Illustrissimo Signor Presidente della Repubblica Italiana on.le Giorgio Napolitano,
l’enfasi contenuta nelle dichiarazioni che Ella ha rilasciato a seguito dei gravi episodi di dissesto idrogeologico che hanno colpito la nostra nazione ci sprona ad inviarLe questa lettera aperta chiedendoLe di aderire – anche solo a titolo personale – alla Campagna Nazionale “ Stop al Consumo di Territorio”.
Una campagna d’opinione nata nel Dicembre 2008 alla quale aderiscono attualmente oltre 40.000 cittadine e cittadini e circa 250 tra associazioni e comitati locali.
Il manifesto che le alleghiamo è pubblicato sul sito web nazionale e anche attraverso il social network Facebook, Ella potrà leggere i nomi e i cognomi di tutti gli aderenti, nonché vederne i volti.
La campagna si propone di bloccare il consumo di suolo, proponendo di recuperare il patrimonio edilizio esistente e limitando l’occupazione con nuove costruzioni, se veramente necessarie, alle sole aree già urbanizzate.
Nel contempo la campagna promuove la cura, la manutenzione e la messa in sicurezza del territorio, degli edifici e del patrimonio storico e artistico. Politiche che potrebbero essere un ottimo volano virtuoso per l’economia, aprendo centinaia di cantieri che salvaguardino non solo il patrimonio naturale e le bellezze del nostro paese, ma la vita stessa dei cittadini.
Il pericoloso dissesto idrogeologico si accompagna alla grave compromissione del valore culturale della nostra nazione.
Il recente crollo della Domus dei Gladiatori di Pompei, un gioiello unico al mondo e che avremmo dovuto custodire per le prossime generazioni e per l’intera umanità, è solo l’ultimo caso, forse il più eclatante, indicativo del lungo processo di degrado in atto nel nostro Belpaese.
L’art. 9 della Costituzione così recita: La Repubblica (…) tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.I padri costituenti ci hanno assegnato un chiaro compito: adottare precauzioni per difendere e salvaguardare un bene comune, non riproducibile e non mercificabile quale è il territorio.
Osservando con angoscia le immagini sempre più frequenti di terribili colate di fango che cancellano vite umane e trascinano a valle i sacrifici di tanti lavoratori, disastri che spesso conseguono alle colate di cemento che sigillano il territorio e deturpano il paesaggio, sentiamo il dovere di rivolgerLe questo invito:
Illustrissimo Presidente, unisca la Sua firma alla nostra, perché, la terra d’Italia non l’abbiamo ottenuta in eredità dai nostri padri, ma l’abbiamo ricevuta in prestito dai nostri figli.
Con osservanza e stima,
per la Campagna Nazionale Stop al Consumo di TerritorioDomenico Finiguerra
(Sindaco di Cassinetta di Lugagnano)
Alessandro Mortarino
(Segreteria Campagna)
Renata Lovati
(Contadina)
Gino Scarsi
(Artigiano)
APPELLO
in calce le adesioni pervenute all’8 novembre 2010. Inviare la propria adesione per e-mail a info@altroveneto.org
Con 550 milioni di tonnellate l'Italia è il terzo Paese europeo per emissioni di gas serra.
Il protocollo di Kyoto prevedeva per l’Italia una diminuzione del 6,5% dei gas serra entro il 2010, ma ad oggi le emissioni lorde italiane sono aumentate del 7,1 %, soprattutto a causa dell'aumento dei consumi per trasporti (+24%), della produzione di energia elettrica da fonti fossili (+14%) e della produzione di riscaldamento per usi civili (+5%).
Nel nostro Paese le merci continuano a viaggiare prevalentemente su strada (71,9% nel 2008), poco in nave (18,3) e pochissimo su ferrovia (9,8). Il tasso di motorizzazione è altissimo: 598 auto ogni 1000 abitanti (+91 % dal 1980). Fatto 100 il volume economico sviluppato dal trasporto su gomma, si stimano nel 40% le ricadute economiche positive, mentre ben il 60% sono esternalità negative che ricadono sulla collettività.
Il consumo di suolo in Italia ha raggiunto livelli insostenibili con gravi ripercussioni sull’ambiente, il paesaggio e la salute; si può stimare in circa 21.500 kmq la superficie totale ad oggi cementificata (circa 500 kmq ogni anno). La speculazione edilizia e la spirale costituita da strade, nuovi insediamenti, aumento del traffico, ancora nuove strade…sembra inarrestabile.
In molte città italiane si registrano tassi di inquinamento atmosferico elevatissimo; la Pianura Padana è tra le regioni più inquinate del mondo. Una delle principali cause dell’inquinamento atmosferico è dovuta al trasporto stradale.
L’Italia ha un’impronta ecologica (dati 2005) di 4.2 ettari globali e un deficit ecologico di 3.1 ettaro globale pro capite, agli ultimi posti rispetto agli altri paesi europei.
A fronte di questa grave situazione ambientale, e in contrasto con gli innumerevoli appelli alla sostenibilità ambientale, i Governi di centro-destra e di centro-sinistra degli ultimi 15 anni, con la complicità delle Regioni interessate, hanno avvallato una delle più grandi e devastanti opere della famigerata Legge Obiettivo, l’autostrada Orte-Mestre; un progetto inutile e devastante del costo di 10 miliardi di euro, che sta per materializzarsi.
L’autostrada attraverserà cinque Regioni (Lazio; Umbria; Toscana; Emilia Romagna; e Veneto) 11 province e 48 comuni; il tracciato prevede solo in parte la riqualificazione della E-45, si sviluppa in parallelo alla SS 309 Romea e ha numeri da brivido:
396 km di lunghezza
139 km di ponti e viadotti
64 km di gallerie;
20 cavalcavia
226 sottovia,
83 svincoli
2 barriere di esazione
15 aree di servizio
OPERA INUTILE, COSTOSA E DEVASTANTE
Provoca gravi danni ambientali a carico di importanti zone di interesse storico, paesistico, ambientale (es. Parco del delta del Po, Valli di Comacchio e Mezzano, Laguna sud, Riviera del Brenta, Parco delle Foresti Casentinesi, valli dell’Appennino centrale…).
Comporta un elevato consumo di suolo, per la maggior parte libero, e il frazionamento di numerosi fondi agricoli.
Favorisce la cementificazione delle aree libere attraversate o adiacenti agli svincoli;
Determina un sensibile aumento dell’inquinamento atmosferico e acustico, accentua il rischio idraulico soprattutto nelle aree più fragili.
Privilegia ancora una volta il trasporto su gomma a scapito di quello ferroviario e marittimo, più sostenibili.
È inutile in quanto i flussi di traffico attuali e futuri che interessano la SS 309 Romea e la E-45 non giustificano in alcun modo la costruzione di un’altra autostrada che diventerebbe di fatto un doppione della A-1 e della A-14/A-13.
È un enorme spreco di denaro pubblico: con di 10 miliardi di euro (di cui 1,4 miliardi pubblici e 8,6 miliardi anticipati dai privati) l’Autostrada Orte-Mestre è l’opera in assoluto più costosa tra quelle inserite nella Legge Obiettivo. Meno della metà dei soldi destinati alla Mestre-Orte sarebbero sufficienti per sanare il dissesto idrogeologico dell’intero Paese.
Ha tempi lunghi e distoglie risorse dalla messa in sicurezza di SS 309 e E-45: dedicare finanziamenti pubblici alla progettazione e alla realizzazione di una nuova autostrada tra 10-15 anni, impedisce oggi di risolvere il problema inderogabile della messa in sicurezza della Romea o della E-45.
Favorisce il deprecabile business delle concessioni autostradali e le cricche di appaltopoli: la cordata guidata dalla GEFIP Holding dell’europarlamentare PdL Vito Bonsignore punta con questa operazione a diventare il terzo polo autostradale d’Italia.
I soldi anticipati dai privati saranno ampiamente ripagati con i pedaggi autostradali e con altri servizi pagati dai cittadini ai gestori per 39 anni. È poi un dato di fatto che, in Italia, gli appalti legati alle grandi opere costituiscono un’ottima occasione per il malaffare e per le infiltrazioni mafiose.
LE ALTERNATIVE ESISTONO:
SONO MENO COSTOSE, MENO IMPATTANTI
E FACILMENTE REALIZZABILI
Messa in sicurezza SS 309 Romea: il progetto di autostrada Orte-Mestre non prevede alcun intervento per la messa in sicurezza della Romea, una delle strade più pericolose d’Italia. Il rifacimento del manto stradale, la predisposizione di corsie di emergenza, di piazzole di sosta, il miglioramento della segnaletica, la eliminazione degli incroci a raso, ecc… sono interventi possibili in 2-3 anni e con spese molto contenute.
Deviazione del traffico pesante sulla A-13: il collegamento autostradale Mestre-Ravenna esiste già ed è l’autostrada Padova-Bologna, eventualmente potenziabile. Da Ravenna è possibile deviare i T.I.R. dalla SS 309 verso Ferrara attraverso il raccordo autostradale “Ferrara mare”, oppure attraverso il completamento delle varianti alla SS-16 già previsto nel Piano dei Trasporti della Regione Emilia-Romagna La statale Romea così sgravata sarebbe più che sufficiente per supportare il traffico locale e di media percorrenza e potrebbe essere finalmente valorizzata sotto il profilo turistico. La deviazione dei TIR sull’asse A-13 sarebbe anche più logica visto che la linea degli interporti si sviluppa proprio tra Ferrara, Rovigo e Padova.
Messa in sicurezza della E-45: anche questa arteria, vecchia e pericolosa, e perennemente cantierizzata, richiede interventi definitivi di riqualificazione, senza la sua trasformazione in autostrada. Il progetto di ANAS prevede per questo tratto delle varianti estremamente impattanti, soprattutto in corrispondenza del nodo di Perugia; inoltre il potenziamento di questa arteria costituirà un potente attrattore di traffico con gravi ripercussioni ambientali per le valli dell’Appennino centrale.
Potenziamento del trasporto marittimo: la conformazione dell’Italia favorisce più che in altri Paesi il potenziamento delle merci via nave, mentre l’autostrada in progetto fungerebbe da collegamento stradale tra i porti di Civitavecchia, Ravenna e Venezia in palese contrasto e forte concorrenza con il sistema di trasporto marittimo La Comunità Europea punta decisamente verso il trasporto marittimo delle merci, una modalità che consente collegamenti più rapidi, più economici e soprattutto meno impattanti rispetto alla gomma. Dal 2007 ad oggi i fondi europei per lo sviluppo della rete TEN-T marittima ammonta a 7,13 milardi di euro, in Italia si continua a perseguire il modello obsoleto del trasporto stradale.
Potenziamento del trasporto ferroviario: la ferrovia costituisce una valida alternativa alla gomma, sia per il trasporto delle merci che dei passeggeri. In alcuni casi, gli stesi enti che promuovono la Orte-Mestre, finanziano allo stesso tempo progetti per lo sviluppo o il potenziamento di tratte ferroviarie lungo la medesima direttrice (es. collegamento Venezia-Chioggia, riapertura della linea Civitavecchia-Orte).
Adesioni nazionali:
Legambiente Nazionale, Italia Nostra Onlus, Movimento Nazionale Stop al Consumo di Territorio
Associazione Nazionale Pro Natura, Forum Ambientalista, eddyburg.it, …
Adesioni locali:
Legambiente Veneto, Legambiente Emilia Romagna, Legambiente Umbria, Circolo Legambiente Perugia, Circolo Legambiente di Bologna, Circolo Legambiente Ravenna, Circolo Legambiente Adria, Circolo Legambiente Sarmazza (Saonara - PD), Circolo Legambiente Riviera del Brenta, Italia Nostra Umbria, Italia Nostra Perugia, Attac Ravenna, ATTAC Perugia, Collettivo Byzanthium Ravenna, Gruppo Regionale Movimento 5 stelle Emilia Romagna, Movimento 5 Stelle Ravenna, Movimento 5 Stelle Rovigo, Movimento 5 Stelle Chioggia, Associazione Naturalisti Ferraresi, Associazione Ravenna Viva, Gruppo Regionale Verdi Emilia Romagna, Ecoistituto del Veneto Alex Langer, Rete dei Comitati del Polesine, CAT (Comitati Ambiente e Territorio Riviera del Brenta Miranese), Rete NO AR, Laboratorio Mirano Condivisa, ALTROVE (Rete dei Comitati e delle Associazioni del Veneto),…
Adesioni personali:
Anna Donati (esperta in territorio e mobilità sostenibile), Massimo Carlotto (scrittore), Paolo Cacciari (esponente movimento Decrescita), Ennio Caggiano (medico), Edoardo Salzano (urbanista), …
In arrivo in Abruzzo la legge “Colata”. Un sacco edilizio rovinerà per sempre la regione? In Consiglio Regionale il blitz estivo per approvare una proposta di legge sull'edilizia. Dieci associazioni: favorisce i talebani del cemento a discapito dell'innovazione in edilizia.
Dieci movimenti e associazioni ambientaliste hanno denunciato in una conferenza stampa svoltasi a Pescara il tentativo di colpo di mano pro-cemento in corso presso il Consiglio Regionale per la discussione di un nuovo Testo Unico per l'Edilizia.
WWF, Italia Nostra, Altura, Mare libero, LIPU, Marevivo, Mountain Wilderness, Pronatura, Abruzzo Social Forum e Legambiente hanno ribattezzato la proposta di legge “Legge Colata” per la valanga di cemento che potrebbe definitivamente stravolgere il paesaggio e il territorio abruzzese. Un nuovo sacco edilizio in una regione che ha una delle coste più cementificate d'Italia e che vede le sue aree collinari e interne trasformarsi in periferie e villettopoli prive di qualità. Tante le criticità di una legge che, invece di trattare i problemi dell'edilizia cercando di rilanciare il settore riqualificando i centri urbani, punta ad una profonda deregulation che favorisce solo i costruttori più retrivi e i grandi interessi a discapito della qualità urbana e del paesaggio. In particolare le associazioni contestano i seguenti punti:
1)ANTENNA, ELETTRODOTTI E GASDOTTI SELVAGGI: se passasse la legge nell'attuale formulazione la realizzazione di elettrodotti, antenne per la telefonia, gasdotti ecc., ancorchè proposti da privati, costituirebbero un'automatica modificazione dei piani regolatori. Quindi si tornerebbe ad “antenna selvaggia” anche dentro i centri storici senza alcuna possibilità di pianificare da parte delle amministrazioni comunali. E' una norma totalmente ingiustificata che tutela esclusivamente gli interessi dei grandi gruppi a discapito dei cittadini.
2)PREMI DI CUBATURA COME A MONTESILVANO: riprendendo il “modello Montesilvano” assurto alle cronache non tanto come città modello per l'edilizia, si propone un premio di cubatura del 20% per tutte le ristrutturazioni e nuove edificazioni, se si costruisce in classe energetica B. E' un regalo ai costruttori, visto che già ora e senza benefici le aziende stanno mettendo sul mercato edifici in classe anche A, visto che li vendono a peso d'oro. Questa norma intanto non si traduce in alcun beneficio per i cittadini visto che i costruttori venderebbero gli edifici secondo i prezzi di mercato per case con quelle caratteristiche. Poi farebbe annullare gli eventuali vantaggi energetici, visto che comunque si aumentano le cubature autorizzate.
3)SUOLO ADDIO: le norme sull'impermeabilizzazione dei suolo, invece che contenerla, la esacerbano visto che prevede la possibilità di rendere impermeabile il 50% del lotto. Sembrerebbe una percentuale alta ma il comma specifica “al netto dell'ingombro dell'edificio”. Quindi, in realtà, il comma va letto in questo modo: di quello che c'è attorno all'edificio si può coprire con asfalto e cemento ancora la metà! Basta vedere cosa è accaduto ai Colli di Pescara durante l'ultimo temporale, con fiumi che scendevano per le strade, per capire l'assurdo di una norma che sarebbe tra le peggiori in Italia.
4)LA REGIONE SI DA AL GREENWASHING: la proposta parla anche di disposizione in materia di edilizia ecologica ma, alla fine, si limita a dire che la Giunta Regionale “può” adottare linee guida finalizzate a promuovere lo sviluppo sostenibile. Come “può”? Mentre le altre regioni hanno già stabilito protocolli operativi, come ad esempio, ITACA, che sono centrali nella programmazione edilizia, la Regione Abruzzo di fatto propone solo vuote parole senza affrontare la questione.
5)UNA NORMA PRO-ABUSIVISMO: una norma pericolosissima perchè, di fatto, favorisce i tentativi di abusivismo, è quella che stabilisce i criteri per classificare le difformità in campo edilizio. Secondo la proposta sarebbero essenziali le modifiche che porterebbero ad un incremento della superficie utile superiore del 10% di quella autorizzata. Si tratta di una percentuale altissima soprattutto perchè non pone limiti di superficie (ad esempio, la regione Emilia Romagna pone comunque un limite di 300 mq). Per un appartamento di 100 mq ciò si tramuta in un aumento di 9 mq. ma per un centro commerciale autorizzato per 10.000 mq si potrebbero costruirne altri 999 senza che ciò costituisca variazione essenziale rispetto al progetto! Inoltre per accertare la totale difformità di un intervento, la categoria più grave che prevede la demolizione, bisogna superare il 20% dell'autorizzato, anche qui senza alcun limite di superficie, oppure superare in altezza di 2,5 metri rispetto a quella di progetto (anche qui senza limiti di cubatura)! Ovviamente con limiti così alti sarà di fatto conveniente provare ad aumentare altezze e superfici rimanendo in questi limiti così ampi, sperando di non essere scoperti. In caso contrario al massimo si paga la penale ma già in partenza si è sicuri di non dover abbattere l'edificio. Perchè le altre regioni, come la Lombardia, hanno stabilito limiti estremamente più restrittivi?
6)ADDIO CAMPAGNA: in una legge sull'edilizia si introducono norme di urbanistica e, in particolare, quelle relative alla disciplina dei suoli agricoli. Senza fare una seria valutazione delle conseguenze nefaste derivate dall'aver consentito nel passato di rendere edificabili i suoli agricoli (il famigerato indice 0,03 mc su mq con lotto minimo di 1 ettaro), con le colline abruzzesi ormai trasformate in villettopoli, la proposta ripropone questa norma peggiorandola ulteriormente e svincolando completamente l'edificazione dalle eventuali necessità di conduzione del fondo da parte degli agricoltori e del programma di sviluppo aziendale.
7)SOTTOTETTI FOREVER: la norma prevede il condono perpetuo dei sottotetti ai fini abitativi. Quindi non solo si renderebbero legali i sottotetti abusivi nelle costruzioni già realizzate ma si autorizzerebbe anche l'utilizzo dei sottotetti nelle nuove costruzioni (che, ricordiamo, non fanno volume). Un provvedimento che viene spacciato per “recupero di cubature” non diminuisce di fatto il carico edificatorio (anzi lo aumenta con le norme già viste) senza garanzie per la qualità urbana, considerato che, tra l'altro, si rende possibile tutto ciò anche nei centri storici.
Tanti altri codicilli contribuiscono a rendere del tutto inaccettabile questa proposta di legge che premia a senso unico i talebani del cemento e non le aziende e gli artigiani che vogliono puntare sulla qualità dell'edilizia. Ad esempio, perchè non rendere obbligatorio e incentivare l'uso del solare termico e del fotovoltaico, visto che darebbe lavoro a tanti artigiani con immensi benefici ambientali e per i cittadini in termini di risparmio sulla bolletta? Ovviamente per il cittadino tutto ciò si tramuta nella perdita di valore di quei beni comuni, come suolo, paesaggio e natura che la Regione a parole difende ma che nei fatti si propone di offendere.
Le associazioni chiedono l'immediata sospensione dell'iter della legge al fine di consentire un approfondito confronto che finora, probabilmente non a caso, è mancato del tutto. Lo Statuto regionale prevede la partecipazione dei cittadini e delle associazioni e riteniamo che un testo unico di tale rilevanza debba essere discusso preventivamente, prima che vi siano conseguenze irreparabili sul territorio. Le associazioni hanno numerose proposte desunte in larga parte dalle leggi sull'edilizia delle altre regioni che possono essere applicate facilmente in Abruzzo. Non capiamo perchè, per ognuna delle norme sopra ricordate, l'Abruzzo debba diventare “la peggiore della classe”.
INFO: 3683188739, 3355936428 Segreteria: WWF Abruzzo, via D'Annunzio 68, 65100 Pescara, tel-fax 0854510236
Con l'augurio, da parte di eddyburg, che le 10 associazioni crescano, e diventino una rete
Il 1 luglio 2010 la Giunta regionale della Sardegna ha approvato la manovra correttiva della finanziaria che prevede la cancellazione di quattro Agenzie regionali, tra la quali la Conservatoria delle Coste.
La Conservatoria, istituita nel 2007, opera sul territorio costiero sardo, garantendone la salvaguardia del patrimonio naturale e antropico, attraverso azioni di tutela, recupero e gestione integrata.
I progetti in corso riguardano la creazione di un centro sperimentale per il turismo sostenibile sull’isola dell’Asinara unico nel suo genere, la costruzione di un eco-ostello nel Sulcis, basato sul risparmio energetico e sulla sostenibilità ambientale, il recupero del patrimonio storico delle torri costiere, numerosi progetti riguardanti la salvaguardia delle specie marine.
Di pari passo con l’attività progettuale, la Conservatoria ha curato la gestione amministrativa delle aree di conservazione costiera, esercitando importanti funzioni volte alla valorizzazione del patrimonio ambientale e culturale sardo in ambito costiero.
La Conservatoria, anche grazie all’attivazione di rapporti di collaborazione a livello internazionale, rappresenta oggi un importante punto di riferimento a livello mediterraneo ed europeo.
E’ importante permettere che una realtà di eccellenza come questa continui ad operare su un territorio, come quello sardo, troppe volte oggetto di speculazioni a danno della costa e dei suoi abitanti.
Con questa firma diciamo NO alla cancellazione dell’Agenzia Conservatoria delle Coste della Sardegna, Sì a uno sviluppo basato sulla sostenibilità e sulla salvaguardia ambientale.
Per aderire seguire questo collegamento: petizione contro la cancellazione della Conservatoria delle coste
Il 26 Ottobre del 2010 vogliamo costruire un grande evento a Teano che sia preceduto da almeno tre giorni di dibattito per arrivare a sottoscrivere un nuovo patto tra gli italiani.
Il primo giorno sarà dedicato alla storia del nostro paese , al momento cruciale dell’Unità d’Italia.
Vi è il bisogno di ricostruire una storia ed una memoria condivisa , anche facendo i conti con alcune verità scomode, come la repressione dello Stato delle popolazioni rurali del Sud (1862-64). Vogliamo andare oltre la mitologia di un Sud arcaico e di quella opposta di un Sud ricco saccheggiato dal Nord. I migliori storici italiani e stranieri terranno banco per restituirci un immagine ed una narrazione più corrispondente alla verità. Una ricostruzione che dovrà essere poi utilizzata nelle scuole per comprendere valori e limiti di quella Unità d’Italia di 150 anni fa, ma anche per diffondere i valori della nuova unità che vogliamo costruire.
Il secondo giorno sarà dedicato ad una serie di work-shop tra i soggetti dell’altreconomia per stilare una piattaforma di cooperazione sud-nord fondata sul principio del commercio equo e solidale, della finanza etica, dei G.a.s., ecc. Verranno individuati settori produttivi di beni e servizi dove far crescere questa nuova forma di mercato che mette insieme la valorizzazione dei produttori con i bisogni dei consumatori. Ma, anche strategie di cooperazione, consorzi nord-sud nei settori della green economy , della ricerca, dei media e dell’industria culturale. L’obiettivo finale è quello di rispondere alla domanda : quale ruolo deve avere l’Italia nella nuova divisione internazionale del lavoro, nei rapporti nord-sud , nel rapporto con la tutela ambientale e la pace nel mondo? E come corollario: quale contributo può dare il Mezzogiorno a questo progetto di Rinascita del nostro paese? Inoltre, sia il primo che il secondo giorno un gruppo di esperti analizzerà gli scenari che scaturiscono dal Federalismo Fiscale, le conseguenze e l’impatto sociale, nonché i modelli alternativi che mettono insieme autonomia e parità di diritti civili (alla salute, all’istruzione, ecc. )
Il terzo giorno sarà un giorno di Festa – con spettacoli e momenti di festa collettiva- sarà dedicato alla celebrazione del nuovo patto tra i cittadini italiani , con forme simboliche e rituali che devono ancora essere individuate. Questa volta non ci saranno né Re, né Garibaldi, né sultani, né regine, ma i rappresentanti degli enti locali, a partire dai Comuni, del mondo dell’associazionismo, della cooperazione nazionale ed internazionale, dei movimenti – ambientalisti, antimafia, pacifisti, ecc. - del mondo dell’Altreconomia. L’obiettivo è quello di far incontrare 1000 sindaci da tutto il paese , a partire da quelli che fanno parte delle reti (Recosol, Rete del nuovo municipio, dei Comuni virtuosi, dei Comuni dei parchi, ecc.) Ed ovviamente saranno presenti le grandi associazioni nazionali (culturali, ambientaliste, ecc.). Nella giornata finale leggeremo il decalogo di principi e valori su cui vogliamo rilanciare l’Unità d’Italia, invitando il presidente della Repubblica che ha recentemente tenuto a Potenza un lungo discorso sul valore dell’Unità nel nostro paese. Questo decalogo dovrà essere costruito in questi mesi, con l’apporto di tutti gli interessati.
Per promuovere gli incontri è stato costituito un comitato coordinato da Tonino Perna a cui hanno già aderito – tra gli altri - Per promuovere gli incontri è stato costituito un comitato coordinato da Tonino Perna, cui hanno già aderito – tra gli altri - Mario Alcaro, Bruno Amoroso, Pietro Barcellona, Paolo Beni, Piero Bevilacqua, Ugo Biggeri, Loris Campetti, Maria Grazia Campus, Luigi Ciotti, Vezio De Lucia, Marco Deriu, Paul Ginsborg, Miriam Giovanzana, Lorenzo Guadagnucci, Grazia Mammuccini, Laura Marchetti, Giulio Marcon, Eugenio Melandri, Amelia Paparazzo, Raffaele Perelli , Anna Pizzo, Carmelo Pollichini, Piero Raitano, Marco Revelli, Domenico Rizzuti, Edoardo Salzano, Chiara Sasso, Enzo Scandurra, Pier Luigi Sullo, Fulvio Vassallo... Il comitato è aperto a tutti i cittadini, associazioni e Comuni che vorranno contribuire a questa grande iniziativa... Il comitato è aperto a tutti i cittadini, associazioni e Comuni che vorranno contribuire a questa grande iniziativa.
Il Consiglio dei ministri ha approvato un decreto legge che sospende la demolizione degli alloggi abusivi in provincia di Napoli.
Sarebbe un atto di gravità inaudita, volto:
- a favorire la criminalità organizzata, che controlla ogni fase della produzione edilizia illegale
- a incentivare l’abusivismo, che riceverebbe una sorta di autorevole legittimazione a procedere nella devastazione del territorio con ritmi ancor più spediti di quelli attuali
- a condannare a morte città e paesaggi una volta amati e celebrati
- a premiare gli amministratori e i rivoltosi, in particolare dell’Isola d’Ischia, che nei mesi scorsi si scatenarono per fermare le ruspe mandate dai magistrati.
Ci rivolgiamo ai parlamentari di ogni schieramento perché non lo trasformino in legge, e non si rendano responsabili di un’azione che porterebbe i luoghi interessati fuori dal consorzio civile.
eddyburg
In calce il testo del decreto legge 28 aprile 2010, n.62
Inviare le adesioni a
mpgpereddyburg@gmail.com
Adesioni (al 26 maggio 2010)
Alessandro Abaterusso
Giuseppe Abbate
Giuseppe Abbotto
Maurizio Acerbo
Maddalena Albertini
Pier Luigi Albetti
Gualtiero Alunni
Alberto Asor Rosa
Antonello Azzato
Gianluca Bacchi
Mauro Baioni
Ella Baffoni
Paolo Baldeschi
Antonino Bellafiore
Irene Berlingò
Marco Batacchi
Paolo Berdini
Giancarlo Bergamo
Leonardo Bertelli
Maria Beatrice Bettazzi
Matteo Bevilacqua
Pasquale Bomonte
Antonio Bonomi
Salvatore Bimonte
Gabriele Bollini
Angelo Bonelli
Marisa Boschi
Luigi Bosco
Fabrizio Bottini
Maria Carmela Caiola
Roberto Camagni
Elena Camerlingo
Irene Campari
Teresa Cannarozzo
Andrea Cano
Giovanna Cantarella
Carla Maria Carlini
Luca Carra
Agostino Cassaro
Gianluca Cavuoto
Chiara Ciampa
Giancarlo Consonni
Gabriele Corsani
Andrea Costa
Marina Cristini
Marta Cuoghi Costantini
Tommaso D'Alessio
Alberto Dalmazzo
Giuseppe Damiani
Umberto D'Angelo
Massimo D'Antoni
Alessandro Dal Piaz
Michele De Crecchio
Luigi De Falco
Paula Filipe de Jesus
Vezio De Lucia
Ornella De Zordo
Antonio di Gennaro
Raffaella Di Leo
Antimo Di Martino
Emma Donattini
Jean-Ayyoub Durand
Olivier Durand
Vittorio Emiliani
Raffaele Fabozzi
Fabiana Falciani
Nicole Fasano
Ida Ferraro
Giulia Fiocca
Antonio Fiorentino
Marina Foschi
Grazia Francescato
Dario Franchini
Daniele Fusi
Giovanni Gabriele
Maurizio Gabrielli
Paola Gargiulo
Ebe Giacometti
Valentina Giannini
Maria Cristina Gibelli
Paola Giovanardi
Andrea Giura Longo
Tommaso Giura Longo
Massimiliano Glarey
Paolo Grassi
Claudio Greppi
Massimo Grisanti
Maria Pia Guermandi
Giuseppe Guida
Maria Gabriella Guidetti
Andrea Iannelli
Carlo Iannello
Francesco Paolo Innamorato
Leandro Janni
Fabio Lapisti
Francesca Leder
Elisabetta Lenzi
Ivano Leonardi
Giuseppe Leone
Manfredi Leone
Franca Leverotti
Teresa Liguori
Giulia Lodigiani
Francesco Lo Piccolo
Giovanni Losavio
Marcello Madau
Caterina Maltese
Oscar Mancini
Giacinta Manfredi
Alessandro Manna
Patrizia Marchetti
Rossella Marchini
Fabio Marino
Francesca Marzotto
Olimpia Mastroianni
Ugo Mazza
Antonio Mazzeo
Lodo Meneghetti
Simona Mignozzi
Paola Miniero
Stefano Moll
Giorgio Montecchi
Maria Pia Montesi
Maria Paola Morittu
Carlo Natali
Patrizia Neposteri
Paola Nicita
Paolo Nicoletti
Rossella Nicoletti
Marilena Orlando
Anna Pacilli
Almerindo Paglione
Giuseppe Palermo
Violante Pallavicino
Gaia Pallottino
Titti Panajotti
Mauro Parigi
Rita Paris
Daniela Pasini
Maria Grazia Passuello
Mariangiola Perale
Paola Perfetti
Gabriella Pizzala
GianCarlo Poddine
Daniela Poli
Lionello Pontoni
Maurizio Posta
Dario Predonzan
Enrico Prevedello
Gianfranco Radassao
Francesco Ranieri
Francesco Remonato
Maria Ricci
Maria Pia Robbe
Sandro Roggio
Maria Teresa Roli
Bernardo Rossi Doria
Andrea Rumor
Silvia Runfola
Carlo Ruocco
Lucrezia Russo
Rodolfo Sabelli
Pierfrancesco Sacerdoti
Luciana Salibra
Edoardo Salzano
Francesco Salzano
Franco Sandrolini
Massimiliano Santin
Cristiana Schisa
Paolo Sergas
Salvatore Settis
Maria Rita Signorini
Silvio Spinelli
Anna Soldani
Scilla Sonnino
Tiziana Sorrento
Antonello Sotgia
Mariella Stagi
Adriano Statello
Emanuele Taddei
Giuseppe Taneburgo
Silvia Tiezzi
Giuseppina Tonet
Graziella Tonon
Stefania Torre
Luigi Toscano
Luciano Vecchi
Francesco Ventura
Paola Verona
Maurizio Vicinelli
Daniele Vitale
Mariella Zoppi
Massimo Zucconi
DECRETO-LEGGE 28 aprile 2010 , n. 62
Temporanea sospensione di talune demolizioni disposte dall'autorita'giudiziaria in Campania. (10G0086)
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visti gli articoli 77 e 87 della Costituzione;
Ritenuta la straordinaria necessita' ed urgenza di sospendere le attivita' di demolizione, disposte dall'autorita' giudiziaria, di fabbricati destinati a civile abitazione nella regione Campania realizzati in violazione della normativa urbanistica, in dipendenza sia della gravissima situazione abitativa, che ne risulterebbe ulteriormente compromessa, che degli effetti dell'applicazione della sentenza della Corte Costituzionale n. 199 del 28 giugno 2004, che ha dichiarato l'illegittimita' della deliberazione della Giunta regionale campana che escludeva l'applicazione della normativa in tema di regolarizzazione di immobili contenuta nell'articolo 32 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, nonche' della sentenza della medesima Corte n. 49 del 6 febbraio 2006, che si e' pronunciata in merito alla legge della regione Campania 18 novembre2004, n. 10, in materia di sanatoria di abusi edilizi;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 23 aprile 2010;
Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e del Ministro della giustizia;
E m a n a il seguente decreto-legge:
Art. 1 Disposizioni urgenti per il disagio abitativo nella regione Campania
1. Al fine di fronteggiare la grave situazione abitativa nella regione Campania e di consentire una adeguata ed attuale ricognizione delle necessita' determinanti vincoli di tutela paesaggistica, anche in dipendenza delle problematiche determinatesi dopo gli interventi della Corte Costituzionale successivi al 2003, sono sospese fino al 30 giugno 2011 le demolizioni di immobili destinati esclusivamente a prima abitazione, siti nel territorio della regione Campania, disposte a seguito di sentenza penale, purche' riguardanti immobili occupati stabilmente da soggetti sforniti di altra abitazione e concernenti abusi realizzati entro il 31 marzo 2003.
2. Si procede, in ogni caso, alla demolizione, ove dall'ufficio tecnico del comune competente ovvero dal competente ufficio della protezione civile della Regione, siano stati riscontrati pericoli per la pubblica o privata incolumita' derivanti dall'edificio del quale sia stata disposta la demolizione in sede penale, ovvero sia stata accertata la violazione di vincoli paesaggistici previsti dalla normativa nazionale vigente.
Art. 2 Entrata in vigore
1. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sara' presentato alle Camere per la conversione in legge. Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sara' inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
Dato a Roma, addi' 28 aprile 2010
NAPOLITANO
Berlusconi, Presidente del Consiglio dei Ministri
Matteoli, Ministro delle infrastrutture e dei trasporti
Alfano, Ministro della giustizia Visto,
il Guardasigilli: Alfano
Le recenti vicende giudiziarie, che hanno denunciato lo stretto intreccio tra affari immobiliari e settori della politica cittadina, hanno aperto un nuovo fronte della mala-urbanistica a Firenze: sono emerse tante azioni urbanisticamente scorrette e assolutamente disastrose per la città e i suoi abitanti, tutte tese a saturare e sconvolgere anche parti consolidate della città stessa. Ora queste operazioni si trovano sotto inchiesta.
E’ importante notare che si tratta di operazioni che sono state “legittimate” e rese possibili proprio in seguito alla manomissione in senso speculativo degli strumenti urbanistici ed edilizi della città, favorite in ciò dall’assenza di controlli da parte della Regione e della Provincia.
Piano Regolatore attuale (il Piano Vittorini), Regolamento Edilizio e nuovo Piano Strutturale costituiscono una triade soffocante che, in parte, ha già reso lecito qualunque abuso e qualunque pretesa speculativa da parte di privati senza scrupoli, tecnici compiacenti e politici legittimati.
Un vero e proprio sistema di “Regole per abusare”.
A tutti si è svelata dunque la macchinazione urbanistico/amministrativa messa a punto anche tramite il nuovo Piano Strutturale per potere intasare e cementificare speculativamente ogni parte di Firenze e dei suoi dintorni, soffocando per sempre l’intera città, ed è quindi chiaro a tutti perché il Piano Strutturale adottato e mai approvato debba essere respinto totalmente.
Proponiamo invece un’idea di città di livello europeo, scaturita anche da tante vertenze e da tanta progettualità “dal basso”, e che potrebbe essere attivata partecipativamente e sperimentalmente subito in molte sue parti:
L’idea è quella della Città/Paesaggio, una versione contemporanea, ecologica ed olistica della città e del suo territorio, in una integrazione di ambiente costruito e di ambiente di vita (paesaggio).
Questa idea si fonda sulla scelta di una Mobilità pubblica, su ferro e comunque leggera, usufruendo della infrastruttura ferroviaria come di una preziosa preesistenza a rete e ad anello (Metrotreno, verde di relazione, Alta Velocità in superficie, etc)
La riscoperta del Centro Storico, come “grembo” della rinascita della città, è un passaggio obbligato ed urgente, cosi come il suo ripopolamento umano.
La formazione di “Oasi” di riqualificazione partecipata e vivente in ogni quartiere, come motori di promozione del risanamento e della riqualificazione dei quartieri e delle comunità locali.
Il contributo di Firenze per la costituzione di una grande Area Metropolitana, non gerarchica, anch’essa impostata sull’idea della Città/Paesaggio, dove le aree ancora non edificate, vanno a costituire (andando oltre l’idea, oggi limitativa, di un Parco della Piana) un sorta di tessuto ambientale connettivo di un grande sistema ecologico policentrico
Questo programma richiede, come condizione indispensabile, la collaborazione e il coinvolgimento attivo e creativo della popolazione (la “partecipazione”), sia nella fase propositiva che nella verifica delle scelte compiute.
Pertanto chiediamo che l’amministrazione di Firenze imposti un Nuovo Piano Strutturale completamente diverso e opposto sia rispetto a quello della giunta Domenici – Biagi che ad una sua versione semplicemente edulcorata;trasparente, ecologico, partecipato e a consumo zero.
Primi firmatari: Ornella De Zordo, Alberto Asor Rosa, Bernardo Rossi Doria, Paolo Berdini, Roberto Budini Gattai, Giorgio Pizziolo, Paolo Baldeschi, Edoardo Salzano.
Per aderire inviare nome e cognome a questo indirizzo; potete scaricare il documento integrale a questo link ; per leggere le adesioni all'appello invece andate qui.
Lo scorso anno facemmo una campagna di abbonamenti piuttosto efficace, nella sua crudezza: si intitolava «Abbonatevi a un giornale morto ammazzato». Con la grafica di Fox Crime, il canale satellitare di polizie e omicidi, mostravamo le foto segnaletiche dei criminali: ovviamente Berlusconi e soprattutto Tremonti. Se vi chiederete perché quella campagna ricompaia anche ora, la risposta è: ci risiamo. Con una aggravante: lo scorso anno il taglio dei finanziamenti pubblici alle cooperative era stato annunciato con anticipo, ciò che ci permise di fare quella campagna. Era un delitto premeditato. Quest’anno il coltello dell’omicida è apparso all’improvviso, nascosto in quel gran calderone che è il maxiemendamento alla finanziaria. Tutto pensato e fatto da Tremonti per ragioni imperscrutabili, forse una vendetta, forse il puro e semplice istinto del serial killer. Di fatto, se la norma fosse approvata nei prossimi giorni, sparirebbe il cosiddetto «diritto soggettivo», ovvero noi avremmo teoricamente diritto, in quanto cooperativa, a un certo appoggio dallo Stato, ma in pratica sarebbe il governo a decidere se e quanto darci.
Per chi non è addentro ai meccanismi kafkiani della legge per l’editoria, ecco una spiegazione rapida. Carta, come tutte le cooperative e altri tipi di giornali e media che si conviene da decenni lo Stato debba aiutare a sopravvivere in un mercato che altrimenti li cancellerebbe, sta in questi giorni trattando con la sua unica banca [quella Etica] la «cessione del credito» dell’anno che sta per finire, visto che incasserà entro fine anno il dovuto dell’anno scorso, il 2008. In pratica, incassiamo 500 mila euro circa, i quattro quinti li restituiamo alla banca, che l’anno scorso ce li aveva anticipati, e incassiamo in anticipo [cioè in ritardo, pagandoci gli interessi] quel che lo Stato ci deve per il 2009. Se il «diritto soggettivo» cadrà, Carta comincerà a morire dal primo gennaio, e l’agonia si prolungherà fino alla fine del 2010, quando non potremo dimostrare alla banca che nel 2011 avremo diritto a quella cifra, dunque non avremo l’anticipazione [ma solo quel che resta del contributo del 2010] e non potremo fare il bilancio, non potendo imputarvi una cifra certa. Fine dei giochi.
Scusate la spiegazione un po’ faticosa, ma se leggete questo giornale da lettori, abbonati, soci di Gas o del commercio equo, ecc. credo vi interessi sapere quale sarà il destino di Carta. Forse per una premonizione, o perché ormai istruiti su certe faccende, abbiamo convocato per il 12 dicembre una riunione della nostra «famiglia allargata», cioè i dipendenti, i soci, i collaboratori, gli amici e chiunque voglia discutere con noi del futuro del nostro lavoro. Non potendo e non volendo fare un dramma, ad ogni fine d’anno, per spingere ad abbonarsi, abbiamo parlato di una svolta che effettivamente sentivamo urgente. Parafrasando Isaac Asimov, una Seconda Fondazione. Perché non solo la legge per l’editoria è sempre a rischio, non solo la carta stampata in generale sta precipitando in tutto il mondo [e infatti i nostri siti internet vanno a gonfie vele], ma la fine dei partiti [e della politica di quel genere] ci pare imponga un ripensamento totale delle premesse sulla base delle quali mettemmo in mare la barchetta di Carta, undici anni fa.
Dunque, prima di tutto bisogna che tutti i nostri amici e compagni si abbonino, regalino abbonamenti e facciano abbonare altri a questo giornale morto ammazzato, o comprino felpe, agende e libri, ecc. L’anno scorso, molti scelsero l’abbonamento biennale come scommessa sul futuro. Poi, fin dall’inizio di gennaio, dobbiamo muoverci, cambiare, fare in modo che questo mezzo di comunicazione della democrazia a chilometro zero, dei «clandestini» di ogni tipo, della critica allo «sviluppo» e del consumo di suolo zero, dell’economia a misura della società e della natura, viva, anzi prosperi, alla faccia di Tremonti.
Un modo per neutralizzare o quanto meno ridurre i danni provocati dalla mannaia del governo c’è: un abbonamento biennale, vorrebbe dire scommettere con noi sul futuro di un mezzo di comunicazione sociale. 200 euro è il costo dell’abbonamento biennale o due abbonamenti insieme. 120 euro quello annuale, 50 quello all’edizione in pdf scaricabile dal sito fin dal giovedì. I semestrali, rispettivamente 70 e 30 euro. Con carta di credito sul nostro conto di Banca etica http://bottega.carta.org/index.php?main_page=index&cPath=4 o ccp n. 16972044 o conto correnti bancario Iban IT85D050 1803 2000 0000 0110 440
Nell’ambito di “Il Veneto che vogliamo”, incontro dei gruppi spontanei di cittadinanza attiva, dei comitati e delle associazioni a difesa del territorio, dell’ambiente e della convivenza sociale”, che si terrà a Mestre, presso Forte Marghera, il 16-17 ottobre 2009, di cui nel volantino allegato, si svolgerà anche il workshop:
"Le Olimpiadi a Venezia”
Venerdì 16 ottobre 2009, dalle ore 15,30 alle 18,00
Coordinano: Edoardo Salzano e Paolo Cacciari
La decisione di Comune e Regione (meglio: sindaco e governatore) di candidare Venezia e dintorni a sede delle Olimpiadi 2020 pone di nuovo la città, la laguna e tutto l’entroterra di fronte a progetti con enormi impatti ambientali, a trasformazioni delle relazioni urbane destinate a sconvolgere il tessuto sociale. Sappiamo bene quanto addomesticate siano le varie Via, Vas, Vinca e quanto poco costino le certificazioni che rilasciano patenti di sostenibilità a piani e progetti devastanti. Non ci possiamo fidare delle assicurazioni dei promotori.
Ci diranno che le Olimpiadi sono una “occasione” per fare cose utili alla città. Al contrario Venezia ancora una volta sarà usata come vetrina di eventi giganteschi che mettono in pericolo la sua preservazione e nulla hanno a che fare con gli interessi autentici dei suoi abitanti. Così come degli abitanti della “metropoli” diffusa sorta disordinatamente tra Mestre, Padova e Treviso. Le Olimpiadi servono solo a chi le costruisce, alle televisioni che le trasmettono, agli sponsor che le promuovono, ai politici-imperatori che benedicono le folle dalle tribune d’onore degli stadi.Ai territori rimangono solo cumuli di cemento, infrastrutture inutilizzabili, aree verdi compromesse.
Ci diranno anche che le Olimpiadi servono al rilancio dell’ “economia”. Al contrario l’attuale crisi è figlia di un’economia dello spreco e della speculazione. Le poche risorse economiche a disposizione vadano alla salvaguardia dell’ambiente, alla dotazione di standard di servizi sociali, agli autentici bisogni quotidiani del “buon vivere”.
Per adesioni ed informazioni:
eddyburg@tin.it.
La fotografia Wwf dell’Italia: 230 mq di urbanizzazione per ogni italiano, solo il 14% del territorio libero e distante almeno 5 km dall’edificato. E ora il disastro del piano casa. Ma senza territorio libero anche il benessere dell’uomo è a rischio
Un territorio quasi saturo, sparpagliato, cosparso a macchia di case, strade e capannoni, una specie di città diffusa che sembra più una metastasi che una città, con oltre 3,5 milioni di ettari, di cui 2 milioni di terreni agricoli, divorati dal cemento negli ultimi 15 anni (una superficie grande quasi quanto il Lazio e l’Abruzzo messi insieme, a un ritmo di 244.000 ettari all’anno); oltre 8.000 comuni e 8.000 piani regolatori diversi, 12,8 milioni di edifici, 27 milioni di unità abitative (per il 20% non abitate!) e una serie di piani casa in corso di definizione. Il tutto collegato da più di 200.000 km di strade che frammentano il territorio come fosse un mosaico, e un piano di “infrastrutture strategiche” (la Legge Obiettivo) che danneggerebbe 84 aree protette e 192 Siti di Importanza Comunitaria (SIC), tutelati dall’Unione Europea. Mentre dall’altro lato la crescita demografica è limitata se non assente (a Palermo la popolazione è aumentata del 50%, l’urbanizzazione del 200%). È la impietosa fotografia sull’Italia scattata nel dossier “2009 L’anno del Cemento”, a cura del WWF con contributi di Bernardino Romano e Corrado Battisti dell’Università dell’Aquila.
I piani casa regionali non fanno che peggiorare la situazione. Dopo lo scontro con il Governo sulle competenze istituzionali avvenuto a marzo, le regioni sembrano essersi accorte di avere un potere che non esercitavano appieno e hanno provveduto in modo disomogeneo a sedicenti piani casa che aprono a pesanti interventi anche sugli immobili industriali e artigianali e, in alcuni casi, consentono pericolose semplificazioni autorizzative. Con un effetto se possibile peggiore rispetto al testo iniziale del Governo, giustamente bloccato. Le situazioni sul territorio nazionale sono differenti, ma in sostanza viene ammesso praticamente ovunque un incremento di cubatura del 20% che può arrivare a oltre il 30% se accompagnato dalla messa in efficienza energetica degli edifici. Molte regioni (tra cui Piemonte e Lombardia) consentono l’ampliamento dei capannoni senza che questo sia in alcun modo condizionato da un adeguamento dei servizi, compresi quelli di viabilità. Altre consentono il cambio di destinazione d’uso e forme di comunicazione dei lavori, che non solo fanno saltare i permessi a costruire (le vecchie concessioni edilizie) ma addirittura anche le dichiarazioni inizio attività. Il risultato è che si aumenta potenzialmente e senza controllo non solo la cubatura ma anche la densità abitativa, senza che questo sia condizionato da servizi e standard urbanistici come ad esempio il verde pubblico.
Nel nostro Paese l’urbanizzazione, cresciuta del 500% dal 1956 al 2001, ha raggiunto un picco tale che a ogni cittadino possono esserne attribuiti in media ben 230 mq. Per dare un’idea, basti pensare che più di 100 Comuni hanno urbanizzato oltre il 50% della propria estensione e che solo il 14% del territorio nazionale dista più di 5 km da un centro urbano (il 28% più di 3,5km), vale a dire che in Italia non è sostanzialmente possibile tracciare un cerchio di 10 km di diametro senza intercettare una zona costruita! Quasi il 60% dell’urbanizzazione si concentra nelle pianure, che coprono il 18% del territorio italiano, tanto che secondo alcuni ricercatori se continuiamo così entro pochi decenni non ci saranno più aree pianeggianti libere da cemento e asfalto. Ma anche gli 8.000 chilometri di costa, le colline pedemontane, le aree lungo i fiumi e perfino le piccole isole e le aree agricole non vengono risparmiate. Un trend che, con la scusa di un rilancio economico che andrebbe a rafforzare un comparto edile in realtà costantemente in crescita, è destinato a degenerare in un effetto domino che apre allo scempio, con gravissime ripercussioni sul benessere di tutti gli italiani.
Sì, perché il territorio libero non è solo un bel paesaggio da guardare dal finestrino della propria auto, ma è condizione imprescindibile per mantenere gli ecosistemi vitali e garantire i servizi, indispensabili anche per l’uomo, che sono in grado di offrire (acqua, aria, cibo, protezione…). Oltre a causare la scomparsa di specie animali e vegetali, comprese quelle agricole e forestali, e la riduzione di materie prime che sono alla base della nostra economia, l’urbanizzazione crea una barriera orizzontale tra suolo, aria e acqua che interferisce con le loro funzioni: viene impedita la ricarica delle falde acquifere, aumentano i rischi di inondazioni, si riduce la capacità di assorbimento del carbonio e quindi la capacità di contenere le modificazioni climatiche, vengono distrutti e frammentati gli habitat, con un conseguente crollo della biodiversità, in particolare per grandi carnivori come l’orso, che necessitano di ampi spazi vitali.
“Il territorio, fondamentale per assicurare il benessere di tutte le forme viventi compreso l’uomo, è una risorsa esauribile e irrecuperabile. Ma in Italia il continua a essere cementificato in maniera sempre più accanita, dalle pianure alle coste, fino ai luoghi più impervi. – ha dichiarato Gaetano Benedetto, co-direttore generale del WWF Italia - Se la nostra classe politica ed amministrativa fosse in grado di comprendere le conseguenze di questi dati, certamente nessuno si azzarderebbe a proporre piani casa quali quelli che si stanno vendendo in queste settimane. L’iniziativa sul piano casa del Governo giustamente fermata dalle regioni si è trasformata in una sorta di boomerang sul territorio. Un effetto domino che, nonostante la procedura formalmente più corretta sotto il profilo istituzionale riversa ovunque ancora più cemento, se possibile, di quanto lo stesso Governo non avesse ipotizzato.”
L’Italia, che ospita ben 12.000 specie di piante e 57.468 specie animali, di cui 4.777 endemiche (ovvero esclusive del nostro Paese), oltre a una grande varietà di ambienti naturali, è contemporaneamente uno dei Paesi europei più ricco di biodiversità e maggiormente a rischio riduzione o perdita di questo patrimonio biologico. Allo stesso tempo, è tra i primi Paesi produttori e consumatori di cemento in tutta Europa (47,5 milioni di tonnellate nel 2007, di cui il 70% destinato all’edilizia), un settore “controllato” da 1796 imprese che danno lavoro a “soli” 14.000 addetti, e che ha creato in Italia un totale di 16.000 cave (di cui 10.000 abbandonate) trasformando il nostro territorio in un vero e proprio gruviera. E buona parte di questo cemento viene riversato proprio sulle aree più importanti per la biodiversità, ovvero coste, fiumi e aree agricole.
“Lo Stato deve riprendere il proprio ruolo – conclude Gaetano Benedetto, co-direttore generale del WWF Italia - Le competenze urbanistiche rientrano nel più vasto concetto di governo del territorio introdotto nel 2001 con la riforma del titolo quinto della Costituzione. Questo significa che la materia non è esclusiva competenza delle regioni, ma appartiene in parte anche allo Stato, che ha il dovere e il diritto di indirizzare e rendere coerenti gli interventi sul territorio. Lo Stato sino ad oggi non ha esercitato questa sua competenza e il risultato è un patchwork indigesto che aggrava una situazione pesante già preesistente e segnata da milioni di abusi, molti dei quali ancora con le pratiche condono ancora aperte.”
Di seguito il documento integrale
Nella successione degli eventi sismici dell’ultimo secolo in Italia, quello del 6 aprile scorso assume un carattere eccezionale perché ha colpito un centro urbano di primaria importanza storica, istituzionale e rappresentativa. Una realtà sociale ed economica, peraltro scarsamente dinamica, fortemente dipendente da una domanda pubblica, che negli ultimi tempi ha registrato un processo parzialmente involutivo con la crisi dell’industria manifatturiera e quindi degli altri settori produttivi.
Il rischio da evitare è che l’evento sismico operi come un acceleratore di tale processo.
Il terremoto può essere, invece, l’occasione per invertire la tendenza e determinare un nuovo slancio dell’economia e della vitalità sociale e culturale. Com’è stato, per esempio, nel caso del Friuli Venezia Giulia dove la ricostruzione ha rappresentato uno degli elementi di avvio del cosiddetto miracolo del nord-est.
Per questa ragione il nostro comitato intende essere attivamente presente in tutte le fasi della ricostruzione per contribuire ad una sua impostazione corretta e lungimirante ed al tempo stesso per scongiurare errori irreversibili.
I punti principali sui quali si propone una riflessione sono i seguenti:
1. le decisioni non siano sottratte all’articolazione dei poteri democratici, ricordando che gli interventi di ricostruzione più riusciti sono stati quelli del Friuli Venezia Giulia e dell’Umbria e delle Marche dove le istituzioni e con esse le collettività locali sono state autorevoli protagonisti;
2. la ricostruzione non può riguardare solo gli alloggi ed è bene evitare, da subito, decisioni che possono provocare la perdita o l’indebolimento di funzioni importanti della città capoluogo e l’esodo di popolazione attiva che potrebbe essere indotta a trasferirsi altrove;
3. un corretto e lungimirante processo di ricostruzione, una volta effettuate - con la massima attenzione - le verifiche di agibilità, deve cominciare garantendo il rientro agli sfollati che ne hanno diritto, provvedendo, poi, ad una oggettiva valutazione del bisogno di alloggi temporanei, accuratamente calcolando le disponibilità offerte dal patrimonio abitativo non occupato o facilmente recuperabile, non escludendo interventi di cambiamento di destinazione d’uso, operando, se possibile, anche in comuni limitrofi.
Interventi ispirati esclusivamente ad una logica emergenziale potrebbero invece determinare, specie se fondati sull’obiettivo di assicurare in pochi mesi migliaia di nuovi alloggi durevoli, un assetto urbanistico di pura espansione edilizia, accentuando errori e difetti dell’urbanistica aquilana del dopoguerra. Si pone, inoltre, la necessità di evitare che anche il ricorso alle “casette in legno” - se totalmente a carico dei singoli e non adeguatamente regolamentato - trasformi irreversibilmente ed in via ulteriormente peggiorativa l’intero tessuto urbano.
4. soprattutto importante è l’attenzione da porre nell’immediato ai centri storici del capoluogo, delle sue frazioni e dei comuni limitrofi (e ai beni culturali in genere) - simboli indiscutibili del territorio aquilano e cardini del suo sviluppo economico - finora trascurati. In proposito, è decisivo l’atteggiamento delle principali istituzioni che devono, al più presto, rivendicare la riassunzione del proprio ruolo e rientrare nelle loro sedi nel cuore della città dell’Aquila. La scelta della Banca d’Italia che, da subito, ha messo mano al recupero e al restauro della propria sede e del proprio patrimonio immobiliare, sia di esempio ai pubblici poteri e ai titolari di funzioni comunque rappresentative.
Da evitare, più di tutto, il rischio che l’Università, il Conservatorio ed altri prestigiosi soggetti siano costretti a localizzarsi in realtà decentrate, compromettendo uno dei fattori identitari dell’Aquila. Per questa ragione, mediante il necessario confronto con gli interessati e loro associazioni, bisogna individuare e mettere a disposizione, a titolo gratuito, strutture di accoglienza sicure per gli studenti.
Va evitato, infine, che le famiglie già residenti accettino sistemazioni solo apparentemente ed immediatamente più convenienti, innescando in tal modo un processo di impoverimento sociale e di trasformazione turistica e terziaria del centro storico della città.
Primi firmatari:
Vezio De Lucia, Roberto De Marco, Gino Di Carlo, Georg Frisch, Maria Pia Guermandi, Rita Innocenzi, Maria Pia Moretti, Valentino Perilli, Antonio Perrotti, Edoardo Salzano, Maria Scarsella, Armando Seccia, Giulio Tamburini
Le adesioni al presente appello possono essere comunicate all’indirizzo:
comitatusaquilanus@gmail.com
Avverto una certa aria di rassegnazione, anche se rabbiosa, attorno al violento e vergognoso sgombero di Conchetta. Come se ormai fossimo giunti alla fine di una epoca, lunga bella forte, per molti aspetti unica, e non rimanesse che prenderne atto, purtroppo. Qualcuno lo ha perfino scritto che ormai siamo in un'altra epoca e che non c'è più che coltivare semmai il ricordo del glorioso passato.
E se invece proprio questo sgombero si trasformasse in un nuovo inizio? Se si ricominciasse proprio da qui, opponendosi in tutti i modi alla chiusura di Conchetta? Se si chiamassero a raccolta tutte le forze - vecchie e nuove - per dimostrare che, sia pure in una Milano diversa e una Italia abbuiata, non c'è nessuna fine, ma anzi ci sono modi nuovi di praticare le tradizioni che sono state costruite per decenni e decenni? I simboli hanno sempre avuto un grande valore e Conchetta è un simbolo forte, come è già stato testimoniato su queste pagine.
«Lotta dura senza paura» scriveva ieri su queste pagine Ivan Della Mea, che ha 66 anni. Io ne ho 82, ma ho la stessa inesausta voglia. E se la abbiamo noi, certamente ci sono tantissimi giovani e ragazzini che non saranno da meno. Si tratta, oltre tutto, di una lotta piena di significati, perché Conchetta evoca non soltanto un obiettivo politico ma anche, e forse soprattutto, un obiettivo culturalmente assai alto. Non per caso non si è ancora, ripeto ancora, avuto il coraggio di toccare l'archivio di Primo Moroni, che contiene anche materiali donati da molti di noi perché pensavamo che quello fosse il posto più fecondo per la loro utilizzazione.
La cultura di Conchetta non è, in gran parte, assimilabile ad altre - in primo luogo perché si è sempre fondata sulle relazioni e poi perché ha raccolto i contributi di persone che concepivano la cultura come fondamentale nutrimento della vita, della vita quotidiana di ciascuno. Ricordo, su questo piano, quando, insieme con Franco Fortini, Sergio Bologna, Primo Moroni e un gruppo di altri fondammo Altre Ragioni, il cui titolo fu proposto proprio da Fortini. Fu lì, a Conchetta, che quella rivista nacque ed era naturale che fosse così. E ricordo che quando riuscii a fare invitare Primo Moroni alla trasmissione Parlato Semplice - rubrica della mattina prodotta da Rai Educational - i suoi interventi rappresentarono una riconosciuta novità, una riconosciuta novità culturale per il programma.
Sì, è importante ricordare che Conchetta è stata la sede del Cox 18 di Primo Moroni e che questo ha segnato la sua storia, peraltro costruita anche a fatica da tanti altri, anche prima di lui. Dunque oggi non solo difendere Conchetta ma ricominciare da Conchetta può essere, tra l'altro, il modo giusto per dimostrare che, nonostante tutte le controversie e le sconfitte che conosciamo, la sinistra - la vera sinistra - può tuttora camminare e anzi è capace di rinnovare il suo passo. E come meglio potrebbe farlo se non partendo da un luogo che porta sulle spalle tanto passato ed è al contempo capace di tuffarsi nel futuro?
postilla
Questo caso potrebbe anche intitolarsiCox 18: la gentrification e i bifolchi. Bifolchi che conosciamo bene anche se sono travestiti da manager o sedicenti operatori culturali, ma ormai da lustri propongono in pratica una sola idea del mondo: chi ha i quattrini spopola, gli altri o fanno le loro puttane o si levano di torno. Normalmente con le brutte maniere.
La scusa per usare queste brutte maniere si trova sempre: il traffico, l’esposizione internazionale per nutrire i pescecani del pianeta, il necessario spazio di manovra per i metri cubi dell’archistar di turno. Il caso specifico tocca stavolta (come ben racconta Cesareo) un punto molto alto, ovvero non solo il presente, ma la storia e la memoria di un pezzo di città e di società. Che si vuole spazzar via, magari relegandola sul web, nello stesso modo in cui si relegano parcheggiati nello sprawl metropolitano i ceti operai o i commercianti cinesi.
La prospettiva, che sfugge anche agli stessi bifolchi dal portafoglio imbottito, è quella di un mondo appiattito e mentalmente desertificato, fatto di labirinti metropolitani su cui incombono ubiqui gli schermi dei predicatori. Si concludeva con queste immagini, allora apparentemente catastrofiche, il libro di Nanni Balestrini e Primo Moroni, L’Orda d’Oro, sottotitolo: 1968-1977. La grande ondata rivoluzionaria e creativa, politica ed esistenziale. [di seguito a titolo di puro esempiodel tipo di memoria che si va a distruggere allego qualche pezzo di materiali scritti da Primo Moroni, che sono poi confluiti nel libro, e che mi trovo ancora sull'hard disk dopo aver collaborato ad alcune correzioni e editing negli anni '80]
Avevano ragione? Magari no, ma forse si.
Comunque, il consiglio è almeno di leggere e aderire all’appello scritto da Marco Philopat per Cox 18 (f.b.)
Su questo sito si discute da sempre, con varie sfumature e prospettive, sul ruolo del “privato” nella società di oggi, specie nelle decisioni che assunte in una prospettiva particolare finiscono poi per riversare i propri effetti sulla sfera collettiva, locale e non.
Il territorio è quasi sempre uno dei luoghi privilegiati in cui si evidenziano queste contraddizioni, a volte con grande visibilità anche mediatica, a volte lontano dai clamori, ma non per questo con effetti meno importanti. È stato, ed è, il caso delle trasformazioni tutte “market-oriented” del territorio lombardo, di cui spesso si parla, come nella vicenda di Piazzatorre, piccolissimo comune delle valli orobiche letteralmente travolto dalle seconde case, e ultimamente dalla fame di risorse dell’amministrazione comunale, pronta a vendere anche l’ultimo pezzettino di spazio libero a un’iniziativa di “sviluppo del territorio” pur di far quadrare i bilanci.
Ne nasce un conflitto piuttosto anomalo, almeno per queste pagine, dove sono i proprietari delle seconde case ad esprimere dissenso per un degrado impossibile da influenzare, anche perché ovviamente a loro è negato il diritto di voto in quanto non residenti. Parte della vicenda è ricostruita sul loro blog e ora si aggiunge una piccola raccolta di firme, che qui si considera specificamente rivolta a un’opinione pubblica esterna. È opinione di chi scrive che sia utile aderire.
Di seguito il testo dell'appello e il link per l'adesione. Per chi volesse qualche dettaglio tecnico in più, il Documento di Inquadramento e quello di Sintesi del Programma Integrato di Intervento (begli esempi di urbanistica privatistica alla lombarda) sono allegati qui in fondo.
Piazzatorre è un piccolo paese della Valle Brembana, in provincia di Bergamo. Soffre dell'abbandono caratteristico di molte località di montagna e di un'economia troppo sbilanciata sulle seconde case, che lo hanno reso sempre meno attraente anno dopo anno. La sua amministrazione vorrebbe sviluppare un nuovo programma edilizio per far costruire altre seconde case per altri 450 abitanti, quando ce ne sono a sufficienza per quasi 8000, su una popolazione di circa 430 residenti effettivi. Pensiamo sia un'idea sbagliata. Se siete d'accordo sosteneteci.
il documento conclusivo del Secondo Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua), Aprilia, 22-23 novembre 2008.
Sono stati due anni e mezzo importanti quelli che il movimento per l’acqua ha trascorso dal primo Forum del marzo 2006 ad oggi. Abbiamo messo in comune le nostre esperienze di lotta e di mobilitazione nei territori per l’affermazione dell’acqua come bene comune e diritto umano universale e contro la sua privatizzazione.
Abbiamo collettivamente scritto una legge d’iniziativa popolare per la ripubblicizzazione dell’acqua e la sua gestione pubblica e partecipativa.
Abbiamo costruito una campagna di raccolta firme che per sei mesi ha visto iniziative in ogni angolo del paese e ci ha permesso di raccogliere oltre 400.000 firme.
Abbiamo realizzato la prima manifestazione nazionale per la ripubblicizzazione dell’acqua e per la difesa dei beni comuni, con 40.000 persone che hanno sfilato per le strade della capitale.
Abbiamo intensificato, diffuso, approfondito le mobilitazioni territoriali contribuendo a costruire il nuovo alfabeto dei beni comuni e della partecipazione dal basso.
Abbiamo costruito un movimento unito e articolato, radicale nella volontà di cambiamento e inclusivo delle differenze e delle culture d’appartenenza, partecipato e democratico.
Abbiamo messo a disposizione la nostra esperienza per costruire la Rete Europea per l’acqua pubblica, che ha visto il suo atto di nascita nel recente Forum Sociale Europeo di Malmoe.
Nel frattempo molte cose sono cambiate, dando ancora più forza alle nostre ragioni.
Il mondo è oggi attraversato dalla più importante crisi economica e finanziaria che la storia ricordi, mentre si è approfondita la crisi alimentare globale e si è definitivamente appalesata la crisi ecologica e resi evidenti i primi effetti permanenti dei cambiamenti climatici planetari.
Un modello di ordine mondiale, fondato sul pensiero unico del mercato, sull’accaparramento predatorio delle risorse naturali, sulla mercificazione dei beni comuni e la loro consegna ai grandi capitali finanziari, sullo svuotamento della democrazia e della partecipazione popolare sta dimostrando il proprio completo fallimento.
Il “crack” globale dell’economia finanziaria rappresenta l’esito di trenta anni di politiche liberiste, basate sull’assioma “privato è bello”, sulla deregolamentazione del lavoro, sulla privatizzazione dei servizi pubblici, sulla espropriazione dei diritti sociali.
Oggi sono i grandi poteri bancari e finanziari ad invocare l’intervento pubblico e il sostegno statale.
Oggi sono i più sfrontati liberisti a dichiarare il fallimento del mercato.
Lo scopo è chiaro : ottenere un nuovo travaso di risorse dalle collettività ai poteri forti per rilanciare i flussi finanziari mondiali e riprendere l’espropriazione di risorse.
Così si chiedono sostegni pubblici alle banche, mentre si approvano normative –come l’art. 23 bis della Legge n. 133/2008- che perseguono la definitiva messa sul mercato dei servizi pubblici locali, a partire dall’acqua e dal servizio idrico integrato.
Così si approvano normative per il drastico taglio dei fondi alle scuole di ogni ordine e grado, si inasprisce la precarietà e ci si appresta ad eliminare il contratto collettivo nazionale per il mondo del lavoro.
“Noi la vostra crisi non la paghiamo” dichiara uno straordinario movimento per la scuola pubblica, una ”Onda anomala” di studenti, universitari, maestre, genitori, insegnanti, precari, che ha aperto una nuova fase della mobilitazione sociale, con al centro la lotta contro la privatizzazione del sapere e la riappropriazione di uno spazio pubblico, come luogo dei beni comuni, dei diritti sociali e della democrazia.
“Noi la vostra crisi non la paghiamo” risponde un mondo del lavoro che rifiuta la socializzazione degli oneri della crisi finanziaria e chiede un nuovo intervento pubblico a sostegno delle fasce deboli della popolazione e per la definizione di un nuovo modello di produzione basato sugli interessi collettivi e la sostenibilità ambientale e sociale.
“Noi la vostra crisi non la paghiamo” rilanciano i movimenti per i beni comuni e le loro lotte territorialmente diffuse, ponendo al centro della propria iniziativa la riappropriazione sociale dell’acqua e dei beni comuni, la loro cura e conservazione per le generazioni future, la loro gestione partecipata dai cittadini, dai lavoratori e dalle comunità locali, come motore di una ricostruzione dei legami sociali, di una riaffermazione dei diritti collettivi, della riproduzione di un’appartenenza sociale aperta e condivisa.
In una parola, di una nuova democrazia e di un altro mondo possibile.
Lo sciopero generale del 12 dicembre, in questo quadro, diventa un punto di unificazione sociale fondamentale e può costituire un momento a partire dal quale porre il tema di un diverso modello produttivo e sociale, alternativo a quello avanzato dal pensiero unico neoliberista. Per questo saremo presenti, con la nostra specificità, a tale appuntamento.
In questo contesto, il movimento per l’acqua è chiamato ad un ancora più forte rilancio della propria iniziativa, per mettere in campo una mobilitazione ampia, diffusa e determinata contro la privatizzazione dei servizi pubblici locali, per il ritiro dell’art. 23-bis della Legge n. 133/200, per l’approvazione della legge d’iniziativa popolare per la ripubblicizzazione dell’acqua e per la difesa e la riappropriazione sociale dei beni comuni.
Abbiamo voluto realizzare questo secondo Forum italiano dei movimenti per l’acqua ad Aprilia, la cui mobilitazione popolare è stata in tutti questi anni uno dei cuori del nostro movimento, per la diffusione capillare della protesta, per la tenacia della lotta contro la privatizzazione, per la capacità di autorganizzazione dal basso.
Vogliamo qui ribadire la nostra totale solidarietà alla lotta di Aprilia e il nostro reciproco impegno affinché sia proprio da questo territorio martoriato che parta la necessaria inversione di rotta e fiorisca una delle prime esperienze di ripubblicizzazione dell’acqua.
Con Aprilia salutiamo tutte le altre decine di lotte e di vertenze aperte nel paese.
Siamo idealmente e concretamente al fianco di ognuna di esse, consapevoli che ogni passo avanti conquistato in ciascun territorio renderà più forte la nostra battaglia comune.
Ai comitati di Nola e dei comuni limitrofi auguriamo il successo nel referendum del prossimo dicembre, ottenuto con costanti e importanti mobilitazioni popolari.
E salutiamo con grande calore e solidarietà le lotte e le conquiste ottenute dai movimenti sociali a livello internazionale : dall’America Latina, dove paesi come l’ Uruguay, la Bolivia, il Venezuela e l’Ecuador, hanno cacciato le grandi multinazionali e inserito nelle proprie Costituzioni l’acqua come diritto umano universale e la gestione partecipativa e comunitaria del servizio idrico, fino alla città di Parigi, che proprio in questi giorni approva la ripubblicizzazione dell’acqua e la sua gestione partecipativa, liquidando mezzo secolo di gestione in mano a Suez e Veolia, le due più grandi multinazionali dell’acqua, sconfitte nel cuore del loro impero.
Salutiamo la nascita del Coordinamento nazionale degli enti locali per la ripubblicizzazione dell’acqua, come un altro importante passo per la ricostruzione di una diversa democrazia locale, basata sulla riappropriazione sociale dell’acqua e dei beni comuni.
Agli amministratori locali che ne fanno parte chiediamo un forte impegno per la diffusione e l’estensione della partecipazione di più enti locali possibili, ma anche il coraggio di osare il cambiamento nei propri territori, favorendo la partecipazione dal basso e costruendo le condizioni, qui ed ora, per la ripubblicizzazione dell’acqua.
Riaffermiamo come elemento centrale per la lotta del movimento per l’acqua il coinvolgimento diretto dei lavoratori del servizio idrico, la cui partecipazione ci impegnamo a costruire in ogni luogo di lavoro, costruendo la più ampia collaborazione con la lotta dei comitati.
Un Forum da cui usciamo con la conferma di alcuni elementi e impegni strategici :
A) la centralità delle lotte territoriali, che ci impegnamo a diffondere ed estendere in tutto il paese, attraverso la costruzione di una vertenzialità diffusa, per interrompere dovunque gli ingranaggi della privatizzazione e aprire in tutti i luoghi possibili la strada della ripubblicizzazione.
In questa direzione ci impegnamo a costruire campagne e vertenze a partire dai seguenti punti:
1) verifica puntuale dei contratti di affidamento in corso e, laddove ne sussistano le condizioni, richiesta di risoluzione degli stessi per nullità, colpa e violazione;
2) vertenza generalizzata contro il sistema tariffario, dal contrasto ai continui aumenti delle tariffe alla rimessa in discussione della quota fissa, dalla restituzione degli importi devoluti in seguito all’illegittima retroattività degli aumenti alla sperimentazione di forme di autoriduzione tariffaria per il 7%, previsto come remunerazione del capitale investito;
3) vertenza sulle quote tariffarie relative a fognatura e depurazione, per la restituzione ai cittadini, nei territori sprovvisti, delle somme indebitamente riscosse in tutti questi anni e dichiarate illegittime dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 335 del 10/10/2008;
4) vertenza sulla lotta agli sprechi e alla corruzione.
B) il rilancio di una forte vertenza nazionale, dalla richiesta di ritiro dell’art. 23 bis della Legge n. 133/08, in merito al quale valuteremo anche la possibilità di un ricorso per incostituzionalità, alla moltiplicazione degli enti locali che deliberino nei propri statuti la dichiarazione del servizio idrico integrato come “servizio privo di rilevanza economica”, a iniziative di mobilitazione che conquistino alla battaglia per l’acqua pubblica una nuova centralità dentro l’agenda politica nazionale, aprendo la strada alla legge d’iniziativa popolare.
Su questo specifico punto demandiamo al prossimo coordinamento nazionale –luogo aperto alla partecipazione di tutte/i- il compito di formulare proposte concrete da sottoporre alla consultazione di tutto il movimento per l’acqua.
Nell’incrocio tra rilancio delle vertenze territoriali e di quella nazionale, particolare attenzione va dedicata al tema delle multiutilities e dei loro processi di aggregazione, che si configurano sempre più come la più compiuta mercificazione e finanziarizzazione dell’acqua e dei beni comuni, l’espropriazione dei territori e lo svuotamento della partecipazione democratica. Su questo terreno, oltre alla messa in campo di più precisi elementi di conoscenza ed osservazione del fenomeno, dando gambe alla costruzione di un vero e proprio “Osservatorio sulle multiutilities”, occorre iniziare a praticare, attraverso la connessione delle varie realtà territoriali interessate, vere e proprie vertenze che si diano l’obiettivo di mettere in discussione i cardini su cui poggiano le scelte di finanziarizzazione e deterritorializzazione che vedono protagoniste le multiutilities.
Ma da questo Forum usciamo anche con alcune importanti innovazioni di strategia, dettate come sempre dalle esperienze concrete, sperimentate nelle mobilitazioni territoriali e nella vertenza nazionale:
C) l’allargamento del nostro raggio d’azione, attraverso la costruzione, attorno alla nostra lotta contro la privatizzazione dell’acqua, di una piattaforma generale di mobilitazione sull’intero ciclo dell’acqua: dalla lotta per il diritto ad un’acqua di qualità e contro gli inquinamenti e le nocività, a quella contro l’imbottigliamento commerciale della stessa; dalla lotta per la conservazione della risorsa a quella contro gli usi dissennati della stessa in campo agricolo, industriale, energetico e urbanistico.
D) l’impegno europeo ed internazionale per rafforzare le lotte che in tutti i paesi del mondo si stanno diffondendo per la riappropriazione sociale dell’acqua, contro le multinazionali e le grandi istituzioni finanziarie dell’economia liberista; in questa direzione, oltre a riaffermare il nostro impegno nella Rete Europea per l’acqua pubblica, saremo direttamente presenti al Forum Sociale Mondiale di Belem nel gennaio 2009 e parteciperemo alla costruzione del Forum alternativo che, nel marzo 2009, a Istanbul vedrà tutti i movimenti internazionali per l’acqua contestare il forum mondiale dell’acqua, gestito dalle multinazionali e dai governi.
E) l’apertura e il confronto con altre esperienze di movimento e di mobilitazione in difesa dei beni comuni, a partire dai beni comuni naturali, dall’energia ai rifiuti, la cui connessione con la lotta per l’acqua pubblica si è resa concretamente evidente e consentirà, nella specificità di ogni percorso, la costruzione di nuove sinergie e di comuni percorsi di mobilitazione.
Mentre, a proposito di beni comuni, riteniamo che la mutata fase sociale, dovuta al crollo del liberismo fondato sulla finanziarizzazione dell’economia e della società e alla grande reattività sociale apertasi contro le privatizzazioni e per la costruzione di un nuovo spazio pubblico, apra le porte a nuove connessioni in difesa dei beni comuni sociali, dalla casa alla sanità, dai trasporti alla scuola, dall’istruzione alla conoscenza.
In questo senso, salutiamo tutte le mobilitazioni in corso nel paese per la difesa della scuola pubblica, per il diritto all’istruzione, alla formazione e alla conoscenza, e contro la mercificazione dei saperi.
Esprimiamo loro la più completa solidarietà, mentre ci impegnamo a produrre fra le nostre reciproche esperienze di mobilitazione le più ampie sinergie e connessioni possibili.
La loro lotta è la nostra, la nostra lotta è la loro.
In questi giorni ad Aprilia ci siamo di nuovo incontrati, abbiamo confrontato le nostre esperienze, abbiamo socializzato i saperi e le pratiche.
Torniamo nei territori con nuova fiducia e altrettanta determinazione.
Perché il futuro ci appartiene.
Insieme sapremo riprendercelo.