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Gianni Barbacetto
Il nuovo rito ambrosiano
22 Aprile 2010
Milano
La Lombardia praticamente come l’Afghanistan, in mano a una cricca elitaria e intoccabile di onnipotenti, qualcuno pure fanatico. Mandateci Emergency! Il Fatto Quotidiano, 22 aprile 2010 (f.b.)

Una volta, l’urbanistica di rito ambrosiano funzionava così: l’operatore privato (il Ligresti di turno) comprava a quattro soldi un’area agricola; l’amministratore pubblico (il comune) la toccava con la bacchetta magica di una variante di piano e questa diventava edificabile; il costruttore costruiva, ci faceva su un guadagno stratosferico e ringraziava, con una bella stecca, la mano di chi aveva agitato la bacchetta magica. Oggi, nell’era di Roberto Formigoni e dell’Expo, il rito ambrosiano cambia. Fa tutto lui, Formigoni: il venditore, il compratore, lo speculatore immobiliare. Il presidente della Regione Lombardia ha deciso infatti di acquistare l’area su cui si terrà l’Expo 2015. A vendere è la Fondazione Fiera (ente pubblico della Regione, in mani cielline). A comprare, e pagare, è Finlombarda (finanziaria pubblica della Regione, in mani cielline). A operare e far costruire sarà Infrastrutture lombarde (altra azienda regionale, sempre in mani cielline). Insomma: Formigoni stabilisce il prezzo, lo fa pagare, agita la bacchetta magica che permetterà di costruire, e poi nel 2015, a Expo fatto, rivenderà a prezzo maggiorato e incasserà.

“L’Expo sarà fatto con investimenti pubblici e quindi tutti i vantaggi andranno al pubblico”, garantisce. Staremo a vedere. Intanto un paio di cose sono certe: il sindaco di Milano, Letizia Moratti, è stato del tutto esautorato dall’affare Expo (“Scacco alla Regina” si dice fosse il nome in codice dell’operazione di Formigoni); e l’amministratore delegato della società di gestione dell’Expo, Lucio Stanca, è stato addirittura umiliato (ha cercato invano per settimane i soldi per comprare le aree e ora si deve fare da parte). Trionfa Formigoni, che diventa il vero regista della partita da qui al 2015. E gongola Giulio Tremonti, il ministro dell’Economia che ha negato finora i soldi a Letizia Moratti e a Lucio Stanca e ora brinda a champagne perché ci pensa Roberto, “uno di noi” (come diceva il suo slogan elettorale). Felice anche la Lega, che all’Expo non ha mai creduto troppo. “È una soluzione che dà alla società la possibilità di lavorare meglio”, ha dichiarato Leonardo Carioni, il leghista che rappresenta il ministro Tremonti nel consiglio d’amministrazione della società guidata (per ora) da Stanca. Sarà presto sostituito?

Chissà. I rumors danno in arrivo, come suo sostituto, Luigi Roth, di fede ciellina e obbedienza formigoniana, che era ai vertici della Fiera. La Regione (e il comune, se vorrà rientrare nella partita e se troverà i soldi per una quota più piccola) diventano direttamente operatori immobiliari. Comprano un’area che ora è a verde agricolo e inedificabile. La pagheranno (ma a debito) a un prezzo ben più alto del valore agricolo (la cifra che gira è attorno ai 200 milioni di euro). Si assumono tutti i rischi di un imprenditore privato, in tempi grami, di crisi nera. E sperano domani, a Expo finito, di rientrare rivendendo i gioielli. Cioè la possibilità di costruire sull’area. Quanto? L’indice d’edificabilità indicato è 0,6 ossia un totale di 600 mila metri quadri. Ma il nuovo piano di governo del territorio (Pgt) in approvazione a Milano innalza l’indice a 1 per questa che considera “zona di trasformazione speciale”: dunque si potrà costruire ben 1 milione di metri quadri, e con un mix funzionale libero, a gentile discrezione degli operatori. È il rito ambrosiano 2.0.

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