Con la mia comunicazione 11.04.05. sollecitavo il dibattito dottrinale come strategia per contestare e contrastare la legge Lupi, e in genere l’offensiva in atto da tempo contro l’urbanistica. Leggo ora il tuo commento, e penso che tu hai buone ragioni per dubitare della effettiva possibilità di un dibattito razionale, ordinato, costruttivo, per mancanza, se non altro, della necessaria forza organizzativa. Però hai ragione anche quando dici che “tuttavia il dibattito c’è”. Ne dà prova Vezio De Lucia, il quale ritorna sul tema del rapporto urbanistica/tutela e denuncia la “separazione dannosa” tra questi termini (le due colonne che dovrebbero reggere il governo del territorio) e con molta obbiettività ne riconosce le cause da parte sia della stessa tutela, ossia le associazioni ambientaliste ( con esclusione di Italia Nostra) attente più agli effetti che alle cause, sia da parte dell’urbanistica che, rinunciando alla tutela, avrebbe spianato la strada alla legge Lupi. Mi sembra che quest’ultima considerazione offra a noi urbanisti un ottimo tema di dibattito e approfondimento dottrinale
Una prima causa è denunciata dallo stesso Vezio , quando dice che l’urbanistica, più o meno consapevolmente pensa di doversi occupare solo di cemento e asfalto, (e direi che questa è una concezione restrittivamente e banalmente edilizia dell’urbanistica, originata e spiegabile col fatto che il suo esercizio è prevalentemente nelle mani degli architetti e ingegneri). Ma se approfondiamo un poco l’analisi (e magari ne facciamo materia di dibattito tra noi) potremo scoprire che una seconda e più radicale causa (probabilmente della medesima origine professionale) sta specifica nella concezione della pianificazione urbanistica come attività essenzialmente di progetto (non importa se di cemento o di verde). Ora, va invece riconosciuto che quello del progetto è sicuramente un momento della pianificazione, ma che altrettanto lo è quello dell’analisi, ossia della conoscenza della realtà sulla quale si va ad operare, che è una realtà data e condizionata, non inventata più o meno liberamente. Il che è tanto più vero, quando ci si prefiggere, come ora, più il recupero dell’esistente che la creazione del nuovo. In definitiva bisogna ammettere (e mettere in pratica) che analisi e progetto sono due momenti ambedue necessari e costitutivi della pianificazione, e si implicano reciprocamente. Detto tra parentesi, mi sembra che questo sia il senso più pregnante del concetto di pianificazione continua, come di una successione di momenti analitici e progettuali alternati
Ammessa questa concezione della pianificazione urbanistica, è facile e naturale riconoscere la tutela quale sbocco immediato dell’analisi, così come la trasformazione lo è del progetto. E si capisce anche la distinzione, proposta a suo tempo, tra vincoli ricognitivi e vincoli funzionali in materia urbanistica. Quando sono chiari i concetti, tutto si tiene meglio. La tutela mon è solo e non tanto una possibilità e opportunità della pianificazione; ma ne è un elemento naturale e necessario: non le si aggiunge semplicemente, ma interferisce con essa, sia pure in misura variabile, secondo il contesto ambientale. Questo dovrebbero sapere coloro che fanno le leggi (e chi ne è garante) nel nostro Paese, ricchissimo di valori da tutelare. Penso anche che agli urbanisti spetti di approfondire e chiarire sempre meglio cose di questo genere.