A quaranta anni dalla discussione che portò all’adozione del piano del 1962, Roma inizia a discutere la nuova variante urbanistica. Oggi non si respira il clima di partecipazione e attenzione culturale che caratterizzava quegli anni: segno del forte declino dell’urbanistica. Proprio in questi giorni il governo Berlusconi sta varando il terzo condono edilizio. Sono ormai molti i comuni che giudicano il ricorso all’urbanistica come un’inutile perdita di tempo. Numerose sono le leggi dello stato e delle regioni che gareggiano nell’individuazione di deroghe e nella compressione degli spazi della discussione pubblica.
In questo clima generale, al comune di Roma va riconosciuto il merito di aver messo mano a un nuovo piano regolatore generale. Potrebbe essere una grande occasione per delineare una nuova cultura urbana in grado di recuperare le migliori tradizioni dell’urbanistica italiana. Ma il nuovo piano di Roma, nell’attuale formulazione, presenta alcune caratteristiche molto discutibili. Sono cinque gli aspetti fondamentali su cui è necessario concentrare l’attenzione.
Il primo è relativo a una previsione del consumo di suolo che ci sembra immotivata e insostenibile. Già oggi, come si vedrà in dettaglio nei successivi paragrafi, Roma presenta una superficie urbanizzata pro capite molto superiore a quella di altre grandi città. Il nuovo piano, pur in presenza di un decremento demografico 1991-2001 di 270 mila abitanti, prevede un’ulteriore, imponente, urbanizzazione di suolo agricolo.
Il secondo aspetto è relativo al modello di città delineato dal piano. Non convincono le decisioni sul futuro del centro storico dove, attraverso “gli ambiti di valorizzazione” si ipotizzano rilevanti trasformazioni del tessuto storico e non si prende una decisione chiara e irreversibile sul progetto dell’area centrale su cui si è cimentata la migliore cultura urbanistica, e cioè il progetto Fori. Analogamente poco convincente è il sistema delle nuove centralità che dovrebbero costituire una credibile alternativa al centro storico e appaiono invece frammentarie e prive di logica unificante.
Il terzo aspetto è relativo all’assenza di una vera attenzione verso la tutela dei beni archeologici e culturali diffusi nel territorio agricolo. La “Carta dell’agro”, storica conquista della cultura ambientalista, non è parte fondante del piano ma ne rappresenta soltanto un elemento di incerto riferimento.
Il quarto aspetto è legato all’ulteriore potenziamento della mobilità su gomma, a partire dal devastante completamento dell’autostrada tirrenica verso Napoli. Mentre appaiono incerti i tempi del completamento della rete del ferro, si è scelto di appesantire gli assi stradali già oggi al limite del funzionamento (la via Cassia e la via Ardeatina, per esempio) o interi quadranti urbani come l’area orientale.
Il quinto aspetto, infine, è relativo all’impianto normativo del piano che risente fortemente della cultura della deroga: lungi dal delineare una posizione di inequivocabile definizione delle trasformazioni ammissibili e dei loro perimetri, essa rinvia sistematicamente a successive fasi affidate alla pratica della contrattazione.
In questo documento si è scelto di concentrare l’attenzione sul primo aspetto, e cioè sul consumo di suolo determinato dal piano. In successive occasioni si darà conto delle critiche sugli altri aspetti del piano. Con atteggiamento sempre concreto e costruttivo. Al riguardo c’interessa chiarire subito che le elaborazioni di cui trattiamo in seguito sono state effettuate al fine di disporre dei dati indispensabili per le nostre valutazioni, e allo stato non reperibili nelle sedi istituzionali. Le operazioni di rilevo sono state condotte con la massima precisione ma, anche per evitare eventuali inutili discussioni sulle quantità in gioco, siamo pronti a sostituire le nostre elaborazioni con quelle che saranno fornite dall’amministrazione comunale.
Secondo i dati provvisori del censimento Istat 2001, la popolazione residente nel comune di Roma ammonta complessivamente a meno di 2,5 milioni diabitanti. Così come molte altre città italiane, nei dieci anni trascorsi dal censimento precedente Roma ha perso una quota molto consistente dei suoi abitanti (oltre un decimo, cioè 270.000 persone: praticamente l’intero comune di Venezia); già nel 1991 si era verificata una flessione rispetto al 1981 (allora gli abitanti erano più di 2,8 milioni).
Con la popolazione, rispetto al 1991, è diminuito anche il numero delle famiglie - che oggi sono poco più di un milione - ma in misura più contenuta (-1,2%).
Il censimento 2001 segnala che, nel corso degli anni novanta, sono diminuite di circa 35 mila unità anche le abitazioni, sia quelle occupate da residenti che quelle occupate da non residenti o non utilizzate. La flessione è evidentemente legata al fatto che molte abitazioni che al 1991 risultavano ad uso abitativo oggi sono esclusivamente utilizzate per altri usi, e in particolare per attività lavorative.
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3. nuovo Prg di Roma prevede al 2011 [3] una popolazione oscillante tra 2.611.724 e 2.716.488 abitanti, quindi consistentemente superiore a quella del censimento provvisorio 2001. Si prevede inoltre che il numero medio di componenti per famiglia sia di 2,39 persone. Arrotondando per eccesso le previsioni del piano, accettiamo pure una stima di 30 mila nuove famiglie al 2001 [4]. A 30 mila famiglie devono evidentemente corrispondere 30 mila nuovi alloggi, che dovrebbero quindi rappresentare il fabbisogno residenziale aggiuntivo del nuovo Prg. Assegnando 320 mc a ogni alloggio, la cubatura residenziale aggiuntiva del nuovo Prg dovrebbe essere di 9,6 milioni di mc.
Il Prg prevede, invece, un’offerta residenziale aggiuntiva al 2011 di 36,15 milioni di mc [5], ai quali corrisponderebbero circa 113 mila nuovi alloggi, che potrebbero ospitare quasi 270 mila abitanti in più (113.000 x 2,39 ab/fam), quantità che sembra difficilmente giustificabile a fronte della netta diminuzione di abitanti (- 273 mila), di famiglie (- 12 mila) e di alloggi (- 35 mila) che si è verificata negli anni Novanta [6].
Altrettanto immotivato appare il dimensionamento delle altre attività (terziario pubblico e privato, industria e artigianato) per le quali si prevede un’offerta pari a 28,74 milioni di mc [7], di cui non sembra che siano ben specificati i parametri di calcolo e i dati di partenza.
Nella seguente tabella [8] sono confrontati i volumi previsti dal piano con quelli dello stock attuale per le residenze e per le altre attività.
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Per concludere sul punto, è difficile non considerare improbabili le previsioni di piano sinteticamente esposte. Del resto, manca qualunque riferimento a specifiche strategie, e alle relative risorse, a sostegno, per esempio, di nuova edilizia abitativa per i giovani, per le fasce sociali sfavorite, per gli immigrati, che possano far prevedere orizzonti quantitativi diversi da quelli derivanti dalle previsioni demografiche. Come del resto manca qualunque indicazione di politiche a scala territoriale, provinciale o di area metropolitana, che renda plausibili le inversioni di tendenza che si propongono per il comune di Roma.
L’unica motivazione fornita dal piano è rappresentata dalla scelta, “a monte”, di vecchio stampo immobiliarista, di conservare, nel nuovo piano, circa la metà dei volumi previsti dal vecchio Prg del 1962: in sostanza, circa 65 milioni di mc, rispetto ai 120 milioni della cubatura residua del vecchio piano. Il nuovo Prg di Roma assume, infatti, fra le finalità generali, la diffusa preservazione dei diritti edificatori derivanti dalla disciplina urbanistica previgente. E’ bene chiarire subito che la salvaguardia delle potenzialità edificatorie pregresse non è richiesta né dalle vigenti leggi nazionali e regionali, né dalla giurisprudenza. Questa ha chiarito che la ridefinizione delle potenzialità edificatorie (fino alla loro totale soppressione) da parte della pianificazione sopravveniente rientra nella piena discrezionalità tecnica e politica del pianificatore, al quale è richiesto solo di motivare le nuove scelte[9].
4. Abbiamo finora analizzato i dati quantitativi, in termini volumetrici, desunti dagli atti di piano. Consideriamo ora le localizzazioni previste dal nuovo Prg al fine di effettuare anche in questo caso i necessari confronti con la situazione attuale. Non disponendo di dati ufficiali, è stato necessario, come si è già detto, procedere ad apposite elaborazioni, riportate nelle tavole allegate, di cui si dà conto qui di seguito.
La tav. n.1 riguarda il consumo di suolo al 1998. Per consumo di suolo si intende la somma di tutte le aree del sistema insediativo, dei servizi e delle infrastrutture esistenti nel territorio comunale. Si tratta, pertanto, dell’insieme delle aree sottratte all’agricoltura e alla natura. L’elaborazione è stata effettuata a computer sulla base della cartografia del nuovo piano regolatore. Alla scala di lavoro di 1:5.000 sono state perimetrate tutte le aree edificate e i relativi spazi di pertinenza, nonché il sedime delle principali infrastrutture per la mobilità. Costituiscono, inoltre, consumo di suolo gli spazi verdi di quartiere e le ville storiche (queste ultime sono state evidenziate). Gli edifici isolati, per i quali non è stato possibile individuare il confine del lotto, sono stati classificati come case sparse cui è stata attribuita una superficie complessiva di circa 400 ettari[10]. Tutti gli spazi liberi interni all’edificato, di estensione superiore a 1 ettaro, sono stati esclusi. Calcolato in tal modo, il suolo consumato nel comune di Roma al 1998 ammonta complessivamente a circa 41 mila ettari, pari al 33% della superficie comunale.
Non potendo escludere errori nella valutazione di spazi considerati liberi e invece eventualmente occupati da verde pubblico o privato o da servizi urbani, e più in generale per ragioni di precauzione, si è ritenuto opportuno incrementare la superficie calcolata sopra del 10% circa, assumendo dunque ai fini di questo studio una superficie del suolo attualmente consumato pari a circa 45 mila ettari. Di conseguenza, la superficie libera del comune di Roma risulta pari a 84 mila ettari.
Qui è possibile una prima valutazione. A Roma, il consumo di spazio per abitante corrisponde a quasi 180 mq, dato che non ha confronti con altre grandi città[11] e che non ha certamente contribuito a innalzare la qualità urbana della capitale, anzi, è all’origine di molte disfunzioni di larghe parti della città.
La tav. n.2 restituisce in estrema sintesi le destinazioni urbanistiche previste dal Prg 2002. Anche in questa tavola il territorio comunale è stato suddiviso secondo le due categorie dell’urbano e dell’extraurbano. Il sistema urbano include tutte le voci del sistema insediativo e dei servizi, così come sono definiti dal piano regolatore, il sistema ambientale è composto da fiumi e laghi, dai parchi istituiti e dalla tenuta di Castel Porziano, dalle aree agricole. Complessivamente, il sistema urbano misura circa 51 mila ettari, quello ambientale 78 mila. Come è evidente, il rapporto fra aree urbanizzate e aree libere subisce un notevole incremento rispetto alla situazione attuale.
Tab. 3 – Confronto fra il consumo di suolo attuale e quello previsto dal Prg 2002 (ha)
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Nella tav. n.3 è stato sovrapposto l’attuale consumo di suolo (ex tav. 1) alle previsioni del Prg 2002. Il confronto dettagliato è riportato nella tabella seguente dalla quale emerge che:
-dei 45 mila ettari di suolo consumato al 1998, circa 5 mila sono disseminati nel sistema ambientale e 40 mila ricadono nel sistema urbano;
-dei 51 mila ettari complessivi del sistema urbano previsto, 40 mila risultano già consumati e 11 mila rappresentano quindi l’espansione prevista dal nuovo piano.
Tab. 4 – Uso del suolo. Confronto fra la situazione attuale e quella prevista al 2011 (ha)
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E’ evidente che anche sottraendo agli 11 mila ettari di espansione del Prg 2002 i circa 4 mila ettari di verde pubblico di nuova previsione resta una superficie di 7 mila ettari destinati all’edificazione. Dato francamente allarmante.
Tab. 5 – Stato di fatto e previsioni del Prg 2002
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Che preoccupa ancora di più se confrontiamo l’incidenza percentuale delle previsioni d’incremento volumetrico del Prg 2002 con quelle relative all’incremento del consumo di territorio (escluso il verde pubblico). In sintesi, come appare dalla tabella precedente, ad un aumento delle cubature del 9,2% corrisponde un aumento più che doppio (19,8%) del territorio consumato.
5. Il presente documento è diretto con rispettosa fiducia al sindaco Walter Veltroni perché si dimostri sensibile all’esigenza di una sostanziale revisione di alcune scelte del Prg in discussione, al fine di ricondurlo a quel modello di sostenibilità più volte delineato in convegni e meeting internazionali. I documenti di piano non forniscono risposte convincenti in proposito. Com’è possibile che, a fronte del netto decremento di abitanti, di famiglie e di alloggi si prevedano 65 milioni di mc di edilizia aggiuntiva, e un’ancora più accentuato consumo di suolo? Per dirla con Antonio Cederna, si sarebbe deciso di realizzare 650 nuovi alberghi Hilton nell’agro romano.
Come si vede bene dalle tavole allegate, l’agro romano è ormai in via di estinzione. Ne sopravvivono sparsi brandelli, le uniche superfici consistenti sono quelle di proprietà pubblica: Castel Porziano, Santo Spirito, e poche altre grandi proprietà private. La ragione di tanto disastro va attribuita soprattutto, come si è già detto, al grande spreco di spazio che si è realizzato nella crescita di Roma dal dopoguerra, e di questo si deve tener conto nel formulare le ipotesi per la revisione del piano. E’ necessario il massimo impegno per salvare il salvabile. La richiesta che si sottopone al sindaco e all’amministrazione è di contenere l’ulteriore consumo di suolo entro limiti decisamente più ristretti di quelli attualmente previsti.
Per avviare il discorso, proponiamo, in primo luogo, la riduzione di alcune previsioni volumetriche e della conseguente superficie occupata, a partire dalle aree di riserva; in secondo luogo, l’accentuazione delle politiche di recupero e di ristrutturazione in quei quartieri periferici dov’è possibile un più razionale uso dello spazio.
[1] Al netto della circoscrizione XIV, trasformata nel comune di Fiumicino nel 1992.
[2] Dati provvisori ( www.istat.it).
[3] Cfr. il paragrafo 7.2.1 La domanda residenziale, p. 76 della relazione.
[4] Nel paragrafo citato prima, sulla base di calcoli non esplicitati, il nuovo Prg stima un numero di famiglie al 2011 variabile fra 22.384 e 29.470.
[5] Cfr. tab. 10, paragrafo 7.3, p.88.
[6] La differenza fra le previsioni residenziali del Prg 2002 e quella stimata sopra è attribuita dal piano a un non meglio precisato fabbisogno pregresso al 1991 e al suo aggiornamento al 2001.
[7] Idem
[8] I dati sono desunti, per quanto riguarda l’offerta di Prg, dalla citata tab. 10 e, per quanto riguarda lo stock esistente, dalla tab. 2, paragrafo 7.2, p.74.
[9] Va tenuto presente un altro fatto sostanziale e cioè che molte delle cubature che si intendono confermare erano destinate nel piano del 1962 a funzioni pubbliche (Zone M1 ed M3). Oggi si propone di trasferire questi “diritti” ai privati.
[10] A ognuna delle circa 1.600 case sparse è stata attribuita una superficie convenzionale di 2.500 mq di lotto.
[11]Secondo Alberto Lacava il consumo di suolo per abitanti a Roma è “pari a circa tre-quattro volte quello medio delle altre grandi città europee (Barcellona 36 mq/ab, Parigi 37 mq/ab)”. In, “La questione ambientale nel sistema territoriale dell’area romana”, in Ambiente e sviluppo sostenibile nei piani territoriali di coordinamento di nuova generazione, Edizioni Papageno, Roma, 1999, p.60 sgg.
[12] I dati sono desunti, per quanto riguarda il verde attuale, dalla tab. 3, paragrafo 8.3, p.93; per quanto riguarda il verde previsto, dalla tab. 5.2, paragrafo 8.3, p.98 della relazione.