A novembre scorso, quando si votò per le presidenziali negli Stati uniti, l'America cattolico-militante, creazionista e familista che premiò Bush per la guerra contro l'Islam pareva ancora lontana, e il dibattito che ne seguì per le sorti del centrosinistra italiano - paga di più puntare sugli interessi o sui valori - fu come al solito alquanto accademico e salottiero. Meno di sei mesi dopo, con il referendum sulla procreazione assistita, quell'America ci è piombata in casa nelle sembianze dei teo-con nostrani (Ferrara+Fallaci), del potere temporale del cardinal Ruini, degli appelli cattolici all'astensione della seconda e terza carica dello Stato laico, del sinistro miscuglio di ontologia sacra e riduzionismo biologico con cui si santifica l'embrione, della bolla papale di ieri sera contro la «liberazione della natura da Dio». Un anno fa, quando la Francia laica votò la legge contro l'uso del velo nelle scuole, camuffando con argomenti egualitari ed emancipazionisti e integrazionisti un provvedimento che colpevolizza le ragazze islamiche che si velano per forza o per scelta, la Francia pareva lontana. Anch'essa invece si avvicina, nelle sembianze del nostrano ministro della giustizia che propone di denunciare e multare le donne con il burqa. Il paragone è blasfemo, lo so: la legge francese agisce in nome della Republique, della sua religione laica, dei principi dell'89, dell'integrazione degli immigrati nella cittadinanza neutra; l'ingegner Castelli agisce in nome del binomio paura e ordine, punto e basta. Però anche lui, come il rapporto della commissione Stasi che preparò la legge francese, parla di principi e valori basilari che devono accomunare tutti quelli e quelle che abitano il territorio nazionale; e anche se la sua intenzione è esplicitamente criminalizzante, mentre quella della legge francese lo è solo implicitamente, il risultato è lo stesso: «le donne degli altri uomini» come posta in gioco dello scontro di civiltà, sulla linea inaugurata dalla solita America di Bush con le guerre all'Afghanistan e all'Iraq legittimate in nome della liberazione delle afghane e delle irachene dal burqa e dal patriarcato islamico.
Pochi giorni fa, quando Newsweek diede notizia del Corano buttato nelle latrine nel campo di Guantanamo e poi ritrattò, abbiamo sperato tutti che la notizia fosse falsa e la ritrattazione veritiera, ma poi è arrivata la conferma del Pentagono: la notizia era vera, e aggiunge sale sulle ferite degli ordinari trattamenti disumanizzanti di Guantanamo e delle torture dell'anno scorso a Abu Ghraib. L'Afghanistan non ha gradito, l'Egitto nemmeno: il caso non è chiuso.
Stiamo precipitando, anzi siamo già precipitati, nel mondo postmoderno delle guerre di religione premoderne. Preventive, dichiarate o malcelate che siano. Combattute dalle istituzioni o dai civili, dai credenti e anche dai laici. L'Islam è stato solo il nemico numero uno, ma la caccia si è rapidamente estesa alla scienza, alle biotecnologie, agli eredi del totalitarismo (cioè agli ex comunisti, perché gli ex fascisti invece vanno assolti), al femminismo. Leggere Fallaci per credere. Oppure la hit parade neo-con americana dei «dieci libri più dannosi della storia umana», resa nota venerdì scorso da Vittorio Zucconi su Repubblica: il Manifesto di Marx e Engels, Mein Kampf di Hitler (unico titolo di destra), il libretto rosso di Mao, il Rapporto Kinsey sulla sessualità, la filosofia pragmatista di John Dewey e quella positivista di Auguste Comte, Il Capitale di Marx, La mistica della femminilità di Betty Friedan e Il secondo sesso di Simone De Beauvoir che diederorigine alla rivolta femminista negli anni 60, Al di là del bene e del male di Nietzsche, e poi ancora Keynes, Darwin, la relativista Margaret Mead, Adorno e Freud, i Quaderni dal carcere di Gramsci. Di che stupirsi? Guerre di religione e roghi di libri sono sempre andati a braccetto. E' la democrazia che non si sa come collocare in questa compagnia.