Perché, e come, usare i grandi eventi come occasione, seria, di governace. Questa l’applicazione, tutta italiana, della ricerca, commissionata dall’OCSE Leed per lo sviluppo locale, effettuata da Greg Clark, consulente per lo sviluppo del sindaco di Londra e per le strategie del governo inglese. Una ricerca che se, in Europa, è stata recepita come una guida per i benefici per lo sviluppo locale dall’organizzazione dei “global events”, in Italia arriva sotto forma di un libro dal titolo che più chiaro non si può: Cosa succede in città. Olimpiadi, Expo e grandi eventi: occasioni per lo sviluppo urbano (ed.Gruppo 24 Ore).
Significativo anche chi è il curatore dell’edizione italiana del lavoro di Greg Clark: Paolo Verri, già direttore del Salone del Libro di Torino, del Piano Strategico di Torino e, oggi, direttore del Comitato per il 150° anno dell’Unità d’Italia. Un Grande Evento. Ecco, allora, che il motivo che ha spinto Verri a pubblicare in Italia un simile libro, «in un momento in cui» scrive «alla parola “grande evento” si associa perlopiù un connotato negativo», altro non è se non quello di riabilitare i “grandi eventi” rendendoli compatibili «con la nostra cultura politica, giornalistica e manageriale». Se poi andiamo a vedere chi ha finanziato, patrocinato e curato presentazione e prefazione del libro, il quadro è completo. I finanziamenti e i patrocini arrivano, infatti, direttamente dal Comitato Italia 150 e dalle Camere di Commercio di Torino e Milano. La presentazione, in realtà un elogio ex post delle Olimpiadi invernali di Torino 2006 e una chiara propaganda all’Expo di Milano 2015, è stata redatta da Alessandro Barberis, Presidente della Camera di commercio di Torino, e del suo alter ego milanese, Carlo Sangalli. Per chiudere il cerchio, la prefazione è stata curata direttamente dal sindaco di Torino, Sergio Chiamparino, che ha parlato del “caso Torino” come chiaro esempio di evento utilizzato come motore di “ri/forma” urbana. Per evitare di essere frainteso, il primo cittadino di Torino mette le cose in chiaro fin dalle prime righe della sua prefazione: «non v’è dubbio» scrive «che il momento di svolta di Torino sia stato un grande evento, anzi due: le Olimpiadi invernali del 2006 e – udite udite – la presentazione della nuova Cinquecento». Non solo. Chiamparino ci spiega come «entrambe le occasioni sono state lungamente preparate e la seconda è fortemente debitrice della prima». Quindi, la mega presentazione e l’enorme pubblicità in diretta tv su Canale 5 dalle sponde del Po della vettura di “casa Agnelli” è merito degli investimenti pubblici per le Olimpiadi invernali. Buono a sapersi, soprattutto ora che siamo in tempi di “Piano Fiat”. E siamo solo all’inizio della “grande opera” firmata Greg Clark. A far tremare i polsi, però, e a inquadrare “cosa accadrà in città”, è la proposta, che arriva nelle ultime pagine scritte da Paolo Verri, per il futuro prossimo del nostro paese, «un paese che si appresta a festeggiare i 150 anni della sua unità» e a dirlo è proprio il Direttore del Comitato Italia 150 «a ospitare l’Expo del 2015, a candidarsi per le Olimpiadi del 2010. Appuntamenti unici, da non sprecare».
Tra l’introduzione e la postfazione, ribattezzata, sempre per non lasciar spazio alle interpretazioni, “Agenda Italia: come e perché una strategia dei grandi eventi in Italia è possibile, anzi necessaria”, 196 pagine sul “Ruolo degli eventi globali a livello globale”, visto che, secondo Clark, «l’era globale sta rinnovando le domande di eventi globali». Eventi che hanno diversi vantaggi, primari e secondari in base alla finestra temporale. Uno su tutti, quello di poter essere sfruttati tanto in funzione del loro impatto sul turismo e sull’economia che, e qui è la partita italiana come spiegherà Verri nella postfazione, «come strumenti di politica di governo». Sono molti gli elementi interessanti toccati da Clark in quello che, ricordiamo, è l’esito di una ricerca commissionatagli dall’Ocse Leed per lo sviluppo locale: dal “fare in modo che diventi un’abitudine: ospitare più eventi” a quello che sembra un capitolo scritto appositamente per il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, relativo alla candidatura della Città Eterna alle Olimpiadi del 2020: “candidarsi a ospitare un evento globale senza vincere”. «La scelta di candidarsi» spiega infatti Clark «è di per sé una mossa vincente». Il motivo? Perché «la presentazione della candidatura per un evento globale incoraggia l’adozione di nuovi punti di riferimento per lo sviluppo urbano, dettando nuove regole di ingaggio». In poche parole «presentare una candidatura significa accelerare la pianificazione dello sviluppo e i progetti di trasformazione urbana». E come non vedere un nesso tra la candidatura di Roma 2020 e il primo incontro in Italia, tenutosi la scorsa settimana in Campidoglio, dell’International Business Aviation Council per discutere delle prospettive di investimento e sviluppo offerte da Roma? Non appena lanciato il Gran Premio di F1 del 2013 e la candidatura di Roma olimpica, Alemanno ha aperto le porte della città a Martin Sorell, chairman dell’Ibac, al magnate dell’editoria Rupert Murdoch, all’ad di Eni Paolo Scaroni, a Ferrovie dello Stato, Ferrari, Bulgari, Finmeccanica, Fiat, Enel, Aeroporti di Roma, Trussardi, Prada, Mediaset per le aziende battenti bandiera tricolore. Mentre, tra gli internazionali, si sono riversati a Roma i vertici di Coca Cola, Pepsi, Ibm, Colgate, Volkswagen, Goldman Sachs, Goolge… E l’elenco potrebbe continuare a lungo.
Alla fine, quindi, per Greg Clark il vero vantaggio di ospitare, o di candidarsi ad ospitare, un global event consiste nell’accelerazione degli investimenti e nell’attuare strategie locali e regionali in modo più completo e rapido. Peccato, però, che tutto questo si traduce nell’offerta di «un potenziale contributo all’incentivazione del mercato immobiliare e dell’infrastruttura delle regione». Il che, in Italia, significa cemento verticale e orizzontale. Altre costruzioni e altre autostrade.
Ma in Italia, una strategia dei global events ha un’applicazione tutta sua: quella, come spiega chiaramente Paolo Verri nella postfazione, di «motore di sviluppo e occasione (seria) di governance». Per Verri, quindi, ci sono dieci anni, dal 2011 al 2021, «per riposizionare il paese». Quello che si apre è, infatti, per il direttore del Comitato Italia 150, «un decennio dalle grandi potenzialità».
Prima grande occasione, ovviamente, Italia 150 per lanciare un piano di intervento decennale capace di coinvolgere almeno sei delle maggiori aree metropolitane del paese. «A partire dal 2011» sostiene Verri «si potrebbe lanciare in maniera sistematica la dorsale Torino – Milano – Bologna – Firenze – Roma – Napoli legata alla nuova infrastruttura dell’alta velocità ferroviaria». Eccolo il vero obiettivo di Italia 150: capitalizzare la Tav estendendola al tessuto culturale.
Quindi, nel 2013, sarà la volta di Napoli con il Forum delle Culture. Giunto alla sua quarta edizione. Dopo Barcellona 2004, Monterrey 2007, Valparaiso 2010, ecco Napoli 2013. Obiettivo: milioni di euro per la “riqualificazione” dell’area di Bagnoli. Quindi, Milano 2015: Verri si scaglia contro il budget decurtato e sul fatto che «mai dopo la candidatura è parso esserci da parte del governo nazionale un impulso forte a fare dell’Expo il centro delle politiche economiche e commerciali del paese». Per questo, è necessaria «una campagna positiva dal basso che renda partecipe tutto il mondo delle imprese italiane».
Ma a preoccupare, scampato il “rischio” Europei 2016 con una figuraccia planetaria sulla candidatura dell’Italia, sono i Grandi Eventi a venire. Quattro, per l’esattezza. Tre dei quali, esclusa la corsa di Roma per le Olimpiadi del 2020, tenuti sotto traccia fino a oggi: due nel 2019, quando una città italiana da scegliere (in lizza Bari, Matera, Rimini, Ravenna e Venezia), sarà Capitale europea della Cultura e quando ricorrerà il Cinquecentenario della morte di Leonardo; l’altro nel 2021, quando ricorreranno i 700 anni dalla morte di Dante.
Un evento, quest’ultimo, che Verri ha definito «la ciliegina sulla torta» nell’ottica di un piano strategico nazionale per i grandi eventi. Così, alla fine di un decennio, quello 2011-2021, «che porterà notevoli conseguenze negli stili di vita e nei modelli di crescita e sviluppo del nostro paese e che potrà essere costellato di grandi eventi condivisi» ci sarà da ricordare Dante Alighieri. «Dante è Firenze» scrive Verri «è la lingua italiana, è la commedia, è la chiesa, è la politica». In suo onore, quindi, «bisognerà prevedere uno sforzo supremo per ricordare questo personaggio unico nella cultura mondiale».
Purtroppo l’anniversario della sua nascita è troppo lontano (2065!) per fare in modo che il ricordo di Dante si utile allo sviluppo del piano strategico per i grandi eventi. Così, l’anniversario della sua morte casca a fagiolo per iniziare a pensare a un riassetto urbano non solo di Firenze e della Toscana, ma anche di Verona e Ravenna, le altre due città principali nella storia della vita di Dante. È così che questa rassegna di grandi eventi, possibili e organizzabili in Italia nei prossimi dieci anni, «mette in luce un’opportunità unica e irripetibile per il nostro paese»: quella di instaurare una nuova governance.