Si intitola “Norme in materia di tutela e valorizzazione del paesaggio in Campania”. Per il presidente della Regione, Stefano Caldoro, e per il suo assessore all’Urbanistica, Marcello Taglialatela, metterà ordine in un labirinto di leggi. Più pianificazione, meno vincoli. Ma per il fronte ambientalista è una sfacciata deregulation. Allenterà tutte le maglie che a fatica proteggono dal cemento la Costiera sorrentina e quella amalfitana. La zona rossa intorno al Vesuvio. E metterà a rischio paesaggi delicati, fortunate, mirabili sopravvivenze in una regione martoriata dall’abusivismo e da un’espansione edilizia che ha pochi paragoni in Europa.
Il provvedimento è in calendario per oggi in Consiglio regionale, dove si annuncia battaglia. Ma intanto partono gli esposti di tutte le associazioni (Italia Nostra, Legambiente, Wwf, Fai), si mobilita il web (Eddyburg) e, con un appello, personalità del mondo politico e culturale (da Salvatore Settis ad Alberto Asor Rosa, da Vezio De Lucia a Pierluigi Cervellati, da Piero Bevilacqua ad Andrea Emiliani). Persino il ministro Corrado Passera ha espresso, con una battuta, avversione nei confronti della legge. Rispetto al testo approvato dalla giunta nel marzo scorso, quello che approda in aula recepisce alcune istanze ambientaliste. Ma molte questioni restano irrisolte.
Per esempio l’indebolimento dei vincoli sulle zone ai bordi delle costiere sorrentina e amalfitana, finora protette da un Piano paesaggistico che risale alla metà degli anni Ottanta e che porta la firma di un maestro della pianificazione, Luigi Piccinato. Quel documento, frutto di un’elaborazione culturale che ora è materia di studio in alcune università, tutelava non solo i gioielli (Amalfi, Ravello, Sorrento, Sant’Agata…), ma anche il pendio che scende verso Nocera e Angri. Convinto, Piccinato, che proprio le aree meno pregiate potessero essere veicolo di manipolazioni, danneggiando l’unitarietà del sistema paesaggistico. L’assessore Taglialatela ribatte: «Non possiamo tutelare Nocera al pari di Amalfi».
Ma intanto, è la replica, quei pendii che si spingono fin quasi a mille metri, dentro il parco dei Monti Lattari, e che custodiscono terrazzamenti, monasteri e insediamenti archeologici, passeranno alla competenza dei Comuni, soggetti a molte pressioni, e perderanno un ombrello che finora li ha preservati dal diluvio cementizio scatenato sulla piana con l’assenso delle amministrazioni locali. E poi è come se si ribaltasse una gerarchia sempre rispettata fra un Piano paesaggistico, che tutela un’area vasta, e un Piano comunale, più specifico.
L’altro punto dolente è il Vesuvio, alle cui pendici è dilagata nei decenni un’urbanizzazione suicida. Dalle sette alle ottocentomila persone abitano in una zona a rischio eruzione, diventata un ammasso edilizio. Qui, sostituendo qualche parola in articoli di legge precedenti, tagliando e cucendo, la nuova norma consente praticamente di applicare il Piano casa. Mentre finora la legislazione, che risale al 2003, tendeva a bloccare ogni espansione e a favorire lo sgombero, anche con incentivi, di territori pericolosamente sovrappopolati, ora si consente di demolire e ricostruire. E persino di incrementare le volumetrie. Quindi di ristrutturare un abitato che invece si voleva diradare. L’inversione di tendenza è netta, denunciano gli ambientalisti.
Taglialatela ribatte su tutti i punti. Non ci sono aumenti di volumetria sotto il Vesuvio, assicura l’assessore. Né il cemento ha il via libera sui pendii che portano alla Costiera: «L’obiettivo è esattamente l’opposto e in tal senso ho mantenuto un costante confronto con l’Ufficio legislativo del ministero per i Beni culturali e la direzione regionale per i Beni culturali e paesaggistici». Ma proprio su questo punto una smentita all’assessore giunge da Gregorio Angelini, direttore dei beni culturali in Campania. Il quale avanza una serie di ben quattro osservazioni che non sono state accolte. «È improprio affermare», conclude Angelini, «che il testo presentato in Consiglio regionale sia stato condiviso con il ministero».
Sono anche altri i profili che allarmano le associazioni. Il fatto, per esempio, che nella legge si introduca una specie di compensazione ambientale se si danneggia un paesaggio. Chi commette un abuso, può sanarlo piantando qualche albero. È un provvedimento adottato in Europa, dicono alla Regione, per esempio nella zona della Ruhr, in Germania. Ma lì c’era un’area industriale che parzialmente viene riconvertita, ribattono gli ambientalisti. Il paesaggio campano mostra ancora eccellenze che non si possono svilire, incentivando di fatto pratiche abusive. Eccellenze che invece andrebbero sottoposte a un’opera di manutenzione di cui non c’è traccia nel provvedimento della Regione.
L'appello delle Associazioni lo trovate qui