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Marco Gianni; Travaglio Barbacetto
Un contrasto inaspettato
14 Luglio 2011
Milano
Raccogliamo sotto questo titolo due articoli de il Fatto quotidiano (14 luglio 2011) che danno conto con stupore di una singlare dialettica tra due anime della giunta Pisapia. Wait and see

Milano, via libera all’accordo sulle aree di Expo

Tregua armata tra Boeri e Pisapia

di Gianni Barbacetto

La rottura tra il sindaco di Milano Giuliano Pisapia e il suo assessore più ingombrante, Stefano Boeri, diventa ufficiale nel giorno in cui trova una composizione provvisoria. Ieri, la riunione straordinaria di giunta sull’Expo si è conclusa con l’approvazione all’unanimità dell’Accordo di programma per le aree di Expo 2015, sottoscritto martedì da Comune e Provincia di Milano, Regione Lombardia, Comune di Rho e Poste Italiane.

Boeri, che aveva già convocato una conferenza stampa dopo la giunta per comunicare il suo disaccordo su un Expo trasformato in mera operazione immobiliare, l’ha fatta saltare dopo aver incassato l’impegno di Pisapia a far sorgere sull’area il più grande parco d’Europa, con almeno il 56 per cento dei terreni destinati al verde, e l’incarico di stilare il testo di un ordine del giorno e di un documento di indirizzo che accompagnerà la ratifica dell’Accordo di programma.

Che tra Pisapia e Boeri ci sia un disaccordo pesante sull’Expo è un segreto di Pulcinella. Loro negano, ma è chiaro che sull’esposizione universale del 2015 hanno idee ben diverse. Pisapia, ereditato l’evento da Letizia Moratti, ha subito trovato un accordo con il presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni, per approvare l’Expo del cemento. Indice di edificabilità 0,52: un diluvio di circa 750 mila metri quadri.

Per Formigoni è un’operazione immobiliare necessaria per far quadrare i conti della Fondazione Fiera, proprietaria di due terzi dell’area. Per Pisapia è una proposta che non si può rifiutare: o così o niente, gli ha fatto intendere Formigoni. L’alternativa è passare alla storia come il sindaco che appena arrivato a Palazzo Marino fa perdere l’Expo a Milano. Boeri, che da architetto aveva progettato l’Expo del grande parco planetario delle biodiversità, è andato in questi giorni sostenendo che è invece ancora possibile cambiare rotta. Ridurre il volume di cemento innanzitutto. E poi cercare di portare sull’area funzioni pubbliche (dalla nuova facoltà di Agraria all’Ortomercato), invece che residenza privata e uffici. Gli hanno fatto eco Carlin Petrini, di Slowfood, e anche Elio (di Elio e le Storie tese), che ha rivolto un appello a Pisapia proprio sul Fatto affinché non cadesse “nel tranello di Formigoni”. Legambiente aveva poi ricordato al sindaco che i milanesi si sono espressi per il parco con il referendum consultivo del 12 e 13 giugno. Vedremo se Boeri riuscirà a far quadrare il cerchio.

Smiracolo a Milano

di Marco Travaglio

Era il 4 novembre 2010 quando Giuliano Pisapia ruppe gli indugi e annunciò al corriere.it   la sua candidatura alle primarie di Milano per l’aspirante sindaco del centrosinistra. Disse di farlo per “far tornare Milano una città che sorride, che dà case e lavoro, dove l’aria è respirabile e le esigenze di tutti hanno diritto di cittadinanza”. Quando gli domandarono che differenza c’era fra lui e l’architetto-urbanista Stefano Boeri, candidato ufficiale del Pd, Pisapia dichiarò: “Boeri parla molto bene di progetti e di cose; io parlo delle persone e dei loro bisogni, delle loro necessità: su questo ho impegnato tutta la mia vita”. Chissà se immaginava che, di lì a sette mesi, una volta vinte le primarie e poi le comunali, avrebbe nominato proprio Stefano Boeri, quello che parla molto bene di progetti e molto meno delle persone, ad assessore alla Cultura, Moda, Design ed Expo. Un omonimo dello Stefano Boeri che aveva seguito il “concept plan” dell’Expo 2015, regolarmente retribuito per il suo incarico professionale? No, proprio lui.

Si dirà: almeno Boeri di Expo se ne intende. Certo, almeno quanto s’intende Berlusconi di televisioni, visto che ne controlla tre da trent’anni. Il che non è un buon motivo per fargli fare il concessore e il concessionario delle stesse. Ora l’assessore Boeri deve pronunciarsi su un progetto di Expo fatto (anche) dall’architetto Boeri. E, guarda un po’, esplode fra il sindaco e il suo assessore un conflitto, solo apparentemente superato ieri, proprio sul destino dei terreni dell’Expo.

L’oggetto del contendere è noto (ne abbiamo parlato più volte sul Fatto, con gli articoli di Gianni Barbacetto e con l’appello al sindaco del cantante Elio): da un lato l’idea tradizionale e speculativa di un’esposizione tutta cemento e asfalto, caldeggiata dalla lobby dei costruttori e subìta passivamente da Pisapia, nel solco delle decisioni già prese dal duo Formigoni-Moratti e dall’amministratore delegato della società Expo 2015, Giuseppe Sala; dall’altro il progetto, davvero affascinante e innovativo, degli “orti planetari” sostenuto da Boeri: un gigantesco parco verde, unico al mondo, destinato a ospitare per sempre una rassegna delle “biodiversità” esposte da tutti i paesi ospiti. Chiunque abbia un minimo di sale in zucca, a meno che non si chiami Cabassi o Ligresti o non abbia interessi nella mega-colata di cemento del piano Formigoni-Moratti, non può che auspicare la seconda soluzione. Ma ecco il paradosso: il principale alfiere della soluzione di gran lunga migliore è proprio l’assessore Boeri, che aveva collaborato a pensarla e a disegnarla nella Consulta di Architettura dell’Expo, affidandola poi ai professionisti della società che trasformarono il concept plan in masterplan.

Cioè: Boeri ha ragione da vendere a difendere il parco contro il cemento, ma è l’unica persona che non ne dovrebbe parlare. Un paradosso che, è inutile girarci intorno, si chiama “conflitto di interessi” (non di soldi, ma d’immagine e gloria personale). L’altroieri Boeri ha scritto nella sua bacheca Facebook: “Stasera sono in grande difficoltà. Mi aspetta una giunta su Expo, una giunta in cui credo moltissimo che deve decidere su un accordo di programma che non condivido. Difficile”. Si era pensato che avrebbe rimesso almeno la delega all’Expo. Invece l’ha mantenuta e, pur borbottando, ha votato pure lui, insieme al resto della giunta Pisapia, l’accordo di programma sulle aree espositive (che fino all’altroieri non condivideva) che è una penosa resa senza condizioni ai poteri forti e alla linea Formigoni-Moratti. Linea clamorosamente bocciata dai milanesi non solo alle amministrative, ma anche al referendum comunale sulla destinazione a parco di quelle aree anche dopo la fine dell’Expo. Un mese dopo la cosiddetta “rivoluzione arancione”, sulle speranze di cambiamento dei milanesi cala una doccia gelata. Cambiare la faccia del sindaco è una bella cosa. Uscire dal berlusconismo, che divora la politica tutta, resta un sogno.

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