di Enrico Arosio e Claudio Lindner
Cantiere della nuova Fiera a Pero-Rho, ottobre 2002. L'arcivescovo di Milano cardinal Tettamanzi leva l'aspersorio. Si appresta a benedire lo scavo e la prima pietra di un'opera gigantesca. Fotografi e teleoperatori scattano in piedi davanti alle autorità, attimi di confusione. Dalla prima fila salta su l'invitato speciale, Silvio Berlusconi. "Un momento. La comunicazione è il mio mestiere". La prima pietra è cosa sua, e ci tiene. E in un baleno dà precise disposizioni: questi di qui quelli di là, e lui nella luce migliore. Il cardinale è imbarazzato, qualcuno è divertito, altri sono perplessi. "È stato sconcertante vedere il presidente del Consiglio mettere il cappello del governo su un grande progetto che è tutto di Milano e della Lombardia", ricorda uno dei presenti.
Milano, in effetti, ha fatto da sé. E il 2 aprile 2004, è pronto a giurare l'assessore all'Urbanistica Gianni Verga, la nuova Fiera aprirà i battenti. Non solo. Quel giorno sarà pronta anche la metropolitana che serve a collegare la nuova struttura al centro di Milano attraverso il prolungamento della linea 1. Milano riparte da lì, dalla Gela del Nord, dall'area Pero-Rho diventata famosa per le raffinerie, gli odori sgradevoli, l'inquinamento. Da tutta Italia, anzi da tutto il mondo convoglieranno qui i visitatori del nuovo polo.
E al posto della vecchia Fiera? Tre grattacieli, 218 metri il più alto, quasi due volte il Pirellone. Uffici, negozi, appartamenti, parcheggi, verde pubblico, in una parola CityLife, il maxiprogetto che cambierà Milano nei prossimi dieci anni (leggi l'articolo a seguire) e che porta tra le firme prestigiose quella di Daniel Libeskind, l'architetto della rinascita di Ground Zero. Pochi giorni prima dell'annuncio del vincitore, il Comune aveva dato via libera a un altro megaprogetto ambrosiano, nella zona Garibaldi-Repubblica, vicino alla Stazione Centrale e ai più noti alberghi della città: qui nasceranno la nuova sede della Regione, la Città della Moda con il museo e il progetto di alta formazione e un parco pubblico per 120 mila metri quadrati.
Non si erano ancora spente le luci sulle tre torri della ex Fiera ed ecco calato dal Comune un terzo asso, giocato stavolta nella zona sudest con il nome di battaglia Montecity, un milione e 200 mila metri quadrati, un po' enfaticamente definita "la più grande area dismessa d'Italia". Insomma, la settimana del mattone d'oro, tre opere che (almeno dando retta alle carte) cambieranno la metropoli, la sua struttura, le sue abitudini, il suo carattere. E che da sole faranno affluire qualcosa come 4 miliardi di euro. Investimenti cui bisogna aggiungere quelli meno spettacolari. Tra dieci anni Milano sarà un'altra Milano.
L'assessore Verga, 57 anni, formigoniano di lungo corso, ostenta altre cifre a dimostrazione dell'attivismo di Albertini & Co: "Abbiamo un carnet di cento progetti, tra grandi e piccoli, per un totale di 8 milioni di metri quadrati. Più di metà della superficie interessata diventerà verde pubblico". Dall'altra parte della barricata, in consiglio comunale, c'è Emanuele Fiano, capogruppo Ds a Palazzo Marino: "È propaganda elettorale, la giunta Albertini spara le ultime cartucce. Abbiamo calcolato che a Milano esistono circa un milione e mezzo di metri quadrati di uffici vuoti. Cosa servono tutte queste nuove cubature a scapito dei parchi?". Fa eco Luca Beltrami Gadola, di una storica famiglia di costruttori milanesi, sottolineando come l'unica realtà davvero in produzione sia la nuova Fiera.
Milano sembra rinascere. Rialza la testa dopo le bastonate di Tangentopoli, che dieci anni fa rasero al suolo la sua classe dirigente, imprenditori, costruttori, politici. Qualcuno ha cambiato cappello. Salvatore Ligresti faceva il costruttore, era una sorta di tycoon del mattone, lui, Berlusconi e Cabassi si spartirono Milano. Oggi possiede ancora qualche area immobiliare, ma non è più il leader, anche se rientra dalla finestra nel progetto CityLife per la ex Fiera attraverso il gruppo assicurativo Fondiaria-Sai. Gli eredi del 'Sabiunat' Cabassi hanno investito nell'area che fu del Sieroterapico, sui Navigli, nell'ex Palazzo del Ghiaccio in disuso da un anno e mezzo (potrebbe diventare una location per mostre e sfilate) e soprattutto ad Assago, dove accanto al Forum ci sono 400 mila metri quadrati di aree da destinare a nuovi progetti.
Tra vecchi protagonisti, un po' appannati, e nuovi mattatori. Uno dei più attivi è il piemontese Luigi Zunino con il gruppo Risanamento. Suoi, oltre a Montecity, la trasformazione della ex stazione di Porta Vittoria, e lo sviluppo di due aree, una in via Olgettina vicina all'ospedale San Raffaele e una a nord, dove aveva sede la fabbrica svizzera Oerlikon. Spicca il ruolo dei fondi immobiliari italiani e stranieri, dalla Pirelli Real Estate alla Hines di Chicago, che è sbarcata a Milano per la Città della Moda attraverso partner italiani e ha raccolto capitali di fondi pensione californiani e assicurazioni tedesche. Osserva il direttore generale di Hines Italia Manfredi Catella: "Milano è partita tardi, rispetto ad altre città europee. Ma la Città della Moda è un'occasione per valorizzare l'economia della creatività e della comunicazione nel senso auspicato dal presidente della Confindustria Luca di Montezemolo". Si muovono i colossi dell'assicurazione come Generali e Fondiaria-Sai e Ras. "Sa cosa è cambiato?", lamenta Beltrami Gadola, "che oggi dieci gruppi controllano la città e che, con la forte finanziarizzazione del settore e il rischio di giochi sotterranei, alla fine a rimanere col cerino in mano potrebbero essere i risparmiatori". Ai nuovi protagonisti del denaro si affiancano, al debutto, i grandi nomi dell'architettura mondiale che si sfidano a colpi di progetti e hanno riportato Milano, dopo una lunga assenza, dentro al dibattito internazionale. Anche se uno della vecchia guardia come Vittorio Gregotti, autore del quartiere Bicocca per la Pirelli, lamenta il carattere pubblicitario ed esibizionista dei progetti vincitori dei recenti concorsi, e vitupera la legittima "voglia di grattacielo" della Milano del 2004 e delle nuove generazioni.
Terza novità, i tempi rapidi di progettazione e realizzazione, un'anomalia in questo campo. Qualche esempio: la nuova Fiera manterrà le promesse (inaugura ad aprile 2005 dopo un cantiere durato esattamente i 26 mesi previsti), la Scala rinnovata si metterà in bella mostra il 7 dicembre per la prima, pur non ultimata al 100 per cento; la gara per la zona ex Fiera doveva concludersi entro il 31 luglio ed è stata anticipata di un mese, sia pure tra polemiche sulla qualità e il valore dei progetti.
I privati puntano su Milano, il loro peso è aumentato nella contrattazione con il pubblico. L'assessore onnipotente, unico dispensatore di licenze è stato spazzato via da Mani pulite, e nelle operazioni multimiliardarie di oggi queste figure sono destinate a contare meno. La corruzione alberga probabilmente nelle piccole operazioni, negli abusivismi edilizi, nelle concessioni minori. Fa novanta la paura di una Tangentopoli negli anni Duemila. Il Comune chiede all'investitore privato garanzie e tutele per la cittadinanza, dall'edilizia convenzionata al verde alla costruzione di strutture per gli utenti di servizi pubblici.
I milanesi guardano con un misto di fascino e timore alla nouvelle vague immobiliare. La trasformazione in una città con più punti di riferimento porta con sé qualche rischio sul piano della mobilità e della qualità ambientale. La macchina della crescita come la chiama il sociologo Guido Martinotti, si è rimessa in moto. "Ma una città policentrica produce più traffico ed è più difficile da regolare. L'amministrazione Albertini predilige il laissez faire in assenza di una visione strategica. Cosa rimarrà del centro storico? Come si raccorderà con i nuovi centri se lo sviluppo delle linee metropolitane è in così forte ritardo? Questa Milano incarna un progetto capitalista, ma manca di progetto politico".
Forse non è un caso che sulle nuove infrastrutture culturali, la vera prova d'appello per una città direzionale che non nasconde le proprie ambizioni, i passi avanti sono più esitanti. Il restauro di Palazzo Reale si trascinerà almeno sino a fine 2006. Il Museo del Novecento all'Arengario, progettato da Italo Rota, procede a rilento. E anche all'ex Ansaldo l'interessante operazione del Museo delle culture extraeuropee, le prime demolizioni saranno nel 2005. Entrambi i progetti sono subordinati alla privatizzazione ritardata dell'Aem, l'azienda energetica municipale. Un grande punto di domanda, infine, aleggia sull'operazione più ambiziosa di tutte: La Beic, Biblioteca europea di informazione e cultura. Un modello di public library per un milione di volumi, altamente informatizzata, che in Italia non s'è mai sperimentato. L'importanza dell'investimento (250 milioni di euro la stima di tre anni fa) e la pluralità di soggetti coinvolti (due ministeri, Comune, Regione, le università milanesi, forse la Fondazione Cariplo e altri partner) ne hanno fatto una partita difficile tra Milano e il governo. "La forza del progetto è che non ha un colore politico, la debolezza è che richiede tempi lunghi", osserva il presidente della Fondazione Antonio Padoa Schioppa. Il rischio, insomma, è che Milano corra quando comandano immobiliaristi e finanzieri. E che zoppichi quando l'investimento riguarda la cultura e l'istruzione. Qui contano anche i soldi di Roma. Vedremo mai Berlusconi posare la prima pietra della Superbiblioteca?
di Giovanna Zucconi
Sarà la più grande downtown italiana. Sarà, dicono i suoi fautori, uno dei più importanti interventi architettonici d'Europa. Tra dieci anni tre torri d'acciaio svetteranno nel cielo sopra Milano, firmate da altrettante stelle dell'architettura internazionale: Arata Isozaki, Zaha Hadid e Daniel Libeskind. La più alta arriverà a 218 metri, il doppio del glorioso e affaticato Pirellone di Giò Ponti. E l'immensa area urbana ai loro piedi, 225 mila metri quadrati dove finora bivaccavano i grigi padiglioni della vecchia Fiera Campionaria, sarà radicalmente riprogettata dalle tre star e dal torinese Pier Paolo Maggiora.
Così Milano imbolsita cerca un nuovo slancio, per ricominciare a declinare i verbi al futuro. Cinquemila impiegati lavoreranno nei grattacieli, 5 mila residenti abiteranno nei 1.300 appartamenti previsti, 5 mila milanesi frequenteranno ogni giorno il parco, le strutture culturali e ricreative, il Museo del Design aperto (finalmente!) nella capitale del design. Niente automobili in superficie, 17 ettari a verde progettati da Vittorio Ingegnoli pensando "all'ecologia del paesaggio e alla qualità della vita, e non all'estetica decorativa". Insomma: skyline ridisegnata, nuove abitudini e nuovi percorsi urbani, ma soprattutto un grande valore simbolico. Di propulsione, di vitalità, per giunta in un'area strategica e semicentrale della città.
Tutto questo finora sulla carta, anzi nei rendering al computer. E proprio il computer ha avuto un ruolo decisivo nel connettere l'immaginazione dei quattro architetti, attivi in tre continenti: "Abbiamo potuto lavorare insieme solo grazie a Internet, con siti dedicati in cui ci scambiavamo disegni e immagini", spiega da Tokyo il maestro Isozaki. L'ardita idea di arruolare un pool di personalità così prestigiose e così distanti (non soltanto geograficamente) è uno degli elementi che hanno fatto assegnare il gigantesco appalto a CityLife. Nove cordate aderirono un anno fa al bando lanciato dalla Fondazione Fiera di Milano presieduta da Luigi Roth, per finanziare (grazie alla vendita della vecchia area espositiva) il nuovo polo fieristico di Pero-Rho progettato da Massimiliano Fuksas (lavori completati al 60 per cento, inaugurazione prevista per aprile 2005). Venivano messi in vendita 225 dei 440 mila metri quadrati della storica area urbana, mentre la parte più recente, incluso il nuovo Portello, rimarrà alla Fiera.
Cinque i progetti presentati nel marzo 2003: verranno esposti tutti alla Triennale a partire dal 22 settembre. Fra questi, la commissione di gara ne ha selezionati tre, e infine lo scorso venerdì 2 luglio la cordata CityLife (Generali Properties, Ras, Progestim del Gruppo Fondiaria-Sai, ovvero i primi tre gruppi assicurativi italiani, e poi Lamaro Appalti e lo spagnolo Grupo Lar) si è aggiudicata l'appalto senza rilanci con un'offerta di 523 milioni di euro. Bruciando sul traguardo i concorrenti Pirelli Real Estate e Risanamento, ovvero i progetti ("Tutti di altissimo livello", tiene a precisare Roth) firmati rispettivamente da Renzo Piano e da Norman Foster. Ma come hanno convissuto i temperamenti creativi, diversissimi fra di loro, di Isozaki, Hadid e Libeskind? Non è come ingaggiare tre fuoriclasse, con il rischio che ciascuno giochi la sua partita? Daniel Libeskind, origine polacca e studio a New York, ha appena tagliato il nastro della Freedom Tower che sorgerà a Ground Zero. Celebre per il Museo ebraico di Berlino, ha frequentato lungamente Milano e l'architetto Aldo Rossi, e dice a 'L'espresso': "C'è un vento che attraversa la città di Milano, un vento che porta con sé un desiderio di cambiamento. Questo nuovo secolo non riguarda più l'uno (il singolo architetto) ma i molti; non è fatto di una voce ma di molteplici voci". Una polifonia stilistica che viene rivendicata anche da Arata Isozaki, settantatreenne allievo di Kenzo Tange, autore del Museum of Contemporary Art di Los Angeles, del Soho Guggenheim di New York, e di grandi riconversioni urbane tuttora in costruzione a Bilbao e a Shenzen, in Cina. "Trattandosi di un'area così grande, avevamo da progettare un pezzo di città e non un singolo edificio. Il fascino della città e in particolare delle metropoli è appunto la convivenza di edifici di forme e materiali diversi. Per questo abbiamo scelto la complessità urbana come strumento per fondere il lotto della Fiera con il contesto circostante, aggregando architetture molto diverse in un arcipelago di forme e di colori".
Viva la differenza! Sembra essere questo il motto e il metodo del pool di architetti. "Il progetto si è articolato su due distinti registri", spiega Pier Paolo Maggiora che insieme a Isozaki ha progettato anche il Palahockey di Torino per le Olimpiadi del 2006: "Il primo teso a focalizzare il livello della struttura, della forma e dell'organizzazione urbana: il 'basso continuo'; il secondo orientato a risolvere in termini poetici individuali le architetture puntuali di competenza di ogni singolo architetto. Nulla di più distante, quindi, da qualsiasi possibile 'esperanto architettonico'. In termini pratici, il dialogo si è sviluppato in diversi workshop a Milano, Londra, Torino e New York e nello spazio virtuale ma assolutamente reale della rete informatica".
Anche per Zaha Hadid (nata a Baghdad, unica donna vincitrice del premio Pritzker, progettista del Museo nazionale di arte contemporanea di Roma) "la vasta scala del progetto richiedeva una complessa stratificazione di pensiero, ricerca e design". Quello di Zaha è un temperamento (non soltanto artistico) imperioso e originale. Francesco Dal Co, che ha avuto il compito di coordinare gli architetti-primadonna, adopera una metafora rubata a Ernst Jünger: una città è come una barriera corallina, vive di stratificazioni immerse nella marea del tempo: "Soprattutto ho sottolineato quanto la riconversione della Fiera fosse un'occasione unica per riguadagnare il ritardo ormai venticinquennale che l'Italia ha nella realizzazione di opere importanti, cioè nella dinamica della modernizzazione". Nel grande balzo verso lo sviluppo di questa zona di Milano, gli architetti hanno sforato fuori dal recinto della vecchia Fiera: il progetto include la riqualificazione di aree pubbliche circostanti, incluso il velodromo Vigorelli. Il cantiere verrà aperto nel 2006.
di Massimiliano Fuksas
Il trasferimento di gran parte della Fiera di Milano a Rho-Pero, nella prossima periferia della città, ha avuto come logica conseguenza il cambiamento di destinazione d'uso dell'area della vecchia e celebre Fiera. I terreni dove per gran parte del secolo passato si è svolta la Fiera di Milano, oggi hanno una collocazione centrale rispetto allo sviluppo dell'intera città. Niente di più naturale che prevedere un quartiere nella stessa area dove era localizzata la fiera. I 250 mila metri quadrati a disposizione sono un piatto ghiottissimo per i developers di tutto il mondo, specialmente se la localizzazione è così appetibile
e favorevole. Intorno al tipo di sviluppo che dovrà avere nel futuro Milano i pareri sono stati molti e discordanti. Una parte della città e della cultura urbanistica pensava che Milano dovesse avere per futuro la competizione, in altezza, con le grandi capitali del mondo. Un'altra opinione era di ricostruire una logica 'orizzontale' molto più legata a quartieri e ad un habitat di qualità. Il bando che la Fondazione Fiera Milano ha lanciato aveva per oggetto la cessione dell'area dell'antica Fiera a un consorzio di finanza, promotori immobiliari e si doveva tenere grande attenzione alla qualità architettonica e individuare studi di architettura di rilevanza internazionale. Era ben chiaro che, selezionando i migliori progetti, in un secondo momento si sarebbe presa la decisione finale, aprendo la segretissima busta con il prezzo offerto dal gruppo. Degli otto iniziali sono stati accettati alla seconda fase soltanto cinque partecipanti al concorso. In un ulteriore passaggio si è costituita la short list di soli tre partecipanti. I finalisti sono stati: il Consorzio di assicurazione con capogruppo Le Generali e firmatari del progetto erano Isozaki, Hadid, Libeskind e Maggiora; il gruppo Risanamento con Foster e Gehry; e per finire il gruppo formato da Real Estate e, come progettista, Piano. Le buste economiche sono state successivamente aperte. Le Generali con Allianz e Ras hanno offerto la cifra più elevata. Gli architetti che partecipano al successo sono, come detto, Isozaki, Hadid, Libeskind e Maggiora. Per la Fiera un ottimo affare. Ma gli architetti dei tre raggruppamenti sono tutti di ottima qualità. Viva il migliore.
1 Area Garibaldi-Città della moda. Developer: Hines Italia. Progetto master plan: Cesar Pelli.
2 Nuova torre Regione Lombardia. Costruttore: da appaltare. Progetto: Pei Cobb Freed, Paolo Caputo.
3 Ampliamento Ospedale San Raffaele. Costruttore: Diodoro.
4 Biblioteca europea di informazione e cultura. Costruttore: da appaltare. Progetto: Bolles + Wilson.
5 Ex Palazzo del Ghiaccio. Costruttore: Cabassi. Da sviluppare.
6 Città dello Sport. Proprietario aree: Comune di Milano. Da sviluppare.
7 Montecity-Rogoredo. Developer: Gruppo Risanamento. Progetto: Foster & Associates, Paolo Caputo.
8 Arengario-Museo del Novecento. Costruttore: gara in corso. Progetto: Italo Rota.
9 Ampliamento Teatro alla Scala. Costruttore: Ccc. Progetto: Mario Botta.
10 Ampliamento Università Bocconi. Progetto: Grafton Architects.
11 Darsena del Naviglio. In fase di concorso.
12 Ex Sieroterapico. Costruttore: Cabassi. Progetto: Luca Cabassi.
13 Ex Ansaldo-Museo delle civiltà extraeuropee. Costruttore: da appaltare. Progetto: David Chipperfield.
14 Il Sole-24 Ore. Costruttore: Cmb, Tosoni-Metalsigma, Sadi, Maspero. Progetto: Renzo Piano.
15 Trasformazione vecchia Fiera Milano. Developer: City Life (capocordata), Lamaro, Lar Desarrollos . Progetto: Isozaki, Libeskind, Hadid, Maggiora.
16 Nuova Fiera. Costruttore: Astaldi, Vianini, Pizzarotti. Progetto: Massimiliano Fuksas.