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“Non c’è niente di più misterioso o di più bello di un muro. Già me lo vedo; laggiù nel prato, che si erge come un’immane barriera contro il tempo”, La musica del caso, 1990, Paul Auster.
1. Nel recente incontro tra Papa Francesco e Angela Merkel è emersa “sintonia sulla necessità di abbattere i muri”. Non è stato detto a quali, dei tanti muri già eretti o in corso di costruzione, l’auspicio si riferisca, ma è poco probabile si tratti di quello tra la Turchia e la Siria, ormai quasi completato. La gigantesca opera, che si estende lungo cinquecento cinquanta sei dei novecento undici chilometri della linea di confine, consiste in una serie di blocchi di calcestruzzo alti tre metri, larghi due e del peso di quattordici tonnellate ciascuno, sovrastati da sessanta centimetri di filo spinato e con sessanta sette torri di avvistamento.
I lavori sono iniziati nel 2014, in seguito alle pressanti richieste degli Stati Uniti e dell’Europa di chiudere la “frontiera porosa” e impedire il passaggio di estremisti e terroristi. L’allora presidente Obama aveva più volte ammonito la Turchia a fare di più per “sigillare” il confine ed ora, a sancire la complicità con l’occidente, il governo turco orgoglioso per lo stato di avanzamento del muro può dichiarare “siamo nella stessa barca con i nostri alleati, stiamo facendo del nostro meglio”. E del loro meglio si accingono a fare anche lungo i confini con l’Iran e con l’Iraq dove è stata avviata la costruzione di altri due muri, rispettivamente di settanta e novantadue chilometri.
2. I muri, che provocano sofferenza e morte per migliaia di esseri umani, sono anche grandi infrastrutture e, come tutte le grandi opere, procurano enormi profitti alle imprese che le costruiscono. I progetti dei muri turchi, coordinati dai ministeri della difesa e delle finanze, sono stati affidati a TOKI, la società di proprietà dello stato, fondata trent’anni fa per costruire case popolari e che si è espansa fino a controllare l’intero settore dell’edilizia e dell’urbanistica. Presieduta da Ergun Turan, fedelissimo di Erdogan, e posta sotto il personale controllo del primo ministro, è diventata uno dei cardini su cui si regge il regime. Ufficialmente è un ente senza scopo di lucro ma, avendo la facoltà di espropriare terreni e proprietà pubbliche e private e di cambiarne le destinazioni, ad esempio trasformando un parco in centro commerciale (come è successo a Gezi park) o distruggendo le città abitate dai curdi per rinnovarle e renderle “attraenti al turismo internazionale” (come ha fatto a Diyarbakir) il suo potere è enorme. Secondo gli oppositori, l’intoccabilità di Toki, che non è stata scalfita nemmeno dai pur numerosi scandali e accuse di corruzione, deriva dal fatto che gira i suoi profitti al governo e ai suoi amici.
3. Un muro non è una linea sulla carta, un segno topografico come dicono gli architetti, ma un manufatto tridimensionale che riconfigurando i rapporti tra chi sta da una parte e dall’altra e le loro condizioni di vita, cambia la geografia e la storia del territorio al quale viene imposto. L’intenzione della Turchia di occupare la parte settentrionale della Siria è nota da tempo e, secondo molti osservatori, di fatto il muro ha già spostato il confine. Meno attenzione, invece, è stata data ai progetti di sviluppo immobiliare di Erdogan, la cui visione per la regione, una volta “ripulita dai terroristi jihadisti e curdi”, è di costruirvi una città nuova. “Possiamo farlo in meno di un anno”, ha detto, “siamo esperti in costruzioni e infrastrutture, quello di cui abbiamo bisogno è solo un flusso costante di investimenti”. … Con un linguaggio che abilmente maschera con la retorica dell’intervento umanitario il furto della terra e i relativi grandi affari, ha concluso “oltre a case adatte alla locale tradizione architettonica, costruiremo scuole ed ospedali e così elimineremo il trauma psicologico della popolazione….. bisogna avviare una campagna internazionale per la raccolta dei fondi e poi noi siamo