduto.
La Nuova Venezia
OTTOMILA VOGATORI ALLA MARATONA DEI RECORD
Un'interrogazione del senatore Felice Casson costruita dopo aver ottenuto l'accesso agli atti e averli esaminati con attenzione, rivela che il Re è nudo. Nonostante i lori sforzi congiunti Paolo Costa e Luigi Brugnaro non hanno in mano nessuna carta per violentare la Laguna. Nessuno dei progetti presentati per far entrare le Grandi navi in Laguna è legittimo, nessuno è stato correttamente depositato. La Nuova Venezia, 11 maggio 2016, e il testo dell'interrogazione
La Nuova Venezia
IL TESTO DELL'INTERROGAZIONE
di Felice Casson
alla data del 20 aprile 2016, giorno di entrata in vigore del nuovo codice degli appalti, non risulterebbe pervenuta al Ministero dell'ambiente alcuna istanza di VIA che faccia rientrare il progetto nella condizione prevista dall'art. 216;
il capitano di vascello Goffredo Bon, prima ancora di assumere il comando della Capitaneria di porto di Venezia, in un'intervista rilasciata venerdì 6 aprile, ha dichiarato: «penso che il progetto delle Tresse possa essere la soluzione valida», dimostrando di non essere informato minimamente del fatto che l'istanza di VIA non era stata nemmeno incardinata e che il progetto sarebbe quindi giuridicamente inesistente;
si chiede di sapere:
se i Ministri in indirizzo siano a conoscenza dei fatti rappresentati e quali decisioni e controlli intendano esercitare;
se non ritengano necessaria, nel caso specifico del canale Tresse nuovo, una ricostruzione dei rapporti intercorsi tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e l'Autorità portuale di Venezia, anche per fare chiarezza sulle continue dichiarazioni del presidente Paolo Costa, che chiamano in causa direttamente lo stesso Ministro e comunque i suoi uffici;
se in effetti il cosiddetto progetto canale Tresse nuovo sia giuridicamente inesistente in quanto a) ogni nuovo progetto dovrebbe essere conforme al livello di progettazione previsto dal codice degli appalti e privo di difformità progettuali; b) va evitata qualsiasi forma di pressione o interferenza da parte degli uffici ministeriali circa la definizione, la priorità e l'esito delle procedure di valutazione di impatto ambientale, in contrasto con la normativa vigente, e c), in particolare, vanno rispettate le nuove norme e ogni nuovo progetto nello specifico relativo alla laguna di Venezia, dichiarata di preminente interesse nazionale, deve essere valutato in relazione alle qualità ambientali dei progetti, previste dagli art. 95 e 183 del decreto legislativo n. 50 del 2016;
se, relativamente alle dichiarazioni del nuovo comandante della Capitaneria di porto, non ritengano di dover verificare quanto segnalato, d'intesa eventualmente con l'ammiraglio ispettore delle Capitanerie di porto;
se non ritengano necessario esercitare la vigilanza sul bando dell'Autorità portuale circa l'assetto societario e la cessione delle quote azionarie;
se non ritengano opportuno attendere il pronunciamento della sentenza del TAR del Veneto ordinata dal Consiglio di Stato per la prosecuzione del bando;
se il valore delle quote deciso dall'Autorità portuale sia un valore reale o sia invece legato ad una valutazione speculativa, stante la breve durata della concessione.
La Nuova Venezia
VTP, CONTROLLO PUBBLICO A TERMINE
REGIONE PRONTA A CEDERE LE QUOTE
di Gianni Favarato
«Si tratta di progetti estremamente impattanti contenuti nel PTRC partorito dall'ultima giunta Galan-Chisso e mai emendati dai successivi governi regionali guidati dalla Lega». Opzionezero.org, 10 maggio 2016
Comunicato stampa Opzione Zero
«Se qualcuno pensa di approfittare del problema “grandi navi” per ridare la stura a vecchi progetti che sanno tanto di speculazione immobiliare come i poli logistico e crocieristico di Dogaletto, si sbaglia di grosso. Cementificare centinaia di ettari di suolo agricolo in riva alla Laguna per fare spazio ai mostri del mare è una follia che contrasteremo con ogni mezzo a disposizione. Che le si voglia piazzare a Venezia, a Marghera, a Dogaletto o da qualsiasi altra parte, le “grandi navi” rimangono sempre incompatibili e insostenibili. Come comitato siamo uniti e compatti con il Comitato No Grandi Navi e con le associazioni ambientaliste per bloccare la costruzione di nuovi canali o nuovi terminal. Le “grandi navi” devono stare fuori dalla Laguna punto e basta».
E' questa la pronta risposta di Opzione Zero alle dichiarazioni rilasciate oggi sulla stampa da parte del presidente della società Venezia Terminal Passeggeri (VTP) Sandro Trevisanato sulla possibilità di un terminal a Dogaletto.
In un articolo del Gazzettino, Trevisanato prende infatti spunto dalla proposta fatta da Venezia Investimenti di ricollocare le navi da crociera oltre le 96.000 ton a Marghera, per rilanciare l'idea di costruire un nuovo terminal crociere sfruttando le aree agricole che si affacciano sulla Laguna nei pressi della Cassa di Colmata A in Comune di Mira, o forse là dove era previsto il Polo Logistico.
«Si tratta di progetti estremamente impattanti contenuti nel PTRC partorito dall'ultima giunta Galan-Chisso e mai emendati dai successivi governi regionali guidati dalla Lega - prosegue Opzione Zero - Progetti che rientravano in pieno nella furia speculativa e cementificatrice che ha devastato il Veneto, e di cui il caso MOSE ha offerto uno spaccato inequivocabile».
Per Opzione Zero è necessario stroncare immediatamente un disegno del genere, e per questo chiede al Comune di Mira di intervenire facendo pesare fino in fondo il proprio ruolo di comune lagunare presso la Regione, l'Autorità Portuale e presso il Comitatone.
Opzione Zero presenterà inoltre un proprio contributo in fase di osservazioni al nuovo Piano di Assetto del Territorio, con l'intento di introdurre vincoli più specifici e più stringenti per le aree potenzialmente interessate da questi progetti.
Ancora effetti perversi dei tagli imposti dalla micidiale politica dell'Unione europea e interpretata dal governo Renz: alloggi pubblici all'asta per mitigare gli effetti della riduzione dei finnziamenti alla sanità. La Nuova Venezia, 1 maggio 2016 (p.s.)
Nei mesi scorsi l’Asl ha chiesto all’Agenzia delle Entrate la valutazione degli immobili, e ora è in attesa dell’autorizzazione da parte della Regione Veneto, cui spetta il via libero definitivo per l’alienazione degli immobili di proprietà dell’azienda sanitaria. Dopodiché si passerà all’asta. Già l’anno scorso l’Asl aveva deciso di mettere in vendita oltre trenta appartamenti, soprattutto in centro storico, per un valore complessivo di almeno 14 milioni di euro. In un primo momento aveva cercato di venderli tutti insieme, con l’obiettivo di far gola a qualche fondo immobiliare, senza riuscirvi. E quasi a vuoto erano andate anche le singole aste degli immobili messi in vendita - solo 4 ceduti - motivo per cui si è poi passati a trattative private.
La manifestazione d’interessa va presentata entro il 27 maggio. Per questo secondo pacchetto di immobili, non appena la Regione darà il via libera, bisognerà procedere con l’asta pubblica e l’Asl 12 dovrà decidere se provare a vendere, in prima battuta, il pacchetto intero, o procedere alle singole alienazioni. Nel lungo elenco girato dal direttore generale, Giuseppe Dal Ben, alla Regione e al ministero dei Beni culturali - qualora emergesse che alcuni edifici risultano vincolati - ci sono appartamenti il cui valore è compreso, mediamente, tra 200 mila e 700 mila euro, come per un edificio a Cannaregio 2082.
Degli oltre cinquanta immobili in vendita cinque si trovano a Mestre tutti in via Torre Belfredo 60 (ex calle della Testa 3) mentre gli altri, con l’eccezione di un caso a Pellestrina, in calle Chiori 986. Gli altri edifici in vendita si trovano per la maggior parte a Cannaregio (32 appartamenti) dove si trovano gli immobili più costosi, mentre altri 17 appartamenti si trovano nel sestiere di Castello. Proprio per la scarsità di risorse nelle scorse settimana la Regione aveva respinto la richiesta dell’Asl 12 di abbattere la palazzina ex Ced alle spalle del distretto sanitario di via Cappuccina.
Dal Ben voleva abbatterla per poi ricostruirla ex novo, per una spesa di 2 milioni e 300 mila euro prevista nel 2017 (un milione) e nel 2018 (un milione e 300 mila euro) ma la Regione ha congelato il piano dell'Asl, invitandola a rinviare la demolizione.
Sapendo di godere dell'appoggio delle pubbliche istituzioni, gli armatori alzano le pretese. Ora vogliono venga abolito il limite delle 96 mila tonnellate per le grandi navi in laguna. Se non saranno accontentati, "minacciano" di andarsene. La Nuova Venezia, 29 aprile 2016 (p.s.)
Venezia. Traffico crocieristico in calo a Venezia negli ultimi due anni e anche in quello in corso, e una richiesta precisa che arriva dal presidente - in scadenza - della Venezia Terminal Passeggeri Sandro Trevisanato: quella che per la fase transitoria, in attesa del nuovo tracciato per le Grandi Navi (un’attesa che potrebbe durare diversi anni) il Governo, con nuovo decreto, abolisca il limite delle 96 mila tonnellate, ora vigente, per consentire l’ingresso in laguna delle navi da crociera.
La previsione per il 2016 annunciata da ieri da Vtp, è quella di un milione 550 mila passeggeri. Nel 2015, i passeggeri erano stati 1.582.483, contro il milione e 733 mila del 2014 e il milione e 815 mila passeggeri del 2013. Un calo - secondo Trevisanato e l’amministratore delegato di Vtp Roberto Perocchio - dovuto appunto al limite di tonnellaggio, accettato dalle compagnie per entrare in laguna, che allontana quelle più grandi e più nuove e rischia appunto di ridimensionare lo scalo veneziano.
Trevisanato, giunto al termine del suo mandato (prorogato solo in attesa del riassetto di Vtp), invoca due misure da parte del governo, da prendere entro il 2016, per evitare che le compagnie si spostino verso altri home port, «che saranno soprattutto stranieri, perché Trieste non ha lo stesso appeal di Venezia»: l'individuazione rapida della via alternativa al passaggio in Bacino San Marco, che è la soluzione Tresse Nuovo - sostenuta dal sindaco Luigi Brugnaro e dal presidente dell’Autorità Portuale Paolo Costa - e la fissazione di limiti non quantitativi, ma qualitativi.
«Rispettando regole di costruzione riguardanti la chiglia - spiega - garantendo manovrabilità per la sicurezza e utilizzando carburanti e apparecchi per abbattere le emissioni supereremmo la completamente la crisi e Venezia potrebbe riesplodere, potendo puntare ai due milioni e mezzo di passeggeri. In caso contrario, riteniamo che di più non si possa fare e Venezia sarebbe destinata ad un declino progressivo». Di qui la richiesta al Governo - dopo il Clini-Passera che fissava appunto il limite di ingresso delle Grandi Navi a 96 mila tonnellate - di un nuovo decreto “qualitativo” «che superi l’illogicità del limite già annullato dal Tar del Veneto».
E a sostegno Trevisanato cita le recenti dichiarazioni alla Fincantieri del ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio e il sostegno del nuovo sottosegretario ai Beni Culturali Dorina Bianchi. «Sappiamo quanto è importante il settore crocieristico per l'Adriatico», aveva detto tra l’altro Delrio, «però i documenti relativi ai tragitti alternativi al bacino di San Marco devono essere analizzati accuratamente. Stiamo definendo una data per riconvocare il Comitatone e decidere come gestire, nel frattempo, l'accesso a Venezia di navi da crociera che gli armatori vogliono sempre più grandi».
«Venezia, un’invasione. Paralisi a piazzale Roma senza che nessuno pensasse ad attivare quelle misure - come appunto il blocco del traffico sul ponte della Libertà se non per le auto dei residenti e per i mezzi pubblici - che pure sono teoricamente previste in caso di grave intasamento». La Nuova Venezia, 27 marzo 2016 (m.p.r.)
Venezia. Weekend di Pasqua come quello dei giorni “caldi” del Carnevale. Invasione di turisti in laguna quella di ieri - favorita anche al dal bel tempo e dal clima mite - che ha comportato, soprattutto nella prima parte della giornata, momenti di paralisi per il centro storico, a cominciare dall’area di piazzale Roma. Già in mattinata esauriti rapidamente i posti-auto nei garage comunale e San Marco, e riempito anche quello del Tronchetto. Il risultato è stato il formarsi di una coda di circa due chilometri lungo il ponte della Libertà, che ha bloccato anche i tram e gli autobus in arrivo a Venezia. Le auto sostavano in coda all’ingresso dei garage - senza possibilità di entrare - e dunque creavano l’effetto “tappo” lungo il Ponte, bloccandolo.
«La proposta contro il proliferare delle destinazioni alberghiere respinta dalla maggioranza. La richiesta riguardava l’approvazione di una Variante al regolamento edilizio per dare disposizioni finalizzate all’incentivazione dell’uso residenziale degli edifici del centro storico». La Nuova Venezia, 19 marzo 2016, con postilla
Basta con le trasformazioni della città. E con la proliferazione delle destinazioni turistico-alberghiere. Una parola d’ordine che sembrava aver messo d’accordo tutti, maggioranza e opposizione. Per cercare di fermare una deriva che sta trasformando Venezia in Disneyland. Hotel, bed and breakfast e appartamenti per turisti dove erano le case dei veneziani. Botteghe di maschere, pizza, bar e oggetti cinesi a un euro dove erano i negozi di vicinato. Sul principio tutti d’accordo. Ma quando si tratta di votare, le divisioni rispuntano. Così l’altra sera in Consiglio comunale la maggioranza ha bocciato la mozione proposta dalle opposizioni e discussa a lungo in commissione.
postilla
Nessuno sembra ricordare che il piano urbanistico della città storica, elaborato nell'ultimo decennio del secolo scorso e adottato nel 1992, prevedeva già la tutela della residenzialità e regole rigorose per condizionare le modifiche delle destinazioni d'uso, e che le norme furono peasntemente modificate (meglio, stravolte) dalla prima giunta Cacciari, per opera determinante dell'assessore neoliberista Roberto D'Agostino. Si veda in proposito la vicenda riassunta nell'articolo di Silvio Testa del 2015 (La Salvaguardia chiede a Cacciari di limitare le concessioni di cambio d'uso), e i numerosi articoli di Luigi Scano nella cartella Per la sua Venezia , e in particolare il documento Quale piano per la città storica di Venezia? (parte seconda)
Europa Nostra suona il campanello d’allarme per ricordare al mondo intero che Venezia non può sopravvivere senza la sua laguna. La presidente di Italia Nostra Venezia presenta la lista degli stravolgimenti e delle emergenze ambientali di Venezia. Gli articoli de La Nuova Venezia, 17 marzo 2016 (m.p.r.)
VENEZIA A RISCHIO
Venezia, con la sua laguna, è il sito culturale e naturalistico più a rischio d’Europa, sotto l’aggressione congiunta del traffico delle grandi navi in laguna, dell’erosione dei suoi fondali, dell’inquinamento, della pressione turistica. Lo ha certificato ieri nell’incontro tenutosi nell’Aula Magna dell’Ateneo Veneto, Europa Nostra, federazione di organizzazione a difesa del patrimonio che riunisce 40 Paesi del vecchio continente e che è sostenuta ora nei suoi progetti di recupero anche dalla Bei, Banca Europea degli Investimenti. Un incontro che è servito ad annunciare i sette siti più a rischio in Europa. Tra cui non c’è Venezia, proprio perché la sua situazione è giudicata talmente grave e importante da sopravvanzare quella di tutte le altre realtà europee.
TUTTE LE EMERGENZE CHE DETURPANO
LA BELLEZZA DELLA CITTÀ
Venezia. La lunga lista degli stravolgimenti e delle emergenze ambientali di Venezia. È quella che ha fatto ieri il presidente della sezione veneziana di Italia Nostra Lidia Fersuoch, intervenendo nella seconda parte del dibattito organizzato da Europa Nostra all’Ateneo Veneto, focalizzato proprio sulla nostra città. «Ho appena visto il progetto previsto nell’area degli ex Gasometri di San Francesco della Vigna e autorizzato nel periodo commissariale, modificando la pianificazione urbanistica», ha detto Fersuoch, «che stravolgerà completamente l’aspetto delle Fondamente Nove». Il progetto, curato dall’Immobiliare Del Corso srl, prevede la realizzazione di nuovi alloggi per una superficie di oltre diecimila metri quadri.
«IDEOLOGIA PIÙ FORTE
DEL TURISMO SOSTENIBILE»
BRUGNARO ABOLISCE
IL PARCO DELLA LAGUNA
Detto fatto: addio al Parco della Laguna. Già nell’ottobre scorso in consiglio comunale era stata bocciata la mozione del consigliere della Lista Casson, Nicola Pellicani, che chiedeva di discutere del futuro del Parco. «Troppi vincoli», secondo il sindaco Luigi Brugnaro - che aveva fatto dell’abolizione uno dei punti della sua campagna elettorale - con lo strumento di pianificazione urbanistica della laguna nord voluto dalla giunta Orsoni e già in quell’occasione l'assessore all’Urbanistica Massimiliano De Martin aveva annunciato l’intenzione della Giunta di abolire sia il Parco che l'Istituzione. Ora, nell’ultima seduta di Giunta, l’addio al Parco della Laguna con il “governo” degli oltre 16mila ettari di ecosistema lagunare e la relativa tutela, sparisce, con una delibera che cancella la pianificazione urbanistica del Parco e riporta tutto come prima. E fioccano le prime proteste.
«È l’8 marzo dei movimenti che difendono i territori dal business cannibale delle Grandi Opere e sventolano anche l’arcobaleno della pace». articoli di Roberta De Rossi, Ernesto Milanesi, Carlo Mion, la Nuova Venezia e il manifesto, 9 marzo 2016 (m.p.r.)
La Nuova Venezia
TRE ORE DI MANIFESTAZIONE
FRA TERRA E MARE
di Roberta De Rossi
Il manifesto
Un migliaio in corteo, sotto la pioggia per oltre due ore, dalla stazione ferroviaria di santa Lucia fino a punta della Dogana (e ritorno). Una ventina di barche a misurarsi con gli idranti e gli speronamenti delle forze dell’ordine nella «zona rossa» in bacino san Marco. È l’8 marzo dei movimenti che difendono i territori dal business cannibale delle Grandi Opere, sventolano anche l’arcobaleno della pace nella città di Valeria Solesin e promettono al premier un’altra «battaglia navale» fra scuole e università. A Venezia sono arrivati i resistenti della Val Susa, a beneficio di Wu Ming 1 che prende appunti multimediali. Tocca a loro cantare in testa alla manifestazione, come far da ospiti d’onore delle imbarcazioni «armate» di fumogeni e copertoni d’auto.
Ma per Renzi & Hollande a palazzo Ducale si sono mobilitati da tutt’Italia: Stop Biocidio di Napoli, No Ombrina dall’Abruzzo, Kein Bbt dal Trentino, No Muos dalla Sicilia. È l’alternativa «dal basso» alla devastazione di cemento, asfalto, trivelle, produzione di morte. Ma insieme rappresenta la democrazia diretta che s’incarna nei referendum, come nelle lotte sociali o nelle «missioni a braccia aperte» lungo i confini dell’Europa con i muri di filo spinato.
Nella delegazione dei centri sociali delle Marche spicca Karim Franceschi, il combattente di Kobane. E sotto gli ombrelli marciano Arnaldo Cestaro, classe 1939, massacrato alla scuola Diaz di Genova, e il piccolissimo figlio nel marsupio di una delle donne dietro lo striscione di Vicenza, stritolata dal cemento della nuova base Usa come dai progetti dell’alta velocità ferroviaria. In coda centinaia di studenti con i cori anti-Renzi, le bandiere rosse, il sound system.
Il corteo si snoda dai Tolentini a campo Santa Margherita, fino a San Basilio e alle Zattere, sempre accompagnato da quello par màr che attraverso rii e ponti deve guadagnare lo specchio di laguna letteralmente blindato fin dall’alba. È lì che poco dopo mezzogiorno scatta l’ingaggio. Motovedette della polizia e gli idranti della Guardia di finanza vanno all’assalto dei natanti da diporto. I «pirati» tentano una, due, tre volte di violare la zona off limits davanti a piazza San Marco. Ma vengono speronati, bersagliati dai cannoni idrici e, in un caso, a bordo si resta senza timone.
Inutile il cambio di «equipaggi» a punta della Dogana: scendono fradici di pioggia, idranti e onde sollevate dalle moto d’acqua dei poliziotti; sale a bordo gente nuova e più asciutta. Diventa una «battaglia navale« con i fumogeni rossi che accompagnano gli slogan dei piemontesi e dei veneziani all’indirizzo dei «filibustieri» in divisa. Dura circa un’ora senza che nessuno si faccia davvero male, finché a terra si decide di abbandonare il presidio e in acqua di mettere la prua verso il canale della Giudecca. Ma almeno il summit numero 33 italo-francese non si esaurisce nel cerimoniale istituzionale contemplato dalle agende presidenziali. Tanto più che la «vertenza Lione-Torino» (progetto 1992) è approdata ieri pomeriggio in Senato: protagonisti dell’audizione in commissione lavori pubblici i sindaci e i tecnici della Val Susa. In parallelo, è partita la «tempesta elettronica» con le dieci domande sulla Tav spedite a raffica via e mail ai vertici dei due governi.
A Venezia, invece, il «doge Gigi» non ha perso l’occasione di imbastire la sua personale vetrina con il ministro dell’ambiente Gian Luca Galletti. Il sindaco fucsia Brugnaro fa sapere di aver discusso delle bonifiche a Marghera, del futuro del Mose e della rotta alternativa per le città galleggianti dei croceristi. Peccato che manchino le risorse indispensabili al «marginamento» in sicurezza dell’ex area industriale dei veleni, mentre la Corte dei Conti sta per presentare un conto da 5,2 milioni di euro a Giancarlo Galan per i danni d’immagine subiti dalla Regione nello scandalo che ha travolto il Consorzio Venezia Nuova.
Sul fronte delle Grandi Navi, l’iniziativa più concreta è di Cesare De Piccoli (ex viceministro dei trasporti nel governo Prodi): con Dp Consulting srl e Duferco Italia Holding spa ha appena presentato il progetto «Venis Cruise 2.0» con il nuovo terminal crocieristico alla bocca di porto del Lido. La proposta del vecchio leader della Quercia veneziana fa il paio con la lettera aperta che la nuova segretaria comunale del Pd Maria Teresa Menotto ha «spedito» a Renzi, sollecitandolo proprio a fermare le mega-crociere fuori dalla laguna.
La Nuova Venezia
IN PUNTA DELLA DOGANA
Dalle imbarcazioni di guardia di finanza e polizia iniziano a sparare con gli idranti acqua pescata in bacino. A questo punto nessuno viene risparmiato. Un primo tentativo di andare oltre la linea di Punta della Dogana è fallito. Ancora qualche scaramuccia mentre tatticamente i “pirati” indietreggiano. Ci scappano delle piccole collisioni senza conseguenze. Inevitabile in mezzo alla confusione che si è creata con barche che fanno manovra in una “piscina”. I “pirati” indietreggiano e si riorganizzano. Nuovamente una accanto all’altra le barche muovono all’assalto del blocco navale. A questo punto dagli idranti l’acqua arriva più abbondante di prima. Alcune imbarcazioni vengono prese di mira non solo da due idranti ma pure da una moto d’acqua. Troppe onde, arriva acqua da ogni angolo mentre imperterrito il capitano del “topo” governa l’imbarcazione in mezzo a questo “tsunami”. Altri quindici minuti e tutto finisce.
Quel che resta dell’Orto Botanico di Venezia sta per scomparire. L’ennesima cementificazione pianificata dalle varie amministrazioni comunali che, in accordo con i privati investitori, da anni cinicamente speculano sulla presunta mancanza di case per i veneziani, riempirà il giardino con 140 appartamenti ed alcune attrezzature commerciali e direzionali.
La creazione dell’Orto fu decisa nel 1810, in applicazione di un decreto del 1807 con cui gli occupanti francesi avevano istituito i primi licei non confessionali nel Veneto, disponendo anche che l’insegnamento della botanica fosse obbligatorio e che ogni liceo avesse a disposizione un orto botanico “a scopo didattico”. Nacque, così, l’Orto del liceo convitto Santa Caterina (oggi liceo classico Foscarini) per la cui sede fu scelto un vasto terreno di 18672 metri quadrati, già occupato dal convento dei frati francescani minori a san Giobbe, uno degli ordini religiosi sciolti da Napoleone. Dopo il ritorno della dominazione austriaca, l’Orto venne affidato al bavarese Giuseppe Ruchinger, poi a suo padre ed infine ad un fratello.
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| Orto botamico San Giobbe. Dettaglio Mappa Ludovico Ughi |
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| Mappa fratelli Combatti |
Con l’annessione di Venezia al regno d’Italia (1866) ha inizio la decadenza dell’Orto. Il Demanio intendeva usarlo “a scopo diverso da quello della coltivazione di piante” e solo la concessione per 29 anni, e poi la vendita, all’ultimo dei Ruchinger ne prolungò la sopravvivenza. Fu infine comprato dal principe Giuseppe Giovannelli (dal 1868 al 1870 sindaco di Venezia) e ceduto alla società tedesca Maschinenbauer Schwartkopff, intenzionata a costruirvi una fabbrica di siluri. La trattativa venne seguita personalmente dal ministro della Marina, Benedetto Brin, e all’inaugurazione del silurificio, nel 1887, presenziarono il re Umberto e la regina Margherita.
Ai primi del ‘900, il governo decise di sospendere la produzione dei siluri a Venezia e l’area passò alla Società per l’utilizzazione delle forze idrauliche del Veneto (poi Enel), che ne ha conservato la proprietà per un secolo, durante il quale una parte della vegetazione è scomparsa, ma una parte ha resistito. Il recupero dell’Orto Botanico, quindi, è tuttora un intervento tecnicamente fattibile, ma si scontra con l’ostinazione delle amministrazioni comunali che dal 2004 in poi (con i sindaci Costa, Cacciari, Orsoni e ora Brugnaro) lo considerano “un’area dismessa da valorizzare”. «Non dobbiamo farci condizionare dalla presenza di qualche arbusto», ebbe a dire, nel 2004, un componente della Commissione consiliare incaricata di rispondere alle osservazioni contrarie al PRIU Piano di recupero integrato urbano che il comune stava contrattando con l’Enel. E in effetti, le autorità comunali non si sono lasciate “condizionare” dalla vegetazione, ma hanno concesso tutte le licenze edilizie richieste, in cambio di “un diritto di passaggio” per accorciare il tragitto dalla stazione ferroviaria al nuovo campus universitario di Cà Foscari, allora in cantiere.
Nel 2007 il compendio fu messo all’asta dall’Enel e acquistato dalla società Gimal di Giuseppe Malaspina, un imprenditore calabrese trapiantato in Brianza. Malaspina è un personaggio interessante. Nel 1981 è stato condannato a 14 anni per omicidio (secondo quanto riportato dalle cronache avrebbe sparato a un tale che minacciava di denunciare la sua partecipazione ad una rapina in una gioielleria). Tornato in libertà dopo cinque anni, si è “messo in edilizia” ed ha cominciato ad occuparsi di affari immobiliari tramite una serie di società che cambiano continuamente nome e ragione sociale. E’ arrivato a Venezia tra il 2007 ed il 2008, nello stesso periodo in cui si cui si sono registrati altri sbarchi di calabresi in laguna, dal commissario straordinario mandato al Lido dal governo Berlusconi per coordinare l’operazione del Palazzo del cinema, ad alcune imprese immobiliari chiacchierate, ma di fatto intoccabili.
Oltre all’area di San Giobbe, Malaspina ha comprato Cà Sagredo e l’ha trasformata in un elegante albergo di gran lusso. Nel 2008, intervistato dal Sole 24 Ore, ha dichiarato di essere interessato a «progetti ambiziosi concentrati sulla fascia del turismo di lusso… e sulle residenze di lusso.. un business del quale l’Italia finora è rimasta quasi del tutto esclusa».
Sorpresa! i costi a carico del comune, cioè nostri,"lievitano". Rosso e Benetton, invece, sono a posto. La Nuova Venezia, 27 febbraio 2016
Venezia. Le mensole della balaustre tutte spezzate. Il cemento scoperto sotto i gradini. Il parziale distacco dei paramenti murari dei negozi. Sono le sorprese - negative - del cantiere del restauro del ponte di Rialto che stanno emergendo in corso d’opera in questi mesi. Non certo per lo scarso impegno o l’imperizia delle imprese impegnate nell’opera - guidate dalla capogruppo Lares - che lottano alacremente contro il tempo, con il raddoppio delle squadre di operai al lavoro, per concludere il restauro entro l’anno. Ma per i dissesti scoperti in questi mesi nel corso dei lavori, nonostante il lungo monitoraggio preliminare, che aveva certificato l’ottimo stato di salute del ponte - realizzato ad arcata unica nel 1591 dall’architetto Antonio da Ponte - dal punto di vista statico e che avrebbe dovuto teoricamente mettere al riparo da ogni rischio. Dissesti che allungano la durata dei lavori e anche il costo dell’intervento, finanziato dall’imprenditore vicentino dell’abbigliamento giovane Renzo Rosso, con la sua capofila Only the Brave.
Sembravano più che sufficienti i 5 milioni di euro di sponsorizzazione stanziati da Rosso per il restauro, ma i costi dell’intervento, previsti in circa 3 milioni di euro, sono destinati a lievitare. Il Comune di Venezia sta predisponendo proprio in questo periodo la perizia di variante, ma i 500 mila euro in più previsti, potrebbero rivelarsi insufficienti. Già stanziati circa 50 mila euro a favore della Studio di Ingegneria Marascalchi per un approfondimento della progettazione strutturale dell’intervento, alla luce delle “magagne” emerse nel corso dei lavori. Il guaio più grosso si è evidenziato già da qualche mese, quando sono stati rimossi i gradini della parte sud, quella che guarda verso la Riva del Carbon, per portarli in cantiere per il restauro.
«È emersa» come si legge in una recente determina del Responsabile Unico del Procedimento del Comune, l’ingegner Manuel Cattani «dopo la messa in luce della struttura del ponte, una situazione inaspettata con una lesione longitudinale che percorre tutta la Rampa del ponte attraversando le mensole di sostegno della balaustra e, smontate alcune parti di arco sulle facciate dei negozi, si è evidenziata una situazione delle strutture murarie difforme da quanto ipotizzato inizialmente in base alle indagini preliminari». «Quando abbiamo rimosso la pavimentazione dei gradini» spiega anche il direttore generale del cantiere Mario Cherido «ci siamo accorti che tutte le mensole delle balaustre erano spezzate. Un danno che non riguarda la statica del ponte, ma di cui non era possibile accorgersi prima, se non rimuovendo i gradini. Lo stesso problema è presente anche nella gradinata nord del ponte, quella che guarda in direzione del Fontego dei Tedeschi e del palazzo dei Camerlenghi, ma in questo caso erano già intervenuti nell’Ottocento, introducendo dei pesi sopra le mensole della balaustra, proprio per aiutarle a sostenere il peso strutturale. Nelle parte sud siano già intervenuti e ora lo faremo anche dall’altra». Previsto tra l’altro l’inserimento di lamine di acciaio che “aiutino” le balaustre a tenere.
Ma non è stata l’unica sorpresa negativa emersa con la rimozione dei gradini. «Non ci aspettavamo certo di trovare del cemento» spiega ancora l’ingegner Cherido «tanto che era previsto di lavorare a mano. Ma, evidentemente, gli interventi compiuti negli anni Trenta, Quaranta e Cinquanta dello scorso secolo, sono stati fatti senza grande cura e utilizzando, appunto, il cemento, che è anche il responsabile delle colate di umidità che si riscontrano sotto l’arcata del ponte, perché è stato compromesso il corretto smaltimento delle acque piovane. Un problema che ha comportato un allungamento dei tempi e anche un modo molto più complicato per intervenire». Ma non è finita, perché i problemi inaspettati scoperti in corso di restauro riguardano anche i negozi che si affacciano sul ponte, con possibili distacchi dei paramenti murari sovrastanti. Anche qui si dovrà intervenire con iniezioni di materiale consolidante.
Sperando che sia finita e che la scopertura della gradinata centrale - la più delicata - ancora da iniziare, non riservi anch’essa nuove sorprese.
«Come se il danno fosse un dato scontato e inevitabile», Roberto D'Agostino promette che il suo progetto ne farà meno. La speranza per la rivitalizzazione di Marghera e della gronda lagunare è l'annuncio «di un progetto alternativo all’idea di grande porto e centro ferroviario e autostradale». La Nuova Venezia e italianostravenezia.org, 18 e 11 febbraio 2016 (m.p.r.)
Italia Nostra Venezia
CROCIERE, SPUNTA DI NUOVO L'IPOTESI MARGHERA
18 febbraio 2016
Sul problema degli ormeggi delle grandi navi da crociera ricompare in questi giorni il progetto di situare un nuovo porto a loro dedicato nella zona di Marghera che si affaccia sulla gronda lagunare ai piedi del ponte della Libertà. Il progetto, molto simile a quello caldeggiato dall’ex sindaco Orsoni, è stato ora presentato in maniera ufficiale dal suo principale ideatore, l’architetto Roberto D’Agostino (ex assessore alla pianificazione urbanistica nella giunta Cacciari). Secondo i suoi sostenitori, quella soluzione eviterebbe di far scavare un nuovo canale nella laguna (il famigerato canale Tresse Nuovo, lungo 1,2 chilometri, largo 120 metri e profondo 10, un oltraggio e una ferita per l’ambiente lagunare), permetterebbe il recupero dello storico porto della Marittima per l’uso di navi di piccolo tonnellaggio e renderebbe facile l’approvvigionamento delle navi via terra e l’arrivo dei passeggeri dall’aeroporto.
L’Autorità portuale aveva a suo tempo sollevato una difficoltà tecnica: l’uso del canale dei Petroli per l’entrata e uscita delle navi passeggeri renderebbe molto complicata la convivenza con le petroliere e le navi del porto commerciale. Ma, obietta D’Agostino, tale promiscuità esiste anche con il progetto del canale Tresse proposto dal Porto.
Purtroppo i nostri amministratori, a livello sia locale sia nazionale, si ostinano a non voler accettare il fatto che non ci sono soluzioni accettabili per il problema delle grandi navi a Venezia, se non quella di escluderle del tutto. Ma di fronte a quest’altra ipotesi di affronto per la nostra laguna (con migliaia di passaggi di navi sempre più gigantesche) e per il nostro tessuto socio-economico (con almeno due milioni di passeggeri a riversarsi per calli, campielli e mezzi di trasporto) sembra che si limitino, nel migliore dei casi, a valutare quale delle soluzioni potrebbe essere la meno dannosa (o la più promettente ai fini elettorali). Come se il danno fosse un dato scontato e inevitabile.
Italia Nostra, com’è noto, è invece contraria a che Venezia rimanga un porto di destinazione per le grandi navi da crociera. Nei prossimi giorni pubblicheremo su questo sito alcune pagine tradotte da un prestigioso volume uscito negli Stati Uniti nel 2013, nel quale vengono illustrati in modo inoppugnabile i danni da esse inferti alle città di destinazione e si dimostra che i danni medesimi sono spesso molto superiori ai vantaggi economici. Chiunque vive a Venezia, se non legato da interessi particolari, non può non vedere che la nostra città di 56.000 abitanti non è adatta a ricevere le grandi folle dei crocieristi e che la laguna, anche nel tratto già scavato del canale dei Petroli, non può sostenere ulteriori passaggi di navi, con il loro carico di inquinamento marino e atmosferico, di onde subacquee che si frangono sui fondali, di sedimenti che si sollevano e fuoriescono in mare.
La Nuova Venezia
GRANDI NAVI A MARGHERA, SPUNTA UN PROGETTO ALTERNATIVO
Lo studio D’Agostino con la ED srl l’ha presentato a Roma al ministero: banchine in Prima zona, niente scavi, barche di lusso e social housing nell’attuale Marittimadi Alberto Vitucci
VENEZIA. Un nuovo porto passeggeri a Marghera. L’idea che il Comune e la giunta Orsoni avevano lanciato due anni fa adesso diventa progetto. Un elaborato progettuale in piena regola, con studi e calcoli, depositato a Roma al ministero per l’Ambiente e già promosso nella prima fase di “scooping”. Lo firma lo studio di architettura dell’ex assessore all’Urbanistica Roberto D’Agostino, insieme all’impresa ED srl. Un’alternativa «credibile e logica», dice l’ex assessore, che chiede alla città di pronunciarsi. Portare le grandi navi a Marghera, nell’area della Prima zona industriale dove adesso sono i depositi dell’Eni, significa rilanciare l’area urbana della Marittima, dedicandola a piccole navi di lusso e yacht. Ma anche la nuova marina e case di lusso modello Amsterdam, con un nuovo canale all’interno.
Utopia? «No», dice D’Agostino, che nel frattempo ha vinto un concorso internazionale per progettare i piani regolatori di Maputo in Mozambico e Dar es Salam in Tanzania. «Certo, serve l’interessamento di un ente pubblico», dice, «perché l’iscrizione alla Via costa centinaia di migliaia di euro. Io ho già regalato alla città il mio lavoro».
E il Porto non è favorevole all’idea di spostare le navi passeggeri a Marghera. «Un’opposizione inspiegabile», dice il progettista, «anche i nuovi canali che vuole il Porto provocherebbero l’incrocio di traffico commerciale e passeggeri. Dunque, il problema non esiste».
I vantaggi della soluzione Marghera sarebbero tanti, dice D’Agostino. Il primo: non occorre scavare nuovi canali né, come nell’ipotesi del Tresse Nuovo, «tagliare in due l’isola delle Tresse con i suoi fanghi inquinati. Le navi resterebbero lontane, ma fino a un certo punto, dalla città storica. Per portare i passeggeri dalla nuova Marittima, che si costruirebbe nel canale Industriale Nord e in canale Brentelle, ci saranno dei vaporetti attrezzati con cui il Comune potrebbe far pagare una sorta di tassa d’ingresso offrendo il trasporto dal terminal alla città.
A Marghera la nuova Marittima potrebbe ospitare fino a sette navi. Con parcheggi, servizi, uffici e centri commerciali. Nell’attuale Marittima oltre alle case di lusso anche alloggi in social housing. «Una nuova situazione urbana che toglie anche il traffico delle grandi navi da San Marco».
Progetto che si potrà autofinanziare, secondo D’Agostino, perché gli 800 milioni di investimento (300 a Venezia, 200 per le banchine e le bonifiche a Marghera, altri 300 per gli uffici e i discount), potrebbero tornare con gli interessi, con un valore finale di un miliardo e 200 milioni.
Tempi previsti per il completamento: intorno ai sei anni. Entro sei mesi due navi potrebbero già spostarsi, per togliere il 40 per cento del traffico, la Marittima nuova in tre anni, il resto entro sei anni. Cosa manca per il via al progetto Marghera? «Il consenso della comunità, che adesso cercheremo portando in giro la nostra idea», dicono i progettisti, «e la volontà politica». I terreni di Marghera che dovranno essere espropriati sono di proprietà di Fincantieri, Gruppo Salmini e Pilkington. Il resto del Porto e del Demanio. Il sasso è lanciato.
Italia Nostra Venezia
PER MARGHERA E LA GRONDA LAGUNARE C'è FORSE ANCORA UNA SPERANZA
Riportiamo un articolo della Nuova Venezia che dà quasi per certo il fatto che il gruppo di lavoro dell’architetto Renzo Piano si occuperà nei prossimi anni proprio delle rivitalizzazione di Marghera e della gronda lagunare. Il gruppo è costituito da architetti il cui curriculum è molto promettente per quanto riguarda la capacità di progettare nel rispetto e anzi nell’esaltazione delle caratteristiche storiche, ambientali ed estetiche del territorio, In particolare segnaliamo la presenza di Raul Pantaleo, grande amante della laguna veneta (ex presidente, in gioventù, dell’Associazione Velica Lido, ancora molto viva e fiorente) e poi collaboratore di Gino Strada con progetti di edifici ospedalieri in Africa. Consolano anche alcune parole di Renzo Piano, che si riferisce a Marghera come un territorio «al confine tra terraferma e laguna”, mettendone in rilievo proprio quella caratteristica di gronda lagunare che può essere esaltata nei suoi valori anche estetici. Si tratterà comunque di un progetto che non potrà che essere alternativo a quell’idea di grande porto e centro ferroviario e autostradale (e parcheggio per milioni di container) che sembra invece nelle intenzioni dell’attuale presidente dell’autorità portuale ed ex sindaco di venezia, Paolo Costa.
Trovate qui il video di 30 minuti con l’intervista di Lucia Annunziata a Renzo Piano sul progetto di
recupero delle periferie, e trovate qui il curriculum di Raul Pantaleo, “tutor” del gruppo di Renzo Piano per il 2016.
Sacrosanta indignazione di persona perbene: «In linea con i miei ideali di migliore conservazione del patrimonio storico, non trovo più onorevole appartenere a un istituto che premia chi fa l’esatto contrario col Fondaco dei Tedeschi». La Nuova Venezia, 11 febbraio 2016
«Con questa mia chiedo di essere depennato dalla lista dei Soci dell’Ateneo Veneto. Mi dimetto per protesta contro l’assegnazione del Premio Torta nello scorso dicembre all’architetto Renata Codello, già Soprintendente alle Belle Arti e al Paesaggio e in tale veste principale responsabile dell’autorizzazione data alla vasta manomissione in atto del Fondaco dei Tedeschi, a suo tempo ricostruito in meno di tre anni (1505-1508) dopo un incendio, il terzo edificio della Repubblica di Venezia in importanza dopo Palazzo ducale e San Marco (cappella ducale) e il primo edificio d’importanza economica, da parte dei nuovi proprietari, la famiglia Benetton, noti mecenati culturali (si fa per dire) e dell’architetto Rem Koolhaas».
Una pianificazione all'altezza dei tempi del neoliberismo. Non è la collettività, con le regole della democrazia, a decidere il suo futuro, ma i grandi interessi economici, nuovi Moloch divoratori di risorse altrui. La Nuova Venezia e Italianostravenezia.org, 10 febbraio 2016
La Nuova Venezia
Italianostravenezia.org
CAMBIAMENTI EPOCALI
PER IL PORTO E PER TUTTA LA LAGUANA
Il vero futuro non solo di Venezia ma di tutti i 500 chilometri quadrati della Laguna (incluse le comunità che vi si trovano) sta per essere impostato e disegnato sulla base di indicazioni, o meglio specificazioni, imposte sostanzialmente dall’Autorità portuale di Venezia attraverso il suo presidente Paolo Costa. La laguna di Venezia sarà come Costa l’ha voluta e la propone da tempo, al servizio dell’attività portuale di Marghera, attività che condizionerà tutto il retroterra come centro per il transito di merci marittime.
«Brugnaro, da sindaco, andrà avanti con la realizzazione del parcheggio ai Pili - come prevede la convenzione con il Comune - o si fermerà, come promesso in campagna elettorale? Da Ca’ Farsetti, per ora, nessuna risposta». La Nuova Venezia, 9 febbraio 2016
«Se sarò sindaco, nell’area dei Pili non sarà realizzato né sviluppato alcun intervento». È una delle dichiarazioni fatte da Luigi Brugnaro, prima della sua elezione, riguardo agli interessi della sua società Porta di Venezia spa, proprietaria di alcune aree proprio all’imbocco del Ponte della Libertà. È però di questi giorni la determina dirigenziale che approva il progetto esecutivo redatto da Berro & Sartorio Ingegneria srl e commissionato da Porta di Venezia che si riferisce al tratto iniziale della pista ciclabile - che passa appunto sui terreni di proprietà della società di Brugnaro - che dovrebbe unire Venezia alla terraferma lungo il ponte della Libertà. Un intervento per cui è già stato stanziato un milione di euro dal Comune per la sua realizzazione.
«A Venezia non si sa neppure cosa sia lo smog! Nel senso letterale della frase: Venezia è inquinata forse più di ogni altra città della pianura padana, ma è probabilmente l’unica città al mondo a non avere una rete di centraline che misurino la qualità dell’aria». Ytali.com, 4 febbraio 2016 (m.p.r.)
Ma cosa vogliono ‘sti veneziani? si dirà qualcuno: non hanno mica le auto. Non vanno a piedi? Come se il traffico marittimo non inquinasse. Proprio in questi giorni il Gazzettino ha ricordato che dal 2007
si sa che la maggior fonte inquinante nel Veneziano è la portualità grazie agli studi dell’Arpav (Le emissioni da attività portuali) confermati dal progetto comunitario Apice (Common Mediterranean strategy and local practical Actions for the mitigation of Port, Industries and Cities Emissions), ma alle navi commerciali e civili bisogna aggiungere le centinaia di vaporetti dell’Actv e di Alilaguna, le centinaia di taxi acquei, le centinia di Lancioni Gran Turismo, le centinaia di topi da trasporto, le migliaia di imbarcazioni da diporto che solcano le acque della laguna. Solo di contrassegni “LV” (Laguna Veneta), obbligatori per imbarcazioni con motori di potenza superiore ai 10 hp e che già non abbiano una targa per forza di legge, ne sono stati rilasciati più di 50 mila. Poi ci sono quelle senza targa, migliaia.
Ogni nave da crociera inquina come 14 mila automobili messe assieme: altro che Tangenziale. E spesso in Marittima ce ne sono anche sette contemporaneamente, coi motori accesi 24 ore su 24. Ma usano carburante “verde”, dicono le autorità, perché gli armatori hanno firmato il Venice Blue Flag, ovvero un accordo per limitare allo 0,1 per cento il tenore di zolfo del diesel usato il laguna, contro il 3,5 per cento in mare aperto. Peccato che il tenore dello zolfo nel diesel delle automobili sia dello 0,001 per cento, cioè 3500 volte inferiore a quello usato in mare e 100 volte inferiore a quello usato in laguna e all’ormeggio. Actv non aderisce al Venice Blue Flag. Ci sarebbero gli scrubber, i filtri, ma gli armatori li usano nel Baltico e negli Stati Uniti, in Italia no.
Come si vede, ragioni per dotare anche Venezia di una rete di centraline ve ne sono, ma in 25 anni di governo cittadino di centrosinistra non ci hanno mai pensato una volta, né ora Brugnaro sembra ricordarsi che a inquinare ci sono anche le navi e le barche se le ordinanze emergenziali del Comune fanno riferimento al solo traffico automobilistico: se sosto in auto devo spegnere il motore, se mi ormeggio in topo posso inquinare a man salva. Di blocchi o riduzioni del traffico nautico non se n’è mai parlato.
Dati più recenti non ne ho trovati, ma già nel 2011 il Registro tumori dell’Istituto Oncologico Veneto mostrava che Venezia insulare era la prima città d’Italia per l’incidenza dei tumori ai polmoni: che c’entri qualcosa?
Nonostante le evidenti diversità, se le intenzioni si giudicano dai fatti è fortemente probabile che sulla "valorizzazione" il sindaco e il ministro siano d'accordo. La Nuova Venezia, 30 gennaio 2016
Venezia «L’attenzione ai monumenti e alle opere d’arte è importante, ma deve essere sempre promossa pensando alle persone. Non dimenticando che in queste case e in questi palazzi vivono delle persone. Noi vogliamo una città viva, e i regolamenti devono essere ispirati al buon senso». Quasi un assist, quello che il sindaco Luigi Brugnaro porge al ministro dei Beni culturali Dario Franceschini. Che gli risponde in sintonia: «Tutela e valorizzazione stanno assieme. Noi vogliamo che Venezia non sia solo un luogo per turisti che consumano, ma di visitatori che entrano nella bellezza».
La pace ufficiale tra il sindaco e il ministro viene firmata a un tavolo del Gran Hotel Monaco, a San Marco. Si parla di politiche del turismo, di prestiti di opere d’arte, di grandi navi. Al termine di una mattinata intensa, in cui il ministro è venuto a inaugurare le nuove sale dell’ala palladiana delle Gallerie dell’Accademia, restaurate e aperte al pubblico. Franceschini ricorda l’importanza delle Soprintendenze. «Organi della tutela, di cui dobbiamo andar fieri». E rilancia la sua idea del museo-azienda. Le Grandi Gallerie sono uno di questi, con la nuova direttrice Paola Marini che gli illustra con entusiasmo i nuovi spazi e le nuove opere finalmente godibili.
Cultura e turismo. Volàno di una città che, entrambi sottolineano più volte, deve essere “viva” e deve poter ricavare lavoro e ricchezza dai suoi tesori. Nel pranzo all’hotel Monaco, prima di andare insieme al teatro La Fenice per una rapida visita nel giorno del ventennale dell’incendio, il ministro e il sindaco hanno parlato di come frenare l’invasione del turismo mordi e fuggi. E di come dare alle città d’arte autonomie impositive per recuperare le risorse necessarie a organizzare i flussi e i servizi. «Un dialogo molto positivo», commenta alla fine Brugnaro. «Abbiamo deciso di confrontarci sui problemi concreti», gli fa eco Franceschini, «Venezia è una sfida mondiale».
L’esempio è lì davanti. Un restauro di qualità, una trasformazione delle polverose Gallerie in un’azienda. «Prima questi musei erano governati da funzionari, nemmeno da dirigenti, non avevano nemmeno un bilancio proprio», attacca il ministro, «adesso potranno dare anche lavoro e reddito». Musica per le orecchie del sindaco, che cerca di fare altrettanto con la Fondazione dei musei veneziani, affidata a una giovane imprenditrice di origini torinesi, Mariacristina Gribaudo. Non c’è solo la cultura. «Abbiamo parlato anche di progarmmazione e bigliettazione integrata», dice Franceschini. Un contatto cominciato due giorni fa a Firenze, a margine del convegno dell’Anci sulle Città metropolitane.
In Comune adesso cercano di rendere concrete le buone intenzioni manifestate sul fronte del “degrado” e del centro storico sempre più a rischio per l’invasione dei turisti e delle attività turistiche che scalzano le botteghe storiche e i negozi di vicinato. Anche di questo hanno parlato Brugnaro e Franceschini. È stato il sindaco a introdurre il discorso del controllo per le aree in sofferenza come l’area marciana, invasa nel 2015 da 27 milioni di turisti. «I sindaci possono emettere provvedimenti per limitare l’accesso all’area marciana solo a chi ha prenotato», ha detto Franceschini. Discorso avviato anche sulla possibilità per il Comune di tenere per sé gli introiti che derivano dal turismo e di incassare un “ticket” anche per i passeggeri delle navi degli aerei, in prospettiva anche dei treni. Oggi la “tassa sul turismo” funziona solo con chi pernotta in hotel, sotto forma di tassa di soggiorno. «Abbiamo extracosti incredibili che derivano dal turismo», ha ribadito Brugnaro. Concetto espresso anche in mattinata, nel discorso di saluto al ministro alle Gallerie.
«Oggi è una giornata di festa per Venezia», ha esordito Brugnaro, «salutiamo il ministro, insieme costruiremo le premesse per ripartire». Poi un ringraziamento al governo per le risorse stanziate con l’ultima Legge di stabilità. «Anche se gli faremo capire che non sono sufficienti», ha detto. Infine, Brugnaro ha ringraziato l’ex soprintendente oggi segretario regionale Renata Codello, autrice insieme a Tobia Scarpa del progetto di restauro delle Gallerie. E ha aggiunto: «Anche con l’attuale soprintendente i rapporti sono ottimi, è una strada su cui continuare. Vogliamo una città viva».
corrieredelveneto.corriere.it
FONDACO, LA GALLERIA DEI VIAGGIATORI
Venezia. I lavori devono ancora finire ma la data d’apertura è già stata fissata, il primo ottobre aprirà il «T Fondaco dei tedeschi», dove T sta per traveller, viaggiatore. Ieri sera, all’hotel Danieli, Dfs, la società del retail di Louis Vuitton Moet Hennessy, ha presentato come sarà arredato il Fondaco a una platea di imprenditori, rappresentanti delle categorie e autorità tra cui il sindaco e il prefetto. I restauri sono infatti a buon punto e Edizioni Property, l’immobiliare del gruppo Benetton, proprietaria dell’edificio, sta consegnandolo proprio in queste giorni ai futuri gestori. «È il primo grande magazzino Dfs in Italia - ha spiegato Eléonore de Boysson - e vogliamo replicare l’esperienza del Danieli, da palazzo a hotel d’eccellenza». Dfs ha promesso di diventare il custode del fontego, «ringraziamo i veneziani d’avercelo permesso - ha precisato Philippe Schaus, presidente di Dfs - avremo prodotti italiani, internazionali e veneziani, sarà la destinazione migliore per lo shopping di lusso, un luogo pieno di vita con prodotti locali, grandi marchi ed eventi culturali». Ora che le vecchie casse delle poste sono sparite e sono stati smantellati i magazzini e i divisori delle poste, l’edificio, al momento chiuso, ha cambiato volto.
Le arcate che circondano la corte centrale sono state ripulite, le scale mobili e gli ascensori sono stati costruiti ma, ha garantito Dfs, in uno spazio non immediatamente visibile all’ingresso del fondaco. «Oma ha eseguito un lavoro incredibile - ha detto l’architetto Jamie Fobert, incaricato di allestire il grande magazzino - ha restituito una nuova vita all’immobile, la copertura del tetto è stata smontata, pulita e restaurata e ora è al suo posto, solo posizionata più in alto così da permettere di stare in piedi». Qui ci sarà l’altana che nei piani originali dell’archistar Rem Koolhass, progettista dei restauri, doveva essere una terrazza. Sotto, l’auditorium per gli eventi culturali. Ieri sera, Dfs non è entrata nel merito delle attività che organizzerà nè dei prodotti in vendita, Fobert ha illustrato il percorso che l’ha portato a creare arredi unici per la «T» galleria. «Dfs non voleva pezzi di designer newyorkesi o londinesi - ha detto - e allora mi sono ispirato alla storia cittadina e al design novecentesco italiano, a Carlo Scarpa».
Il mobilio non sarà un «pasticcio alla veneziana » e non si vedranno gondole o altri simboli noti in tutto il mondo della città. Le bacheche espositive degli orologi sono state forgiate dallo strumento con cui si creano appunto gli orologi. Le grate tipiche di Venezia sono invece diventate lo spunto per decorare espositori e mobilio. Il pavimento originale come anche gli elementi che rimandano alla storia del fontego (ad esempio, i giochi scavati sulla pietra dai vecchi mercanti) sono stati tutti mantenuti e recuperati, solo nell’ex sala del telegrafo, dove a terra c’era una colata di cemento, l’architetto ha introdotto una pavimentazione nuova. «Mi sono ispirato all’acqua e ai suoi movimenti per creare un mosaico che richiamasse i colori di Venezia», ha aggiunto. Il fondaco, al suo interno, non avrà colori sgargianti ma tonalità calde in sintonia con la tradizione della Serenissima. «Stiamo scrivendo una nuova pagina della storia del fontego», ha concluso Meneghesso. Gloria Bertasi
Nuovavenezia.gelocal.it
IL COMUNE SI VENDE ANCHE PALAZZO CONTARINI
Aggiornato con alcune «new entry» l’elenco degli immobili che il Comune intende mettere in vendita nel 2016
Venezia. Aggiornato con alcune «new entry» l’elenco degli immobili che il Comune intende mettere in vendita nel 2016 e che ha allegato anche al bilancio di previsione 2016, con un valore orientativo del «pacchetto» di circa 31 milioni di euro.
Tra di essi c’è Palazzo Donà, in Campo Santa Maria Formosa, che - come Palazzo Diedo e Palazzo Gradenigo, poi venduti - interessava alla Cassa Depositi e Prestiti, che però si è poi ritirata dalla trattativa per la metratura ritenuta non sufficiente.
Il Comune ha infatti comunque deciso di metterlo di nuovo in vendita, spostando in altre sedi gli uffici comunali legati alle politiche sociali che l’edificio attualmente ospita.
In vendita anche Palazzo Corner Contarini, attuale sede della Corte d’Appello.
L’ultimo giorno del 2015, il sindaco di Venezia, Luigi Brugnaro, ha comunicato ... (continua a leggere)
L’ultimo giorno del 2015, il sindaco di Venezia, Luigi Brugnaro, ha comunicato di aver trovato la soluzione per chiudere il “buco” del palazzo del cinema al Lido. Il comune, cioè, avrebbe raggiunto un accordo transattivo con l’impresa Sacaim, riconoscendole un “risarcimento” di 2,8 milioni di euro per il mancato avvio dei lavori di costruzione dell’edificio, nonché la promessa di nuove commesse che “potrebbero riguardare il palazzo dell’ex casinò”, in cambio della rinuncia alle azioni legali intraprese dalla ditta.
Secondo Brugnaro si tratta di un risultato straordinario di fronte all’entità del “contenzioso e dei contratti ereditati” dalla sua amministrazione, che non è direttamente responsabile della vicenda. L’origine del “buco”, infatti, risale agli anni del terzo mandato del sindaco Massimo Cacciari che aderì alla pretesa della Biennale di avere un nuovo palazzo del cinema e, per procurarsi il denaro necessario, nel 2005 diede avvio ad una serie di cessioni immobiliari a vantaggio di un fondo finanziario creato da un ex assessore della sua giunta.
Le tappe successive possono essere così riassunte:
nel 2007 Sacaim si aggiudicò l’appalto per l’opera (secondo alcuni per pressione dell’allora ministro Francesco Rutelli) offrendo un ribasso del 20%; nel 2008 venne posata la prima pietra; nel 2009 furono abbattuti gli alberi in buona salute della pineta storica per far posto al palazzo. Nel 2010 il sito si “rivelò” era pieno di amianto e da allora è in possesso della ditta che viene pagata dai cittadini per garantire la sorveglianza dell’area di cui sono stati derubati. A tutt’oggi pare che i costi a carico dei contribuenti siano circa 40 milioni di euro.
La vicenda del “buco più caro del mondo” è periodicamente comparsa sulle cronache della stampa locale e nazionale che non ha potuto del tutto ignorare la forte e organizzata protesta popolare, come invece hanno fatto i rappresentanti delle istituzioni coinvolte.
Per limitarsi ai quattro personaggi immortalati nella foto che li riprende mentre posano la prima pietra, Giancarlo Galan è in galera, Sandro Bondi è impegnato nel trasloco sul carro del PD, ma gli altri due non hanno mai nascosto il loro arrogante fastidio.
Pochi mesi fa, ad esempio, l’ex sindaco Cacciari ha detto «come vanno oggi le cose non so, e non me ne frega niente… quando c’ero io per il palazzo del cinema c’era un buon progetto e le cose stavano andando avanti.. il problema sono le solite lamentazioni degli abitanti che non sono lidensi, ma lidioti…. Ho smesso di fare il sindaco proprio perché non ne voglio sapere più nulla. Si arrangino».
Seppur con linguaggio più pacato, anche Paolo Baratta, l’unico del quattro ancora in carica (il ministro Franceschini lo ha appena riconfermato alla presidenza della Biennale malgrado la legge prevedesse il limite di due mandati) in più occasioni si è lamentato per il buco che «toglie respiro a tutta la Mostra, al limite dell’asfissia» e per il «danno di immagine provocato dalla vista del cantiere a cielo aperto offerto alla vista dei frequentatori della manifestazione». Baratta ha anche sempre negato qualsiasi responsabilità della Biennale, ribadendo che «il destino del “buco” spetta al comune, la cosa ci è estranea». Solo ieri, finalmente, si è rasserenato e all’annuncio di Brugnaro ha commentato: «è una bella notizia per cominciare bene il nuovo anno».
Non è certo che questa sia l’ultima pagina dello “scandalo del Lido”. Della responsabilità delle prossime, il sindaco Brugnaro non potrà dichiararsi esente. E i segnali negativi non mancano, dalla decisione di sostituire il buco con «una sorta di piazza rialzata di una quarantina di centimetri», pedonale “ma anche” carrabile, una fontana con getti d’acqua colorata e «il recupero della pineta con la creazione di spazi per socializzare», alla scelta di mettersi d’accordo con l’impresa a nostre spese, senza neppure aspettare gli esiti delle inchieste della Corte dei Conti e della Procura della Repubblica per danni erariali, invece di schierare il Comune come parte lesa a fianco dei suoi cittadini.
In realtà, far pagare ai contribuenti il prezzo del “riscatto” dell’area della pineta del Lido agli stessi soggetti che se ne sono impadroniti e l’hanno devastata è coerente con la politica del sindaco che, nei primi sei mesi del suo mandato è stato abilissimo nello spostare l’attenzione mondiale sulle proprie intemperanze verbali distogliendola dagli affari dei gruppi di interesse di cui la sua giunta è espressione.
Non si conoscono dichiarazioni della Sacaim, impresa chiacchierata ma potentissima. Nel 2008, quando si è aggiudicata i lavori, il Sole 24 ore ha commentato: «ad accompagnare la nascita e la crescita di quello che diventerà un simbolo architettonico moderno per la città lagunare e per l'Italia sarà la Sacaim, che ha già lavorato alla ricostruzione del Teatro La Fenice». Come a dire "siamo in mani sicure". L’anno scorso, quando è stato indagato per corruzione nell’ambito dell’inchiesta sulle attività criminali del Consorzio Venezia Nuova, l’ex amministratore delegato Pierluigi Alessandri ha dichiarato che, oltre ad aver eseguito lavori gratis nella villa di Galan, tra il 2007 e il 2009 aveva “girato” 115 mila al governatore del Veneto per ottenere commesse, visto che in quegli anni alla Sacaim non «buttava bene».
Nel 2014 Sacaim è anche stata sottoposta dal prefetto a informativa antimafia, provvedimento poi revocato dal TAR, ma continua ad essere intoccabile. E l’accordo annunciato ieri è un’ulteriore conferma che “scavar buche, riempir buche” resta un’ottima ricetta per garantire un generoso welfare agli affiliati al sistema di potere che si è impadronito di Venezia.
Riferimenti
La vicenda del "Palabuco" è stata ampiamente documentata su eddyburg. Si vedano di Edoardo Salzano Lido di Venezia Uno scandalo bipartisan e Francesco Giavazzi Le mani sulla città: l'indegna storia del Lido di Venezia. QUI gli articoli che raccontano la distruzione della pineta. Altri articoli digitando “palazzo del cinema lido venezia” nel funzionale "cerca" in alto nella home page.