Il successo di Di Pietro nella sinistra si deve al fatto che lui soltanto, e il suo bizzarro partito, esprime la protesta di quella metà degli italiani che vede Berlusconi chiedere con prepotenza di essere esentato dai processi che ha in sospeso. Perché questa elementare decenza non gli viene chiesta anche da quel Pd che si dice di opposizione, anzi pretende di rappresentarla quasi tutta? Onestà e legalità sono il minimo che si esige da chi esercita una carica pubblica e se il Pd non lo fa si deve pensare o che si comporterebbe esattamente come il Cavaliere, o che, come lui, pensa che il consenso elettorale valga più della legge, o che tenda a mettere le mani assieme a lui sulle riforme istituzionali. Né servono a fugare il sospetto i perpetui richiami del Presidente della Repubblica a ritrovare un accordo tra le parti per procedere più presto.
Ma quali riforme si potrebbero fare con un leader dalla cui filosofia, più volte espressa, esula qualsiasi simpatia per la repubblica parlamentare che abbiamo voluto essere? Che le camere gli diano solo fastidio lo ha detto a chiare lettere, farebbe più e meglio senza di esse, e queste potrebbero ridursi a cinque o sei portavoci. Che la divisione dei poteri gli sia concetto estraneo, al punto di vedere nei suoi istituti un nemico personale da abbattere, è altrettanto chiaramente dichiarato. Quali riforme si farebbero dunque con lui? Sarebbe come se la Repubblica di Weimar avesse proposto al nazismo di concordare una costituzione che gli andasse bene.
Ma, mi si può obiettare, Berlusconi non è Hitler, non ne ha né la ferocia né l'ideologia. È soltanto un padrone, convinto che se potesse dirigere l'Italia da solo tutto andrebbe meglio. E chi lo vota pensa lo stesso. Stupisce che il Pd non si ponga questo problema, quasi che assumesse questa mentalità aziendale come un contributo alla modernizzazione del paese.
In questo senso l'opposizione non solo non indebolisce Berlusconi ma indebolisce il Pd medesimo. A chi possono guardare i suoi seguaci? A Casini, disposto a sbarazzarsi del Cavaliere solo se il Pd si sbarazza di quel che resta di Sinistra e Libertà, di Rifondazione e dei Verdi? Non gli resta che affidarsi a Di Pietro, piaccia o non piaccia stare alle falde di un ex pubblico ministero incline a vedere ogni problema in chiave di guardie e ladri.
Che sia questa l'inclinazione, converrà anche Revelli. La democrazia non si identifica con il codice penale, come Marco Bascetta ha seriamente argomentato. Pretende molto di più ed è meno punitiva. Di più, perché ha esigenze di metodo e costume che il codice non contempla e non vorremmo che contemplasse. Esige cultura e stile che il Cavaliere non ha. Farsi portare una ventina di ragazze a Palazzo Grazioli e sceglierne una o due con cui andare a letto, non è proibito dalla legge: fa soltanto del premier una figura fra ridicola e maniacale, indicativa del suo modo di considerare gli uomini e le donne.
Lo stesso indicano le battute sessiste in tv, di cui si vanta. O l'imbarazzo in cui ha messo i partiti popolari europei sulle persecuzioni che subirebbe in Italia. Essere chiamato da un tribunale non è una persecuzione; Andreotti, che è uomo di altro spessore, non s'è mai sognato di dirlo.
Non lo è neanche l'essere colpito in volto da un modellino del duomo tirato da un infelice disturbato, incidente che perfino lui, ci è parso, tendeva a ridurre di peso, prima che i suoi consiglieri lo inducessero a parlare di sé come neanche di Aldo Moro.
Il solo argomento politico che il Cavaliere agita con ragione è che Di Pietro e non solo preferirebbero liberarsi di lui con lo strumento giudiziario piuttosto che con quello politico. Pd incluso. Non era del tutto normale imporgli di rinunciare alle sue reti televisive, come succede negli altri paesi? Ma non lo si fa. Non sarebbe stato del tutto normale permettere al Parlamento di fare una opposizione ribaltando una legge elettorale definita dal suo stesso promotore una porcheria? Ma non lo si è fatto.
La forza di Di Pietro viene da quel che il Pd non fa. Non si tratta di ridurre la conflittualità, ma di civilizzarla. Non è un affare di tribunali, ma di democrazia pura e semplice.