Dopo l´assalto edilizio a Capodimonte, che, con il poco verde che gli è rimasto, si candida a diventare - senza che nessuno intervenga - la centrale del business dei matrimoni, ora tocca ai Camaldoli. Ventimila metri quadrati di verde a cui dire addio, in pieno Parco metropolitano delle colline di Napoli, istituito il 16 giugno 2004. Un altro pezzo di città che si trasforma in cemento. A dimostrare che ormai a Napoli il mattone è libero, basta percorrere qualche chilometro in tangenziale, allungandosi sulla bretella che congiunge il Vomero a Pianura, a metà dello svincolo si vedrà chiaramente che il paesaggio ha cambiato forma. Un vero e proprio villaggio è sorto in viale delle Bucoliche, nei pressi delle cave di Verdolino di età romana. Si trova ai piedi della montagna che appare alle spalle di via Epomeo, in una posizione che ricorda quella delle case distrutte dalla furia dell´alluvione a Sarno. Dista pochi metri il sito archeologico che ogni anno (forse da quest´anno non più) rientrava nei percorsi archeologici del Maggio dei monumenti del Comune.
Fino ad aprile 2006, quando si è consumata la sua ultima primavera, quell´area era una distesa di fiori bianchi di decine e decine di alberi di prugne. In un battibaleno i terreni sono stati venduti e lottizzati e al posto dei fiori in pochi mesi sono sbocciate venti villette monofamiliari a un piano, ciascuna da 80 a120 metri quadri circa. Per difendersi dai curiosi che vogliono assistere al miracolo di una città che continua a edificare in barba a vincoli e divieti, i fortunati abitanti dei villini si sono barricati con severe cancellate. Ma a guardare attraverso le sbarre ci si accorge che otto edifici sono già abitati mentre quattro sono ancora liberi, e il resto dell´area disboscata si intuisce che sarà teatro di una operazione simile di qui a poco. «Su questo c´è il massimo impegno nostro, dei carabinieri, del Comune, ma qualcuno lì ha avuto una sospensiva del Tar - dice il presidente del Parco collinare, architetto Agostino Di Lorenzo - Il dramma è che non si tratta di un´edilizia di necessità, quindi se anche la borghesia ricorre all´abuso, vuol dire che è un momento particolarmente difficile. Occorrerebbe che i livelli amministrativi competenti si facessero carico di superare i limiti delle attuali procedure amministrative che sempre più spesso finiscono col tutelare e non perseguire chi commette reati».
Degli abusi denunciati da "Repubblica" finora un solo abbattimento è stato ordinato, quello della sopraelevazione di un edificio di via Sanità, visibile dal ponte della Sanità e la vista della retrostante collina di Capodimonte per fortuna è salva. Così non è stato per una sopraelevazione in pieno centro, in via Nardones, 48 visibile fin da San Martino: un attico abusivo di quasi 260 metri quadrati, sorto a partire dalla fine del 2006. Nasce dalla sicurezza di un cantiere sequestrato nel ’94.
Campeggiano come baite delle Dolomiti le costruzioni sorte al posto delle due ex serre De Luca, al tondo di Capodimonte, che, nonostante numerose visite delle forze dell´ordine, sono state completate sotto la pioggia battente. Il ristoratore che le ha realizzate, forte di un dissequestro della Procura, e in possesso di una Dia e di un provvedimento di messa in sicurezza ai sensi della normativa antisismica, dovrà rispettarne almeno la destinazione d´uso: vivaio. Ma la pizza e i fiori non sembrano compatibili. Nessuno ha voluto, a un passo dal Real Bosco di Capodimonte, neppure far rispettare a questi signori l´estetica dei luoghi, che appare gravemente compromessa.