Sapete di che parlo: Gangnam Style è quello stupido brano techno sudcoreano su questo quartiere alla moda di Seul. Una faccenda oscena assai: un uomo grassoccio di mezz'età che pare inneggiare alla ragazza che – suprema fantasia maschilista – di giorno fa la vita composta e di virtù, ma di notte diventa calda, slega i cappelli – si trasforma in ragazza-Gangnam.
Come ha fatto una spazzatura del genere a diffondersi a fenomeno globale? Come accade che una roba, iniziata come uno stupido brano, viene poi avvolta da un'aura quasi sacrale e cattura folle immense, stadi interi al ritmo di Gangnam e Youtube con il botto di un miliardo e mezzo (un miliardo e mezzo!) di hit?
Come spiega Slavoj Žižek, è un bel esempio dell'odierna meccanica dell'ideologia, e la ragione è che il tutto è spudoratamente autoironico: è così ridicolo ed osceno che chi inscena la danza Gangnam Style ovviamente crede, pensa e fa capire di farlo solo per prendersi un po' in giro, che si metta a ballarlo per strada, in discoteca, o alle inaugurazioni presidenziali.
E precisamente qui sta il punto: puoi prenderlo e prenderti in giro, sai (credi di sapere) che non è da prendere sul serio, eppure ti cattura lo stesso, ti entra in testa, lo canticchi e lo balli, funziona. Funziona quando prende in giro sé stesso, o meglio: funziona precisamente perché si prende in giro. È efficace perché il nostro grado di cinismo è tale che per essere catturati ci serve quest'alibi, questa scappatoia del distacco dell'autoironia: "so bene che ballare è da idioti; sì sto ballando Gangnam Style, però qui ballo (posso sempre dire e dirmi) per scherzo e non per davvero", e intanto funziona, lo ballo per davvero.
E così pure in politica, il regnante cinismo, quasi nichilismo, popolare rende impraticabili e non-credibili (nel senso stretto della possibilità di "credere") le ideologie convenzionali "crude e pure", anche se fossero zeppe di ragioni da vendere. Per acquiescere (o ingannare) quel cinismo, e dunque per diffondersi, esse devono invece già in sé prevedere la possibilità di quel distacco, quell'autoironia, per funzionare devono poter prendere in giro la loro stessa ideologia, e così però nel medesimo tempo catturare e funzionare lo stesso, come ideologie.
Il fenomeno del Movimento 5 Stelle è una rivoluzione Gangnam Style in questo preciso senso.
Partiamo da alcuni fondamentali, prima di tutto questo: non si capisce come diavolo nelle nostre democrazie televisive e mass-mediatiche possa esistere una politica non populista. (E non è necessariamente un male, dopotutto, "populismo" potrebbe essere un termine da recuperare: almeno nella l'accezione politica americana esso ha saputo avanzare l'agenda progressista, a sostegno dei diritti e degli interessi economici dei lavoratori e dei piccoli coltivatori contro quelli del grande capitale, specie dai due Roosevelt in poi.)
Qui il comico serve allo scopo alla perfezione. In un suo comizio, tutto ciò che dice Grillo funziona perché può essere preso sul serio e allo stesso tempo sul faceto. Anzi, in perfetto Gangnam Style, è serio precisamente quando è faceto. Questo doppio gioco è peraltro l'impeccabile soluzione al dilemma di ogni politico a caccia del consenso popolare: come sovraesporsi senza sovradefinirsi: "devo essere in vista il più possibile, ma se mi sovraespongo rischio di far capire con sempre maggiore precisione le mie posizioni politiche, anche su temi controversi: tasse, IMU patrimoniale, matrimoni gay, … E così chi non è d'accordo con me non mi voterà."
Entra il comico: una perfetta macchina della libido politica: dice quel che gli pare e le persone si scelgono à là carte che cosa prendere sul serio e che cosa invece per battuta, proiettando su Grillo i loro desideri. Un altro esempio di un'altra caratteristica della moderna meccanica dell'ideologia, Gangnam Style.
La mossa è questa, ragiona Grillo&C.: è da idioti autodefinirsi, specie di "sinistra" se la parola ha un gigantesco problema di public relations, e non solo perché c'è in Italia ancora chi per sensibilità sociale è di sinistra, ma non la voterebbe mai perché "sono tutti comunisti" (un retaggio del voto di appartenenza che continua a sopravvivere come ha sempre sopravvissuto, tramandandosi da generazione a generazione – chiedere ai markettari di Berlusconi per credere!). Quindi, ragiona il nostro, piuttosto che sbattere la testa contro il muro, la mossa migliore – e populisterrima – per avanzare l'agenda politica è rifiutare di autodefinirsi. (Tant'è, la destra in giro per il mondo usa questo trucco da decenni.)
Ma leggiamo per un momento al valor facciale quest'agenda politica del M5S. Oppa!, non ditelo in giro, ma a me pare l'unico programma con una dignitosa dose di radicalità, quasi un ritorno alla radice etimologica del "comunismo": avere cose in comune, difesa dei beni comuni.
OK, non è strettamente un programma comunista (non si chiede ad esempio l'abolizione della proprietà privata sui mezzi di produzione), e per risolvergli il problema di PR chiamiamola invece un'agenda "commonista" (dall'inglese commons, beni comuni): che cos'è la richiesta del reddito incondizionato di cittadinanza se non l'idea che almeno una parte del prodotto sociale sia un bene comune che si può usare per avanzare le libertà reali per tutti? che cos'è la battaglia contro l'attuale sistema di brevetti e copyright se non l'idea che la conoscenza sia un bene comune (e perbacco, sono gli unici che ospitano interventi di Richard Stallman!), che cos'è la strenua difesa dell'ambiente e del paesaggio se non l'idea che il valore di questi vada oltre al profitto che potrebbero rendere? e la lotta alle lobby e al potere del capitalismo finanziario? o robette come la statalizzazione delle dorsali telematiche? Ma insomma, varrebbe la pena chiamarli rivoluzionari anche solo per il fatto di essere l'unica forza parlamentare che in chiaro e tondo scrive nel suo programma "abolizione della legge Gelmini" sull'università.
Ma non è tanto il programma, il vero spettacolo è che senza che quasi nessuno se ne accorgesse, Grillo è riuscito con questo programma a farsi votare da quasi un terzo degli italiani: oppa oppa Gangnam Style! E c'è di più: i parlamentari M5S paiono testardamente ostinati a volerlo realizzare (e perciò chi gliela fa a fare a sostenere un governo Bersani?).
In questo sta un'importante differenza tra il M5S e la Syriza in Grecia. La povera Syriza si autodichiara di sinistra e così si fa accerchiare in quell'angolo lì senza tante possibilità di crescere più elettoralmente, mentre Grillo, per non dirsi né di destra né di sinistra ma con una piattaforma politica simile, può invece crescere ad libitum; arrivare, come dice, al 100%, ovviamente Gangnam Style.
Gli è che Syriza non sa ballare Gangnam Style. Ma c'è una cosa che li accomuna: se prendessero il potere, Syriza in Grecia e M5S in Italia, state certi che gli austeriani europei darebbero vendetta senza pietà orchestrando per i due paesi una punizione esemplare.
Potevano mai le nostre varietà domestiche di teorici della rivoluzione cogliere che si trattasse di una rivoluzione? Qui il gioco è facile: ovviamente no, per due semplici motivi.
Due, a rivoluzione fallita, sono bravissimi a spiegarti le ineluttabili ragioni del suo fallimento. E questa expertise li rende oltremodo choosy: quando c'è l'hanno una sotto il naso fanno gli schizzinosi, non c'è verso che qualcosa gli vada a genio, e ti spiegano con docenza e perizia perché questa non è né può essere una vera rivoluzione e che cosa le manca perché lo sia: che il leader è un autocrata, che manca un chiaro programma, che il popolo non è pronto (oppure, secondo una scuola molto avanzata, che il popolo è poco istituito o semplicemente rincoglionito), che questa o quest'altra cosa.
Era inevitabile che si perdessero la rivoluzione Gangnam Style.
Peraltro, su quest'ultima linea di obiezioni, ultimamente circolano due memi. Il primo non merita attenzioni perché conferma solo la ferrea validità della legge di Godwin (in Latino da canile nota anche come reductio ad Hitlerum). L'altro meme è che il M5S non è "democratico". Su questo, senza scomodare l'antico dibattito sulla legge dell'oligarchia di Robert Michels, avrei due brevissimi appunti da offrire. Primo: ho visto invece parlamentari di M5S riunirsi e discutere, come non ho visto altrove, e mi pare una bella cosa. Secondo appunto: non fosse democratico, e allora? Che obiezione idiota, qualcuno ha forse mai sostenuto che una rivoluzione debba passare per vie strettamente democratiche? E comunque, dopotutto, non risulta che il M5S voglia prendere il potere in modi diversi da quelli strettamente previsti dell'ordine istituzionale costituito (e qui la questione Michels ci sarebbe di nuovo utile, ma desistiamo).
E per concludere non ci resta che la grande domandona: il fenomeno-Grillo si sgonfierà? Certo che sì, come sempre si sgonfiano le rivoluzioni, e in un certo senso sempre falliscono.
Quando? e quali effetti produrrà nel frattempo? Come rispose Mao Tse-tung, uno che di rivoluzioni si intendeva, quando gli chiesero degli effetti che ha prodotto la Rivoluzione Francese: "È troppo presto per dirlo". Pare sia un aneddoto un po' apocrifo, ma è delizioso lo stesso.
È troppo presto per dirlo. Benvenuti in tempi interessanti.