Come nel film. Quando Roberto Benigni e Massimo Troisi aprirono il portone di casa e si ritrovarono nel Medioevo. Ecco, la famosa pellicola, potrebbe essere stata girata qui, a Borgo Vione, che riprende la sua storia di oltre mille anni dopo un periodo di abbandono. Un agiato rifugio scelto da chi vuole cambiare vita nel nome della sicurezza e del comfort. A 15 chilometri da Milano. L'ultimo nato della sempre più numerosa famiglia delle gated community. Centoquarantasei appartamenti chiusi da cancelli, a 500 metri da Milano 3. Vigilanza, telecamere sul muro di cinta e sensori elettronici antintrusione.
Borgo Vione, che fa parte del gruppo Vedani, è stato inaugurato la scorsa settimana, con la consegna delle chiavi, a medici, avvocati, manager. Età compresa tra i 35 e i 50 anni, tutti con famiglia, quasi tutti con bambini. I prezzi? Da 3.800 euro al metro quadro per ville che vanno dagli 80 ai 300 metri quadrati. E poi le spese condominiali: vigilantes, giardinieri, custodi. «Ma Vione — come sottolinea Stefano Fierro, responsabile alle vendite — è stato ristrutturato con la tutela della Soprintendenza ai beni culturali».
«Quello della sicurezza — spiega l'architetto urbanista Paolo Caputo — è un sentimento diffuso a tutti i livelli. Dalle case popolari in su, fino ad arrivare a palazzine con sistemi di sicurezza tra i più sofisticati e portineria 24 ore su 24. Come da modello newyorkese. In città, pur nella sicurezza, c'è un senso di non esclusività nell'incontro di persone e di eventi poco simpatici. Fuori porta, invece, la casa è intesa come club house all'interno della quale ci trovi piscina, palestra, tutto. Quella delle gated community, poi, si è aggiunta al marketing e incrocia queste aspettative».
Come il Borgo Viscontina, a Vigevano. Altra community con l'edilizia progettata in luogo sicuro. Sessanta loft singoli per ville di prestigio e 16 appartamenti in villa, inseriti in un parco nel centro del residence. Il motto? «Ritrovare il piacere antico di incontrarsi con gente conosciuta in un borgo a dimensione d'uomo».
In modo diverso, ma con la stessa filosofia, è City Life, il progetto di riqualificazione del quartiere della Fiera, nel polo di Rho-Pero, che ha tenuto conto della qualità della vita degli abitanti, con la più grande area pedonale di Milano, dove la circolazione di auto e i parcheggi sono esclusivamente ai piani interrati. Con un parco di 60 mila metri quadrati.
«Le gated community — spiega la sociologa Francesca Zajczyk — sono un fenomeno Usa. Chi vi abita ricerca sicurezza, ma vuole anche riconoscersi con i pari grado, in una sorta di individualismo collettivo. È in pratica un escludersi dalla vita collettiva urbana. Spesso la motivazione di sicurezza è solo un alibi. Gated community vuole dire stare dentro a una comunità chiusa verso l'esterno. Gli adulti, comunque, per motivi di lavoro o d'altro, incontreranno momenti di aggregazione all'esterno. Per i più piccoli, invece, potrebbe essere più difficile e molto preoccupante».
Una piccola premessa: non è affatto divertente dover scriverle, queste note agli articoli dei giornali, specie quando servono a solo a ribadire cose già dette e ridette, segno che purtroppo si è parlato per niente. Innanzitutto, il tema della gated community in Italia per ora praticamente non esiste, oppure, in alternativa, la gated community così come se ne parla esiste da decenni (il Villaggio Brugherio è degli anni ’60, Milano San Felice quasi contemporanea ne ha tutta la struttura, ecc.). Sul caso specifico di Cascina Vione ci si è già soffermati anche su queste pagine: è una emergenza di carattere culturale, anche piuttosto estrema, ma se si fa la tara del linguaggio fascistoide della promozione immobiliare, gli aspetti fisico-spaziali in realtà non vanno molto oltre un portone chiuso.
È certo però che se gli approcci continuano ad essere così generici, a mescolare a minestrone intenzioni e cose diversissime, singoli edifici, quartieri, complessi, localizzazioni urbane e suburbane, non si va da nessuna parte, o meglio si lascia la gated community magari avanzare strisciante, all’italiana, tutti pronti a dire fra una decina d’anni: “ma noi non potevamo sapere” (f.b.)