Il manifesto, 27 aprile 2016 (p.d.)
L’Europa si trova a far fronte a un’ondata di rifugiati senza precedenti nella sua storia recente e l’attuale impasse politica rischia di aggravare la situazione dei gruppi di migranti più vulnerabili, ovvero i più giovani. Oltre allo stress psicologico causato dalla separazione dalla propria famiglia, che avviene nel Paese di origine o in maniera accidentale nei luoghi di transito affollati come le frontiere o le stazioni ferroviarie, i bambini sono una categoria particolarmente a rischio di abusi in quanto vengono considerati dai trafficanti come veri e propri oggetti da smerciare sui mercati mondiali.
Secondo i dati pubblicati dall’Unhcr, l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, il 35% dei migranti arrivati nei territori dell’Unione Europea a partire dal primo gennaio 2016 è minorenne. Tra questi ci sono molti giovani che viaggiano senza un accompagnatore che si prenda cura di loro. Basti pensare che nel solo 2015 sono state oltre 85mila le richieste di asilo sporte da minorenni non accompagnati, una cifra triplicata rispetto al 2014. E se da un lato crescono in maniera esponenziale le cifre relative agli arrivi dei rifugiati in Europa, dall’altro aumenta anche il ricavo delle organizzazioni criminali specializzate nelle tratta di esseri umani.
L’Europol stima che il traffico di migranti clandestini abbia fruttato tra i 3 e i 6 miliardi di euro nel solo 2015. Un profitto destinato a «raddoppiare o a triplicare se la crisi dovesse proseguire nel 2016», veniva scritto in un rapporto ufficiale Europol pubblicato pochi mesi fa.
Un giro di vite contro gli scafisti e i criminali che gestiscono in maniera illegale i flussi di migranti è fondamentale, ha affermato davanti agli eurodeputati Dietrich Neumann, responsabile dei servizi corporate dell’Europol, poiché le organizzazioni che portano i migranti in Europa sono le stesse responsabili per la tratta degli esseri umani nei territori Ue. Nel database dell’agenzia finalizzata a combattere il crimine all’interno dell’Unione Europea ci sono oltre 40mila sospetti, di 100 nazionalità diverse. Tuttavia, le risorse attuali non bastano per combattere quello che, dati alla mano, è il mercato criminale con la maggiore crescita in Europa.
Non esiste ancora una proposta legislativa a livello comunitario per tentare di arginare questo fenomeno. L’incontro di giovedì scorso è servito anche a sondare il terreno per quanto riguarda le misure che possono essere adottate. Il democristiano olandese Jeroen Lenaers ha proposto di iniziare a registrare in maniera sistematica anche i migranti al di sotto dei 14 anni, cosa che al momento non avviene in Europa. Secondo Lenaers, in questo modo si eviterebbe che i minori possano scomparire del tutto dai radar dei Paesi membri dell’Ue.
Diverso invece l’approccio di Barbara Spinelli che ha puntato il dito contro i governi responsabili di trattamenti disumani nei confronti dei migranti, fattore che spinge sempre più giovani a una fuga disperata dai centri di accoglienza. In particolare, secondo Spinelli, la mancanza di cibo distribuito ai bambini è uno dei dati più preoccupanti. «A Chios a bambini di 6 mesi vengono dati 100 millilitri di latte al giorno» ha spiegato Spinelli, chiedendosi «se non sia il caso di considerare la riduzione drastica del latte dato a un neonato come una forma di tortura perseguibile come tale».
Anche Laura Ferrara, eurodeputata del Movimento 5 Stelle, ha espresso un parere critico nei confronti delle condizioni di vita nei centri di accoglienza per migranti. Secondo Ferrara, la mancanza di tutori volontari e la conseguente nomina del gestore del centro stesso come tutore temporaneo delinea un chiaro conflitto di interessi. D’altro canto, riferisce l’eurodeputata pentastellata, ci sono casi in cui un singolo tutore volontario è responsabile allo stesso tempo per 70 minori non accompagnati, il che rende «umanamente impossibile» riuscire a seguire con la dovuta attenzione ogni bambino.
Secondo numerose Ong che lavorano in questo campo, la creazione di una normativa europea comune servirebbe a permettere la condivisione delle informazioni riguardanti i minori scomparsi, consentendo dunque di allargare la ricerca di un giovane migrante scomparso a più Paesi.
Al momento invece la risoluzione del problema grava sui singoli governi, che raramente scelgono di unire i loro sforzi. Ad oggi, quindi, la certezza è una sola: l’Europa non è in grado di dire cosa sia successo a queste migliaia di bambini scomparsi sul suo territorio.