München, 12 settembre 2005 - Caro Eddy, un altro grande vecchio se n'è andato. Pochi sapevano che a Venezia, in Dorsoduro 3420, ha vissuto per anni e anni uno dei piu famosi giornalisti tedeschi del dopoguerra. Per noi giovani lettori o giornalisti della sinistra di '68 era quasi un mito perchè rappresentava l'altra Germania anti-fascista, liberale nella traduzione democratica di Weimar. Da anni è stato dimenticato in Germania purtroppo anche nel mondo cosiddetto liberale e democratico. Il necrologio che segue non ho scritto io ma il Professore Luigi Reitani da Udine. Susanna Boehme, la consorte di Kuby, scrive spesso per riviste tedesche di stampa sinistra ma anche, raramente, per il manifesto. Anche lei è una grande esperte della cultura democratica di Weimar.
Saluti da Monaco,
"È morto a Venezia all'età di 95 anni il giornalista e scrittore tedesco Erich Kuby. Nato a Baden-Baden, Kuby aveva raggiunto una notorietà internazionale nel 1958 con il romanzo Rosemarie (pubblicato in Italia da Einaudi) che, ispirandosi a un fatto di cronaca, l'assassinio di una prostituta a Francoforte, denunciava la doppia morale tedesca nell'epoca del miracolo economico. Collaboratore dello Spiegel, della Süddeutsche Zeitung e dello Stern, aveva più volte attaccato i tabù della Repubblica Federale Tedesca. Heinrich Böll lo aveva definito "uno che tira i sassi in piccionaia senza mai fallire il bersaglio". Molti dei suoi volumi erano stati pubblicati anche in italiano. Alla seconda guerra mondiale e all'Italia aveva dedicato uno dei suoi libri più discussi, Il tradimento tedesco (Rizzoli, 1983), in cui documentava per la prima volta in modo sistematico le deportazioni dei militari italiani in Germania e la violazione da parte tedesca degli accordi con l'Italia."
Ricordo bene Erich Kuby. Rosemarie fu decisivo per noi per comprendere in che modo il dopoguerra stava corrompendo la società europea. Come capita ai giornalisti intelligenti, sensibili e colti Kuby aveva colto, nel microcosmo della società tedesca di quegli anni, le tendenze della fase “opulenta” del capitalismo, anticipando analisi più esperte ed avvenimenti che fecero epoca.