L'AQUILA - Nuovi impianti da sci, alberghi, residence, piscine e campi da golf in una delle più vaste e preziose aree naturalistiche protette d'Europa. Il governo e un'ampia pattuglia di sindaci bipartisan della provincia dell'Aquila sono convinti che sia questa la strada migliore per risollevare l'economia delle aree colpite dal terremoto dell'aprile 2009 e lo hanno messo nero su bianco nel Protocollo d'intesa1siglato a Palazzo Chigi lo scorso febbraio. Un testo contestatissimo sul quale i lettori ci hanno chiesto attraverso il sondaggio suRepubblica.it di svolgere un'inchiesta. Il documento promosso dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta, otto pagine in tutto, come è ormai abitudine, è poco più di un lungo elenco di cose che si vorrebbero fare, ma non contiene impegni precisi, scadenze e - soprattutto - riferimenti a come reperire i fondi necessari.
I tre progetti più temuti.
Tanto è bastato però a far coalizzare un vasto movimento di opposizione messo in allarme da quelli che il consigliere regionale di Rifondazione comunista Maurizio Acerbo definisce "progetti che, ignorando i vincoli ambientali, incidono irreparabilmente sulle ricchezze ecologiche delle aree di maggior pregio ambientale della Regione". Tra le opere suggerite dal Protocollo quelle che suscitano l'allarme maggiore sono tre. La prima è la costruzione di sei o sette nuovi impianti di risalita in grado di collegare il comprensorio sciistico di Campo Felice a quello di Ovindoli. La seconda è la costruzione, alle porte del Parco nazionale del Gran Sasso-Monti della Laga, di una "cittadella della montagna" da oltre mille posti letto per ospitare a Fonte Cerreto i turisti richiamati dalla realizzazione di nuovi collegamenti tra Montecristo, Campo Imperatore e la Scindarella. La terza, infine, è la creazione di campi da golf ai Piani di Pezza, in pieno Parco regionale del Velino-Sirente.
Il precedente.
Progetti che Wwf, Lipu, Cgil, Rifondazione, Sel e una manciata di altre associazioni civiche e ambientaliste abruzzesi sono convinti non abbiano alcuna necessità e possibilità di essere realizzate. "Ci hanno già provato anni fa sul Monte Greco, per collegare Roccaraso con Barrea passando da una zona di ripopolamento dell'orso, un Sic, un sito di interesse comunitario, ma gli abbiamo fatto saltare una speculazione da oltre 80 milioni di euro", racconta Antonio Perrotti, uno degli instancabili animatori della protesta.
"Pentitismo" bipartisan.
Il problema è piuttosto più vasto e riguarda quello che Perrotti chiama "il pentitismo" al quale sarebbe in preda il ceto politico abruzzese. "Nel Pdl come nel Pd c'è una spinta fortissima - spiega - a rivedere il vecchio piano paesistico che ha garantito sino ad oggi la tutela del territorio, facendo dell'Abruzzo la regione dei parchi naturali". Il corollario è che a confrontarsi sono due differenti visioni dello sviluppo e quindi del futuro. L'accusa più forte al Protocollo Letta è proprio quella di aver ritirato fuori vecchi progetti di cementificazione rimasti bloccati da oltre 30 anni nei cassetti. "Sotto l'ombrello del Protocollo e dietro l'emergenza del sisma - denuncia Dante Caserta del Wwf - si vuole far passare una miriade di piccole micro opere ferme da tempo, legate a un modello fallimentare che non è più proponibile". "Ma ormai - denuncia ancora Perrotti - tra Ici sulle seconde case, oneri di urbanizzazione e tassa sui rifiuti, i comuni riescono a fare cassa solo con l'edilizia".
Ambiente o lavoro?
"Ma non si sono accorti - ironizza sempre Perrotti - che in tutto il mondo la gente è scesa in piazza per dire basta a questa malattia della crescita ad ogni costo? Che le persone cercano altro, che l'unico sviluppo possibile passa per una microimprenditorialità diffusa che valorizzi il territorio, che bisogna puntare sui sentieri, i percorsi da mountain bike, le gite a cavallo, i prodotti tipici...". E se questo è un tema su cui di solito ambientalisti e sindacati si sono trovati su fronti opposti, stavolta in Abruzzo le cose stanno diversamente. I contenuti del Protocollo, accusa Mimì D'Aurora della Cgil, sembrano "configurare un consapevole abbandono del progetto strategico che faceva del sistema dei parchi abruzzesi un volano di sviluppo regionale" grazie anche al contributo dato negli anni '80 dal sindacato "raccogliendo ben 30 mila firme per l'istituzione del Parco nazionale del Gran Sasso, vincendo l'idea del conflitto perenne tra ambiente e lavoro".
L'ira del sindaco.
Ma che questo conflitto esista eccome ne è convinto Massimo Cialente, sindaco Pd dell'Aquila. "Purtroppo il Protocollo Letta è completamente bloccato. Il potenziamento degli impianti del Gran Sasso - dice - se avessi i soldi lo metterei in appalto già la prossima settimana. E' inserito in un Piano d'Area approvato da anni con il consenso dell'Ente parco. Il Gran Sasso dopo il terremoto è rimasto la nostra unica risorsa e le nuove funivie sono indispensabili per rilanciare il turismo. Chi si oppone lo fa per ragioni ideologiche. Questi che protestano sono dei garantiti, degli eco-chic che poi vanno a sciare sulle Dolomiti. A guardare gli uccellini ci puoi stare un giorno, poi la gente si stufa e io gli devo offrire dove dormire e qualcosa da fare. Ora vengono solo i romani con il panino da casa, usano i bagni e ci lasciano i rifiuti da smaltire. L'Abruzzo nel 2009 era al 17esimo posto nella classifica regionale delle preferenze dei turisti, ma di che cosa parlano allora questi signori?".
Gli alberghi chiedono infrastrutture.
Lo sfogo del sindaco è lo stesso degli albergatori. "Bisogna mettere in cantiere infrastrutture, creare attrattive: esercizi, piscine, centri benessere, campi sportivi, piste da pattinaggio. Ora nella zona del Gran Sasso non c'è neppure un tabaccaio, gli ambientalisti bloccano tutto e a noi resta solo il turismo mordi e fuggi. Noi non vogliamo annullare le aree protette, ma servono delle aperture", dice la vicepresidente di Federalberghi L'Aquila, Mara Quaianni. "Unire le zone attorno a Campo Imperatore, con i nuovi collegamenti e piste poste a quote diverse, permetterebbe di rendere il turismo più flessibile anche davanti all'insidia dei repentini cambiamenti del meteo - aggiunge il direttore degli impianti Marco Cordeschi - e se è vero che lo sci non basta, il suo effetto traino rimane indispensabile".
Una società in rosso.
Chi si batte contro il Protocollo resta però convinto che l'idea di fare del Gran Sasso un'alternativa da offrire ai patiti della neve di Roma e Napoli sia una follia, non solo per via dell'innevamento sporadico a capriccioso, ma anche alla luce dei dati nazionali 3 che registrano il turismo di montagna in lento ma chiaro declino. "Ma chi vuoi conquistare con qualche nuova pista da pochi metri di dislivello da percorrere in pochi secondi a fronte di lunghe attese per risalire?", lamenta ancora Perrotti.Una cosa è però certa. La situazione così come è ora non può andare avanti a lungo. Il Centro turistico del Gran Sasso, la municipalizzata del Comune dell'Aquila che grazie a una trentina di dipendenti gestisce gli impianti è in profondo rosso. Ogni anno le perdite (interamente di denaro pubblico) oscillano tra i 200 e i 300 mila euro e il passivo accumulato è arrivato ormai attorno ai 10 milioni. Attualmente vengono staccati più o meno 70 mila biglietti l'anno per circa 630 mila euro di incasso, ma solo per pareggiare le uscite (senza contare i soldi necessari a investire in migliorie) queste cifre dovrebbero raddoppiare.