Un intervento a proposito della questione sollevata dall'appello "Esiste una questione maschile", lista di discussione
Officina dei saperi, 8 giugno 2016
Care amiche e cari amici,
quando ho scritto che l'Officina non può far molto per arrestare il dilagare delle violenza assassina contro le donne, intendevo dire che non ha la forza per intervenire con efficacia operativa su questa pratica ormai endemica. Rispondendo così in parte ai toni legittimamente disperati di Annamaria Riviello e di altre amiche, stanche di discorsi, amareggiate e deluse di fronte all'inerzia e all'impotenza delle istituzioni. Ma non mi riferivo certo al piano delle idee e delle proposte. Il dibattito sulla mailing list, del resto, già lo dimostra, e l'efficace appello di Enzo Scandurra è un ottimo esito di tale discussione. A riprova che l'Officina non fa accademia ma sa affrontare anche temi politici, della “politica alta”, per dirla con Papa Francesco.
Io riprenderei alcuni temi presenti nelle vostre mail (Villani, Rufino, Scandurra) per svolgere un paio di considerazioni che sono più coerenti coi temi dell'Officina. Naturalmente il tema della violenza maschile potrebbe essere affrontato sotto molte profili. Io credo che quello della costruzione della soggettività maschile sia un nodo fondamentale. Lo dico per convinzione ovvia, ma anche perché, alla fine delle mie considerazioni, intendo fare una proposta. Qui, parlo da maschio, meridionale, nato sul finire della guerra mondiale, che ha sperimentato personalmente, all'interno della propria famiglia, la naturalità del fatto che sua madre e le sue sorelle dovessero cucinare, fare il bucato, rifare il letto, stirare, pulire i piatti, ecc. Altrettanto naturale era il fatto che gli uomini dovessero astenersi da simili compiti,” da femminucce”. Solo abbastanza tardi mi sono accorto di quanta incomprensibile ingiustizia ci fosse in tale normalità: in questa accettazione universale di una servitù, di un asservimento della persona umana della donna, vissuto come un fato indiscutibile, come il colore dei nostri occhi, il cadere della pioggia, il soffiare del vento.
E' anche questa è una montagna invisibile di paradossale ingiustizia. Resa ancora più paradossale dal fatto che il femminismo non è ancora riuscito a vedere in questo servaggio nascosto del capitale, un terreno eversore di lotta non solo femminista, ma universalmente anticapitalistica. C' è da liberare le donne dai maschi, ma anche gli uomini dal dominio degli altri uomini.
Infine la proposta. Avrei voglia di suggerire l'istituzione di un pronto soccorso in ogni comune, che intervenga con tempestività su chiamata. Ma lascio la cosa a chi è più competente di me su questi problemi. La proposta di fondo, che voglio fare è invece di lungo periodo e di carattere culturale. Ha di mira il fine di rendere visibile la montagna. E occorre farla scorgere ai ragazzi fin da quando formano la loro mentalità. Penso - è una idea da arricchire e completare da chi ha più competenza in materia – che sarebbe il caso di inserire nei programmi scolastici, probabilmente nelle medie, almeno un'ora alla settimana, obbligatoria, dedicata alla servitù di genere. I programmi da impartire andrebbero studiati bene, anche se non mancano certo i materiali storici, sociologici, i testi, gli argomenti.