Titolo originale: New Islam in an old English town – Traduzione per Eddyburg di Fabrizio Bottini
LEICESTER – Mentre l’Europa annaspa alla ricerca di risposte alle sempre più numerose questioni riguardo alla propria ampia e crescente comunità di immigrati, molti dei quali musulmani, uno dei posti da guardare potrebbe essere questa cittadina un po’ scalcagnata nel bel mezzo dell’Inghilterra.
Leicester, circondata da dolci colline, era da sempre una piccola e prosperosa città manifatturiera, con radici nelle tradizioni della campagna inglese. I contadini ci portavano mucche e pecore da vendere sul selciato nel cuore della città medievale, dove gli edifici di mattoni rossi di epoca vittoriana richiamano un’epoca meno complicata.
Ma ora l’immagine è cambiata. Leicester oggi è una città multiculturale di 300.000 abitanti dove i discendenti degli operai tessili e dei contadini dividono le strade con indù, sikh, e sempre di più con musulmani dal subcontinente indiano, dall’Africa orientale e dai Balcani.
Negli ultimi trent’anni gli immigrati si sono riversati su Leicester: e sono stati i benvenuti, grazie alle politiche progressiste degli amministratori locali, che hanno convinto gli abitanti dei valori di un futuro multiculturale. I nuovi arrivati hanno iniziato una nuova e pacifica esistenza, trasformando Leicester in un modello, che dimostra al resto dell’Europa come funziona una mixed city.
Ma ora Leicester subisce la sfida di nuove preoccupanti dinamiche, come ammettono gli amministratori, una delle quali è la crescente identità musulmana. Il successo della città in termini di multiculturalismo sembra contraddetto dalle tensioni etniche fra musulmani e indù, con la nuova immigrazione musulmana da paesi come Somalia e Bosnia, e un risentimento contro gli immigrati che cova fra i bianchi poveri. Questo ultimo aspetto assume significati oscuri nella mutata atmosfera della Gran Bretagna dopo le bombe dei terroristi islamisti a Londra in luglio.
Nel frattempo l’amministrazione locale prevede che Leicester – la cui popolazione bianca rappresenta ora il 65% - potrebbe diventare la prima città britannica con una maggioranza non-bianca all’inizio del prossimo decennio.
Questo farebbe di Leicester un campo di battaglia ancora più importante nei tentativi dell’Europa di abbozzare un progetto di multiculturalismo, con uno spazio per l’Islam nella società occidentale.
”Quello che appare in superficie è piuttosto fragile” avverte Manzoor Moghal, importante leader musulmano a Leicester e self-made-man di successo arrivato dall’Uganda negli anni ‘70. “Ci sono diverse correnti sommerse che minacciano di frammentare”.
Moghal, presidente del Muslim Forum, un gruppo-ombrello che si occupa di problemi dei musulmani nel Leicestershire, è uno dei molti preoccupati che la tradizione di Leicester di coesistenza pacifica venga minacciata dalla velocità delle trasformazioni.
Trasformazioni razziali avvenute a ritmi mozzafiato. La cittadina di trent’anni fa, dove nonni e nipotini sedevano insieme a guardare il mercato delle mucche e delle pecore, è diventata una città dove uffici e negozi si svuotano al tramonto in ottobre per il Ramadan, mentre i quartieri indiani si preparano al Diwali, la festa invernale indù della luce.
A Leicester oggi, nei quartieri settentrionali come Melton Road c’è una profusione di templi indù, centri musulmani, macellai halal, ristoranti indiani e pakistani, e poi gioiellerie, banche, negozi di abbigliamento. Nel mercato coperto ortofrutticolo, vecchio di 700 anni, una mescolanza multirazziale di clienti fruga tra mucchi di funghi e papaye, banconi disordinati di cinture, biancheria e aggeggi cinesi. Il mercato del bestiame è sparito anni fa, e questo adesso è un supermercato.
La resistenza locale a questa trasformazione ha raggiunto il massimo negli anni ’70 e ‘80, quando i nazionalisti marciavano per la città. Ma l’amministrazione locale di sinistra di Leicester, affermando che il futuro era multiculturale, rispose con una politica progressista di successo, che è ancora ben sintonizzata sulle sensibilità culturali dei nuovi arrivati.
”Non parliamo di cosa devono fare gli immigrati per adattarsi a noi” dice Trish Roberts-Thomson, responsabile per le politiche al consiglio comunale. “Leicester ha un approccio molto softly-softly “.
L’amministrazione coinvolge i leaders etnici in una molteplicità di comitati e gruppi interrreligiosi. Questa integrazione cittadina si è unita a quella economica, e Leicester ha un’ampia forza lavoro per le fabbriche tessili e calzaturiere, gli ospedali e altre aree del settore pubblico. Si è presto prodotta una prospera middle class etnica di imprenditori, che hanno cominciato a spostarsi verso i verdeggianti sobborghi esterni.
”Alcuni hanno accumulato parecchia ricchezza, e comprato alberghi o altre proprietà” dice Jiva Odedra, direttore della Asian Business Association di Leicester.
Il risultato della integrazione civica ed economica è che a Leicester sono assenti le manifestazioni estreme del suo più grosso vicino nelle Midlands, Birmingham, dove gli scontri fra le bande asiatiche e afro-caraibiche di questo mese hanno provocato due morti, lasciando amministratori ed esponenti delle comunità a chiedersi il perché.
Quando sono scoppiati gli scontri razziali nella fascia dei centri inglesi del nord – Bradford, Oldham e Burnley – nell’estate del 2001, Leicester è rimasta tranquilla.
”Leicester funziona” racconta Robert Colls, professore di storia inglese alla Leicester University. “Ci sono persone di molte etnie che sono venute a vivere qui nel giro di meno di una generazione, e non ci sono e non ci sono mai stati disordini in città, nonostante i tentativi già dagli anni ’70 per fomentarli”.
Sono gli indù a dominare tradizionalmente le politiche etniche della città, ma la popolazione musulmana è cresciuta negli anni recenti sia per l’alta natalità che per l’immigrazione; ciascuno dei due gruppi ora conta per un 15% della popolazione di Leicester.
I musulmani “stanno differenziandosi” dice Paul Winstone, consigliere municipale arrivato a Leicester negli anni ‘60, che si è impegnato contro le prime reazioni razziste, importante testimone e guida nella trasformazione multiculturale della città.
I musulmani rivendicano una maggior quantità di fronti, come le scuole su base religiosa o la libertà di indossare i propri abiti sul lavoro, o di avere cibo halal negli ospedali cittadini, e insieme poteri politici più ampi all’interno del consiglio. Winstone sostiene che queste trasformazioni conducono alla “sensazione che gli indù potrebbero abbandonare la città: e gli indù sono stati il suo motore economico”.
Una ulteriore sfida alla equanimità di Leicester è il rischio di riemergenza dell’opposizione bianca nei confronti degli immigrati.
Nel 2002, sulla scia delle rivolte nei centri settentrionali, l’amministrazione di Leicester aveva commissionato una ricerca, che aveva rilevato inusitati e preoccupanti livelli di ostilità fra i bianchi dei quartieri operai, nei confronti dei propri vicini di diversa etnia. Ciò avveniva principalmente a causa di una percepita eccessiva generosità in termini di risorse pubbliche rivolte ai quartieri asiatici. “La minaccia principale al multiculturalismo viene dalla classe operaia bianca, perché il multiculturalismo suscita un’attenzione maggiore rispetto ai problemi dei ceti operai bianchi” dice Roberts-Thomson.
I leaders asiatici temono che il risentimento possa essere rinfocolato dalla legislazione antiterrorismo proposta dal governo britannico, pensata per schiacciare l’estremismo islamico. Fra le altre azioni, il governo propone di coinvolgere alcuni gruppi islamici, ma alcuni esponenti temono che questo spinga il pubblico britannico a considerarli come stranieri anziché inglesi.
La reputazione di Leicester di città senza conflitti non è certo migliorata quando due abitanti originari dell’Algeria sono stati arrestati e condannati nel 2003 per aver sostenuto finanziariamente Al Qaeda. Un altro è stato estradato in Francia.
Anche oggi, osservatori come Winstone notano alcuni tentativi di estremisti musulmani di città vicine – come Nottingham o Derby – di infiltrarsi nelle moschee di Leicester, “anche se sono stati malmenati e rimandati indietro” racconta.
Colls, della Leicester University, dice che secondo la sua esperienza esiste un forte bisogno dei giovani musulmani di Leicester, per insegnamenti più illuminati e di rigetto della linea dura islamista: una lezione tenuta all’università da un insegnante musulmano su questi temi, ha attirato centinaia di persone, dice.
Uno dei motivi per cui l’esperimento multiculturale di Leicester ha funzionato tanto bene nel passato, dicono gli esperti, è che molti di questi indù e musulmani sono arrivati indirettamente via Africa orientale, da paesi come Uganda o Malawi, dove le loro famiglie si erano stabilite da generazioni. Arrivati a Leicester, erano già imprenditori, urbanizzati, abituati all’amministrazione britannica.
Per contro, città inglesi come Bradford hanno accolto musulmani direttamente dalle zone rurali del Pakistan.
Ma la nuova ondata di arrivi a Leicester – somali, bosniaci, kosovari – rappresenta un nuovo tipo di immigrazione: piccoli gruppi, diversificati, là dove un tempo indù e musulmani arrivavano in massa.
Quello più numeroso al momento è dalla Somalia, paese musulmano. Più di 10.000 somali si sono trasferiti a Leicester negli scorsi due-tre anni, secondo gli amministratori. Molti venivano dall’Olanda dove, lamentano, non si riusciva a trovare lavoro e si rischiava di venir separati a causa delle rigide politiche sulla casa.
Alcuni dei somali sono lavoratori altamente specializzati e si integrano bene nella comunità economica. Ma altri si sono collocati nei quartieri più poveri della città, come le squallide strade dietro la stazione ferroviaria, destinazione abituale dei nuovi arrivati più poveri dove, secondo Winstone, alcuni si sono scontrasti violentemente con originari delle Indie Occidentali.
Secondo Roberts-Thomson, che ha lavorato insieme ai somali, molti sono ancora fortemente colpiti dalla guerra civile nel loro paese, il che rende più difficile l’integrazione.
Nella nuova, febbrile atmosfera, è iniziato un dibattito – anche qui, nella multiclturale Leicester – sul livello di assimilazione che si deve chiedere agli immigrati.
”Quando si vuole vivere in una società, quando si vuole esserne parte, si ha l’obbligo di inserirsi” dice Moghal, che indossa un impeccabile completo da uomo d’affari.
Altri, come Ibrahim Mogra, giovane musulmano e uno dei più seguiti imam di Leicester, hanno una linea più rigida, e credono che ai musulmani debba essere consentito vivere e lavorare nelle città britanniche in modi propri.
”Non voglio vivere in una Gran Bretagna dove la mia cultura è di seconda classe” dice Mogra, che riceve i visitatori della sua piccola casa a schiera in uno dei quartieri a maggioranza asiatica di Leicester indossando turbante, tunica e lunga barba fluente. “Mi sono integrato meglio che potevo. Ho fatto qualunque cosa”.
Mogra, tra i componenti del piccolo gruppo di leaders musulmani chiamati agli incontri col Primo Ministro Tony Blair dopo le bombe di luglio, crede che le imprese dovrebbero consentire l’abbigliamento islamico sul lavoro. Ma le sue opinioni non si limitano ai vestiti: definisce Blair un “tiranno oppressore” per la sua politica in Iraq ed è ugualmente aspro riguardo alla politica occidentale di blocco del programma nucleare iraniano.
Punti di vista tanto contrastanti sull’assimilazione riflettono le attuali domande ed esperimenti sul modello multiculturale nell’Europa occidentale che sta attraversando il continente.
È questione aperta, se l’esperienza degli ultimi trent’anni farà di Leicester un faro per il resto dell’Europa, o se i contraccolpi del conflitto di popoli inevitabilmente porteranno la battaglia anche in questo luogo, un tempo tranquillo.
Nota: il testo originale al sito dello International Herald Tribune ; altri testi su questioni simili, se pur forse meno drammatiche, sono stati tempo fa presentati qui su Eddyburg, e sono ora raccolti e ampliati sul numero 30 della rivista Metronomie (f.b.)