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Intervista a Viola Carofalo, ricercatrice precaria di 37 anni e portavoce di Potere al Popolo, lista di sinistra che correrà alle prossime elezioni politiche: “Enormi ricchezze sono in mano a pochissime persone. Occorre prendere quei soldi e redistribuirli verso il basso”.
Uno spettro si aggira per l'Italia, e se sarà destinato a rimanere tale o acquisirà corpo e concretezza dipenderà dalle prossime due settimane e dall'esito della raccolta firme necessarie per la presentazione della lista. Lo "spettro" – per citare il Manifesto del Partito Comunista, saggio scritto da Karl Marx e Friedrich Engels tra il 1847 e il 1848 – si chiama Potere al Popolo: un progetto di sinistra, elettorale ma non solo, nato due mesi fa da un appello del centro sociale napoletano Ex Opg "Je So Pazz": una pazzia, per l'appunto, che però ha avuto conseguenze che probabilmente neppure i promotori si aspettavano, con centinaia di riunioni in tutta Italia, due "sold out" in altrettante assemblee nazionali nei teatri romani e soprattutto una lista costruita effettivamente dal basso. Di Potere al Popolo fanno parte realtà di movimento, partiti come Rifondazione Comunista e PCI e realtà come Eurostop. A capo della lista una donna napoletana di 37 anni, Viola Carofalo.
Chi è Viola Carofalo, "capo politico" di Potere al Popolo?
Perché avete scelto questo nome – Potere al Popolo – in una fase storica in cui il populismo di destra è egemonico anche nelle classi sociali popolari?
In realtà “Potere al popolo!” è solo la traduzione letterale della parola democrazia. Oggi molti lo hanno dimenticato, e pensano che democrazia sia andare a votare una volta ogni cinque anni partiti tutti uguali, e per il resto subire le decisioni che vengono prese altrove, non solo in parlamenti che ormai non rispecchiano più il paese, non solo da governi che sono macchine sempre più autoritarie, ma magari in qualche incontro riservato fra banche, finanza, associazioni di impresa, in qualche riunione di tecnocrati dell’Unione Europea…
Con “Potere al Popolo!” vogliamo innanzitutto mandare un messaggio: le decisioni sulla nostra vita e sui nostri territori spettano a noi. Oggi non decidiamo nemmeno dove passeremo la nostra esistenza, visto che per trovare un lavoro andiamo ovunque. Non decidiamo quando avere un figlio, perché dipende dal contratto che qualcuno ci farà. Non decidiamo come gestire il bilancio di una municipalità o di una città, anche perché ce lo tagliano. Figuriamoci se decidiamo su questioni di politica economica e internazionale…
Poiché diciamo queste cose che non dice nessuno, non temiamo di essere confusi con la destra che oggi, nelle varianti di PD, 5 Stelle e Lega/Forza Italia, è di fatto l’unica forza politica. Nessuno di questi partiti vuole una partecipazione reale dei cittadini, nessuno vuole mettere in discussione le basi economiche di questa società, o la disuguaglianza. Quando anche sembrano parlare nell’interesse del popolo, è per ingannarlo, per dividerci e governarci meglio.
Il 4 marzo milioni di persone vedranno sulla scheda elettorale i soliti partiti che fanno gli interessi di vari gruppi imprenditoriali in lotta fra loro. E poi vedranno un movimento nuovo, che manda un messaggio di rottura, non ha dietro nessuno se non le persone che lo stanno costruendo. Ci sembra una bella novità!
Mai come oggi il "popolo" sembra propenso ad accettare un discorso razzista e securitario: i cittadini comuni sono disposti a scendere in piazza contro inesistenti invasioni di migranti e riscontrano pieno successo petizioni come quelle sul possesso di armi e la "legittima difesa". Che "popolo" è quello di Potere al Popolo?
Guarda, noi non pensiamo che il razzismo sia maggioritario in Italia. In generale la barbarie ci sembra più diffusa dall’alto che provenire dal basso. Sono i media e i politici che cavalcano le peggiori pulsioni di questo paese. E questo per uno scopo ben preciso: bisogna dare alle persone qualcuno o qualcosa da odiare. Bisogna creare falsi problemi per distogliere l’attenzione da quelli reali. Così il sistema si può conservare a vantaggio dei pochi.
È chiaro che un popolo terrorizzato, diviso, rassegnato, arrabbiato spesso senza nemmeno sapere perché, finisce poi effettivamente per ammalarsi di odio. E però noi che viviamo i quartieri popolari facciamo anche esperienza del contrario. Il nostro popolo esiste: è quello che resta umano, che anche se è in difficoltà economica aiuta il prossimo, quello degli sfruttati che si riconoscono, dei lavoratori che sui posti di lavoro non abbassano la testa, delle insegnanti che continuano a dare valori ai ragazzi anche quando altri li distruggono, dei cittadini che intervengono quando vedono consumarsi un’ingiustizia, di chi resiste alle mafie e alle prepotenze, di chi ha il coraggio di denunciare…
Nel vostro programma vi sono l'abrogazione della riforma Fornero e del Jobs Act, oltre a un grande piano di messa in sicurezza del territorio e la riduzione dell'orario di lavoro a parità di salario. Si tratta evidentemente di un programma molto ambizioso: dove prendereste i soldi per realizzarlo?
Immaginiamo una serie di misure concrete innanzitutto sulla fiscalità generale, che oggi si configura come un vero furto ai danni della maggioranza. Vogliamo colpire l’evasione fiscale, a partire da quella delle grandi multinazionali, delle rendite e dei capitali finanziari: l’evasione sottrae oltre 130 miliardi ogni anno ai salari e alla spesa sociale. Poi vogliamo una vera tassazione progressiva, come previsto dalla Costituzione. L'Irpef, quando fu introdotta, prevedeva 32 scaglioni di reddito, con l'aliquota più bassa al 10% e la più alta al 72%, mentre ora gli scaglioni sono 5, con la prima aliquota al 23% e l'ultima al 43%.
Esiste inoltre, come sottolineano anche Podemos, France Insoumise etc, una reale necessità di disobbedire al Fiscal Compact e al pagamento del debito finanziario che ci stritola – di fatto, anche se da anni siamo in pareggio di bilancio, continuiamo a pagare interessi infiniti, una vera e propria usura.
Infine vogliamo tagliare le spese militari o i programmi inutili e costosi come “strade sicure”. Parliamo di miliardi di euro all’anno usati per riempire le tasche di industrie belliche, di vere e proprie fabbriche di morte. Noi vogliamo la vita, non la morte.
Ripetiamo: i soldi ci stanno, dobbiamo solo toglierli a chi oggi ne ha troppi e metterli a disposizione delle classi popolari per lavorare, studiare, crescere in un paese più funzionante e coeso. In fondo chiediamo soltanto che sia finalmente attuato l’articolo 3 della Costituzione: “è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.
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