C'è la retorica dello scontro - di quelli che lo fanno e di quelli che lo riducono a prima notizia - e c'è il succo politico di una giornata, che fa meno sensazione ma più senso. Il succo politico della giornata di ieri, al di là dei minuetti diplomatici fra il capo dell'Impero e i governatori della provincia, è che per quella che in Italia ama definirsi «sinistra radicale» si apre una stagione tutt'altro che semplice.
Anche qui, c'è la retorica e c'è il succo politico. La retorica del corteo, secondo la quale l'amministrazione Bush e il governo Prodi sono fatti della stessa identica pasta, dice una cosa sbagliata e non veritiera. Il succo politico del corteo dice invece alcune una cosa vera e giusta, questa: c'è una sinistra di movimento che si sta radicalmente autonomizzando dai piani istituzionali e partitici della sinistra «di governo e di lotta», e che prende la sua strada prescindendo allegramente dall'etichetta di palazzo, dal darsi di gomito e dalle gomitate dei leader, dal narcisismo e dal bilancino dei ruoli, dai pensamenti e dai ripensamenti sui nuovi partiti e le novelle federazioni a venire. Un'altra cosa giusta e veritiera la dice, anche qui al di là della retorica, il sit in di Piazza del Popolo: continuando con l'etichetta di palazzo, i rapporti avariati fra i leader, il narcisismo, il bilancino e la malinconia dell'eternamente irrisolto che fare, la sinistra radicale istituzionale perde precipitosamente il contatto con la sua base di riferimento.
E' a causa di questa già avvenuta perdita di contatto che gli organizzatori di piazza del Popolo avevano potuto ritenere che il corteo di Piazza Esedra sarebbe stato minoritario, estremista e violento. Errore madornale: è stato un corteo pieno, denso e tranquillo, abitato da molti militanti (in primis i giovani Prc) dei partiti i cui vertici sonnecchiavano a Piazza del Popolo (o tentavano «ponti» in extremis, come alcuni Verdi), e perdipiù tutt'altro che confinato nel perimetro del no alla guerra: un corteo che annuncia un'opposizione giovanile importante che si farà sentire a breve su altre questioni, a cominciare dall'istruzione e dal lavoro. Non solo il Prc, Sinistra democratica e gli altri partiti della sinistra radicale, ma anche la Fiom - per la prima volta dal 2001 separata dal movimento, fatta salva la presenza di Cremaschi in testa al corteo - faranno bene a pensarci in fretta. Allargando al messaggio che arriva dalla giornata di ieri la ruvida analisi dello stato delle cose già imposta dalla recente prova elettorale.
Non è questione di strette organizzative. Nessuna nuova sigla e nessun patto d'azione riuscirà a modificare questo quadro senza uno scatto di analisi, di idee e di inventiva, che sappia fare dell'esperienza di governo non un feticcio ma una fonte di sapere su quello che la società italiana, e non solo italiana, sta diventando, e su quali domande ineludibili sta maturando.