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Gianpasquale Santomassimo
L'anarchico sul colle
10 Maggio 2009
Articoli del 2009
Dopo quarant’anni le istituzioni, attraverso il presidente della Repubblica, rendono finalmente onore alla memoria di Pinelli. Su il manifesto, 10 maggio 2009 (m.p.g.)

L'anniversario dell'uccisione di Aldo Moro è diventata da qualche anno "Giorno della Memoria delle vittime del terrorismo e delle stragi", ma solo quest'anno, con l'impostazione che a essa ha voluto dare Giorgio Napolitano, è riuscita a divenire qualcosa di più che momento di retorica celebrativa, sia pure doverosa e sofferta.

La presenza contemporanea delle vedove di Calabresi e di Pinelli era di per sé gesto simbolico in direzione di un superamento di rancori e contrapposizioni, e in questo senso spingeva anche la lettera dei figli di Walter Tobagi. Ma è stata l'assunzione a pieno titolo della memoria di Pinelli tra le vittime del terrorismo che ha segnato una svolta, storica e storiografica, nell'interpretazione di quella fase drammatica della nostra storia.

"Innocente che fu vittima due volte, prima di pesantissimi infondati sospetti e poi di un'improvvisa, assurda fine", Pinelli era sempre rimasto presente nella coscienza dell'Italia civile, ma era il silenzio istituzionale che colpiva e pesava di fronte alla sua vicenda. Quella ferita è stata rimarginata dal presidente della Repubblica, che nel suo discorso ha sottolineato, in tono commosso, la necessità di "ridare e riaffermare l'onore di Pinelli", e di "rompere il silenzio" sulla sua figura. "Qui non si riapre o si rimette in questione un processo, ma si compie un gesto politico e istituzionale. Si rompe il silenzio su una ferita non separabile da quella dei 17 che persero la vita a piazza Fontana".

Quel silenzio ha pesato, e ha impedito finora che Pinelli e Calabresi venissero ricordati come vittime entrambi di una scia di sangue innescata dall'attentato di Piazza Fontana, che inaugurò un decennio torbido e sanguinoso, su cui si attende invano chiarezza completa e piena comprensione storica.

Il capo dello Stato ha sottolineato come "ricordare la strage di Piazza Fontana e con essa l'avvio di una oscura strategia della tensione significa ricordare una lunga e tormentatissima vicenda da cui non si è riusciti a far scaturire un'esauriente verità giudiziaria". "È parte dolorosa della storia italiana delle seconda metà del '900 - ha ricordato Napolitano - anche quanto è rimasto incompiuto nel cammino della verità e delle giustizia. Il nostro Stato democratico porta su di sé questo peso".

È un peso tuttora molto grave, sul piano giudiziario come su quello della memoria e della storia, e il piccolo ma importante gesto istituzionale di oggi può contribuire a riportare all'attenzione degli italiani la parte più oscura della loro storia recente, ancora avvolta dalla nebbia dell'oblio e non rischiarata da certezze tanto proclamate con clamore quanto inconsistenti sul piano dell'intelligenza degli avvenimenti.

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