. Difficile, lungo e piena di rischi il percorso di una democrazia che sappia vincere la "post-democrazia renzusconiana. Il manifesto, 24 luglio 2014
Perché una battuta d’arresto?
Marco Revelli ha ragione quando dice abbiamo ‘avuto il comunismo di guerra’. Nella fase d’emergenza del voto abbiamo dato giustamente tutto il potere ai saggi. Ma che oggi, dopo il voto, le cose restino così è un problema. Questi saggi somigliano al governo dei tecnici: si sono autoscelti, nessuno li ha mai votati.
I tre europarlamentari sono stati votati.
Sono stati votati per fare gli europarlamentari. Ma la dimensione ademocratica della leadership della lista è palese. Secondo: qua e là emergono pulsioni grilline. In una commissione dell’assemblea si critica un ‘facilitatore’ (responsabile, ndr) come Sandro Medici con la motivazione che ‘è un professionista della politica’. Con questo criterio anche Tsipras sarebbe escluso. Queste cose non vanno solo denunciate: vanno battute politicamente con potenti iniezioni di democrazia. Dobbiamo aprirci contro le pulsioni escludenti e proprietarie, rendere contendibile il campo e la linea politica della lista. Democratizzarci. E ringiovanirci.
Vuole già rottamare i saggi?
La platea di sabato aveva un’età media alta, in gran parte il ceto politico sconfitto degli ultimi trent’anni. La prima relazione è durata un’ora, la seconda 40 minuti. Così si vuole parlare ai giovani? I saggi fin qui hanno dimostrato di non sapere, o non volere, valorizzare quel po’ di movimenti giovanili che alle europee hanno espresso molto e raccolto voti. Contro questi giovani, i saggi fanno da tappo.
Una delle elette è una giovane donna. Cos’altro dovrebbero fare?
Favorire il salto generazionale, prendere esempio dalla spagnola ‘Podemos’. Bisogna investire in un’agenda di cose da fare e riscoprire la forza del conflitto. La lista Tsipras ha un futuro se saprà interpretare le tensioni dell’autunno. Ma per scegliere questa strada bisogna usare la democrazia: noi di Sel siamo un partito tradizionale e piccolo, ma la nostra linea la sceglie una leadership decisa in una forma democratica, approssimativa quanto si vuole, ma che è il congresso. Non può sceglierla chi ritiene di avere i giusti quarti di nobiltà tsiprota. Ho sentito la capodelegazione a Bruxelles fare la relazione sulla linea politica della lista. Avrei preferito sapere come si metterà a disposizione e in collegamento con i processi reali del paese.
Ancora la polemica contro Barbara Spinelli?
No, ma per scegliere ‘la linea’ servono processi democratici. E per andare avanti serve investire sui più giovani.
Ora alle regionali rischiate di andare sparsi?
Sarò chiaro: per noi ogni ragionamento ‘a prescindere’ è un errore. Persino un partito molto radicale com’era il Prc di Bertinotti, nel 2001 e nel 2008 mentre rompeva con il governo centrale faceva l’accordo per il governo di Roma. E’ sbagliato sia dire ‘sempre con il Pd’ sia dire ‘mai con il Pd’. Anche Tsipras dice che Renzi non è un interlocutore in Italia ma lo è in Europa. Spinelli dice di non essere d’accordo. Noi sì: per noi il Pd di Renzi oggi non è un possibile alleato di governo, ma regione per regione vogliamo valutare quello che succede. Chi deve decidere cosa fare in Calabria, i calabresi o i saggi? Centralizzare la decisione è un ritardo di cultura politica. Invece misurare le scelte dai metri di distanza dal Pd è una sciocchezza.
È quello che farà Sel o una proposta a tutti?
Lo proponiamo a tutti e noi lo pratichiamo già. La nostra preoccupazione è dare un futuro al successo delle europee. La scelta di cosa fare in Calabria non possono farla i saggi e neanche i pur eroici quindici del comitato di Corigliano; né in Emilia Romagna quelli che si sono intestati legalmente il comitato Tsipras. Ci vuole una consultazione aperta e trasparente in cui chiediamo, per esempio in Calabria, se la candidatura di Gianni Speranza (di Sel, ndr) può avere forza nella costruzione della coalizione. E così nelle altre regioni che andranno al voto: apriamo i banchetti, i gazebo. Per Sel la coalizione resta un obiettivo. Non sappiamo se riusciremo a farla ovunque, ma chi vuole far saltare tutte le coalizioni territoriali sappia che ci troverà lungo la strada, dentro una contesa politica. In un confronto democratico siamo disponibili a discutere su tutto. Se qualcuno si sente proprietario della discussione per imporre il bravo compagno che prende tre voti, non ci stiamo. E un’ultima cosa.
Prego.
In rete leggo cose orribili. Noi non chiediamo a nessuno di rinunciare a se stesso. Chiediamo però un campo aperto dove si possa fare un confronto democratico, una testa un voto. I torquemada del mouse abbiano più rispetto per Sel e per le sue scelte generose e senza contropartita. Sel ha rinunciato a molte cose per dare il buon esempio e mettersi in sintonia con la volontà di cambiamento. Però queste scelte generose non sono una resa né una regola eterna. Sel ci sarà finché non nascerà qualcosa di più grande e più credibile. A questo scopo Sel abita più luoghi: la lista Tsipras, la relazione con ecologisti, con Fassina, Cuperlo, Civati: tutti pezzi di una ricerca. I sacerdoti del minoritarismo se ne facciano una ragione. Noi non ci arrendiamo al renzismo, ma non ci interessa rimettere insieme i cocci della sinistra minoritaria.
Di questo avete parlato con Tsipras?
Sì. E segnalo che Tsipras, che è un leader serio, ha cercato di incontrare Renzi; e se non l’ha incontrato è per colpa di Renzi. A Tsipras teniamo molto, lui è il leader europeo naturale di tutta questa coalizione, con lui sentiamo una profonda sintonia. L’auspicio è che in Italia non ci sia chi ritiene di esserne l’interprete esclusivo, il suo oracolo.