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Paolo Cacciari
La rivoluzione della cura
3 Settembre 2016
de homine
«La "Care Revultion" è un nuovo movimento e un nuovo paradigma scientifico che chiede di mettere al centro dell’economia le buone pratiche concrete di vita quotidiana, “il bisogno di qualità di relazioni soddisfacenti”

«La "Care Revultion" è un nuovo movimento e un nuovo paradigma scientifico che chiede di mettere al centro dell’economia le buone pratiche concrete di vita quotidiana, “il bisogno di qualità di relazioni soddisfacenti”».

Comune.info, 2 settembre 2016 (c.m.c.)

Se oikos, nel tempo presente della “modernità globalizzata” (Habermann), è diventato la casa-mondo, allora i nomos, le regole, gli accordi, le leggi che stabiliscono le modalità d’uso della casa comune dovrebbero essere improntati alla cura dello spazio vitale, limitato e fragile. Una constatazione, questa, che Ina Praetorius nel suo L’economia è cura (traduzione di Adriana Maestro, edizioni IOD, marzo 2016, con licenza Creative Commons, scaricabile gratuitamente dal web grazie alla Società Consortile Mediterraneo Sociale) considera ovvia.

Se l’economia (oikonomia) è la scienza sociale che studia come poter soddisfare i bisogni di tutte le persone presenti e future ospitabili sulla faccia della terra, allora le prime attività di cui si dovrebbe occupare sono quelle che riguardano il mantenimento delle precondizioni della vita, la riproduzione, il nutrimento e l’allevamento dei figli, l’accudimento degli anziani, la tenuta in buon ordine degli habitat naturali, l’ascolto, l’inclusione e la custodia di ogni diversità, le buone relazioni tra le persone e tra queste e la natura. Insomma, tutto ciò che dà un senso al vivere in pace e con dignità. Secondo Praetorius, invece, nel corso dei secoli è avvenuta una tremenda distorsione pratica e teorica del concetto di economia.

La metà (almeno) del lavoro socialmente necessario alla soddisfazione dei bisogni (e dei desideri) umani fondamentali non viene contemplato dalle scienze economiche convenzionali. Si tratta delle prestazioni “fuori mercato” fornite in ambito domestico dalle donne (in grandissima prevalenza non o male retribuite) e dai popoli indigeni che preservano i “servizi ecosistemici” forniti dai cicli biologici naturali. L’economia, con l’avvento del capitalismo industriale, si è ridotta ad essere un prontuario per massimizzare lo sfruttamento delle risorse umane e naturali trattate come mezzi e strumenti – al pari delle macchine e del denaro – che devono essere impiegate (sacrificate) nel processo produttivo delle merci.

Avviene così un rovesciamento dei fini: gli scopi della cooperazione sociale non sono più il miglioramento della “vita buona” delle persone, la joia de vivre, il buen vivir, il Sumak kawsay andino, ma l’estrazione, l’appropriazione e l’accumulazione di denaro.

L’economia oggi concepisce e codifica solo due tipi di rapporti umani: la prestazione in cambio di denaro e l’estorsione diretta previa costrizione di persone discriminate a causa del genere, del luogo di nascita, dell’età, del censo.

Per Praetorius all’origine di tutto ciò vi sono duemilacinquecento anni di “ordine dicotomico” patriarcale, di dualismo tra uomo-maschio-bianco-possidente-capofamiglia-libero e natura-femminile ridotta a materia sottomessa. La Care Revultion è un nuovo movimento e un nuovo paradigma scientifico che chiede di mettere al centro dell’economia le buone pratiche concrete di vita quotidiana, “il bisogno di qualità di relazioni soddisfacenti”. Quando sentiamo parlare la sindaca di Barcellona, Ada Colau, di ecofemminismo, troviamo molta economia della cura.

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