In queste materie cosìcomplesse e interrelate, partiamo dal lavoro, che è quello che interessa di piùtutti i nostri potenziali interlocutori.
Ci sono tante realtàorganizzate con obiettivi simili o analoghi ai nostri che non sono state coinvolte– o lo sono state solo marginalmente - nella nostra campagna elettorale. Soloper fare alcuni esempi: le Fiom locali (con quella nazionale abbiamo avutoqualche rapporto), il sindacato della CGIL servizi (che raccoglie moltilavoratori precari), i sindacati di base, molte RSU (in particolare quelleimpegnate nella campagna contro la legge Fornero), i comitati di lotta(soprattutto nella sanità e nella scuola), le reti dei precari, molteorganizzazioni studentesche (a livello nazionale i rapporti ci sono; a livellolocale, non sempre), molte organizzazioni del terzo settore (cooperativesociali e associazioni), i lavoratori di molte delle aziende che chiudono,delocalizzano o si ristrutturano. Tutti i movimenti per la casa, a partire daquelli romani. Poi, la rete dei Gas e dei Des e altre esperienze di “altraeconomia”, gran parte dei centri sociali (molti sono oggi “astensionisti” ecome tali non erano interessati a un rapporto con la nostra lista; ma non loerano ieri, quando hanno partecipato alle campagne della “stagione dei sindaci”e potrebbero non esserlo più domani); situazioni di occupazioni esemplari comeil Teatro Valle, il municipio dei Beni Comuni di Pisa, le Officine Zero diRoma, Ri-maflow e Remake di Milano, ecc., rimasti un po’ ai margini della nostracampagna, ma molto interessati ai contenuti che portiamo avanti.
E ancora,associazioni ambientaliste come Energia Felice, Italia Nostra, Greenpeace, e Legaambiente (a livello locale; a livello nazionale sembra ormai catturatacompletamente nella rete del PD); la associazioni animaliste. E poi tutti icomitati e i movimenti contro lo squasso del territorio: No-tav (Valsusa eFirenze), No-muos, No Dal Molin, No-triv, No-tem. No-Mose, No Grandi Navi, ecc.dove la lotta contro le grandi opere si combina con quella per una diversagestione – e manutenzione - del territorio. Poi, tutti i comitati per unadiversa gestione dei rifiuti. Infine, Libera (la campagna contro la povertàmette al centro temi come il lavoro e il debito, che riguardano direttamente inostri lavori; associazioni e comitati come la campagna contro iI TTIP o come aSUD e tanti centri di ricerca o singole figure di studiosi a livellouniversitario.
Con tutti questi soggetti,qui elencati a titolo solo esemplificativo, dobbiamo cercare di aprire unconfronto, soprattutto a livello locale e territoriale, da svilupparsi su duepiani:
- L’individuazione di obiettivi e la promozione di iniziative comuni;
- Lo sviluppo di una elaborazione programmatica condivisa, anche partendo da posizioni distanti.
La nostra pratica deve cioè marciaredi pari passi con una rifondazione radicale dei principi della democrazia,fondata sulla rivalutazione delle persone, sulla solidarietà contrapposta allacompetitività, sulla partecipazione, su una riconsiderazione del lavoro allaluce della sua transizione da costrizione ad attività produttiva liberamentescelta. Dobbiamo riuscire a far marciare contemporaneamente l’iniziativapolitica e l’approccio culturale. In questo confronto dobbiamopraticare l’umiltà: non farne una campagna di reclutamento – né di singoli nédi corpi organizzati – ma metterci su un piano di assoluta parità, anche perquanto riguarda le decisioni operative.
Come lista Tsipras abbiamoovviamente poca esperienza da offrire (anche se molti di noi ne hannoaccumulato, individualmente o in altre sedi, una quantità non indifferente) euna elaborazione programmatica ancora in gran parte astratta, perché non messa ancoraa confronto con la pratica. Abbiamo però due atout da giocare:
- La nostra appartenenza al GUE, la nostra rappresentanza parlamentare, la nostra presenza in Europa e il punto di riferimento che tutto ciò può offrire anche ai nostri interlocutori; in particolare per quanto riguarda la possibilità di collegarsi con altre realtà organizzate in Europa;
- L’aver raccolto intorno alla lista L’altra Europa il meglio della intellettualità italiana: decine e decine di studiosi, scrittori, giornalisti indipendenti, registi, attori, musicisti, mentre con il regime, cioè con Renzi e Forza Italia, non è rimasta, per lo più, che una schiera di figure in gran parte asservite: un fatto particolarmente vistoso nel campo del giornalismo. Finora non abbiamo saputo valorizzare questo apporto, che è invece essenziale non solo per ricostruire su nuove basi una cultura della democrazia e del lavoro adatta ai nostri tempi, promuovendo un rapporto stretto e mai subalterno tra pratica politica, elaborazione intellettuale e creazione artistica; ma anche e soprattutto per gettare le basi di una egemonia culturale di respiro europeo. Non possiamo fermarci agli slogan né alle enunciazioni di principio. Questa nuova cultura, alla cui fondazione dobbiamo tutti partecipare, ciascuno con gli strumenti della propria pratica sociale, va elaborata scavando in profondità nel nostro vissuto e in quello di coloro con cui entriamo in contatto; consapevoli del fatto che la cultura della competitività - e dell’individualismo proprietario, del merito come sanzione di una presunta superiorità di chi si è affermato, del mors tua vita mea - cioè la quintessenza del pensiero unico, si è ormai inconsapevolmente radicata anche in atteggiamenti e in convinzioni di chi crede di esserne esente.
Ci sono comunque alcuni,necessariamente pochi, obiettivi o, meglio, temi che dobbiamo mettere al centrodel nostro confronto con quasi tutte le forze che incontreremo nei prossimimesi e anni, senza pretendere di essere noi a proporli, perché in molti casi laloro elaborazione è più sviluppata della nostra. In queste iniziative dobbiamolavorare sia per sviluppare il tema-obiettivo nelle sue più minutearticolazioni locali e in ogni sua possibile operatività immediata, sia avendoriguardo alla dimensione programmatica (e anche esistenziale) che essocomporta.
Il primo di questi temi-obiettiviè il reddito di cittadinanza, o reddito garantito (io aggiungo“incondizionato”: ovviamente nella sua dimensione programmatica). E’ larisposta più sentita – già ora – e più puntuale alla disoccupazione e allaprecarietà; ma va definita e motivata ed eventualmente differenziata rispetto oognuna delle ormai mille forme di esclusione e di precarietà di fronte a cui citroviamo, compreso il lavoro di cura e le tante forme di impegno in campoartistico e culturale. Ma oggi, e soprattutto in prospettiva, rappresenta anchel’unica vera forma di tutela del lavoro a tempo indeterminato contro il ricatto del licenziamento: quella tutelaormai in gran parte erosa dal progressivo svuotamento dell’art. 18. Ed è,anche, la risposta alle esigenze dei disoccupati over 50 (che mai più troverannoun impiego in un contesto economico come quello attuale) dei quali i cosiddetti“esodati” sono solo una piccola parte. Insomma, può diventare – per ora non loè – un obiettivo veramente unificante.
Ma accanto alle suearticolazioni rivendicative più o meno immediate il reddito garantito ha ancheuna dimensione prospettica: la trasformazione del lavoro da impegno coercitivoimposto con il ricatto della disoccupazione e della miseria ad attivitàliberamente scelta; a modalità di espressione della propria creatività e dellapropria socialità. Che è anche il modo per promuovere in una direzione nondistruttiva le attività produttive e le forme della convivenza sociale – che èquanto oggi più approssima la caratterizzazione della società che vorremmo.
Il secondo tema è la lottacontro la legge Fornero: non va sottovalutato né il disastro che questa legge ela sua logica hanno imposto (la chiusura degli accessi lavorativi alla nuovegenerazioni; la condanna ai lavori forzati di una generazione ormai logorata daltroppo lavoro; un calo netto della produttività e dell’efficienza del sistemaconnesso al perpetuarsi di abitudini lavorative consolidate e alla difficoltàdi introdurre e valorizzare nuovi saperi e nuove tecnologie). Ma questa lotta,che trova già oggi un interlocutore decisivo nell’assemblea autoconvocata dioltre 400 RSU, ha anche il significato emblematico di opporre la forzadell’evidenza a quella contrapposizione tra gli interessi dei giovani “nontutelati” e quelli degli anziani “troppo protetti”, che oggi viene usata per legittimarel’erosione di tutte le tutele. Il rapporto tra le generazioni, tra figlidisoccupati e “a casa” e padri e madri che li sostengono con il loro lavoro, conle loro pensioni, con le loro attività sostitutive del welfare pubblico devecostituire un tema fondamentale della nostra immagine pubblica e di una seriedi iniziative di riconquista di un rapporto più organico con le nuovegenerazioni.
Il terzo tema.obiettivo è laconversione ecologica: che dovrebbe innanzitutto articolarsi nei confronti dellelotte contro la manomissione del territorio e soprattutto nei confronti delleaziende che chiudono, ristrutturano o delocalizzano. Quest’ultimo è il frontepiù difficile da affrontare, sia per noi che per i lavoratori che stanno perperdere o hanno perso il loro posto di lavoro. La reazione più naturale èquello di aggrapparsi alla continuità produttiva nella speranza che un nuovopadrone – o un nuovo “piano industriale” – ottenga quei risultati che ilmercato e la gestione ordinaria non sanno più garantire. Ma non è così: molteproduzioni ordinarie, in Italia e in Europa, ma anche nel mondo, non hannoavvenire, o fanno solo danno; mentre molte altre sono necessarie e urgenti, manon trovano chi se ne faccia carico. E a farsene carico non può, in linea dimassima, essere un “nuovo padrone”, ma una modalità completamente nuova digovernance dell’impresa; che non può essere solo “autogestione” (i lavoratorinon possono e per lo più non vogliono farsi carico da soli della loro azienda);bensì una soluzione che affianchi al management o a una sua parte lemaestranze, l’associazionismo che rappresenta il territorio, le risorsetecniche della ricerca e, ove possibile il governo locale. Perché il problemaprincipale è garantire sbocchi sicuri alle nuove produzioni e questo non puòessere fatto, in linea di massima, che attraverso una progressiva riterriteritorializzazione del sistema produttivo; in cui i servizi pubblici locali (acqua, rifiuti, trasporti, energia, gestione del territorio, edilizia pubblica, welfare locale) possono giocare il ruolo di cerniera tra nuove produzioni e governo - partecipato - della domanda. E’ questo che distingue la cosiddetta green economy (che è ricerca del profitto in settori dall’impatto ambientale, vero o presunto, minore) dalla conversione ecologica (che mette invece in gioco le modalità di governo della transizione). Anche qui si tratta di abbinare tra loro una prospettiva generale che va costruita senza salti in avanti, una decisiva battaglia culturale condotta a misura dei diversi interlocutori a cui ci si rivolge, e una capacità di intervento in situazioni puntuali, puntando sul coinvolgimento delle comunità e del territorio. Tenendo conto del fatto che in molte lotte contro la dismissione di impianti o lo squasso del territorio si costituiscono le premesse per forme di solidarietà e di ricostituzione di nuove iniziative di cui la lotta della Valle di Susa è forse oggi l’esempio principale.
Insieme a quello delle fonti rinnovabili e dell’efficienza energetica, i campi abbinati della manutenzione del territorio – contro il dissesto edilizio e idrogeologico – e quello di una nuova agricoltura ecologica, multicolturale e multifunzionale, di prossimità e di piccola impresa, sono quelli che offrono maggiori prospettive di occupazione ai programmi di riconversione ecologica.
Ovviamente tutti questi temi-obiettivi richiedono risorse e investimenti: il che radica nel contesto della quotidianità e delle lotte in corso la nostra battaglia contro il debito, l’austerità, il fiscal compact e le politiche di aggressione ai servizi pubblici, sottraendola in parte al rischio di rimanere un tema astratto.