L'ineluttabilità dell'ampliamento della base militare di Vicenza è stata giustificata con un anonimo obbligo che dovrebbe derivare da un trattato internazionale, cioè da un accordo Italia-Usa per la concessione allo stato straniero di installare o ampliare basi militari. In assenza di un dibattito parlamentare da cui far scaturire i doverosi dati identificativi di questo trattato e la sua legittimità, non ci resta che ricordare che nella Costituzione vi sono norme (articoli 80, 87, 72, 73) che indicano quali siano gli organi competenti, quali siano i loro doverosi atti, quali i controlli reciproci nella procedura di formazione dei trattati relativi alla presenza di forze militari straniere.
Agli organi di governo (presidente del consiglio, ministri, plenipotenziari) è assegnata solo una competenza residuale. Possono, cioè, compiere tutta l'attività (iniziativa e conduzione della negoziazione, predisposizione e firma del progetto) che non è formalmente assegnata agli altri organi costituzionali.
Fra sottoscrizione dell'organo plenipotenziario e la ratifica del Presidente della Repubblica (il quale manifesta la volontà dello stato di stipulare il contratto e di vincolarsi) si inserisce la fase dell'esame parlamentare, che si conclude con la legge di autorizzazione, legittimante il successivo atto di ratifica. Non è da sottovalutare poi, in una democrazia rappresentativa, il ruolo di controllo riconosciuto al corpo elettorale, che, grazie al regime di pubblicità dei atti legislativi, è in grado di conoscere e di giudicare la fondamentale politica internazionale seguita dalla maggioranza parlamentare.
Dalla teoria, ora, passiamo alla pratica.Partiamo da un dato storico incontestabile, riferitoci da Sergio Marchisio: l'Italia è il paese mediterraneo con il maggior numero di basi e forze militari straniere. Secondo il rapporto predisposto dal governo americano per il Congresso,nel 1977 esistevano circa sessanta installazioni militari concesse in uso agli Stati uniti e all'Alleanza atlantica, distinte in varie categorie (quartieri generali, basi aeree, centri di informazione di basi aeree, stazioni radar del sistema Nadge, basi navali, basi terrestri, terminali di comunicazione, ripetitori radio) .
C'è da dubitare che gli accordi su queste installazioni siano inquadrabili all'interno della procedura di autorizzazione da parte del Parlamento e di ratifica da parte del Presidente della Repubblica.
A giustificazione dell'esclusione dal controllo parlamentare si sostiene che accordi di questo tipo sono strumentali rispetto ai trattati sull'Alleanza atlantica.
In forza dell'unico articolo della legge di ratifica e esecuzione del Trattato di Washington sull'Alleanza atlantica, negli accordi Italia-Stati uniti si è consolidata una procedura semplificata, in cui la sottoscrizione dei plenipotenziari perfeziona l'accordo, escludendo la fase della ratifica e esecuzione per via legislativa e la conoscibilità del suo contenuto da parte dei cittadini.
Questa argomentazione non è convincente, in quanto:
1. dal trattato non emerge in maniera esplicita alcun obbligo per i contraenti di accettare sul proprio territorio la installazione (politicamente gravosa) di basi militari straniere;
2. l'articolo 9 del trattato prevede che gli accordi di cooperazione militare devono essere applicati nei vari stati «in conformità con le rispettive procedure costituzionali»;
3. la Costituzione pone, implicitamente ma chiaramente il divieto di concludere questi trattati in una forma che ne comporti la segretezza: gli accordi militari rientrano tra quelli di natura politica per i quali l'articolo 80 prevede la stipulazione attraverso ratifica, la quale deve essere autorizzata per legge la quale, a sua volta (articolo 73 comma 3) deve essere pubblicata, unitamente al testo del trattato.
La precisa procedura prevista dalla nostra Costituzione impone che l'attuazione del trattato sia subordinato alla condizione che lo stato italiano abbia partecipato alla sua formazione attraverso gli organi investiti di questo potere...Ne deriva che un atto amministrativo (decreto del governo, decreto ministeriale e simili), emanato in esecuzione di un trattato nullo, non può che essere impugnato dall'interessato e annullato dal giudice amministrativo; inoltre deve essere disapplicato dal giudice ordinario. Il presidente del consiglio e il ministro competente sono responsabili ex art. 96 Cost. per inadempienza dell'obbligo di sottoporre al Parlamento i trattati indicati dall'art. 80.
Su questi temi il Parlamento deve pronunciarsi, rivendicando il potere-dovere che la Costituzione gli affida su un tema fondamentale per la sicurezza della nostra democrazia. Non basta la partecipazione di alcuni componenti alle manifestazioni di dissenso extra-parlamentari.