23 marzo 1986
La minaccia allo Stelvio arriva da Bolzano
Gravi minacce all’integrità del nostro più grande parco nazionale, quello dello Stelvio. 134 mila ettari: splendido scenario di natura alpina tra i 700 e i 3.900 metri d’altezza intorno al massiccio dell’Ortles-Cevedale, 40 mila ettari di conifere e un ingente patrimonio faunistico che si estende parte in Lombardia, parte in Trentino-Alto Adige.
L’insidia viene dalla Provincia autonoma di Bolzano, che da sempre considera il parco un’imposizione centralistica (anzi fascista: fu istituito nel 1935) e non ha mai tenuto conto delle norme di tutela dell’ente che lo gestisce (l’ex azienda delle foreste demaniali del ministero Agricoltura e Foreste), autorizzando la caccia e tollerando il bracconaggio.
Ora la giunta provinciale ha deciso di varare un disegno di legge che in pratica disintegra il parco nazionale: dei 55 mila ettari della parte altoatesina solo 23.500, nella fascia montana più bassa, verrebbero declassati a “preparco” con ammessa la caccia: i restanti 8 mila ettari di fondovalle verrebbero liberati da qualsiasi tutela. In pratica il parco nazionale sarebbe ridotto ai nevai, ai ghiacciai, ai prati alpini, alle pietraie.
Questa è una prospettiva rovinosa, basata su un’interpretazione arbitraria delle norme di attuazione dello statuto speciale del Trentino-Alto Adige, che subordina l’eventuale modifica dei confini del parco ad accordi con lo Stato, nel rispetto delle “effettive esigenze di tutela”: ma all’oltranzismo altoatesino ha sempre fatto riscontro l’inerzia del governo. Eppure la Provincia di Bolzano ha qualche merito nell’utilizzazione del territorio. Dimostra una maggior cura per il paesaggio e per i centri storici, ha abolito la pubblicità stradale, eccetera: ma al rispetto per il paesaggio dal punto di vista estetico corrisponde l’incomprensione per l’ambiente e la complessità dei suoi aspetti naturalistici.
3 settembre 1989
Sotto tiro il parco dello Stelvio
Alta nel cielo l’aquila si fa portare dalle correnti, nei canaloni si muove pigramente lo stambecco, più in basso il cervo bruca tra gli abeti: la contemplazione delle meraviglie della natura corrobora spirito e corpo.
Ma al silenzio solenne e alla pace della montagna fa riscontro la guerriglia degli uomini e delle istituzioni che rischia di frantumare l’integrità di quello straordinario ambiente alpino che è il parco nazionale dello Stelvio. Contro di esso si batte da anni la Provincia autonoma di Bolzano, nei cui confini rientrano 55 mila ettari, che non riconosce la gestione statale e considera il parco un’imposizione centralistica, romana, a dir poco fascista (fu infatti istituito nel 1935). In base a un’interpretazione arbitraria dello statuto speciale del Trentino-Alto Adige e assistita da compiacenti rappresentanti dell’Unione internazionale per la protezione della natura (Uicn), la provincia ha predisposto un disegno di legge che disintegra il governo del parco, elimina da qualsiasi tutela 8 mila ettari di fondivalle, e divide il parco in due zone: la zona A, dai 2000 metri in su, vero e proprio parco nazionale, e la zona B dove sarebbero consentite le tradizionali attività, tra cui il taglio dei boschi, e ammessa la caccia.
Il parco vero e proprio verrebbe dunque realizzato al di sopra del limite della vegetazione, in pratico ridotto quasi esclusivamente ai pascoli alti, alle petraie, al deserto nivale. Contro questa rovinosa prospettiva si battono le associazioni e la direzione del parco che ha sede a Bormio: ma un’altra gravissima minaccia viene dalla provincia di Sondrio.
La lobby dello sci e dell’indiscriminato sfruttamento turistico vuole realizzare una smisurata “ski-area” tra santa Caterina di Valfurfa e Bormio, undici impianti di risalita e un centinaio di chilometri di piste, meccanizzando, degradando, disboscando anche questo versante del parco. I grossi interessi in gioco rischiano di aver ragione del parere negativo della direzione del parco e del ministero dell’Ambiente.