Più del manifesto col papà, la mamma, il bambino e l'embrione, è la gigantesca torta nuziale a cinque piani vestita di tulle, tre metri di altezza per uno e mezzo di larghezza, l'imperituro simbolo carnevalesco del Family Day del 12 maggio 2007. Foto di famiglia dal giorno più bello, quello in cui gli sposi convolano e tutto intorno, i parenti gli amici gli addobbi, si veste di sfarzo e ostenta quel che può come può, a costo di indebitarsi per anni e di mentire per sempre. Ma sarebbe un errore fatale ridere del carnevale, della torta, delle allegre combriccole di genitori nonni e figli convenuti dal monte e dal piano, delle magliette che danno del talebano a Prodi. La verità, meno risibile, del Family Day la restituiscono i suoi portavoce ufficiali, Savino Pezzotta e Eugenia Roccella. «Un gesto profetico di popolo», si era augurato alla vigilia lui. «Il luogo del senso comune che si contrappone ai luoghi comuni», sintetizza a festa finita lei.
I luoghi comuni contro cui la massa familista milita sono il pluralismo dei valori, la laicità dello stato, la legittimità dei diritti. Tradotti nella lingua di Piazza San Giovanni, diventano relativismo etico, confusione fra bene e male, minacce all'ordine naturale: perché, signora mia, non se ne può più di questo casino, non ci si capisce più nulla, non si sa più dov'è la verità, bisogna difendere la vita, e mica possiamo essere uguali ai gay e alle lesbiche. C'è molta omofobia a segnare il confine fra amici e nemici; ma c'è anche, e fa altrettanto schifo, un forte senso proprietario - la «mia» famiglia, guai a chi la tocca -, e una prepotente voglia di mostrare che la famiglia regolamentare, quella che c'è sempre stata e sempre ci sarà, è più forte e potente della famiglia in divenire, e sa ben presidiare il suo superiore perimetro.
Il senso comune di Piazza San Giovanni è dunque più precisamente un senso comune reazionario di massa, che si nutre delle pillole di sapienza elaborate nei piani alti delle gerarchie vaticane e teocon, divulgate nel salotto di Porta a porta e diffuse porta a porta dalle parrocchie. Ed è questo il senso comune che la politica italiana si contende appassionatamente, senza fatica in un centrodestra che ne è organicamente infarcito, al prezzo di estenuanti rotture e mediazioni in un centrosinistra che gioca a esserci o non esserci (Rutelli e D'Alema), a mettere in comunicazione l'incomunicabile (Fassino), a non regalare tanta grazia di popolo alla destra (Chiti), a ribadire il carattere privato della religione di fronte al suo inarrestabile uso pubblico (Prodi). Senza nessuna arma culturale di contrasto dell'ideologia globale teletrasmessa da Ratzinger dal Brasile, e senza avere più niente da salvare di quel 12 maggio 1974 che in Piazza Navona si tenta di rievocare.
Il «luogo del senso comune» ha parlato contro i Dico, il parlamento ascolterà, garantisce il presidente della Margherita. Il Partito democratico nasce democristiano, mentre Andreotti partecipa alla prima manifestazione della sua vita e si pente e si duole per aver firmato, secoli fa, la legge sull'aborto.