Il farfallone amoroso gode del suo giorno dell’orgoglio e si riabilita - sempre che ne avesse bisogno - vestendosi e rivestendosi come Leopoldo Fregoli. Occhi lucidi e respiro lungo: tutti felici.
La concorrenza, si sa, non c’è: motivi tecnici. Ballarò spostato a domani, Matrix alla prossima settimana, sono questioni di palinsesto e, dicono da Mediaset, di difficoltà organizzative; la Champions, dove Pippo Inzaghi collabora alla restituzione della grandeur, è confinata in pay e tutto il mondo televisivo - disinteressato agli ultimi giorni di Adolf Hitler su RaiTre - può assistere al trionfo del presidente del fare.
Fregoli, dicevamo: il presidente giardiniere illustra le qualità terapeutiche del fieno steso sul manto erboso; il presidente ingegnere dettaglia sulle costruzioni antisismiche, le doppie piastre, gli «assorbitori di potenza»; puntando gli indici, il presidente architetto deraglia nella plastificazione poiché il quartiere Bazzano, ricostruito a cinque chilometri dall’Aquila, è stato edificato di modo che le case sembrino di epoche diverse, e non «artefatte», e di conseguenza artefatte sono; il presidente designer guida la visita dentro alle case di legno che saranno consegnate con gli armadi - «anche con gli attacca-abiti» - e apre i frigoriferi delucidando sui requisti dell’ultimo modello; il presidente anglofono dice: «People first»; il presidente pater familias ha una pacca per tutti.
E mille e mille presidenti, il presidente anticomunista, il presidente imprenditore che nega le correzioni delle sue reti per favorire gli ascolti del gran ritorno di Porta a Porta, il presidente San Sebastiano trafitto dai dardi della tv pubblica. E infine (per modo di dire) il presidente Tafazzi che non guarda più la tele. Ma in fondo è la serata squillante del governo del fare - non della ciàcola, non della lascivia - in un’elencazione di record che avrebbe mandato in tilt anche un Rino Tommasi, e il terrore sale quando il premier sfodera l’elenco delle opere compiute.
Record, record e record: due mesi per l’asilo Giulia Carnevali (dal nome della giovane progettista morta nel terremoto, e il padre in studio, dignitosissimo, invita a guardare avanti), record; quattro mesi per le casette, record; entro settembre tutti fuori dalle tende, record; i giapponesi, gli americani e gli australiani ci invidiano le tecniche e i tempi, record; Nancy Pelosi che dice a Berlusconi: «Un’impresa del genere per noi negli Stati Uniti sarebbe stata impossibile», record; ho governato più di Alcide De Gasperi, record; ho governato meglio di De Gasperi, record.
E poi la gente, il people, e gli operai, i men at work, che dalla cima delle gru chiamano il presidente a braccia levate: «Silvio! Silvio!». L’uomo vecchio e stanco e barbuto che entra nella casa appena ricevuta e non resiste a un singulto di commozione. La donna col bimbo in braccio che sull’uscio dell’asilo sente la vita che ricomincia. I terremotati in piazza che si guardano attorno e dicono: è un miracolo, un miracolo. Faremo di più, faremo meglio, dice Berlusconi: abbiamo un know how che riproporremo per costruire le carceri, le centodieci città dove le giovani coppie troveranno l’abitazione che non trovano oggi, basta infilare tre turni di otto ore al giorno per ridurre i tempi di due terzi.
Sull’altra parte della barricata resta un povero Stefano Pedica, coordinatore laziale dell’Idv di Antonio Di Pietro, che fa picchetto all’ingresso della sede Rai di via Teulada, ma tanto Berlusconi entra lo stesso. E dentro il sindaco dell’Aquila, Stefano Cialente, cerca soltanto di attutire lo scoppio dei mortaretti. Qualche giornalista propone dei distinguo travolti dall’energica e fluviale parlantina del presidente del Consiglio. Piero Sansonetti si prende la briga di dirne due o tre. Bruno Vespa abbozza un paio di bisticci rapidamente sedati. E’ l’occasione buona per regolare i conti, da presidente pompiere, e per il resto rimangono negli occhi le casette di legno che casette non sono, dice Berlusconi, semmai ville dove a tutti noi piacerebbe abitare. Anche a lui, sembra, al farfallone amoroso che si autodichiara dittatore, scherzando, il narcisetto, ora che non più andrà notte e giorno d’intorno girando delle belle turbando il riposo.