Tra i buoni segnali, annoveriamo senz’altro la più recente edizione della proposta di legge per il governo del territorio (prima firmataria l’on. Raffaella Mariani). In essa – come abbiamo già osservato – accanto a qualche residuo del linguaggio dell’immobiliarismo neoliberista ereditato dalla precedente legislatura e dalle posizioni culturali allora egemoni (da Berlusconi all’INU) abbiamo ritrovato quasi tutte le formulazioni della proposta degli “Amici di eddyburg”, fatta propria da Rifondazione comunista e da altri esponenti della sinistra (pdl on. Migliore e sen. Sodano), soprattutto, ma non solo, in materia di contrasto al consumo di suolo e di tutela delle aree rurali.
Ma quanti segnali di direzione opposta! Alla tenace resistenza della maggioranza dei ministri ad abbandonare la logica delle Grandi opere (si è lasciato cadere solo il poco difendibile Ponte sullo Stretto) risponde nelle regioni e nelle città un coro di iniziative, promosse e sostenute da governanti del centro-sinistra, che meriterebbero un’amplissima distribuzione di Premi Attila. Il premio più consistente spetterebbe probabilmente (ma la gara è aperta) al presidente del Friuli - Venezia Giulia (che avrebbe il dovere morale di dividerlo con alcuni suoi più attivi collaboratori). Non solo per la pessima legge urbanistica da poco approvata (si leggano in proposito le spietate critiche di Luigi Scano) ma anche per le innumerevoli iniziative, emblematiche del nuovo corso che l’ex sindaco di Trieste ha impresso a una regione che è stata sede, in tempi lontani, di coraggiose sperimentazioni.
Ci riferiamo in particolare all’ultima della serie: il nuovo grande cementificio sul margine delle Laguna di Grado e Marano, a Torviscosa. Una proposta decisamente contrastata non solo dalle associazioni ambientaliste, ma dai comuni più direttamente interessati e dai sindacati dei lavoratori (i quali sempre più spesso rifiutano il ricatto occupazione contro ambiente). La tenacia con la quale l’establishment regionale difende il devastante progetto ha condotto a una spaccatura aperta all’interno stesso della maggioranza e a un conflitto tra Esecutivo e Legislativo. Un autorevole esponente dei DS, capogruppo in Consiglio regionale, ha criticato pesantemente l’iniziativa di Illy, e la commissione consiliare ha sollevato obiezioni tutt’altro che marginali.
In una delle sue sortite a difesa e giustificazione della scelta Illy ha lasciato chiaramente comprendere che i diversi momenti della sua politica del territorio sono tasselli organicamente legati d’una medesima strategia: serve produrre più cemento per realizzare le numerose nuove infrastrutture che dovranno continuare a invadere i delicati territori del Carso giuliano e di quello friulano, a devastare i residui ecosistemi, a rendere più precarie le condizioni delle falde idriche e dei corsi d’acqua.
Ma quanti piccoli e grandi Illy comandano ancora nelle regioni e nelle città del Malpaese? Per far sì che le promesse contenute nelle leggi per il governo del territorio producano fatti occorre davvero grande determinazione, in quelle aree del centro e della sinistra che ancora credono che il territorio, il paesaggio, l’ambiente siano beni da preservare nelle loro risorse e nella loro qualità, e che lo sviluppo non consista nell’aggiungere cemento e asfalto a quelli già ridondanti che il secolo scorso ci ha lasciato. La speranza è che non manchino loro né determinazione né ricerca dell’unità, nel Parlamento e nel popolo.