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Buongiorno. Mi chiamo e sono un giovane neolaureato in architettura con tesi di laurea in progettazione urbanistica presso la facoltà di architettura di Firenze. Desidero innanzitutto ringraziarla per il patrimonio di riflessioni e testimonianze intelligenti che mette ogni giorno a disposizione tramite eddyburg. Ormai eddyburg è diventato per me un appuntamento quotidiano, che mi stimola e interessa a nuove opinoni e tematiche, anche per lenire l'aridità del mondo del lavoro che mi si offre dopo l'esperienza universitaria.

Le scrivo poiché vorrei sottoporle una riflessione in merito alla cosiddetta 'perequazione' urbanistica, che da qualche anno a questa parte viene spesso sbandierata quale vessillo di un urbanistica senza regole e privatizzata della quale eddyburg continua a fornirci preziosa testimonianza.

In occasione della mia tesi di laurea, che concerneva la predisposizione di un piano direttore avente come fine la realizzazione di un sistema di spazi pubblici lungo il canale Burlamacca a Viareggio, ho deciso di simulare l'applicazione di della tecnica perequativa come strumento per la realizzazione del piano. Ho pertanto dovuto valutare come detto strumento sia stato applicato in Italia negli ultimi anni e ho riscontrato come la perequazione non possa aprioristicamente definirsi pro o contro i fini più nobili dell'urbanistica, ma sia solo una tecnica, che può essere adoperata più o meno positivamente. Nel caso da me studiato ho realizzato una strategia applicativa del piano simile all'esperienza del PRG di Casalecchio di Reno di Stefano Pompei, in cui il plafond edificatorio riservato ai privati è piuttosto basso. Ebbene dai risultati ottenuti ho potuto conciliare le richieste di edificazione dei privati con le necessità di reperire aree all'uso pubblico, garantendo un progetto di città che possiede degli standard urbanistici raddoppiati rispetto a quelli obbligatori per legge. In questo modo il sistema di applicazione risulta trasparente in quanto elimina la contrattazione. Inoltre attraverso la perequazione l'amministrazione ottiene una drastica riduzione delle spese per oneri di esproprio e garantisce alla città un progetto privo di vincoli a scadenza quinquennale che può pertanto costruirsi con i tempi (lenti) di trasformazione naturale e organica di una città. Naturalmente gli svantaggi di tale tecnica consistono nella possibilità di favorire la speculazione e la proprietà privata a danno dei privati agendo opportunamente sui parametri che misurano l'edificabilità permessa.

La riflessione che vorrei farle pervenire è quella per cui forse esistono gli spazi per pensare la perequazione come uno strumento giusto e trasparente (ed in questo veramente europeo), studiandone i limiti ed i pregi. Perchè lasciare l'idea della perequazione agli speculatori, ai "Lupi" di turno, quale grimaldello per la forzatura delle legittime aspirazioni ad una città più giusta e vivibile? Non si commette l'errore strategico di regalare uno strumento potenzialmente giusto alle illuminate coalizioni bi-partisan che in questi giorni stanno seppellendo anni di conquiste urbanistiche di cui lei è un così importante testimone?

Le sarei veramente grato se un giorno potesse rispondere a queste mie riflessioni, che ora passano comunque in secondo piano a fronte delle necessarie battaglie a cui ci obbligano i nostri tristi rappresentanti in parlamento.

Distinti saluti.

25 novembre 2005

Sono d’accordo con lei: la perequazione può essere uno strumento utile. Del resto, abbiamo considerato a suo tempo un evento positivo la generalizzazione della perequazione nelle lottizzazioni convenzionate, introdotto dalla legge 765/1967. Ciò che giudico sbagliato, e profondamente distorsivo, è aggiungere edificabilità al piano urbanistico al fine di ottenere aree necessarie per usi pubblici .

Il procedimento corretto è invece: 1) decidere quale ulteriore offerta di aree edificabili è necessaria in relazione alle necessità oggettive. 2) individuare gli spazi che, entro i limiti così definiti, possono essere aggiunti a quelli già urbanizzati, tenendo conto che ogni spazio urbanizzato è sottratto al ciclo della natura, e che nessuna trasformazione deve ridurre la qualità del territorio. 3) accollare alle proprietà beneficiate dalla scelta la cessione di aree in qualità e localizzazione adeguarta. Purtroppo il più delle volte la perequazione diventa uno strumento per aumentare ingiustificatamente la quantità delle aree urbanizzabili.

Caro prof Eddy è bello ritrovare nella posta la tua newsletter anche con questo taglio più pratico e con i compiti a casa .Ti dico subito che i tuoi due ultimi eddytoriali li ho esposti nelle bacheche di associazioni locali che hanno nei loro statuti la tutela del territorio. Naturalmente ho messo ben in evidenza le fonti e il sito di provenienza.I tuoi scritti hanno la dote di essere esaustivi e sintetici e comprensibili tanto da poter essere appesi in bacheca (sono bacheche di legno nel vicolo principale del paese).

Sino ad ora non ho conosciuto nemmeno una persona che sapesse della legge Lupi e non è che proprio vivo nei “grebbani” come si dice da ste parti . Ho fatto diverse cartelle per la consultazione del materiale del sito da dare da leggere a quelli che non hanno la possibilità di andarseli a vedere su Eddyburg . Mi piacerebbe , ma non so ancora come , fare qualcosa di ancora più sintetico e di più visivo, perché non tutti sono disposti a leggere tutti i documenti e nemmeno a sentire lunghi discorsi . Ci sto pensando . Se trovo un sistema te lo faccio sapere.

Per quanto riguarda la costruzione di nuove visite guidate ,non ne ho mai fatte, ma posso provare ,magari chiedo aiuto a Mauro, che mi risponde sempre e anche a Fabrizio,anche se non lo conosco molto. Un abbraccio Carlamaria

Grazie Carlamaria, per gli apprezzamenti e soprattutto per l’impegno a promuovere iniziative diconoscenza dei pericoli che il nostro territorio corre, e con esso la democrazia. Spero che molti seguano il tuo esempio.Aspetto presto una tua proposta di visita guidata.

Carissimo, sperando che tu non sia in vacanza in capo al mondo, mi piacerebbe avere un tuo parere su quanto sta accadendo a Bologna in fatto di traffico. Come probabimente qualcuno ti avrà già detto, la giunta Cofferati ha annunciato - e aspettiamo materialmente l'ordinanza - l'intenzione di aprire tutti i sabati dell'anno e per il periodo natalizio il centro storico alla circolazione privata. In quei giorni il sistema di rilevazione elettronica Sirio verrà spento e la ZTL dovrebbe essere sospesa. Favorevoli sono i commercianti, contrari ambientalisti, comitati antismog, qualche presidente e consigliere di quartiere. Contraddittorie sono le posizioni dei partiti:

- Rifondazione ha in giunta l'assessore alla mobilità, ossia il responsabile politico della cosa, ma come partito sembrerebbe dissociarsi;

- I verdi locali, presi in contraddizioni interne ormai note fra il partito e l'assessore in quota, sono usciti dall'ambiguità grazie ad un'esplicita dichiarazione del segretario nazionale Pecoraro Scanio che, stando alla stampa, ha subordinato l'appoggio ad altri provvedimenti e documenti a un passo indietro dell'amministrazione sul problema Sirio, ma niente su un eventuale ritiro dell'assessore;

- i DS, anche perché sono tanti, hanno rappresentanze in entrambi gli schieramenti, ma Cofferati non si tocca, specialmente adesso dopo le bombe;

- la Margherita ha esponenti ecologisti, come il consigliere provinciale Andrea De Pasquale (Compagnia dei Celestini), il quale si è esposto con l'ardita proposta di intasare il centro con un uso tattico delle automobili.

La mia sensazione è di "1 a 0" per loro.

Ieri sera, parlando velocemente con amici, , ci siamo detti che probabilmente l'unica strada, a questo punto, è un referendum. Un altro referendum, perché quello dell''84 è ormai impraticabile come rivendicazione.

Ti scrivo per sentire cosa ne pensi e, nel caso, cosa consiglieresti.

A seguire il testo che ho messo sul forum dei comitati. Saluti cari

Intanto, eddyburg.it è attivo anche quanto sono in giro. Per i lettori non bolognesi Sirio, detto anche Vigile elettronico, è un rigoroso sistema di controllo della zona a traffico limitato, deliberata e attivata dalla Giunta Vitali nel lontano 1994, sospeso dopo pochi mesi e riattivato solo nel corso del 2005. Interessa tutto il centro storico della città, che in tal modo ci si proporrebbe di restituire alla civiltà e all’urbanità. Cofferati si era impegnato, nel su programma elettorale, a ripristinarlo. Adesso, sulla base di una trattativa esclusiva con i commercianti, la giunta ha deciso di sospenderlo di nuovo (per un giorno alla settimana e per le festività). Del tutto comprensibile l’irritazione dei cittadini che, come protestano per la decisione in sè, per il mancato rispetto della parola data, per il peso esclusivo dato dalla giunta Cofferati ai poteri forti.

Caro Carlo, ogni giorno di più mi convinco che il berlusconismo sia un avversario meno pericoloso di Berlusconi solo perchè è diffuso, e non concentrato nei luoghi centrali del potere. Chiedere un nuovo referendum (dopo quello dell’84 che riguardava, se ben ricordo, la vivibilità del centro storico) a mio parere è utile soprattutto come mobilitazione di una coscienza civile capace di opporsi ai sempre più gravi (anche perchè reiterati) cedimenti a derive che è davvero difficile non definire antipopolari, antidemocratiche e francamente reazionarie. Torniamo agli anni di Guazzaloca, o addirittura molto molto più indietro?

Lettera di a Forum

“Aria Incondizionata”

Mercoledì 2, nella sala messa a disposizione da Legambiente io c'ero; seduto in fondo, ma c'ero; zitto, ma c'ero. Non è che volessi nascondermi, anche se negli ultimi tempi preferisco - per qualche ragione che fatico a spiegare anche a me stesso - i luoghi virtuali della rete a quelli reali - ma che triste realtà! - della politica cittadina.

Il fatto è che la decisione della Giunta di aprire per un giorno settimanale e per il periodo natalizio il centro storico di Bologna al traffico automobilistico mi ha lasciato interdetto e spiazzato. Sapete, ci sono cose, nel mondo in cui finora ho vissuto, il cui sviluppo mi pare abbia seguito linee tendenti all'evoluzione e al progresso. Un tempo a scuola ci andavano in pochi; oggi ci vanno tutti. Un tempo le donne erano relegate in ruoli specifici ed emarginate dai luoghi che “contano”; oggi il discorso vale ancora, ma molte cose si sono mosse. Un tempo si parlava di salute soltanto quando uno si sentiva male e ricorreva alla medicina curativa; oggi il concetto di salute abbraccia molti più aspetti della nostra vita e la nostra più evoluta sensibilità ci porta a pensare anche in termini di prevenzione. E così via.

Per questo non riesco neppure ad immaginare che un governo adotti provvedimenti per limitare l'accesso a scuola. Per questo non riuscivo a pensare che si potesse intraprendere qualcosa per emarginare le donne dalla politica fino a che in Parlamento si è vista l'ignobile farsa delle quote rosa. Per questo, malgrado i tanti passi indietro già visti, non riesco a immaginare autorità che riducano drasticamente il diritto alla salute dei cittadini.

Ma ecco il punto. Quando ti si è ficcata in testa l'idea che ciò che abbiamo in qualche modo conquistato non ci verrà più tolto perché si tratta di diritti che la società ha maturato in quanto tale, se qualcuno all'improvviso ti fa lo sgambetto e il giorno dopo ti ritrovi con un diritto in meno quando proprio non te l'aspettavi, capisco che la reazione può risultare fiacca o scomposta. Chi l'avrebbe detto? Già: nessuno lo avrebbe detto ma qualcuno lo ha fatto. E adesso?

Tempo fa, in un articolo che analizzava il modo di fare di Berlusconi, trovavo descritti i meccanismi di gestione del tavolo delle trattative. Si tratta e si tratta in modo da arrivare a certe mediazioni. Ma un attimo prima della conclusione formale, si fa saltare il tavolo per riprendere a mediare da quel punto in avanti, o indietro a seconda.

Siamo a Bologna, dove nel 1984 si tenne un referendum per decidere se chiudere o no il centro storico della città al traffico privato. Il risultato fu netto e chiaro a favore della chiusura e in tutta Italia, dove si guarda sempre a Bologna come all'avanguardia, ci si convinse che il centro storico di Bologna era ormai sgombro dalle auto. Bisogna aver vissuto qui per sapere che, se in effetti più di uno ha preso la multa per essere entrato abusivamente, l'impressione di chi camminava a piedi sotto i portici non è mai stata quella di una città senza auto. A Modena e a Ferrara le cose sono state diverse.

Tra gli anni '80 e i '90 il centro storico di Bologna ha mutato parecchio la sua conformazione. A partire dalle iniziative per il suo IX centenario, l'università ha sviluppato un'azione di conquista edilizia e di popolamento studentesco. Attività economiche ad alto indice di accumulazione come banche e assicurazioni le hanno fatto concorrenza sia nell'accaparramento immobiliare, sia nella scelta di installarvi direzioni e rappresentanze di prestigio. E come corrispettivo, molti privati cittadini hanno portato la loro residenza nella fascia esterna della città o nei comuni dell'interland.

Solo dieci anni dopo, la possibilità di attuare praticamente la decisione referendaria presa nei termini di dieci anni prima era diventata impossibile. Ma chi aveva lavorato perché diventasse impossibile? Chi non aveva avuto, politicamente parlando, l'energia necessaria per inibire certe tendenze? Nel mondo della politica cittadina ci sono ancora sedie occupate da persone che sarebbero in grado di rispondere a questa domanda perché quella volta c'erano e non ce l'hanno mai raccontata tutta.

Giorgio Guazzaloca, generato politicamente dal fallimento altrui più che da meriti propri, di una cosa può in effetti andare fiero: aver ridato verginità ad un personale politico di sinistra, facendogli fare un temporaneo giro sui banchi dell'opposizione. Ma poi, dopo cinque anni, scacco si è aggiunto a scacco e a fare il dopoguerra sono gli stessi che hanno fatto la guerra, come direbbe Totò.

Io me la dormicchiavo, fidando nell'inesorabilità del progresso e forse anche voi, visto che nel primo anno di amministrazione cofferatiana ci siamo fatti smentire un dopo l'altro diversi punti programmatici con cui la sinistra ha vinto le elezioni. Mi verrebbe da citare un famoso film di Tognazzi, ma temo che la provocazione risulterebbe eccessiva.

Sta di fatto che la vicenda Sirio s'inquadra in questo scenario. E' accaduta proprio perché non ce la saremmo aspettata. Vero, erano mesi che le associazioni degli esercenti lavoravano ai fianchi: vedi l'insistente richiesta di spegnere il vigile elettronico alle 18. Ma Sirio era una bandiera e una bandiera o la si tiene in alto o la si lascia cadere: non ha senso tenerla terra terra, e quando è a mezz'asta non è buon segno. Beh, qualcuno ha approfittato di un attimo di distrazione e ha sostituito la bandiera della salute e della vivibilità di tutti con quella del profitto di qualcuno.

Qualche segno premonitore in realtà lo si sarebbe potuto cogliere, ma non mi va di entrare in un discorso che potrebbe apparire recriminatorio e poco costruttivo.

Oggi, checché si dica o checché si faccia a contrasto dell'annunciato e contestato provvedimento, qualche uovo si è rotto e in ogni caso, anche se comitati e altre forze otterranno qualche passo indietro, non ci sarà mai un "sorry", un "pardon" della Giunta e conseguente ritiro del provvedimento senza reazioni dei commercianti e di altre forze.

E allora? Partita persa? Questa partita sì, a mio avviso, anche se è giusto e corretto giocarla fino alla fine. Ma questa partita non è l'ultima e bisogna vedere qual è la prossima e chi la indice.

E qui la mia modestissima proposta dell'oggetto. Ci sono in giro "nostalgici", tra cui io stesso mi annovero, che si rifanno sempre al ricordato referendum dell''84 e qualcuno - non ricordo bene chi - si è spinto a dire che bisogna chiederne finalmente l'attuazione. Ottima intenzione; peccato che, come ho detto, oramai quel risultato può apparire anacronistico, data la mutata composizione della città. E tuttavia questa trasformazione non può essere un alibi o per non fare o per governare per colpi di mano e al di fuori di una politica partecipata.

A mio avviso, la cosa da fare oggi è promuovere un “nuovo referendum”, il cui quesito non sono certo in grado di formulare in questo momento, per la semplice ragione che esso dovrà scaturire da un'idea generale di città da porre all'attenzione dei cittadini.

Se un tale referendum si riuscisse a farlo entro il 2006 o primissimi mesi del 2007, l'amministrazione Cofferati avrebbe, andando fino al 2009, tutto il tempo per dimostrare in pratica la volontà di rispettare il desiderio dei cittadini democraticamente espresso e in caso contrario anche su questo essa si giocherebbe la permanenza a palazzo D'Accursio.

Parlandone informalmente con amici, qualcuno pessimisticamente riteneva che un siffatto referendum lo si potrebbe anche perdere. Ma qui sta un altro punto: che senso ha quando il non perdere significa anche non vincere? Perché mai io non devo riuscire a farmi dire una parola definitiva su come sarà la mia città finché ci resterò? Se un referendum così lo si perde, questo significa che gli esseri viventi che mi circondano hanno scelto la barbarie. E allora a che mi serve nascondere la testa sotto la sabbia?

Augurandomi di avervi acceso una piccola lampadina, vi saluto

Carlo

Gentile professore Salzano, Da alcuni mesi mi connetto con il suo sito e scarico editoriali ed articoli che trovo sinceramente utili ed interessanti, ma la cosa per cui le sono infinitamente grato è il fatto di avermi dato (anche se inconsapevolmente, ma ciò rende il fatto ancora più bello) una grande fiducia ed un conforto che da troppo tempo ormai cercavo.

Mi presento, sono un giovane (trentenne) di Palermo, sopravvivo a mala pena lavorando come marinaio e lotto con forza tutto l'anno per poter affermarmi professionalmente come urbanista, il suo intervento sul mestiere dell'urbanista al seminario di settembre mi ha dato in questi giorni difficili (pensi al dibattito sul ddl regione Sicilia, ma anche a diversi episodi di mala amministrazione dei quali non può essere al corrente) una sicurezza che mi conforta, non sono un bizzarro individuo interessato ai fenomeni urbani come mi si dice in giro(ne architetto, ne urbanista, ne geografo o antropologo), da sempre ho sviluppato idee e sentimenti che ritrovo perfettamente aderenti alla sua descrizione sul ruolo dell'urbanista in Italia e in particolare nel mezzogiorno. Sento di aver trovato in lei nei suoi collaboratori e nel suo sito un fondamentale punto di riferimento per continuare a crescere e formarmi.

Da poco tempo ho una collaborazione con una agenzia, che si occupa tra le altre cose di marketing territoriale, per uno studio su di un territorio consortile del lontano centro della Sicilia, un lavoro interessante che spero di poter portare aventi secondo i suggerimenti che sono in grado di cogliere dal dibattito all'interno del sito.

Sono convinto che in fondo per certe realtà fare bene urbanistica significhi fare bene educazione civica, proporre ai cittadini modalità di abitare i territori che non conoscono o hanno dimenticato da tempo, ripartire dalle forze giovani e fresche del capitale sociale rendendole attive nel rispetto dell'ambiente naturale e storico.... c'è tanta roba che vorrei raccontale e sulla quale mi piacerebbe avere un suo suggerimento che quasi mi perdo, ad ogni modo grazie per avermi letto e per il suo aiuto fondamentale alla disciplina e a tanti come me.

Nella speranza di poterla conoscere

P.S. anche se non direttamente collegato con l'urbanistica le invio il link con il sito di un comitato al quale appartengo e nel quale credo molto www.addiopizzo.org

Grazie Antonio, anche da parte della redazione. Aspettiamo i tuoi racconti, e li aspettano i nostri lettori. Ho visto il sito che proponi, e ho inviato un’adesione di solidarietà. Lo segnalo ai frequentatori, soprattutto siciliani, di Eddyburg, anche come esempio di una iniziativa che andrebbe ripetuta dovunque il crimine organizzato ha trovato il suo insediamento. Auguri e buon lavoro

Caro Eddy, vedo con rammarico che la lista dei donatori è ferma al 10 settembre. Eppure, te lo ricordi sicuramente, nel corso della riunione del 14 maggio scorso tutti i presenti si impegnarono a sottoscrivere una quota annua di 100 euro. Cosa che solo alcuni hanno fatto. Contributi sono invece venuti da frequentatori e lettori non sollecitati, addirittura anonimi. Il sito è sempre più attivo, vivace e irriducibile. È andato benissimo il corso in Val di Cornia, Sta per vedere la luce, grazie soprattutto a Cristina Gibelli, il librino contro la legge Lupi in discussione al senato, che riprende materiali del sito e altri inediti, mentre continua il silenzio della stampa. Credo che vada chiesto ad amici di eddyburg e lettori un impegno militante (come si diceva un tempo) per la diffusione del pamphlet. Dobbiamo sollecitare anche recensioni. Ovunque. Su quotidiani grandi e piccoli, riviste, bollettini di quartiere e di parrocchia, per provare almeno a incrinare la congiura del silenzio. Intanto, chi può, metta mano alla tasca. Forza e coraggio, .

18 ottobre 2005 - Caro Eddy,nonostante le polemiche e' stata una bella soddisfazione andare alle primarie (ho deciso anch'io per Prodi dopo varie considerazioni).

Quanto all'assassinio davanti al seggio, ancora non mi sembra possibile. Mi ero illusa di vivere in un posto che sta diventando civile, ed invece siamo sempre in guerra. Vorrei capire...Lavoro da parecchio non lontano da Reggio Calabria, dove prima vivevo; sto in una cittadina (circa 11.000 abitanti) con una certa densita' mafiosa. Qui negli ultimi tempi ho trasferito il domicilio dopo tanti anni di pendolarismo, soprattutto per limitare i costi di trasporto (dovevo muovermi soprattutto con l'automobile).

Proprio da qui viene il politico che subentrerà - come consigliere - al vicepresidente del Consiglio Regionale. Mi e' stato detto che l'altra sera in questo paese il suo entourage ha addirittura organizzato fuochi d'artificio per festeggiare la sostituzione. Poi un lutto, la morte del padre, ha colpito anche il festeggiato.

Nel pomeriggio il Presidente Ciampi e' venuto a Reggio: cosi' si fa!!!

Vicino quando e' necessario, la sua presenza e'importante (anche se non basta). E' comunque un segnale. Anch'io inorridisco al pensiero del signor B. inquilino del Quirinale.

Spero che la voce dei fuochi artificiali non sia fondata. Se lo fosse, confermerebbe il fatto che battere B. è necessario ma non sufficiente per sconfiggere la barbarie che ha infettato l’Italia.

Visto l'argomento dell'Eddytoriale 80, magari una citazione comparativa non si butta via (dai documenti preliminari della legge britannica 2005, prima l'originale poi la mia traduzione al volo)

The Planning System: General Principles

"The planning system does not exist to protect the private interests of one person against the activities of another, although private interests may coincide with the public interest in some cases. It can be difficult to distinguish between public and private interests, but this may be necessary on occasion. The basic question is not whether owners or occupiers of neighbouring properties would experience financial or other loss from a particular development, but whether the proposal would unacceptably affect amenities and the existing use of land and buildings which ought to be protected in the public interest.

Il sistema di pianificazione: principi generali

Il sistema di pianificazione non esiste per proteggere l’interesse privato di una persona contro le attività di un’altra, anche se l’interesse privato può coincidere con quello pubblico, in alcuni casi.Può essere difficile distinguere fra interessi pubblici e privati, ma ciò può essere necessario in alcune occasioni. La questione fondamentale non è se proprietari o occupanti delle proprietà limitrofe subiranno danni finanziari o di altro tipo a causa di un particolare intervento, ma se la proposta influirà in modo inaccettabile su qualità e usi attuali del suolo e degli edifici che dovrebbero essere protetti nel pubblico interesse.

Ho letto con interesse lo scritto di Carla Ravaioli contro le primarie e sembra convincente soprattutto laddove rileva la pressochè totale mancanza di un luogo nel quale discutere partecipativamente di programmi. Ma vorrei che nel ragionamento, dopo aver sottolineato gli aspetto rischiosi delle primarie, si tenesse in conto anche di ciò che è accaduto di recente. In Puglia nessun tavolo di trattativa "partitico" avrebbe mai scelto Nichi Vendola come candidato, mentre Nichi lo è diventato in forza di uno stupefacente risultato alle primarie. E chi ha seguito il crescere di partecipazione a quella elezione sa che il confronto fra i candidati è stato certamente segnato dalla loro soggettività (personalizzazione), ma che ha prevalso in modo fortissimo la caratterizzazione programmatica e la fiducia nella coerenza tra il dire e il fare che i contendenti si erano costruiti nella loro vita pubblica. Gli è che Vendola, sovvertendo ogni pronostico, ha vinto anche le elezioni vere e proprie ed oggi noi rossoverdi possiamo gioire del fatto politicamente inaspettato e rilevantissimo che Riccardo Petrella sia presidente dell'acquedotto pugliese in barba ai tecnocrati liberisti ( e dalemiani) privatizzatori dell'acqua. Tutto ciò è accaduto per un atto di coraggio al limite della temerarietà e contro ogni "sondaggio", cioè l'aver scelto di partecipare ad una partita su un terreno assolutamente spurio come le primarie piuttosto che restare spettatori. Può andare sempre bene? E chi sa dirlo! Di certo le primarie fra Prodi e Bertinotti (mi scuseranno gli altri candidati, ma la partita politico programmatica mi pare essere tra questi due) sono altra cosa rispetto alla vicenda pugliese. Però di una cosa si può essere certi, che Bertinotti non tenderà a convincere i moderati con posizioni sfumate o ambivalenti, ma porterà nel confronto, come sta già facendo, le proposte programmatiche più di sinistra, sia sulle questioni sociali che su quelle ambientali. E già solo questo fatto è politicamente rilevante perche stringe e costringe Prodi ad uscire dalle formulazioni generiche ed ambigue che Carla Ravaioli cosi giustamente sottolineava. Il tutto davanti ai popoli dell'Unione che poi saranno chiamati a scegliere. Si vuole dire che non è il massimo della partecipazione? Si è vero, ma se non ci fosse questa tenzone quale altro strumento sarebbe agibile ed agito per portare in primo piano le questioni programmatiche e non il solo argomento, necessario ma non sufficiente, di sconfiggere Berlusconi? Accettare territori insidiosi per portare avanti le proprie idee è rischioso certamente, ma non subalterno se le proprie idee sono chiare e ben salde. E dunque penso che ogni voto in più che prenderà Bertinotti alle primarie non sarà affatto indifferente per l'avanzamento delle cose che vogliamo, ma soprattutto sarà utile per contrastare quella voglia neocentrista che aleggia nel centrosinistra e che ci spaventa tutti. Siamo alle solite, che il fine giustifica i mezzi anche se questi non ci piacciono? Accidenti, sento forte questa contraddizione! Ma se il mezzo è nonviolento ed attiva un voto libero, piuttosto che fare lo spettatore, io rischio come ha fatto Pietro Ingrao.

Risponde Carla Ravaioli: Caro , è vero, senza le primarie Niki Vendola (che conosco bene, apprezzo molto, e del cui successo sono felice) non sarebbe mai stato eletto, e non potrebbero accadere in Puglia le buone cose che ora si fanno. E tuttavia questo non mi fa pensare che l'esempio pugliese debba diventare regola, nè mi fa cambiare idea sulle primarie in corso. Le quali - Chiarante l'ha detto molto bene - rappresentano l'accentuarsi di una pericolosa deriva verso il leaderismo che combattiamo e che il governo Berlusconi ha portato avanti con protervia. Per far emergere le persone meritevoli come Niki credo si dovrebbero trovare altri modi, soprattutto cambiando certi meccanismi tipici dei partiti, facilitando la partecipazione di base, ecc. Modi però diversi dalle primarie, che costituiscono un vero e proprio raddoppio della campagna elettorale, con le conseguenze a mio parere molto negative che ampiamente illustro nel mio pezzo. Forse ne ha letto solo la prima parte?

München, 12 settembre 2005 - Caro Eddy, un altro grande vecchio se n'è andato. Pochi sapevano che a Venezia, in Dorsoduro 3420, ha vissuto per anni e anni uno dei piu famosi giornalisti tedeschi del dopoguerra. Per noi giovani lettori o giornalisti della sinistra di '68 era quasi un mito perchè rappresentava l'altra Germania anti-fascista, liberale nella traduzione democratica di Weimar. Da anni è stato dimenticato in Germania purtroppo anche nel mondo cosiddetto liberale e democratico. Il necrologio che segue non ho scritto io ma il Professore Luigi Reitani da Udine. Susanna Boehme, la consorte di Kuby, scrive spesso per riviste tedesche di stampa sinistra ma anche, raramente, per il manifesto. Anche lei è una grande esperte della cultura democratica di Weimar.

Saluti da Monaco,

"È morto a Venezia all'età di 95 anni il giornalista e scrittore tedesco Erich Kuby. Nato a Baden-Baden, Kuby aveva raggiunto una notorietà internazionale nel 1958 con il romanzo Rosemarie (pubblicato in Italia da Einaudi) che, ispirandosi a un fatto di cronaca, l'assassinio di una prostituta a Francoforte, denunciava la doppia morale tedesca nell'epoca del miracolo economico. Collaboratore dello Spiegel, della Süddeutsche Zeitung e dello Stern, aveva più volte attaccato i tabù della Repubblica Federale Tedesca. Heinrich Böll lo aveva definito "uno che tira i sassi in piccionaia senza mai fallire il bersaglio". Molti dei suoi volumi erano stati pubblicati anche in italiano. Alla seconda guerra mondiale e all'Italia aveva dedicato uno dei suoi libri più discussi, Il tradimento tedesco (Rizzoli, 1983), in cui documentava per la prima volta in modo sistematico le deportazioni dei militari italiani in Germania e la violazione da parte tedesca degli accordi con l'Italia."

Ricordo bene Erich Kuby. Rosemarie fu decisivo per noi per comprendere in che modo il dopoguerra stava corrompendo la società europea. Come capita ai giornalisti intelligenti, sensibili e colti Kuby aveva colto, nel microcosmo della società tedesca di quegli anni, le tendenze della fase “opulenta” del capitalismo, anticipando analisi più esperte ed avvenimenti che fecero epoca.

Vi è “il pericolo di un meticciato archiettonico”. Gli architetti stranieri ci stanno invadendo. “La risorsa culturale italiana “ rappresentata dagli architetti nativi “non può essere ulteriormente vanificata e ignorata”. L’Italia “ha accumulato ritardi” mentre nei loro paesi, gli architetti stranieri hanno realizzato “grandi opere di interesse sociale”. I maggiori responsabili di questa situazione sono “i sovrintendenti, al cui diritto di veto bisogna porre fine, per limitarne il potere totalmente autonomo che ha privato l’Italia di molte opere significative rimaste sulla carta”. A firmare l’appello, di cui da notizia sul Corriere della sera del 7 settembre Pierluigi Panza, non sono certo degli emarginati, ma notissimi e plurincaricati architetti di casa nostra: Vittorio Gregotti, Paolo Portoghesi, Aimaro Isola e Ettore Sottsass, tra gli altri. Gente che ha costruito e continua a costruire opere notevoli. Peccato che spesso si tratti di opere assai discusse: basti pensare al Quartiere Zen a Palermo di Gregotti o al teatro comunale di Portoghesi a Catanzaro, che qualcuno ha definito il teatro più brutto del mondo. Di Gregotti non si può non ricordare l’Università della Calabria, a Rende-Cosenza, un’opera immensa, che per molti sarebbe stata la realizzazione della vita e che invece il noto architetto milanese ha abbandonato al suo destino ai primi dissensi con l’impresa costruttrice. E oggi, dopo oltre mille miliardi spesi, è già il momento di una sostanziale riqualificazione.

Chissà se i firmatari, che vorrebbero che i poteri di approvazione dei (loro?) progetti fosse trasferito alla Direzione architettura del Ministero dei Beni culturali (in questo modo il potere decentrato e totalmente autonomo dei sovrintendenti sarebbe sostituito da un “centralismo pluralistico”), si rendono conto che non hanno scelto il momento migliore per attaccare i sovrintendenti. Forse il 23 agosto non hanno avuto l’opportunità di leggere l’appello di Adriano La Regina, ripreso da Eddyburg, che parla di un ministero ormai allo sfascio e da ricostruire.

Ma credo abbiano dato un taglio davvero egoistico al loro pensiero. Forse non sanno che uno dei motivi strutturali della disoccupazione “architettonica”, quella vera, non certo la loro, dipende dal fatto che nel nostro Paese ci sono ben 135 mila architetti iscritti all’Ordine, contro i 30 mila di Francia e Spagna. E poiché alla cecità non c’è rimedio, forse ignorano, ed è ben strano, visto che in maggioranza insegnano nelle nostre università, che da noi ci sono operanti ben 77 corsi di laurea che abilitano futuri progettisti edili. Ah, gli architetti italiani…

Vittorio Gregotti ha preso le distanze dell' appello, in un commento pubblicato il giorno dopo sul Corriere della sera. Torneremo sull'argomento, perché il ruolo degli architetti nella costruzione della città non è marginale, e molti loro atteggiamenti recenti sono preoccupanti. Come del resto lo stesso Gregotti osservava in un recente articolo.

Il 2 settembre ho letto su Repubblica un articolo molto bello di Pietro Citati su Oriana Fallaci. Questo personaggio mi sembra l'esempio tipico della persona dedita a incitare all'odio verso qualsiasi "diverso". Il grande successi editoriale e le importanti sponsorship (il Corriere della Sera, il Vaticano) accrescono la sua pericolosità. Come mai non ho visto su Eddyburg, che mi sembra condividere questo giudizio (vedi la ribrica "Oggi" di qualche giorno fa) l'articolo di Citati?

Semplicemente perchè avevo pubblicato un articolo di Oriana Fallaci sul Corriere della sera del 16 luglio scorso. Mi sembra che quel testo sia sufficiente a far esprimere al lettore ragionevole le stesse opinioni che Citati ha argomentato nell'articolo cui lei si riferisce e - nel poco spazio di questo sito - ciò fosse sufficiente.

Caro Eddy, sfogliando la rete ho letto un interessante articolo di Geoff Andrews sul sito Open Democracy. L'articolo mi ha colpito per l'appello accorato ai Londinesi a "non dimenticare" indicando l'esperienza di Bologna come utile alla crescita di una società civile e anche per l'analisi (purtroppo) attenta delle "nostre" povere storie contemporanee.

"This has become crucial in a country where history continues to constrain the present in very particular ways. The current right-wing government of Silvio Berlusconi, which includes post-fascists, has depended upon a revisionist account of the past, refusing to take part in the annual celebrations of the defeat of fascism, while local post-fascists in Bologna even tried to change the commemorative plaque to the station bombing which condemned “fascist terrorism”. This year, on the twenty-fifth anniversary of the tragedy, the government has been criticised for giving only lukewarm support to the commemorative events."

Grazie per il tuo lavoro, un forte abbraccio.

[Qui l'articolo in italiano per Eddyburg, e il link al sito originale]

Caro Prof.Eddy,è da capodanno che non scrivo e non ho molte scuse se non quelle rappresentate in un mio disegno che allego ( creato per alcune manifestazioni estive di artisti di strada, ma che in realtà illustra la situazione mia e penso di molti tecnici comunali).

Ho ripreso la penna per dirti a mò di deliberazione:

Premesso che EDDYBURG:

ha assunto una veste migliore e soprattutto comunica un po’ di più con le immagini ;

si è arricchito di argomentazioni propositive oltre che giustamente attente e critiche alla nostra (sigh!) situazione;

è diventato una realtà collettiva con le relative positive conseguenze;

Considerato che :

da anni attingo ogni giorno a piene mani da esso e ne traggo motivo di sollievo e conforto nelle mie oscure giornate di ingrato lavoro pubblico (anche se non è sempre così);

Dato atto che:

ho aderito con entusiasmo all’iscrizione del corso estivo nel Parco val di Cornia( proposto dal sito in questione) dove mi auguro di poter respirare un aria rigenerante;

Vista altresì la mia ridotta dimensione e il mio altrettanto stipendio ;

Vista tutta la legislazione in materia passata presente e futura;

Delibero

1. Di sostenere EDDYBURG perché se lo merita.

2. di finanziare la cifra di 50 euro con il mio portafoglio.

Allegati alla presente deliberazione di cui ne fanno parte integrante sono.

1) immagine di tecnico comunale al lavoro,

2)racconto di Italo Calvino gli dei della città.

Firmato

PS :a proposito del brano di Calvino avrei una proposta per degli argomenti , magari nella prossima lettera provo ad esporli. Baci a tutti

Grazie, Carla Maria, lettere come la tua (e come altre che non pubblico) confermano che il nostro lavoro è utile. Cercheremo di farlo ancora meglio, soprattutto per chi, come te, lavora come urbanista pubblico, e comunque crede al ruolo pubblico dell’urbanistica. I tuoi consigli, come quelli degli altri lettori, ci servono molto: spero che ne avremo anche alla Scuola estiva. Grazie anche a nome di tutti i redattori

Caro Eddy, Luisa Calimani, che si adopera per diffondere notizie e tenere contatti tra urbanisti di vecchio stampo, mi ha trasmesso il testo licenziato dalla Camera della legge Lupi chiedendo un parere, e contributi per arricchire le proposte di emendamento dell'opposizione. Ho risposto come segue, e naturalmente non con un parere, né con un contributo, ma solo con uno sfogo molto amareggiato. Ciao.

Cara Luisa, senza che ce ne accorgessimo,evidentemente ci avevano già sfilato sotto il naso tutto un mondo filosofico, politico, culturale. O meglio, qualche sospetto lo avevamo, non stavamo dormendo, ma confesso che la lettura del testo di questa legge mi ha colto alla sprovvista, prima ancora di indignarmi o preoccuparmi mi ha sorpreso: con grande semplicità e in poche paginette, questo testo ci mette di fronte ad una concezione del ruolo delle istituzioni completamente trasformato, rovesciato rispetto ai nostri consolidati convincimenti, né si preoccupa di offrire supporto o dimostrazione di questo rovesciamento.

Dunque all'iniziativa privata è affidato il compito di provvedere allo sviluppo dell'economia e della società, e alle istituzioni dello stato è affidato il ruolo di ancelle di quella iniziativa, col compito dichiarato di spianare la strada ed eliminare ogni ostacolo.

Tu ci chiedi di fare uno sforzo per arricchire le proposte di emendamento dell'opposizione che giudichi inadeguate. Ti dico francamente quel che penso io: questa proposta di legge non è emendabile per niente, non bisogna neppure cominciare a discuterla, appartiene ad un mondo per noi incomprensibile e infrequentabile. Io mi auguro che non arrivi mai a completare l'iter di approvazione, e se ci arriva mi auguro che l'opposizione torni al governo e la sopprima al più presto. Ma a questo proposito purtroppo mi sorge un sospetto: non sarà che a qualche nostro amministratore regionale e comunale saranno brillati gli occhietti pensando che finalmente potrebbero avere le mani libere per tanti interessanti giochetti? Non sarà che le inadeguate proposte di emendamento corrispondano ad una sottaciuta speranza che questa legge passi, magari con qualche piccola correzione per salvare la forma?

Con questo sospetto, mi sembra allora che la cosa più urgente da fare non sia di migliorare gli emendamenti, ma di convincere l'opposizione tutta intera che con una legge che assomigli a questa il disastro territoriale sarà definitivo e irreversibile (in realtà già lo è ma conviene far finta che ci sia ancora qualcosa da salvare), e che il disastro non sarà solo territoriale ma istituzionale, giuridico, culturale. Non finiremo mai di ringraziarti per il compito che ti sei assunto, di tenerci sempre informati e di tenerci in qualche modo in contatto in questa sciagurata congiuntura.

Si, Sandro, quella legge appartiene a un mondo infrequentabile per chi, come te, si è battuto nell’università, nelle istituzioni, nella cultura, nella professione per una città e un mondo migliori per tutti gli uomini, e non solo per i più potenti e ricchi. O meglio, frequentabile solo per combattere quella legge, che solo gli illusi o i tiepidi possono considerare emendabile. Il guaio è che quella legge è – come ha detto l’on Mantini, dell’Unione – una legge bipartisan, ciò che renderà più difficile il nostro lavoro di opposizione, e la costruzione di un’alternativa.

Segnalo a te e ai lettori che in eddyburg.it c’è una cartella (Tutto sulla Legge Lupi) nella quale ho raccolto, fin dall’inizio, i documenti e le opinioni critiche sulla legge

Venezia, 13 agosto 2005 - Condivido la valutazione sulla sentenza 343/2005. Vorrei fare solo un’osservazione. Il giudice costituzionale ha potuto dichiarare l’illeggittimità della norma della legge delle Marche riferendosi a una legge statale (la n. 47 del 1985). Infatti questa legge concorre (nell’assenza di una legge quadro) a definire i principi desumibili dalla legislazione nazionale cui le leggi regionali devono attenersi. Se la cosiddetta Legge Lupi fosse approvata questo non avverrebbe più poichè essa si propone di cancellare tutta la legislazione urbanistica previgente. Ci riesca o no, è un altro discorso, essendo l’attuale testo così pieno di buchi, contraddizioni e altri pasticci da risultare per molti aspetti inapplicabile.

In effetti, tra tutti gli aspetti negativi della Legge Lupi, ce n’è uno che va sottolineato con forza: è una legge pessima dal punto di vista meramente tecnico. Darà – se sarà approvata così com'è – un lavoro immenso agli avvocati e ai giudici, e mal di testa prolungati e acuti a tutti gli operatori che dovranno cercar di interpretarla. Delle maglie interpretative (c’è da giurarci) approfitteranno con larghezza i furbi d’ogni risma e colore.

La superba lezione di british style impartitaci dal direttore del glorioso British Museum (Prepariamoci per quando potremo offrire un aiuto) merita forse qualche riflessione a latere. Bontà sua, in incipit MacGregor espleta i doveri di pietas nei confronti delle vittime, anche se con una selezione del tutto speciale: il cordoglio è riservato in esclusiva alle vite umane spese nella ricostruzione del patrimonio culturale iracheno, le uniche degne di essere vissute, evidentemente. Dopo di che, in assoluta disinvoltura, con un linguaggio da dépliant pubblicitario di museo anni ’50, ci vengono decantate le doti di queste volumetto che – in absentia – dovrebbe colmare con ‘superbo materiale fotografico’ il vuoto provocato dalla disdicevole chiusura del museo di Baghdad. Stupisce, nell’insieme, la povertà del modello culturale cui si ispira il direttore del British: il volume avrebbe l’obiettivo principale di consentire al lettore di ‘ammirare nel dettaglio i pezzi di maggior magnificenza’…una raccolta di capolavori, insomma, degna della più attardata museologia occidentale. Naturalmente il volume è esclusivamente in lingua inglese e Mac Neil non è neppure sfiorato dal sospetto che le risorse utilizzate a questo scopo avrebbero forse trovato migliore e più consono uso se devolute – in toto - per operazioni di restauro del museo stesso che pure ci viene descritto come ‘privo di illuminazione e aria condizionata’ e dove, attualmente, ‘il lavoro di conservazione è pressoché impossibile’.

Ma i poveri conservatori del museo iracheno, ritenuti, come il resto della popolazione autoctona assolutamente incapaci a fronteggiare la situazione (‘non potendo il governo iracheno riuscire laddove fallisce la coalizione’) possono sperare in un futuro roseo: le truppe del British Museum, coalizzate con altre schiere di studiosi dell’acculturato mondo occidentale sono già pronte a partire. Solo la deprecabile situazione di insicurezza attualmente persistente in loco le ha trattenute sinora. L’inquietante parallelismo, fra la composizione della coalizione armata e il team di studiosi che ha presieduto l’elaborazione del volume (‘italiani, americani, inglesi’) è un calco di assordante evidenza che non merita commenti. Davvero l’offerta di Mac Gregor può essere ascritta ai peggiori istinti neocolonialisti (per richiamare un articolo recente di eddyburg, non ricordo di chi), davvero lo spirito di Lord Elgin è più vitale che mai. Non è un caso, allora, che simili profferte ispirate ai calcoli del più lungimirante marketing (Mac Gregor è del resto noto, nel settore, più che per l’eccellenza della scarsa produzione culturale, per abilità di gestione amministrativa) provengono da uno dei musei ‘di rapina’ per eccellenza che anche in tempi recentissimi ha negato qualsiasi apertura alle documentatissime richieste greche di restituzione dei marmi Elgin. Nessun posto migliore per la processione delle Panatenee del vetusto salone del British perennemente intristito dalle luci novembrine dei foschi cieli britannici, perché in fondo – così si legge nella sostanza entrando in quella sala ancora oggi – gli inglesi hanno reso un servizio all’umanità sottraendo i capolavori fidiaci all’incuria e alla barbarie orientali. E ad avvalorare questa tesi si citano non a caso gli alleati italiani che non protestano e non pretendono la restituzione di metà del loro patrimonio archeologico e pittorico sparso per i musei occidentali: peccato che nel nostro caso avremmo ben pochi appigli giuridici: i gioielli di famiglia se li sono regolarmente venduti, nei secoli passati, le innumeri stirpi dell’aristocrazia italiana in sfacelo, dai Gonzaga ai Borghese, ai Campana e via elencando.

Ai greci può essere permesso, al più, di possedere una riproduzione virtuale dei marmi, più vera del vero…così come in fondo, fra non molto, ai curatori iracheni potrebbe essere proposto di scambiare il patrimonio reale finora fortunosamente sottratto alle ingiurie della guerra con il pregevole volume decantato nell’articolo: per motivi di sicurezza, of course. Non è la prima volta che ci riesce, a noi occidentali, lo scambio oro – perline: perché non riprovarci? Nel peggiore dei casi siamo sempre pronti ad esportare ipso facto e con grande generosità, il nostro modello culturale, neppure sfiorati dal dubbio che possa risultare del tutto fuori contesto e per di più, a giudicare dagli indizi presenti nel testo di MacGregor, ispirato ad una museologia che nulla ha recepito, nemmeno lontamente, delle più aggiornate teorie cognitiviste e si mostra legata a meccanismi percettivi ormai superatissimi.

Davvero, colleghi iracheni, l’unica risposta possibile può essere quella di Laocoonte di fronte al velenoso dono del cavallo di Troia: timeo Danaos et dona ferentes.

Pisa, 31 luglio 2005 - Mi solleva ritrovare tra le pagine di Eddyburg l’iniziativa di alcuni che stimolano il dibattito su quello che oggi in Italia è il rapporto tra amministratori e strutture tecniche nella Pubblica Amministrazione, in particolar modo quella locale. Ricordo in ordine di tempo il dialogo che vorrei immaginare irreale ma al contrario riconosco molto vero, anche se surreale, dell’articolo “Aspettando Lupi” pubblicato il 18 luglio scorso e il successivo sconcertato intervento di una giovane urbanista che lavora con passione, seppure a tempo determinato, all’interno di una amministrazione pubblica locale.

In questi giorni di calura estiva nella quale assistiamo impotenti all’ulteriore declino morale delle nostre più alte istituzioni, non è certamente banale nè scontato tornare sul tema dell’efficienza, efficacia e trasparenza dell’azione amministrativa portata avanti dalle strutture tecniche pubbliche di governo locale, da sempre additate come luogo di inettitudine oltre che di scontata incapacità.

Al contrario credo si possa con sufficiente tranquillità affermare che oggi nei nostri Comuni, e non solo nei Comuni ma anche in altri enti pubblici, ad una dotazione di personale tecnico specializzato e ben preparato si contrappone un banale e semplicistico accavallarsi di scontate scelte di politica di governo del territorio, testimonianza nella maggior parte dei casi di arrogante incapacità e mancanza di vere idee da parte degli Amministratori, come ha ben evidenziato Sergio Brenna in un intervento del 25 giugno scorso nel quale l’autore si dice “… preoccupato perchè i Comuni (intendendo far riferimento alla contrattazione nelle politiche di governo del loro territorio), oggi, indipendentemente dal loro colore politico, sotto la pressione di bilanci sempre più vacillanti, vedono come unica prospettiva di sopravvivenza del loro ruolo sociale il tentativo di scremare qualche contropartita dalla trattativa su nuove previsioni edificatorie…”.

E poiché l’attuazione delle politiche di governo del territorio passa attraverso il supporto e l’operatività degli uffici tecnici è inevitabile, in questi tempi di superficiale edonismo berlusconiano e di ricerca del profitto a tutti i costi, l’aprirsi di una doppia possibilità di scelta da parte di chi queste scelte di politica di governo del territorio deve tecnicamente avvallare: o assecondare o indignarsi. Assecondare è certo la strada più facile, ma anche quella che porta ad un qualunquismo devastante per il nostro territorio; l’indignazione, che segue all’iniziale sconcerto, può sembrare a molti segno di snobismo ma è l’unico, e forse l’ultimo segnale che ci permette di non consegnarci alla resa di una politica del territorio assurda e devastante. E’ arrivato il momento di fermarsi e ripensare all’idea che “progresso” sia sinonimo o, come molti credono, inevitabile conseguenza del concetto di “sviluppo infinitamente esponenziale”; dovremmo imparare a ribaltare questa prospettiva ritornando a guardare il futuro della nostra casa comune come delicato equilibrio tra territorio e sostenibile evoluzione nella trasformazione.

L’urbanistica, oggi più esaustivamente definita governo del territorio, è lo strumento con il quale si costruiscono le regole che sostengono ed informano questa equilibrata trasformazione; e l’urbanistica, secondo questo principio in base al quale il territorio è la casa di tutti, non può che essere pubblica perché l’amministrazione pubblica è l’unico vero ed insostituibile baluardo della legittimità della vita sociale e civile.

Concordo pienamente e sollecito ciascuno di noi a riflettere sulle parole riportate nel commento all’articolo del 21 luglio :”…. bisogna continuare a svolgere il nostro mestiere con la stessa determinazione con la quale gli operai continuavano a far marciare le fabbriche sotto l’occupazione nazista. Se ci sarà un futuro sarà costruito sulla base di quanti oggi sapranno resistere.

arch. , funzionario ente locale

Grazie Silvia per il suo intervento, che è un’ulteriore testimonianza di una situazione di diffuso disagio e, al tempo stesso, di volontà e capacità di resistere. Riprenderemo questi ragionamenti alla scuola estiva in Val di Cornia. A presto

Modena, 29 Luglio 2005 - il Comune di Modena intende vendere i campi da calcio all'interno del tessuto urbano ora in uso a polisportive come aree fabbricabili, per fare cassa. ricorda all'amministrazione che le aree verdi esistenti, quandanche eccedenti il minimo dello standard di legge, rappresentano un capitale sociale inalienabile.

"Con questa delibera si attua una sana politica patrimoniale che tiene conto di aree o immobili monitorati e censiti che compongono il patrimonio disponibile"- ha commentato l'assessore al Patrimonio Antonino Marino illustrando la relativa delibera della Giunta comunale dell'11 Luglio scorso. "Si mettono in vendita quelli che hanno esaurito una utilità pubblica, o sono il residuo di altri interventi di natura pubblica portati a regime". Marino ha quindi aggiunto che non si tratta di "un'operazione di cassa, ma di un investimento sociale. Con i proventi, infatti, finanzieremo nuovi investimenti, nuove opere e garantiremo nuovi alloggi, previsti dal piano regolatore, e nuovi servizi alla città" (dal Comunicato stampa del Comune 2001_08526 del 11/07/2005)

Nella realtà l'assessore Marino dichiarando che "si pone l'obiettivo di avviare una rilevazione dei campi da calcio esistenti su terreni di proprietà comunale con la finalità, di ricollocarli in zone dove potrà migliorare la dotazione sportiva della città" sta dicendo una cosa molto diversa: il Comune di Modena intende vendere i campi da calcio all'interno del tessuto urbano ora in uso a polisportive come aree fabbricabili, per fare cassa. Il linguaggio finto tecnico dell'assessore nasconde un'operazione che definire una porcheria è elegante.

In una città che celebra il quarantesimo del PRG del '65, uno dei primi esempi di urbanistica riformista, pensato ed attuato in concertazione tra la cittadinanza e amministrazione (non c'era ancora l'Agenda 21 ma allora la si faceva davvero al contrario di adesso), firmato dai migliori tecnici dell'epoca, questa cosa non si doveva neanche pensarla. Legambiente ricorda alla Giunta Comunale che le aree verdi esistenti, quandanche eccedenti il minimo dello standard di legge, rappresentano un capitale sociale inalienabile.

Con questo progetto la Giunta di centrosinistra del Sindaco Pighi si allinea alle politiche del governo nazionale già in atto da qualche tempo: dismissione delle proprietà pubbliche, paventata vendita delle spiagge, ecc. Legambiente rimane dell'idea che l'esperienza delle politiche riformiste non sia finito e che le città dell'Emilia Romagna debbano continuare a dare esempi in questo senso.

.... Nonostante l'assessore Marino.

Spero che la notizia sia smentita, perchè è una notizia bruttissima. Ricordo l'orgoglio con il quale Piercamillo Beccaria, amatissimo e coraggiosissimo sindaco di Modena, mi portò a vedere le polispoortive e mi raccontò il suo progetto di realizzare, attuando il PRG, un sistema di centri sportivi, ricreativi e associativi. Questi dovevano essere realizzati attivando i risparmi delle famiglie per la loro costruzione e gestione. Divennero i luoghi della democrazia: era lì che si discutevano i piani urbanistici e gli altri argomenti su cui i cittadini volevano esprimere la loro opinione.

I risparmi delle famiglie, il mutuo delle banche, e la garanzia del Comune rappresentata dalla proprietà pubblica del suolo: questa era la ricetta di Piercamillo. Era venuto a Modena da Roma, dove l'avevo conosciuto come segretario della sezione Primavalle del PCI e studente di architettura, negli anni 60. Era stato attirato dalle grande maturità di quel comune nell'utilizzazione dell'urbanistica. Fu il degno successore di Rubes Triva, il sindaco che dopoguerra aveva reso più civile la sua città applicando per primo le leggi riformatrici.

Se la denuncia di non viene smentita con le parole e con i fatti è questa l'eredità che viene gettata alle ortiche. Perciò attendo con ansia. Come attendo, e spero, che venga smentita l'altra voce che mi è giunta: che a Bologna, sulle colline rese inedificabili da Armando Sarti e da Giuseppe Campos Venuti la giunta di Sergio Cofferati starebbe lasciando erigere nuove grandi costruzioni.

“Beati i tempi del PRG!”

Milano, 19 luglio 2005 - Caro Eddyburg, il dialogo anonimo tra due urbanisti di un Ente pubblico pubblicato su eddyburg, me ne ha fatto ricordare uno simile e recente, che ti riporto in modo altrettanto anonimo, ma di cui ti garantisco l'autenticità.

Io: Come va la vicenda di quell'area trasformata da agricola a centro logistico per i mezzi diretti al grande centro espositivo che ora si è trasferito nella nuova sede periferica, dove ha tutti gli spazi di stazionamento necessari ?

Lui: Non me ne parlare ! Ovviamente mi hanno chiesto di eliminare tutti gli spazi a destinazione logistica e mi hanno proposto di metterci degli uffici per una società di telefonia mobile che voleva rilocalizzarsi; poi, visto che i suoi programmi erano incerti e di lungo periodo, mi hanno fatto cambiare di nuovo il progetto per i nuovi studi di una azienda televisiva, ma visto che anche questa ha prospettive incerte perché è in fase di riassetto organizzativo, mi hanno proposto di aumentare la quota di residenza e servizi commerciali, che originariamente dovevano integrare le attività logistiche; infine, visto che la residenza (in parte destinata a utenza sociale) disturbava il look del vicino centro direzionale di un'altra grande azienda, prima mi hanno chiesto di ridurre la residenza e aumentare gli uffici e, di fronte ai miei dubbi circa l'effettiva domanda del mercato immobiliare, hanno preso una pausa di riflessione. L'altro giorno l'assessore mi ha suggerito di proporre un Business and Innovation Center, che io avevo proposto all'inizio, sei o sette anni fa, e fu respinto perché idea inflazionata. Beati i tempi in cui c'era il Piano Regolatore a dirti che cosa avevi diritto di fare . Oggi, a seconda di chi ha bussato alla porta dell'assessore quella mattina, ogni giorno c'è un'idea diversa, che il giorno dopo è già tramontata!

La politica ha davvero dato le dimissioni. La domanda è: serve alle aziende capitalistiche una politica che non ha un’idea, che non ha una strategia se non quella di conservarsi al potere, che cambia idea a seconda di chi bussa alla porta? Secondo me serve solo alle aziende parassitarie, quelle che guadagnano sui giochini finanziari e sulla “economia del retino”: quella moltitudine di “attoti” magnificamente interpretata da Ricucci e simili. Questo dialoghetto è una ulteriore testimonianza delle ragioni per cui l’Italia è condannata (si è condannata) al degrado.

18 luglio 2005 - Il dialogo che avete pubblicato, di autore anonimo, intitolato "Aspettando Lupi", è ciò che mi sta accadendo presso l'Ente per cui lavoro (certo, come collaboratrice a tempo determinato, ma lo considero un lavoro, il MIO Lavoro).

Nonostante il ruolo di poco rilievo poichè appunto a tempo determinato, grazie alla mia volontà, alla passione e all'entusiasmo, e grazie al mio dirigente, progettista del Piano, in questi due anni, sono riuscita a svolgere compiti di rilievo sia nelle fasi di realizzazione che di ideazione del progetto. Ahimè, capacità e forte senso di responsabilità non sono sufficienti per lavorare nell'urbanistica. Anzi. Come nel dialogo "Se sei critico sei un sovversivo, perché metti i bastoni tra le ruote. Se stai zitto e dopo le cose non funzionano, è colpa tua perché avresti potuto avvertire e quindi non collabori" ed inoltre, e soprattutto, "Ho fatto una scelta precisa nell'iscrivermi a urbanistica e una ancora più forte nell'entrare nella pubblica amministrazione. Io ho fatto il giuramento di fedeltà alle leggi, non al Capo. Uno Stato senza regole non mi piace: è anarco-fascista".

Sono davvero in crisi: mi sembra di capire che se voglio continuare a svolgere il mio lavoro, alla capacità devo affiancare la malleabilità. Fino a che punto?

I piani strategici sono "il collage dei desideri di tutti gli attori"; i progetti "scatole di cartone vuote" per "garantire alle imprese di poter fare sviluppo" ... e via dicendo. Non è questo ciò che mi avete insegnato. Forse devo cambiare lavoro?

No, non devi cambiare lavoro, anche se il mondo è diventato (in Italia) molto diverso da quello che ti avevamo insegnato noi. I nostri riferimenti erano un’Italia che è minoritaria, ma esiste. Non tutto è come le situazioni delle quali tu (ho nascosto il tuo nome per ovvie ragioni) e il primo Anonimo, e quello citato da Sergio Brenna, recate testimonianza. Esiste anche un’Italia diversa: quella di Renato Soru, per esempio, e quella di Nichi Vendola-Bisogna continuare a svolgere il nostro mestiere con la stessa determinazione con la quale gli operai continuavano a far marciare le fabbriche sotto l’occupazione nazista. Se ci sarà un futuro, sarà costruito sulla base di quanti oggi sapranno resistere.

Casione, Ticino (CH), 18 luglio 2005 - Grazie per la versione online dell'articolo di Oriana Fallaci. Come dice Lei: "Per comprendere l’odio che c’è nel cuore dei terroristi è utile conoscere quello che sa esprimere, con la consueta violenta cecità, la giornalista italiana, ahimé sul Corriere della sera del 16 luglio 2005".

Cos'è successo al Corriere perché pubblichino cose consimili? E all'Italia perché la redazione non venga querelata per averle pubblicate? Pubblicano anche i testi dei negazionisti in nome della libertà di opinione, forse?

Cordialmente anche se sbalorditamente

PS - "Certo, come ho già detto, è fuori questione discutere con loro. Discute forse un astronomo con un astrologo o con chi sostiene che la luna è fatt di gorgonzola? Tuttavia, dobbiamo perseguitarli in nome della verità? Non mi pare, a dispetto delle leggi adottate contro di loro in Germania e in Francia. La persecuzione, e adirittura quasiasi cosa assomigli alla persecuzione, genera martiri, e non è minimamente nel nostro interesse trasformare quella gente in martiri" (Pierre Vidal-Naquet: "Qui sont les assassins de la mémoire?" in Réflexions sur le génocide. Les juifs, la mémoire et le présent, tome III La Découverte 1995. ISBN 2-7071-2501-6.

Però c'è una differenza: nessun grande quotidiano occidentale pubblicherebbe mai testi di negazionisti, mentre il Corriere ha pubblicato quello della signora Fallaci.

Sono d’accordo con lei, soprattutto dopo il postscriptum. Il mercato (vendere, vendere, vendere) ha ammazzato tutto, a cominciare dal senso della misura

Caro Eddyburg, mi sento un po' fuori luogo in questo giorno triste per l'urbanistica italiana, in questi anni tristi per il diritto.

Possibile che la cecita' dilaghi in questo modo? E pensare che parecchi anni fa (nel 1980 ero ragazza) avevo considerato una grande sconfitta la sentenza n. 5 della Corte Costituzionale sull'articolo 16 della legge 865 del 1971. Qui invece di condono in condono siamo arrivati alla legge Lupi .....

Ora speriamo nel Senato (e nel Presidente della Repubblica per quanto riguarda il diritto e la giustizia).

Personalmente non mi illudo su questa destra, che non e' illuminata. Apprezzavo invece Montanelli, anche se non ne condividevo le idee. Quando uscì dail Giornale per fondarela Voce lo leggevo volentieri - ne conservo ancora il primo numero. Perchè penso ancora che possa esistere una destra alla Quintino Sella?

Mi hanno deluso inoltre le posizioni assunte dalla sinistra nelle ultime vicende e, soprattutto, nel caso della legge per il governo del territorio. Sono molto scettica nei confronti di quelle componenti politiche che - io spero - formeranno il futuro governo, ma non sono state capaci di coagularsi intorno ad un tema cosi' importante. Temo che la cultura urbanistica da sola, tra politici piu' sensibili all'aspetto televisivo degli eventi che agli impegni assunti, non riesca a costruire un coinvolgimento serio e profondo.

Ho l'impressione che in qualche modo si sia compromesso un delicato equilibrio, e che dovranno passare diversi anni per ricreare quell'interesse verso il bene pubblico che adesso è solo una parola che suona vana e falsa in bocca a chi ha costruito la sua fortuna elettorale al solo fine di recuperare quella economica, che prima del '94 sfiorava il baratro, e di eludere le conseguenze dei propri atti illeciti.

Possibile che non si reagisca?

Sarebbe bello se ci fosse una Destra come quella di Quintino Sella, e una Sinistra come quella di Enrico Berlinguer. Ma abbiamo questi, ed è con questi che dobbiamo fare i conti. Cercando di capire perché siamo scivolati così giù, e che cosa possiamo fare per risalire. Cominciamo con la legge Lupi.

Se fossi nei panni di Papa Benedetto XVI e ... avessi ancora un po' di dignità di uomo, di studioso, di politico, e di cristiano – oltre che di cattolico, dopo l'incontro di ieri con il Presidente della Repubblica Italiana, di fronte all'elevato ed ecumenico discorso di Carlo Azeglio Ciampi (lodevolmente, L'Unità di oggi, 25.06.2005, a p. 25, riporta sia il discorso del Presidente Ciampi sia di Papa Benedetto XVI), considerato il vicolo cieco in cui ho portato tutta la 'cristianità' (e rischio di portare la stessa Italia), prenderei atto dei miei errori e della mia totale incapacità ad essere all'altezza del compito di "Vescovo di Roma e Pastore della Chiesa universale", chiederei onorevolmente scusa Urbe et Orbi, e ....convocherei immediatamente un nuovoConcilio!!!

Non me la sento di insegnare ad altri come fare un mestiere che non è il mio, ma credo che tutti abbiano apprezzato la difesa della laicità dello Stato italiano compiuta da Ciampi. La ringrazio dei documenti, che allego.

I DS respingono indignati i sospetti che dietro le scalate ai templi della finanza da parte dei nuovi ricchi divenuti tali per fortunate operazioni immobiliari ci sia la loro benevola accondiscendenza, favorita dalla alleanza con la finanza "rossa" delle cooperative. Fino a prova contraria, dobbiamo dar credito alla loro buona fede.Ma c'é qualcosa di ancora più preoccupante che il sospetto di connivenza di una forza politica di sinistra con le scorribande di fortune finanziarie nate dallo sfruttamento immobiliare: sono i Comuni, oggi, indipendentemente dal loro colore politico, che, sotto la pressione di bilanci sempre più vacillanti, vedono come unica prospettiva di sopravvivenza del loro ruolo sociale il tentativo di scremare qualche contropartita dalla trattativa su nuove previsioni edificatorie, su cui in gran parte si è alimentata la bolla speculativa immobiliare.Passi che qualche economista liberista come Luigi Cappugi proponga come rimedio omeopatico di mettere in "surplus" il mercato prevedendo un metro cubo di edilizia convenzionata per ogni metro cubo aggiuntivo di nuova edilizia libera (basterebbe riattivare l'applicazione della mai abrogata Legge 865/71, per ottenere un metro cubo di edilizia convenzionata per ogni metro cubo di edilizia "già prevista" nei piani regolatori), ma ciò che più scoraggia è che quando proponi ad amministratori comunali anche più a sinistra dei Ds (verdi, rifondaroli) di chiuderla con la stagione della "negoziazione programmatica" perché é un gioco truccato dove comunque si perde, ti guardano increduli e ti fanno capire che in fondo anche per loro la questione è contrattare "qualcosa in più" (più verde, più servizi, più edilizia convenzionata), e non bisogna avere la puzza sotto il naso se questo comporta previsioni d'uso del suolo incontrollate nei loro effetti finali.Ecco, è questa corruzione del senso comune che contamina anche la sinistra che mi pare lo scandalo di cui dobbiamo indignarci e preoccuparci. Non ho da aggiungere nemmeno una parola

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