loader
menu
© 2024 Eddyburg
Giorgio Todde
Garçon pipì
17 Agosto 2005
Giorgio Todde
Alla corte di Luigi sedici, ...

Alla corte di Luigi sedici, in un film molto visto alcuni anni fa, c’era il personaggio del “garçon pipì”, un poverino che avvicinava l’orinale ai ricchi durante le feste perché i ricchi non fossero costretti ad allontanarsi dalla festa per un bisogno banale.

Ci sono state tante rivoluzioni e il ruolo del “garçon pipì” si è trasformato. Oggi si chiama in altri modi più aggiornati ma esiste sempre qualcuno che per un moto dell’anima si sente un “garçon pipì” e resterà “garçon pipì” sino al momento del trapasso dopo aver messo al mondo altri “garçon pipì” che tramandano questa attività insostituibile.

Ovviamente l’isola, come ogni luogo, ha generato i suoi “garçon pipì” i quali svolgono l’attività nella loro terra e alla terra restituiscono il prodotto del loro lavoro. E nel continente, nei luoghi dove ce n’era bisogno, sono emigrati dei “garçon pipì” isolani. Però molti sono rimasti in patria perché l’attività per loro non va male da queste parti. Il “garçon pipì” non conosce la cassa integrazione e di norma sostiene, insieme all’orinale, anche un suo modello di sviluppo.

Beh, quello che vogliono fare alle nostre coste da queste parti, esige un rilevante reclutamento di persone che tengano il pisciauolo a chi genera - stando lontano - certi affari in nome di un interesse economicamente superiore e moralmente inferiore.

Questo ricordo cinematografico del “garçon pipi” ci è venuto in testa vedendo la lugubre mappa – esiste una mappa – dei campi da golf nella nostra isola dove tutto potevamo immaginare salvo che una proliferazione di green con buche, mazze e tutto il resto.

Per un magro campo da golf in una pineta di grande valore, in un sito di (insufficiente) importanza comunitaria, in un luogo protetto (poco) dalle direttive habitat, sono state abbattute molte migliaia di pini in un’area di 20 ettari di pineta. Nel drammatico sito internet del golf di Is Arenas vengono glorificate alcune caratteristiche del percorso. Si raccomanda la buca 14 che non è, pare, una buca come tutte le altre. E’ un’apertura di charme e sembra che i golfisti si emozionino quando arrivano a certi buchi. Si segnala la 16, percossa dal maestrale scortese che devia le palline in volo, mentre la 17 è definita addirittura una buca maestosa.

Altrettanto melanconici sono gli altri siti sul golf nella nostra isola assolata, dove tenere la mazza al giocatore è molto più faticoso che da altre parti.

Però attenzione, ché i veri garzoni non sono i caddy ( che speriamo non esistano più come gli spazzacamini ) ma sono quelli che creano qua - nella propria terra - le condizioni perché qualcuno lontano, nella forma di fantasma che non appare mai, affermi la propria forza e costruisca mura e castelli orrendi intorno alle buche. Gruppetti d’affare locali i quali, a forza di buchi in un suolo che non dovrebbero neppure calpestare, corrono dietro ad altri affaristi molto più grandi che albergano lontano, in silenzio, avvolti solo da fruscii delicati. Irraggiungibili.

Ma la buca, si sa, è solo un mezzo.

Ora, intorno alle buche magiche, qualche metrocubista vorrebbe, a pochi metri dalle acque sacre di Is Arenas, costruire ancora centinaia di migliaia di metri cubi che avrebbero per epicentro proprio la fascinosa buca 14. Eppure già troppa distruzione è avvenuta intorno a questa buca.

Per fortuna qualcuno si è opposto, ha sopportato denunce e processi, uscendone vincitore e ristabilendo un principio che dalle nostre parti non è chiaro a tutti ossia che esistono le armi del diritto: esistono le leggi. Perciò non si possono impunemente disboscare ettari di pineta, inquinare falde acquifere in una zona già oppressa dalla siccità, alterare il profilo di dune che erano là da chissà quanto tempo, sconvolgere un paesaggio credendosi un semidio, tutto per costruire un misero campo da golf.

Nell’isola – dove il sole a picco cuoce i cervelli – ci sono molti campi costruiti e molti campi da costruire. L’ex sindaco di Sassari ne aveva annunciato uno perfino nella Nurra che sembrava non poterne fare a meno. Una stravaganza che, secondo l’ex borgomastro, lancerebbe la Nurra nei circuiti planetari del golf. Fantastico. Ma il bandito Giovanni Tolu, si sa, gira ancora da quelle parti in forma di spettro e farà inciampare nelle buche della Nurra qualche golfista che vi scomparirà dentro, ingoiato dal centro della terra.

Chi metterebbe un fico d’india nella foresta nera oppure un nuraghe in central park? Neppure il più depravato urbanista. Invece qualcuno vuole, per l’isola, campi da golf desolanti che sono, appunto, proprio come un prato di stelle alpine in mezzo ai fichi d’india. E di campi ne vengono fuori dappertutto, con buche descritte come tabernacoli davanti ai quali si cade in ginocchio mentre sono solo buchetti per terra.

Il ragionamento è semplice. Costruiamo un campo da golf e allora ci servirà almeno una club house e poi, secondo logica, ci servirà un albergo, ci serviranno residenze, cemento, mattoni ecc. ecc. I nuovi comuni saranno fondati su una buca, cresceranno intorno a campi da golf e avranno il loro sindaco golfista con la mazza in pugno.

Ogni paese, salvo quelli scoscesi e a rischio di frane, vorrà il suo campo, il suo assessore al golf e la sua buca sarà più bella delle altre buche.

Ogni buca moltiplicherà il destino eterno e melanconico dell’indigeno cameriere, caddy, portamazze, muratore, schiavo in tutti i casi. Ogni green intossicherà il paesaggio soffocato dall’erba cannibale che incenerisce le altre piante innocenti.

Il padrone lontano, nei giorni e nei momenti giusti, si materializzerà nell’isola per prendere un poco di sole, e troverà il suo piccolo regno conservato e difeso dal proprio “garçon pipì” il quale mantiene in ordine le cose quando il padrone non c’è. La sua vita è una vita di mezzo, levitante tra la ricchezza che non otterrà mai e la povertà alla quale può ritornare da un momento all’altro.

Ha ragione il “garçon pipì”e a tremare anche davanti a corone di latta e troni di cartapesta. Senza la protezione del principe può precipitare dentro una buca che non è la 14, né la 16 o la 17, ma una buca molto più grande e tragica che gli si richiuderebbe sopra. Coperto, per sempre, da un mantello di edelweiss.

Articolo pubblicato da la Nuova Sardegna nel luglio 2005

ARTICOLI CORRELATI
2 Maggio 2017
19 Novembre 2014

© 2024 Eddyburg