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Bent Flyvbjerg
Quando i pianificatori mentono sulle cifre
26 Maggio 2005
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Una diffusa e in parte accettata pratica professionale, che danneggia la professione e il suo ruolo sociale. Estratto da un saggio del Journal of the American Planning Association, primavera 2005 (f.b.)

Titolo originale: When Planners Lie with Numbers – Traduzione per Eddyburg di Fabrizio Bottini

Il testo che segue è un sunto dall’articolo "How (In)accurate Are Demand Forecasts in Public Works Projects? The Case of Transportation," di Bent Flyvbjerg, Mette Skamris Holm, e Søren Buhl, pubblicato dal Journal of the American Planning Association, vol. 71, no. 2, primavera 2005. Per le note e i riferimenti bibliografici, si fa riferimento all’articolo.

In questa parte consideriamo il caso in cui pianificatori e altri attori influenti non ritengono importante avere previsioni esatte e, quindi, non aiutano a chiarire e mitigare i rischi ma, al contrario, li generano e li acuiscono. In questo caso i pianificatori sono parte del problema, non della soluzione. È un caso che necessita di qualche spiegazione, perché può sembrare a molti uno stato delle cose piuttosto improbabile. Dopotutto, si può essere d’accordo sul fatto che i pianificatori debbano essere interessati all’accuratezza, al non essere influenzati nelle previsioni. È anche un’esplicita richiesta del Codice di Condotta Etica e Professionale AICP (American Institute of Certified Planners), che “Un pianificatore deve impegnarsi ad offrire informazioni piene e complete sulle questioni di piano ai cittadini e ai decisori pubblici” (American Planning Association 1991, A.3), e certamente siamo d’accordo col Codice. Il RTPI britannico ha fissato obblighi simili per i propri membri (Royal Town Planning Institute 2001).

Ad ogni modo, la letteratura scientifica trabocca di cose che i pianificatori e la pianificazione “devono” impegnarsi a fare, ma che non fanno. La pianificazione dovrebbe essere aperta e comunicativa, ma spesso è chiusa. La pianificazione dovrebbe essere partecipativa e democratica, ma spesso è uno strumento di dominio e controllo. La pianificazione dovrebbe aver a che fare con la razionalità, ma spesso è solo potere (Flyvbjerg 1998, Watson 2003). È questo il “lato oscuro” della pianificazione e dei pianificatori indicato da Flyvbjerg (1996) e Yiftachel (1998), significativamente poco approfondito da ricercatori e teorici.

Anche la previsione, ha il suo “lato oscuro”. È qui che “i pianificatori mentono sulle cifre”, come ha affermato efficacemente Wachs (1989). Sono impegnati, i pianificatori del lato oscuro, e non a fare previsioni giuste seguendo il Codice Etico dell’AICP, ma a far finanziare e realizzare i progetti. Le previsioni accurate spesso non sono un metodo efficace per conseguire questo obiettivo. A dire il vero, le previsioni accurate possono essere controproduttive, là dove previsioni orientate possono risultare efficaci nella competizione per i finanziamenti e per assicurarsi il via alla realizzazione. “Il pianificatore più efficace” dice Wachs (1989, p. 477), “è talvolta quello che sa mascherare lo schieramento in forma di razionalità scientifica o tecnica”. Questo schieramento è esattamente l’opposto della regola AICP secondo la quale “l’obbligo primario del pianificatore [è] verso l’interesse pubblico” (American Planning Association 1991, B.2). Nondimeno, previsioni apparentemente razionali che sottostimano i costi e sovrastimano i benefici sono una formula consolidata per far approvare i progetti (Flyvbjerg, Bruzelius, e Rothengatter, 2003). La previsione qui è principalmente un atteggiamento teso a cercare una rendita, e produce un ambiente di finzione che rende estremamente difficile decidere quali progetti meritano di essere realizzati, e quali no. La conseguenza è che, come riconosce un organismo rappresentativo dell’attività, la Major Projects Association di Oxford, si approvano troppi progetti che non lo meriterebbero. Vorremmo aggiungere che anche molti progetti che lo meritano si sarebbero affermati, se non avessero perso in favore di altri dotati di “migliore” dissimulazione (Flyvbjerg, Holm, and Buhl 2002).

In questa situazione, il problema non è tanto cosa possono fare i pianificatori per ridurre imprecisioni e rischi nella previsione, ma cosa possono fare altri per imporre ai pianificatori controlli e verifiche che diano un incentivo a interrompere la produzione di previsioni orientate, e iniziare a lavorare secondo il proprio Codice Etico. La sfida è di cambiare i rapporti di potere, che dominano previsioni e realizzazione dei progetti. Qui, tecniche previsionali migliori e appelli all’etica non funzionerebbero; è necessaria una trasformazione istituzionale, focalizzata su trasparenza e responsabilità.

Esistono due tipi fondamentali di responsabilità tipici delle democrazie liberali: (1) Quella del settore pubblico, attraverso la trasparenza e il controllo collettivo; (2) Quella del settore privato, attraverso la concorrenza e il controllo del mercato. Entrambi i tipi di responsabilità possono essere strumenti efficaci per arginare le false previsioni dei pianificatori, e promuovere una cultura che riconosca il rischio e si rapporti efficacemente ad esso. Per ottenere una responsabilità attraverso la trasparenza e il controllo pubblico, è necessario introdurre nelle istituzioni principali come pratiche correnti:

● I governi nazionali non dovrebbero offrire finanziamenti discrezionali alle agenzie locali per la realizzazione di infrastrutture al solo scopo di costruirne uno specifico tipo, ad esempio una ferrovia. Questo crea incentivi perversi. Invece, i governi nazionali dovrebbero offrire semplicemente “finanziamenti infrastrutturali”, o “finanziamenti per i trasporti”, e lasciare che siano i funzionari locali a indirizzare le risorse ovunque ritengano, assicurandosi però che ogni soldo speso in un tipo di infrastruttura riduca la possibilità di finanziarne un’altra.

● Le previsioni dovrebbero essere soggette a un esame indipendente e di pari livello. Quando sono in gioco grandi quantità di denaro del contribuente, una revisione del genere potrebbe essere condotta dagli uffici di revisione e contabilità dello stato, come il General Accounting Office negli USA o il National Audit Office nel Regno Unito, che possiedono competenze e indipendenza per esprimere una valutazione del genere. Altri tipi di organismi di valutazione indipendenti possono essere individuati, ad esempio, nei settori nazionali delle finanze o fra gli organismi professionali più rilevanti.

● Le previsioni dovrebbero essere comparate ad altre dello stesso genere, ad esempio utilizzando classi di riferimento come descritto nei paragrafi precedenti [ probabilmente non riportati in questo estratto n.d.T.].

● Previsioni, revisioni, comparazioni, dovrebbero essere rese disponibili al pubblico nel momento in cui vengono realizzate, compresa tutta la documentazione di accompagnamento.

● Si dovrebbero organizzare udienze pubbliche, giurie civiche e simili, per consentire agli interessati e alla società civile di esprimere critiche e sostegni alle previsioni. Le conoscenze prodotte in tale processo dovrebbero essere integrate nella pianificazione e nelle decisioni.

● Si dovrebbero organizzare convegni scientifici e professionali, dove i pianificatori possano presentare e sostenere le proprie previsioni e confrontarsi con l’esame e le critiche di colleghi.

● I progetti con rapporti costi/benefici gonfiati dovrebbero essere riesaminati, e interrotti, se il ricalcolo di costi e benefici non garantisce la realizzazione. Dovrebbero essere premiati i progetti con stime costi/benefici realistiche.

● Si dovrebbero comminare sanzioni professionali e anche legali per pianificatori e analisti che producono deliberatamente previsioni ingannevoli. Un esempio di sanzione professionale è l’esclusione dall’albo, se viene violato il codice etico. Un esempio di sanzione legale è il rinvio a un tribunale o simili, se le previsioni ingannevoli hanno condotto a sostanziali sprechi di denaro pubblico (Garett e Wachs, 1996). Le pratiche scorrette in pianificazione dovrebbero essere considerate quanto in altre professioni. Non farlo significa non prendere sul serio la professione.

Per ottenere una verificabilità delle previsioni attraverso la concorrenza e il controllo del mercato, è necessario quanto segue, e ancora in quanto pratica insita e applicata dalle principali organizzazioni:

● La decisione di proseguire con un progetto dovrebbe, ovunque possibile, essere condizionata dalla volontà di finanziatori privati di parteciparvi senza garanzie superiori, per almeno un terzo del totale del capitale. Ciò dovrebbe essere richiesto sia che il progetto superi o non superi il test del mercato, ovvero se sia o meno sovvenzionato, o abbia o non abbia motivi di giustizia sociale. I finanziatori privati, azionisti, analisti finanziari, dovrebbero produrre proprie previsioni, o esaminare criticamente quelle esistenti. Se le previsioni sono state sbagliate, essi e le loro organizzazioni ne sarebbero danneggiati. Ne risulterebbero previsioni più realistiche e una riduzione dei rischi.

● Si dovrebbero evitare finanziamenti interamente pubblici o interamente a sovereign guarantee.

● Chi effettua le previsioni, e le relative organizzazioni, devono condividere la responsabilità finanziaria per la copertura di mancati benefici (e superamento dei costi) risultante da falsi e forzature nelle previsioni.

● La partecipazione di capitale di rischio non significa che il governo debba rinunciare ai controlli sul progetto, o ridurli. Al contrario, significa che è possibile per il pubblico giocare più efficacemente il proprio ruolo, di garante di fronte al comune cittadino per quanto riguarda le questioni della sicurezza, del rischio ambientale, dell’uso adeguato del denaro pubblico.

Se le organizzazioni con responsabilità nella progettazione e realizzazione di grandi infrastrutture di trasporto pubbliche pensassero, acquisissero, e attuassero queste forme di verifica, allora le falsificazioni nelle previsioni sui trasporti, tanto diffuse oggi, potrebbero attenuarsi. Se non lo si fa, i falsi probabilmente continueranno, e le decisioni degli investimenti nei trasporti, probabilmente, produrranno sprechi.

[...]

Nota: ometto la parte conclusiva, comunque disponibile in originale al sito dell'Autore all’Università di Aalborg (f.b.)

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