La laguna è un ecosistema complesso, governato dall'equilibrio dinamico tra le acque dolci dei fiumi che vi affluiscono e le acque salate del mare. La laguna è un'ambiente mutevole in bilico tra due destini: diventare una palude e poi un pezzo di terra o trasformarsi in un braccio di mare. La Laguna di Venezia è l'unica rimasta tale per oltre un millennio; ciò grazie al lavoro costante di manutenzione e guida alle trasformazioni naturali realizzate durante i secoli della Repubblica Serenissima. Questo equilibrio ha cominciato ad essere compromesso dall'inizio dell'ottocento e ha raggiunto uno dei suoi momenti di massimo degrado alla metà del IXX secolo. Dopo la catastrofica acqua alta del 1966 si affrontò finalmente il problema della sua salvaguardia. Si individuò una delle principali cause del degrado nella realizzazione del cosiddetto Canale dei Petroli collegato alle attività della zona industriale di Porto Marghera. Questo intervento infatti distruggeva l'unitarietà del sistema naturale considerata come un elemento vitale per la sopravvivenza della laguna stessa. Tra le decisioni più importanti assunte dal Parlamento italiano in attuazione della Legge speciale per Venezia del 1973 era indicata l'eliminazione del nefasto Canale dei Petroli. Questo intervento non venne mai effettuato, ma oggi si propone addirittura di consolidare, rafforzare e prolungare la criminosa infrastruttura rafforzando il Canale dei Petroli e proseguendolo con una serie di elementi metallici.
Quello che non riuscirono a concludere i barbari del XX secolo lo fanno oggi i poteri dominanti a Venezia.
Nell'articolo di Italia Nostra "Salvaguardia, da noi ai giornali e dal Nazionale alla Commissione" vengono dettagliate le ragioni per cui le opere per il marginamento del Canale dei Petroli sono il modo sbagliato per intervenire nella laguna, ricordando inoltre che l'intervento a cui si vuole dare immediata esecuzione viene spacciato per «stralcio attuativo» quando il progetto generale di cui fa parte non è stato approvato e neanche sottoposto Via e Vas, cioè a valutazione di impatto ambiente, come un'opera di tale impatto dovrebbe essere assoggettata. Seguono due articoli dalla stampa locale
(e.s.)
SI' ALLE PALANCOLE NEL CANALE DEI PETROLI
SCHIAFFO DELLA SALVAGUARDIA AL MINISTERO
di Alberto Vitucci
Lo «stop» inviato dal ministero per l'Ambiente non è bastato. Ieri mattina, dopo una lunga discussione, la commissione di Salvaguardia ha approvato a maggioranza il progetto per lo scavo del canale Vittorio Emanuele. Quindici i voti a favore, tre gli astenuti (il rappresentante dell'Ambiente Francesco Baruffi e le due soprintendenze), uno contrario (il rappresentante della Regione Antonio Rusconi). Respinte anche le proposte di sostituire il palancolato metallico con palificazioni in legno.Cantano vittoria gli Industriali e l'Autorità portuale, che avevano definito «urgente» l'avvio dei lavori per garantire l'accessibilità al porto veneziano da parte delle grandi navi.
Annunciano ricorsi gli ambientalisti.Una battaglia che dura da 50 anni, quella sul canale dei Petroli. Che molti studiosi reputano il principale imputato dello sconvolgimento idraulico della laguna, responsabile della sua continua erosione. Erosione che provoca anche interramento del Canale Malamocco-Marghera, più noto come canale dei Petroli. Scavato alla fine degli anni Sessanta proprio per far entrare in laguna le grandi petroliere.
Nello «stralcio progettuale» firmato dall'architetto Daniele Rinaldo è previsto lo scavo del primo tratto del canale. Per riportarlo alla quota di progetto prevista dal Piano regolatore, si legge nella relazione. Previsto anche un chilometro e mezzo di barriera con palancole metalliche per sostenere i marginamenti del canale minacciati dall'erosione. E una discarica di fanghi in cassa di colmata B, delimitata da pietrame. Interventi che in questo caso non erano ritenuti dal ministero di «ordinaria amministrazione». Dunque bisognosi della Valutazione di Impatto ambientale preventiva. Così, dopo numerose segnalazioni inviate dai comitati e dall'associazione Italia Nostra, è arrivata la risposta ufficiale firmata dal direttore generale del ministero Giuseppe Lo Presti. «La scrivente Direzione», scrive alla commissione l'alto dirigente dello Stato, «non è mai stata coinvolta nella valutazione ambientale del suddetto progetto, e pertanto non è possibile ad oggi fornire alcuna valutazione delle implicazioni di natura tecnico-ambientale che lo stesso comporta». «Sono state già avviate delle attività di verifica», continua la lettera, «si chiede pertanto a codesta Commissione di sospendere i lavori di esame del progetto, nelle more della conclusione delle suddette attività di verifica».
Un invito formale. Quasi una diffida, secondo le associazioni. Di cui però la commissione non ha tenuto conto. È prevalsa la tesi di chi sosteneva l'urgenza di avviare quei lavori per non provocare la paralisi dei traffici portuali. Sconfitta invece la linea ambientalista di chi invoca «interventi compatibili». «Non siamo contrari», avevano scritto i comitati al ministero, «ma la cassa di colmata non è una discarica. È un grave errore trattare quella parte di laguna come un canale di navigazione». Soddisfatti i progettisti, a cominciare dall'architetto Daniele Rinaldo. «Le protezioni saranno tutte sott'acqua, a parte l'angolo del canale», spiega, «perché abbiamo visto che quelle naturali, con le burghe e le tamerici, messe negli anni Novanta, non durano». Rinaldo ribadisce come il progetto abbia solo lo scopo di «consolidare il canale per la navigazione». Dragaggi per riportare la profondità alla quota di qualche anno fa. E protezioni per impedire «il crollo delle sponde e l'interramento, provocato dall'erosione».
Non è dunque il canale dei Petroli il primo responsabile di quell'erosione? No, secondo Rinaldo. Che ricorda: «Dei quattro milioni di fanghi scavati negli ultimi anni, solo un milione viene dal canale dei Petroli, il resto dalla laguna. Il canale ha aumentato la velocità dell'acqua ma l'erosione è colpa dei moli foranei e delle dinamiche della laguna». Tesi che non tutti gli ingegneri idraulici condividono. Adesso c'è chi teme che questo sia il primo passo verso un allargamento del canale, mirato a far passare in un prossimo futuro anche le navi da crociera dirette al nuovo terminal di Marghera. Ma dopo numerosi rinvii il progetto è stato approvato. Era già stato bocciato nel 2013, alla vigilia dello scandalo Mose. Adesso è stato ripresentato come «stralcio» per la parte verso San Leonardo. E approvato dalla Salvaguardia anche senza il parere di Valutazione di Impatto ambientale del ministero. Se non ci saranno ricorsi, eventualità possibile, i lavori potrebbero partire a breve.
la Nuova Venezia, 12 dicembre 2018
IL PORTO ESPRIME SODDISFAZIONE
ITALIA NOSTRA PREPARA IL RICORSO
di Alberto Vitucci
«Faremo ricorso. Il canale dei Petroli è la battaglia di Italia Nostra da cinquant'anni. Questo progetto non tiene conto della laguna. E soprattutto non è stata decretata l'urgenza che starebbe alla base di quei lavori». Così la presidente della sezione veneziana di Italia Nostra, Lidia Fersuoch, «accoglie la notizia dell'approvazione da parte della commissione di Salvaguardia, del progetto per lo scavo del canale Malamocco-Marghera. «Ci sono gli estremi per l'accesso agli atti e per un ricorso», dice, «si usano materiali estranei alla laguna come il pietrame. Adesso decideremo». Si punta il dito contro la mancata risposta alla lettera del ministero per l'Ambiente. Che avvisava della procedura in corso, chiedendo di «sospendere i lavori di esame del progetto in attesa delle verifiche di legge».
Grande soddisfazione invece dall'Autorità portuale. «L'intera comunità portuale accoglie con soddisfazione la decisione della Commissione», commenta il presidente Pino Musolino, «la scelta riconosce l'efficacia tecnica di un progetto sviluppato sfruttando modalità d'intervento sostenibili, in linea con quanto previsto dalla legislazione. Un progetto che, mantenendo adeguati livelli di salvaguardia dell'ecosistema lagunare, raggiunge anche l'obiettivo della salvaguardia della portualità. Poter finalmente garantire l'accessibilità nautica del porto, così come previsto dal Piano Regolatore Portuale, consente al nostro scalo di mantenere standard competitivi adeguati alle sfide imposte dal mercato, a beneficio di tutte le attività insediate, e di interpretare al meglio il ruolo che gli è proprio di motore economico della nostra regione, e di porta d'accesso ai mercati internazionali per i distretti produttivi veneti. Sarà ovviamente cura dell'Autorità di Sistema Portuale», conclude, «dare seguito alle prescrizioni emerse dalla Commissione di Salvaguardia». Prescrizioni che parlano della misura del pietrame e della riduzione della velocità delle navi nel canale durante le fasi dei lavori. Soddisfazione espressa anche dal Comune. «La praticabilità dei canali», ribadisce il sindaco Luigi Brugnaro, «è necessaria per il rilancio del Porto». E soddisfatti anche gli Industriali veneziani, che avevano sollecitato negli ultimi giorni l'approvazione del contestato progetto.
Ma gli ambientalisti rilanciano. «Non abbiamo mai detto che non si devono fare gli interventi di dragaggio, e nemmeno quelli di protezione del canale», hanno scritto al ministero le associazioni, «ma chiediamo che vengano fatti con modalità compatibili con il delicato ambiente lagunare. Dunque, palificate in legno e barene». Invece è passata la versione «hard», con le palancolate e il pietrame.
di Alberto Vitucci
Un chilometro di palancole in ferro. Scogliere e pietrame in cassa di colmata B per contenere i fanghi scavati. E dragaggio del grande canale Malamocco Marghera, detto dei Petroli, per riportarlo alla «quota di progetto» e far passare le navi di nuova generazione. La commissione di Salvaguardia ha approvato non senza dibattito il progetto proposto dall'Autorità portuale. Ma adesso la partita si sposta a Roma. Italia Nostra ha subito annunciato un ricorso al Tar e sta raccogliendo documentazione da inviare al governo. «Non ci sono le motivazioni dell'urgenza», dice in una nota l'associazione per la tutela del territorio, «pietrame e palancole non sono materiali consentiti in laguna. E la Cassa B non è una discarica. Inoltre l'infissione di un chilometro e mezzo di sbarre di ferro taglierebbe la falda freatica. Con la possibilità di provocare in futuro un abbassamento del suolo come già successo negli anni Sessanta».
I comitati hanno anche sollecitato il ministero per l'Ambiente a intervenire. Poche ore prima del voto, era arrivata alla commissione una lettera firmata dal direttore generale del ministero Giuseppe Lo Presti. Un «invito» a sospendere l'iter in attesa delle verifiche del ministero. Secondo i tecnici dell'Ambiente è insomma necessaria una Valutazione di Impatto ambientale per quel tipo di interventi. Ma nella stessa seduta il presidente della commissione Maurizio De Gennaro ha dato lettura di una lettera di segno opposto, inviata dall'Autorità portuale e dal suo presidente, Pino Musolino. «La commissione è la sola titolata a decidere», in sostanza il contenuto della lettera. Alla fine la maggioranza dei componenti l'ha presa per buona. Votando il via libera al progetto - uno stralcio urgente del progetto originario del 2013 - per consentire i via ai lavori. Tre gli astenuti, un solo voto contrario. Ma Italia Nostra conferma l'intenzione di far ricorso al Tar. «Non è un interventi come gli altri, è la nostra battaglia che combattiamo da mezzo secolo», ribadisce la presidente della sezione veneziana Lidia Fersuoch, «in questo caso si continua a perseguire interventi sbagliati per la laguna. Il canale dei Petroli è il responsabile dell'erosione e dei guai della laguna centrale». Il Porto canta vittoria. «Finalmente si ripristina l'agibilità del Porto», dice il presidente Pino Musolino. dello stesso tenore i commenti degli Industriali, che avevano sollecitato nei giorni scorsi una soluzione della vicenda. E anche del Comune. «Ma l'urgenza di scavare doveva essere dimostrata e certificata», ribatte Italia Nostra.
La battaglia dunque si sposta in sede legale. Potrà essere il Tar del Veneto a decidere se l'intervento di scavo del canale Malamocco Marghera sia legittimo oppure no nella forma proposta. «Non siamo mai stati contrari al porto», dicono i comitati, «ma ci sono altri sistemi per proteggere il canale dagli interramenti». Pali in legno e barene artificiali per intercettare le correnti e il vento che insieme al moto ondoso provocano l'interramento del canale. Il Canale dei Petroli, costruito alla fine degli anni Sessanta per far entrare le grandi petroliere in laguna, è ritenuto una delle principali cause del dissesto lagunare. Una grande autostrada d'acqua dove prima era il canale Fisolo.