Tanto tuonò che piovve. Sulla Cascinazza di Monza, dopo dodici anni di denunce giornalistiche e polemiche politiche, piovono anche gli avvisi di garanzia: per Paolo Berlusconi e Paolo Romani (ex ministro dello Sviluppo economico), indagati con altre persone dalla Procura di Monza per istigazione alla corruzione. Secondo l’ipotesi d’accusa, i due Paoli avrebbero cercato di corrompere alcuni consiglieri comunali per farli votare la variante di piano che dava il via libera alla costruzione di “Milano 4”. Una nuova città, 4 milioni di metri cubi di cemento da edificare sui 500 mila metri quadrati della Cascinazza: area agricola vincolata a verde ai confini di Monza, venduta dai Ramazzotti (quelli dell’amaro) a Silvio Berlusconi negli anni Settanta e poi passata al fratello.
L’indagine nasce da ben sei esposti presentati in procura da consiglieri di maggioranza e opposizione che denunciano presunte irregolarità, forzature, pressioni, minacce. Il più corposo è firmato da due esponenti del Pd, Anna Mancuso e Michele Faglia, in passato sindaco di Monza. Era il giugno 2011 e la maggioranza di centrodestra aveva avviato in Consiglio comunale la discussione sul nuovo Piano di governo del territorio. Contraria la minoranza, ma incerti anche alcuni esponenti di maggioranza, spaventati da un’operazione che avrebbe aggiunto ben 40 mila abitanti ai 120 mila di Monza. Entra allora in azione Paolo Romani, mandato da Berlusconi a fare l’assessore nella capitale della Brianza: all’urbanistica fin quando diventa ministro, poi all’Expo. “Dell’Expo non si è mai occupato”, dice Faglia, “in compenso ha continuato a darsi da fare per la Cascinazza, come emissario della Famiglia”. Romani incontra a uno a uno i consiglieri comunali del suo fronte. È una corsa contro il tempo: per far passare la variante, una pattuglia di fedelissimi lavora fino al 21 marzo 2012, data dell’ultima seduta del consiglio prima delle elezioni. S’avvia, almeno secondo l’accusa, un tentativo di compravendita di voti. Alla fine, l’operazione fallisce: votano contro la variante anche sei consiglieri di maggioranza (due di Futuro e libertà, due di Forza Lombardia, uno dell’Udc e uno del gruppo misto, Ruggiero De Pasquale). Poi arrivano le elezioni, che ribaltano i risultati del 2007 e danno la vittoria al centrosinistra: domenica scorsa diventa sindaco, con più del 63 per cento dei voti, Roberto Scanagatti. Ma nei mesi precedenti, le intercettazioni avevano captato Paolo Romani promettere, secondo quanto scrive L’Espresso, “300 mila euro a testa” offerte agli indecisi. Registrata anche la voce di Silvio Berlusconi in persona, impegnato a concordare incontri ad Arcore. Il fratello minore, Paolo, nel 2008 aveva venduto l’area della Cascinazza a una società controllata dal gruppo Cabassi e da altri soci, tra cui il costruttore Gabriele Sabatini. Ma, dopo aver ricevuto un anticipo di 40 milioni, aveva vincolato l’entità del saldo al buon esito dell’operazione immobiliare: in caso d’approvazione della variante, avrebbe incassato un’altra cinquantina di milioni.
Ora, la vittoria del centrosinistra ha chiuso le speranze di riaprire la faccenda nel nuovo consiglio. Ma il reato d’istigazione alla corruzione si consuma già con la promessa di denaro, anche senza i pagamenti. I pm di Monza Manuela Massenz, Donata Costa e Walter Mapelli avranno semmai il problema dell’utilizzabilità di telefonate in cui sono stati intercettati, seppur indirettamente, due parlamentari (Paolo Romani e Silvio Berlusconi). “I cittadini di Monza hanno capito”, spiega il consigliere regionale Pd Pippo Civati, da una dozzina d’anni impegnato nella battaglia contro la cementificazione della Cascinazza. “All’inizio era considerata roba da specialisti. Ora è diventata invece un argomento forte della politica cittadina e ha condizionato l’ultimo esito elettorale. Silvio Berlusconi nasce palazzinaro con Milano 2 e muore palazzinaro con Milano 4”.
Postilla
La legalità, quando non è solo legalitarsimo, ha senso, eccome se ne ha: corrisponde addirittura al buon senso. Su questo sito (basta digitare Cascinazza nel motore di ricerca interno) gli argomenti di buon senso contro quel progetto si sono accumulati fitti fitti per anni. C’erano gli aspetti sociali, quelli ambientali, quelli di metodo; c’era la dimensione urbana, quella metropolitana, quella economica, e tante altre cose. Ma niente da fare, la macchina tritatutto e compra tutto dilagava apparentemente inarrestabile, addirittura con un ministro-assessore part time messo lì con lo scopo dichiarato di curare gli interessi di famiglia, pilotando quella procedura fastidiosa che si chiama variante di piano regolatore, e che in questo caso è diventata dettatura di stupidaggini in atto pubblico. Se ne sono accorti addirittura alla regione “amica”, quella Lombardia dove si vorrebbe poter fare di tutto, ma dove per fortuna ci sono ancora tracce di buon senso anche nelle leggi piegate, interpretate, forzate. E quel piano assurdo, per riempire di cemento berlusconiano doc l’ultimo spazio aperto disponibile per chilometri, faticava ad attuarsi. Adesso si scopre anche l’ultima, questa delle presunte posizioni politiche comprate: ma è solo un dettaglio, a confermare il resto, il timbro finale della vergogna, una generazione di patetici burattini con il vestitino stirato, le tasche piene, e la testa vuota (f.b.)