Alle soglie d'autunno
in un tramonto
muto
scopri l'onda del tempo
e la tua resa
segreta
come di ramo in ramo
leggero
un cadere d'uccelli
cui le ali non reggono più.
18 agosto 1935
Ricordo un pomeriggio di settembre,
sul Montello. Io, ancora una bambina,
col trecciolino smilzo ed un prurito
di pazze corse su per le ginocchia.
Mio padre, rannicchiato dentro un andito
scavato in un rialzo del terreno,
mi additava attraverso una fessura
il Piave e le colline; mi parlava
della guerra, di sé, dei suoi soldati.
Nell'ombra, l'erba gelida e affilata
mi sfiorava i polpacci: sotto terra,
le radici succhiavan forse ancora
qualche goccia di sangue. Ma io ardevo
dal desiderio di scattare fuori,
nell'invadente sole, per raccogliere
un pugnetto di more da una siepe.
Milano, 22 maggio 1929
Ricordo che, quand'ero nella casa
della mia mamma, in mezzo alla pianura,
avevo una finestra che guardava
sui prati; in fondo, l'argine boscoso
nascondeva il Ticino e, ancor più in fondo,
c'era una striscia scura di colline.
Io allora non avevo visto il mare
che una sol volta, ma ne conservavo
un'aspra nostalgia da innamorata.
Verso sera fissavo l'orizzonte;
socchiudevo un po' gli occhi; accarezzavo
i contorni e i colori tra le ciglia:
e la striscia dei colli si spianava,
tremula, azzurra: a me pareva il mare
e mi piaceva più del mare vero.
Milano, 24 aprile 1929
E' bello camminare lungo il torrente:
non si sentono i passi, non sembra
di andare via.
Dall'alto del sentiero si vede la valle
e cime lontane ai margini
della pianura, come pallidi scogli
in riva a una rada - Si pensa
com'è bella, com'è dolce la terra
quando s'attarda a sognare
il suo tramonto
con lunghe ombre azzurre di monti
a lato - Si cammina lungo il torrente:
c'è un gran canto che assorda
la malinconia -
Milano, 9 agosto 1934
Venezia. Silenzio. Il passo
Di un bimbo scalzo
Sulle fondamenta
Empie d’echi
Il canale.
Venezia. Lentezza. Agli angoli
Dei muri sbocciano
Alberi e fiori:
come durasse
un’intera stagione il viaggio,
come se maggio
ora
li sdipanasse
per me.
Al pozzo di un campiello
Il tempo
Trova un filo d’erba tra i sassi:
lega con quello
il suo battito all’ala
di un colombo, al tonfo
dei remi.
22 ottobre 1933
Tristezza di queste mie mani
troppo pesanti
per non aprire piaghe,
troppo leggere
per lasciare un’impronta.-
tristezza di questa mia bocca
che dice le stesse
parole tue
altre cose intendendo-
e questo è il modo
della più disperata
lontananza.
16 ottobre 1933
O lasciate lasciate che io sia
Una cosa di nessuno
Per queste vecchie strade
In cui la sera affonda-
O lasciate lasciate ch’io mi perda
Ombra nell’ombra-
Gli occhi
Due coppe alzate
Verso l’ultima luce-
E non chiedetemi- non chiedetemi
quello che voglio
e quello che sono
se per me nella folla è il vuoto
e nel vuoto l’arcana folla
dei miei fantasmi-
e non cercate- non cercate
quello ch’io cerco
se l’estremo pallore del cielo
m’illumina la porta di una chiesa
e mi sospinge ad entrare-
Non domandatemi se prego
E chi prego
E perché prego-
Io entro soltanto
Per avere un po’ di tregua
E una panca e il silenzio
In cui parlino le cose sorelle-
Poi ch’io sono una cosa-
Una cosa di nessuno
Che va per le vecchie vie del mondo-
Gli occhi
Due coppe alzate
Verso l’ultima luce.
Milano, 18 ottobre 1930
Tu lo vedi, sorella: io sono stanca,
stanca, logora, scossa,
come il pilastro d'un cancello angusto
al limitare d'un immenso cortile;
come un vecchio pilastro
che per tutta la vita
sia stato diga all'irruente fuga
d'una folla rinchiusa.
Oh, le parole prigioniere
che battono battono
furiosamente
alla porta dell'anima
e la porta dell'anima
che a palmo a palmo
spietatamente
si chiude!
Ed ogni giorno il varco si stringe
ed ogni giorno l'assalto è più duro.
E l'ultimo giorno
- io lo so -
l'ultimo giorno
quando un'unica lama di luce
pioverà dall'estremo spiraglio
dentro la tenebra,
allora sarà l'onda mostruosa,
l'urto tremendo,
l'urlo mortale
delle parole non nate
verso l'ultimo sogno di sole.
E poi,
dietro la porta per sempre chiusa,
sarà la notte intera,
la frescura,
il silenzio.
E poi,
con le labbra serrate,
con gli occhi aperti
sull'arcano cielo dell'ombra,
sarà
- tu lo sai -
la pace.
Milano, 10 febbraio 1931