Carissimo, sperando che tu non sia in vacanza in capo al mondo, mi piacerebbe avere un tuo parere su quanto sta accadendo a Bologna in fatto di traffico. Come probabimente qualcuno ti avrà già detto, la giunta Cofferati ha annunciato - e aspettiamo materialmente l'ordinanza - l'intenzione di aprire tutti i sabati dell'anno e per il periodo natalizio il centro storico alla circolazione privata. In quei giorni il sistema di rilevazione elettronica Sirio verrà spento e la ZTL dovrebbe essere sospesa. Favorevoli sono i commercianti, contrari ambientalisti, comitati antismog, qualche presidente e consigliere di quartiere. Contraddittorie sono le posizioni dei partiti:
- Rifondazione ha in giunta l'assessore alla mobilità, ossia il responsabile politico della cosa, ma come partito sembrerebbe dissociarsi;
- I verdi locali, presi in contraddizioni interne ormai note fra il partito e l'assessore in quota, sono usciti dall'ambiguità grazie ad un'esplicita dichiarazione del segretario nazionale Pecoraro Scanio che, stando alla stampa, ha subordinato l'appoggio ad altri provvedimenti e documenti a un passo indietro dell'amministrazione sul problema Sirio, ma niente su un eventuale ritiro dell'assessore;
- i DS, anche perché sono tanti, hanno rappresentanze in entrambi gli schieramenti, ma Cofferati non si tocca, specialmente adesso dopo le bombe;
- la Margherita ha esponenti ecologisti, come il consigliere provinciale Andrea De Pasquale (Compagnia dei Celestini), il quale si è esposto con l'ardita proposta di intasare il centro con un uso tattico delle automobili.
La mia sensazione è di "1 a 0" per loro.
Ieri sera, parlando velocemente con amici, , ci siamo detti che probabilmente l'unica strada, a questo punto, è un referendum. Un altro referendum, perché quello dell''84 è ormai impraticabile come rivendicazione.
Ti scrivo per sentire cosa ne pensi e, nel caso, cosa consiglieresti.
A seguire il testo che ho messo sul forum dei comitati. Saluti cari
Intanto, eddyburg.it è attivo anche quanto sono in giro. Per i lettori non bolognesi Sirio, detto anche Vigile elettronico, è un rigoroso sistema di controllo della zona a traffico limitato, deliberata e attivata dalla Giunta Vitali nel lontano 1994, sospeso dopo pochi mesi e riattivato solo nel corso del 2005. Interessa tutto il centro storico della città, che in tal modo ci si proporrebbe di restituire alla civiltà e all’urbanità. Cofferati si era impegnato, nel su programma elettorale, a ripristinarlo. Adesso, sulla base di una trattativa esclusiva con i commercianti, la giunta ha deciso di sospenderlo di nuovo (per un giorno alla settimana e per le festività). Del tutto comprensibile l’irritazione dei cittadini che, come protestano per la decisione in sè, per il mancato rispetto della parola data, per il peso esclusivo dato dalla giunta Cofferati ai poteri forti.
Caro Carlo, ogni giorno di più mi convinco che il berlusconismo sia un avversario meno pericoloso di Berlusconi solo perchè è diffuso, e non concentrato nei luoghi centrali del potere. Chiedere un nuovo referendum (dopo quello dell’84 che riguardava, se ben ricordo, la vivibilità del centro storico) a mio parere è utile soprattutto come mobilitazione di una coscienza civile capace di opporsi ai sempre più gravi (anche perchè reiterati) cedimenti a derive che è davvero difficile non definire antipopolari, antidemocratiche e francamente reazionarie. Torniamo agli anni di Guazzaloca, o addirittura molto molto più indietro?
Lettera di a Forum
“Aria Incondizionata”
Mercoledì 2, nella sala messa a disposizione da Legambiente io c'ero; seduto in fondo, ma c'ero; zitto, ma c'ero. Non è che volessi nascondermi, anche se negli ultimi tempi preferisco - per qualche ragione che fatico a spiegare anche a me stesso - i luoghi virtuali della rete a quelli reali - ma che triste realtà! - della politica cittadina.
Il fatto è che la decisione della Giunta di aprire per un giorno settimanale e per il periodo natalizio il centro storico di Bologna al traffico automobilistico mi ha lasciato interdetto e spiazzato. Sapete, ci sono cose, nel mondo in cui finora ho vissuto, il cui sviluppo mi pare abbia seguito linee tendenti all'evoluzione e al progresso. Un tempo a scuola ci andavano in pochi; oggi ci vanno tutti. Un tempo le donne erano relegate in ruoli specifici ed emarginate dai luoghi che “contano”; oggi il discorso vale ancora, ma molte cose si sono mosse. Un tempo si parlava di salute soltanto quando uno si sentiva male e ricorreva alla medicina curativa; oggi il concetto di salute abbraccia molti più aspetti della nostra vita e la nostra più evoluta sensibilità ci porta a pensare anche in termini di prevenzione. E così via.
Per questo non riesco neppure ad immaginare che un governo adotti provvedimenti per limitare l'accesso a scuola. Per questo non riuscivo a pensare che si potesse intraprendere qualcosa per emarginare le donne dalla politica fino a che in Parlamento si è vista l'ignobile farsa delle quote rosa. Per questo, malgrado i tanti passi indietro già visti, non riesco a immaginare autorità che riducano drasticamente il diritto alla salute dei cittadini.
Ma ecco il punto. Quando ti si è ficcata in testa l'idea che ciò che abbiamo in qualche modo conquistato non ci verrà più tolto perché si tratta di diritti che la società ha maturato in quanto tale, se qualcuno all'improvviso ti fa lo sgambetto e il giorno dopo ti ritrovi con un diritto in meno quando proprio non te l'aspettavi, capisco che la reazione può risultare fiacca o scomposta. Chi l'avrebbe detto? Già: nessuno lo avrebbe detto ma qualcuno lo ha fatto. E adesso?
Tempo fa, in un articolo che analizzava il modo di fare di Berlusconi, trovavo descritti i meccanismi di gestione del tavolo delle trattative. Si tratta e si tratta in modo da arrivare a certe mediazioni. Ma un attimo prima della conclusione formale, si fa saltare il tavolo per riprendere a mediare da quel punto in avanti, o indietro a seconda.
Siamo a Bologna, dove nel 1984 si tenne un referendum per decidere se chiudere o no il centro storico della città al traffico privato. Il risultato fu netto e chiaro a favore della chiusura e in tutta Italia, dove si guarda sempre a Bologna come all'avanguardia, ci si convinse che il centro storico di Bologna era ormai sgombro dalle auto. Bisogna aver vissuto qui per sapere che, se in effetti più di uno ha preso la multa per essere entrato abusivamente, l'impressione di chi camminava a piedi sotto i portici non è mai stata quella di una città senza auto. A Modena e a Ferrara le cose sono state diverse.
Tra gli anni '80 e i '90 il centro storico di Bologna ha mutato parecchio la sua conformazione. A partire dalle iniziative per il suo IX centenario, l'università ha sviluppato un'azione di conquista edilizia e di popolamento studentesco. Attività economiche ad alto indice di accumulazione come banche e assicurazioni le hanno fatto concorrenza sia nell'accaparramento immobiliare, sia nella scelta di installarvi direzioni e rappresentanze di prestigio. E come corrispettivo, molti privati cittadini hanno portato la loro residenza nella fascia esterna della città o nei comuni dell'interland.
Solo dieci anni dopo, la possibilità di attuare praticamente la decisione referendaria presa nei termini di dieci anni prima era diventata impossibile. Ma chi aveva lavorato perché diventasse impossibile? Chi non aveva avuto, politicamente parlando, l'energia necessaria per inibire certe tendenze? Nel mondo della politica cittadina ci sono ancora sedie occupate da persone che sarebbero in grado di rispondere a questa domanda perché quella volta c'erano e non ce l'hanno mai raccontata tutta.
Giorgio Guazzaloca, generato politicamente dal fallimento altrui più che da meriti propri, di una cosa può in effetti andare fiero: aver ridato verginità ad un personale politico di sinistra, facendogli fare un temporaneo giro sui banchi dell'opposizione. Ma poi, dopo cinque anni, scacco si è aggiunto a scacco e a fare il dopoguerra sono gli stessi che hanno fatto la guerra, come direbbe Totò.
Io me la dormicchiavo, fidando nell'inesorabilità del progresso e forse anche voi, visto che nel primo anno di amministrazione cofferatiana ci siamo fatti smentire un dopo l'altro diversi punti programmatici con cui la sinistra ha vinto le elezioni. Mi verrebbe da citare un famoso film di Tognazzi, ma temo che la provocazione risulterebbe eccessiva.
Sta di fatto che la vicenda Sirio s'inquadra in questo scenario. E' accaduta proprio perché non ce la saremmo aspettata. Vero, erano mesi che le associazioni degli esercenti lavoravano ai fianchi: vedi l'insistente richiesta di spegnere il vigile elettronico alle 18. Ma Sirio era una bandiera e una bandiera o la si tiene in alto o la si lascia cadere: non ha senso tenerla terra terra, e quando è a mezz'asta non è buon segno. Beh, qualcuno ha approfittato di un attimo di distrazione e ha sostituito la bandiera della salute e della vivibilità di tutti con quella del profitto di qualcuno.
Qualche segno premonitore in realtà lo si sarebbe potuto cogliere, ma non mi va di entrare in un discorso che potrebbe apparire recriminatorio e poco costruttivo.
Oggi, checché si dica o checché si faccia a contrasto dell'annunciato e contestato provvedimento, qualche uovo si è rotto e in ogni caso, anche se comitati e altre forze otterranno qualche passo indietro, non ci sarà mai un "sorry", un "pardon" della Giunta e conseguente ritiro del provvedimento senza reazioni dei commercianti e di altre forze.
E allora? Partita persa? Questa partita sì, a mio avviso, anche se è giusto e corretto giocarla fino alla fine. Ma questa partita non è l'ultima e bisogna vedere qual è la prossima e chi la indice.
E qui la mia modestissima proposta dell'oggetto. Ci sono in giro "nostalgici", tra cui io stesso mi annovero, che si rifanno sempre al ricordato referendum dell''84 e qualcuno - non ricordo bene chi - si è spinto a dire che bisogna chiederne finalmente l'attuazione. Ottima intenzione; peccato che, come ho detto, oramai quel risultato può apparire anacronistico, data la mutata composizione della città. E tuttavia questa trasformazione non può essere un alibi o per non fare o per governare per colpi di mano e al di fuori di una politica partecipata.
A mio avviso, la cosa da fare oggi è promuovere un “nuovo referendum”, il cui quesito non sono certo in grado di formulare in questo momento, per la semplice ragione che esso dovrà scaturire da un'idea generale di città da porre all'attenzione dei cittadini.
Se un tale referendum si riuscisse a farlo entro il 2006 o primissimi mesi del 2007, l'amministrazione Cofferati avrebbe, andando fino al 2009, tutto il tempo per dimostrare in pratica la volontà di rispettare il desiderio dei cittadini democraticamente espresso e in caso contrario anche su questo essa si giocherebbe la permanenza a palazzo D'Accursio.
Parlandone informalmente con amici, qualcuno pessimisticamente riteneva che un siffatto referendum lo si potrebbe anche perdere. Ma qui sta un altro punto: che senso ha quando il non perdere significa anche non vincere? Perché mai io non devo riuscire a farmi dire una parola definitiva su come sarà la mia città finché ci resterò? Se un referendum così lo si perde, questo significa che gli esseri viventi che mi circondano hanno scelto la barbarie. E allora a che mi serve nascondere la testa sotto la sabbia?
Augurandomi di avervi acceso una piccola lampadina, vi saluto
Carlo