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Giovanni Valentini
L’"oro nero" di Noto
22 Maggio 2006
Articoli del 2005
Risorse culturali e risorse morali distrutte insieme, in omaggio a una crescita che svanisce. Da la Repubblica del 5 maggio

GValentini L’"oro nero" di Noto

Per cercare l’"oro nero" che (forse) è nascosto nelle viscere della terra, si rischia di perdere quello che già luccica in superficie. Mentre l’umanità si prepara a uscire in un prossimo futuro dall’era del petrolio per far fronte all’esaurimento delle riserve naturali, privilegiare le fonti energetiche rinnovabili e combattere così l’inquinamento che incombe sul pianeta, la Sicilia è minacciata da un’invasione di trivelle Usa. E mentre qualcuno ipotizza di vendere le spiagge per rilanciare il turismo al Sud, nel forziere della Val di Noto che custodisce i gioielli architettonici del barocco una società texana viene autorizzata a scavare al centro di quello che l’Unesco ha dichiarato "patrimonio dell’umanità".

Un’altra storia del Malpaese, un altro delitto contro l’ambiente e contro il paesaggio, si sta consumando nell’estremo lembo meridionale dell’isola, a cavallo fra le province di Siracusa, Ragusa e Catania, le terre dove si coltivano il prelibato pomodoro "pachino" e l’uva di qualità per il rinomato Nero d’Avola. E tutto ciò in forza d’un provvedimento che, al colmo del paradosso, non è stato neppure approvato dalla giunta regionale. Fu un decreto dell’ex assessore all’Industria, Marina Noè, ad assegnare un anno fa la concessione alla Panther, secondo una legge che liberalizza la ricerca energetica in Sicilia. Ma nei prossimi giorni sarà esaminata e discussa la richiesta di revoca presentata dall’assessore al Turismo, Fabio Granata, già ai Beni culturali, esponente di An. Anche se in un caso così intricato sul piano giuridico e burocratico l’amministrazione regionale può temere un’azione di rivalsa da parte della società texana, legalmente autorizzata ormai a iniziare gli scavi a giugno, la mobilitazione generale dei sindaci della zona potrebbe bloccare l’assalto al tesoro di Noto. L’iniziativa dell’assessore Granata punta a un’immediata sospensione e alla revoca definitiva della concessione. Qui il bene da salvare nell’interesse generale è il patrimonio del barocco, le chiese e i palazzi che appartengono all’intera umanità, per difendere anche la nostra industria del turismo.

Al di là del suo ambito territoriale, il caso di Noto può essere considerato un paradigma di quella cultura di governo che in un Paese come il nostro deve privilegiare la tutela ambientale rispetto ad altri obiettivi di ordine economico, finanziario o imprenditoriale. Si tratta di stabilire quanto "vale" la conservazione del barocco in una scala gerarchica di priorità, se vale più del petrolio o del metano, più di qualsiasi profitto che possa derivare dal loro sfruttamento. Ed è un fatto positivo, a conferma della trasversalità d’una tale cultura, che questa battaglia sia guidata da un assessore di destra all’interno di una giunta di centrodestra, d’intesa con un esponente dei Ds come il presidente della Provincia di Siracusa, Bruno Marziano. Sotto il tetto della Casa delle libertà, anche in Sicilia non tutti la pensano come Tremonti che vorrebbe privatizzare le coste, magari per partorire poi qualche altro condono, fare cassa e sanare gli abusi edilizi.

La vicenda di Noto è emblematica anche perché racchiude in un unico caso la salvaguardia dell’ambiente, dell’arte e della cultura, in una politica organica del territorio e del turismo. Probabilmente, in una terra ancora contaminata dalla Mafia Spa, dai traffici clandestini e dal riciclaggio di denaro sporco, quella d’aprire una catena di casinò non sarebbe proprio l’idea migliore. Ma può aver ragione invece il neoministro dello Sviluppo e della Coesione, Miccichè, quando dice che al Mezzogiorno servono più campi da golf, scuole di vela e porti turistici, per allungare la stagione oltre il periodo tradizionale dei 2 o 3 mesi estivi. Questa è la strada d’una modernizzazione compatibile con il rispetto dell’ambiente e del paesaggio. Non c’è bisogno né di vendere le spiagge né di scavare sottoterra, per trovare l’oro che la nostra storia e la nostra civiltà hanno lasciato in eredità alle generazioni successive.

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